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Roma - Niente risarcimento del danno biologico e morale ai familiari delle vittime di incidenti stradali se il decesso è quasi immediato

La decisione della Suprema Corte di Cassazione
 

Foto Blaco - archivio Asaps

(ASAPS), 16 dicembre 2010 – Niente risarcimento del danno biologico e morale ai familiari delle vittime da incidenti stradali. E’ questa la decisione emessa dalla terza sezione civile della Cassazione, che ha rigettato il ricorso presentato da moglie e figlia di un uomo che aveva perso la vita in un sinistro. L’uomo aveva perso il controllo della vettura a causa della pioggia  e del ristagno di acqua sulla strada, finendo in una scarpata perché il guard-rail non aveva fermato l’auto. Il Tribunale di Asti, in primo grado, aveva stabilito che la responsabilità dell’incidente fosse da attribuire per un 50% al conducente del mezzo, e per un altro 50% all’Anas ente che gestisce il tratto di strada interessato. In appello, però, i giudici di Torino decisero di ridurre la somma del risarcimento danni delle eredi in quanto “la morte del congiunto era sopraggiunta solo mezz’ora dopo il sinistro senza che l’infortunato riprendesse conoscenza, quindi nulla poteva essere attribuito alle danneggiate a titolo di risarcimento dei danni biologici e morali subiti dal defunto e richiesti a titolo ereditario”. Proprio a causa della decisione presa in appello le due donne si sono rivolte ai giudici del “Palazzaccio” che, con la sentenza n. 25264, hanno rigettato la loro richiesta spiegando che “correttamente la Corte di appello ha negato il risarcimento a titolo ereditario dei danni biologici e morali subiti dal defunto, per essere sopraggiunta la morte solo mezz’ora dopo l’incidente, senza che lo stesso riprendesse conoscenza”. Gli “Ermellini” hanno anche sottolineato come “la giurisprudenza più recente di questa Corte ha dichiarato che, nei casi sopraindicati il danno per morte va preso in considerazione quale peculiare voce o aspetto dei danni non patrimoniali subiti direttamente dai parenti, fra cui rientrano anche quelli conseguenti alla perdita del rapporto parentale, al dolore da essi risentito di riflesso per la consapevolezza del male che il proprio congiunto ebbe a subire”. Inoltre, la Suprema Corte ha chiarito che “i congiunti possono far valere ‘iure proprio’ quale parte dei danni non patrimoniali da essi personalmente subiti. Non si tratta di danni spettanti ‘iure haereditario’ e ingiustamente negati, come prospettato dalle ricorrenti”. (ASAPS)

 

Giovedì, 16 Dicembre 2010
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