I dipendenti possono essere spiati da agenti in borghese. Lo ha stabilito la Sezione Lavoro della Corte Cassazione, con la sentenza 18 novembre 2010, n. 23303, con la quale si conferma la legittimità del licenziamento per giusta causa, inflitto al direttore di una catena di supermercati, sorpreso, a seguito di controlli “occulti”, a prelevare merce dagli scaffali con scontrini riciclati.
Secondo gli ermellini debbono ritenersi legittimi i controlli posti in essere dai dipendenti di agenzie investigative che operano come normali clienti senza esercitare alcun potere di vigilanza e controllo, in quanto rientra nel potere dell’imprenditore la facoltà di avvalersi di appositi organismi per controllare, anche in maniera occulta, il corretto adempimento delle prestazioni lavorative al fine di accertare mancanze specifiche dei dipendenti.
In tal modo viene respinto il ricorso avanzato dal lavoratore il quale sosteneva l’illegittimità della sua espulsione avvenuta in violazione dell’art. 2 dello Statuto dei lavoratori che vieta i controlli occulti sui dipendenti.
I giudici del Supremo Consesso nomofilattico sottolineano che "le norme poste dagli art. 2 e 3 della legge 300 del 1970 a tutela della libertà e dignità del lavoratore, delimitando la sfera di intervento di persone preposte dal datore di lavoro a difesa dei suoi interessi, con specifiche attribuzioni nell’ambito dell’azienda, non escludono il potere dell’imprenditore di controllare direttamente o mediante la propria organizzazione gerarchica l’adempimento delle prestazioni lavorative e quindi di accertare mancanze specifiche dei dipendenti, ciò indipendentemente dalle modalità del controllo che può legittimamente avvenire anche occultamente senza che vi ostino né il principio di correttezza e buona fede nell’esecuzione dei rapporti, né il divieto di cui all’art. 4 della legge del 1970 riferito esclusivamente all’uso di apparecchiature per il controllo a distanza".
Senza considerare, come evidenziato anche dalla giurisprudenza di merito, come la posizione di prestigio del dipendente all’interno della struttura commerciale, avrebbe dovuto costituire un esempio di correttezza e professionalità per i dipendenti a lui gerarchicamente subordinati.
(Nota di Simone Marani)
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE LAVORO Sentenza 18 novembre 2010, n. 23303
Massima e Testo Integrale
da Altalex
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