Multe:
accertamento della violazione e “compartecipazione” degli agenti
al gettito |
Accertamento
delle violazione C.d.S. e “compartecipazione” degli Agenti
di P.M. e P.P. al gettito: conseguenze sulla validità dell’atto
Chi di voi non ha mai preso una “multa”? Probabilmente tutti, prima o poi, commettiamo qualche violazione delle disposizioni del C.d.S.: se abbiamo fortuna, nessuno se ne accorge; quando, invece, la fortuna non ci arride, un solerte funzionario annota il numero della nostra targa e ci contesta – o, più sovente, ci notifica presso la residenza risultante dal libretto di circolazione – la violazione. Ma… ci siamo mai chiesti dove vanno a finire i proventi delle violazioni del C.d.S., specie per quanto concerne quelle rilevate dalla Polizia Municipale e dalla Polizia Provinciale? La disciplina in materia è quella dettata dall’art. 208 C.d.S., per il quale: “1.
I proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie per violazioni previste
dal presente codice sono devoluti allo Stato, quando le violazioni siano
accertate da funzionari, ufficiali ed agenti dello Stato, nonché
da funzionari ed agenti delle Ferrovie dello Stato o delle ferrovie
e tranvie in concessione. I proventi stessi sono devoluti alle regioni,
province e comuni, quando le violazioni siano accertate da funzionari,
ufficiali ed agenti, rispettivamente, delle regioni, delle province
e dei comuni. Come si
nota dalla disposizione appena citata, i proventi delle violazioni del
C.d.S. costituiscono, in parte, entrata c.d. “vincolata” per
gli enti locali i quali possono sì disporne, ma unicamente per
i fini di cui all’art. 208 c. 4 C.d.S. che, a sua volta, richiamando
il c. 2 del medesimo articolo, prevede che una quota pari al 50% del
totale debba essere destinata: La restante quota del 50%, invece, può essere utilizzata dall’ente locale come meglio crede, costituendo entrata c.d. libera. Ebbene, da un po’ di tempo a questa parte, molti enti locali utilizzano parte delle entrate derivanti dal C.d.S. per rimpinguare l’ammontare di risorse necessarie per il pagamento dello straordinario ovvero delle altre poste di trattamento accessorio (produttività, indennità di turno, indennità di posizione, indennità di disagio ed altre ancora) del personale della Polizia Municipale o Provinciale. Tale comportamento contrasta radicalmente con le finalità della disposizione e, soprattutto, con quanto previsto dai vigenti c.c.n.l. del Comparto Regioni – Autonomie Locali. Infatti, secondo tali strumenti negoziali, lo straordinario può essere retribuito solo nel limite delle risorse presenti in un apposito “fondo” (il F.L.S.) la cui quantificazione non è suscettibile di aumento se non con le modalità espressamente previste dal c.c.n.l. stesso; uguale discorso deve essere fatto per il trattamento accessorio di altro genere, anche questo “spesato” nei limiti di un ammontare predeterminato di risorse (il F.U.A.), composto secondo le modalità previste dal c.c.n.l.. Ebbene, non esiste alcuna disposizione dei c.c.n.l. del Comparto Regioni – Autonomie Locali che consenta l’incremento del F.L.S. o del F.U.A. mediante impiego delle risorse, anche di quelle “libere”, derivanti dalle sanzioni C.d.S.. L’A.R.A.N., che come tutti sappiamo è l’Agenzia preposta alla contrattazione per le Pubbliche Amministrazione (i cui pareri, seppur non costituenti interpretazione autentica delle disposizioni contrattuali, sono comunque estremamente autorevoli), ha più volte affermato che (pareri reperibili su www.aranagenzia.it), che: “E’
da escludersi la possibilità di incrementare il fondo previsto
dall’art. 15 del CCNL dell’1.4.1999 con i proventi delle sanzioni amministrative
pecuniarie. Tali somme sono infatti destinate ad iniziative per la realizzazione
di opere e strutture intese a migliorare la circolazione stradale nonché
a studi, ricerche, aggiornamenti professionali e simili pure intesi
a rendere più efficiente il servizio.Sul punto ha già
avuto modo di pronunciarsi il Dipartimento per la Funzione Pubblica
con nota n. 2985/11.3 del 28.4.1998”.
Questo sul piano civilistico. Ma, ci siamo mai chiesti quali possano essere le conseguenze sul piano amministrativo, ossia sul piano della validità degli atti posti in essere dagli appartenenti alla Polizia Municipale e Provinciale ed, in particolare, degli atti costituenti accertamento di violazioni del C.d.S., sui proventi dei quali hanno una “cointeressenza”? La soluzione a tale problema non può essere data se non previo esame del “codice di comportamento” dei pubblici dipendenti (codice che, dopo la “privatizzazione” del pubblico impiego, ha valenza negoziale), laddove prevede l’obbligo di astensione del pubblico impiegato allorché debba trattare procedimenti nei quali abbia un interesse privato diretto proprio o del coniuge ovvero di propri parenti. Nei casi di specie, questo interesse privato diretto è ben ravvisabile dal fatto che, per ciascuna violazione contestata e per ciascuna sanzione irrogata e riscossa dall’ente, l’appartenente alla Polizia Municipale o Provinciale ottiene un (seppur minimo) aumento stipendiale indiretto, nel senso che delle risorse così reperite, confluendo queste nel F.L.S. o nel F.U.A., lui stesso può beneficiarne (ovvero di fatto ne beneficia) sotto forma di maggiore trattamento accessorio. Questa, a mio personale avviso, è la ragione – seppur probabilmente inconscia – di un certo “lassismo” nell’applicare le disposizioni in materia di contestazione immediata della violazione, specie allorché quest’ultima consista in un eccesso di velocità rilevato mediante autovelox. Vi siete mai chiesti per quale ragione quasi mai il personale di polizia procede a fermare il trasgressore e si appella, invece, a quanto previsto dall’art. 201 C.d.S. (che, per inciso, non elimina l’obbligo di contestazione immediata ma semplicemente conferisce la facoltà di non procedervi agli organi accertatori motivando compiutamente sulla ragione per cui ne hanno fatto esercizio)? Vi siete mai chiesti per quale motivo normalmente fanno appello al fatto di non avere a disposizione una seconda pattuglia quando, invece, sarebbe possibile procedere a contestazione immediata anche con una sola pattuglia (basta “scaricare” l’agente con l’autovelox qualche centinaio di metri prima di dove si ferma il collega con l’auto di pattuglia … il collegamento fra i due agenti può ben essere assicurato con la radiolina di servizio)? Sono sicuro che la ragione per cui, in tali casi, non viene effettuata la contestazione immediata non è quella meramente “monetaria” oggetto del presente articolo, ma sono altrettanto convinto del fatto che, avendo previsto molti enti locali tale forma di intentivazione, tutte le violazioni alle disposizioni del C.d.S. accertate dagli appartenenti le rispettive polizie municipali o provinciali – ovvero, in via di subordine, le vilazioni che comportino esercizio di discrezionalità amministrativa (ad esempio nei casi dove è data facoltà di procedere alla contestazione differita, come previsto dall’art. 201 C.d.S.) – siano annullabili per eccesso di potere. L’atto di accertamento, infatti, è un atto amministrativo a tutti gli effetti. Avendo l’autorità promanante, in questo caso, un palese interesse personale e diretto confliggente non tanto con l’autorità cui vengono versate le sanzioni (che, anzi, è ben felice del fatto di avere tale cospicua entrata para-fiscale), quanto con il destinatario della sanzione, risultano essere realizzati tutti i presupposti dell’eccesso di potere per sviamento della causa tipica come ricostruiti in circa un secolo e mezzo di giurisprudenza amministrativa. Ne deriva che il giudice, chiamato a conoscere della legittimità della sanzione, deve procedere, per ovvie ragioni di giustizia sostanziale, all’annullamento dell’atto di contestazione della violazione. Proprio per tale ragione, a mio avviso, è necessario arrivare “preparati” al ricorso. Come? Semplice, richiedendo all’ente territoriale cui appartiene l’organo acceratore la seguente documentazione (ovvero richiedendo al giudice l’emissione dell’ordinanza di esibizione documentale ex art. 210 c.p.c.): * * * _________________________________
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