Il problema delle esalazioni nocive prodotte dalla benzina e dai carburanti
in genere, specialmente all’interno e nelle immediate vicinanze
delle pompe di benzina, è problema serio ma raramente trattato
anche da coloro che si proclamano convinti difensori delle politiche
ambientali di ogni genere. Non a caso si calcola che per ogni litro
di carburante che entra nel serbatoio della macchina, sia di almeno
un grammo il vapore rilasciato nell’aria che si accumula e si aggiunge
a quelli normalmente fluttuanti e di carattere nocivo.
Il pericolo è naturalmente rappresentato perlopiù dal
benzene, sostanza cancerogena il cui effetto nocivo sembra legato alle
alte dosi. Un utile precauzione, dunque, sarebbe quella di limitare
al massimo la presenza degli addetti ai distributori mediante soluzioni
alternative quali gli impianti dotati di self-service.
A tutt’oggi, tuttavia, l’Organizzazione Mondiale per la Sanità
(O.S.M.), non ha mai affrontato con sufficienza questo problema, pur
in presenza di provvedimenti dei singoli Stati che ne hanno ricordato
l’urgenza. Negli Stati Uniti e in Svizzera, ad esempio, sono stati
montati a fianco delle pompe di benzina degli appositi serbatoi con
impianto di aspirazione per i vapori: questi ultimi vengono "catturati"
dal serbatoio che li separa poi dall’aria e li reimmette all’interno
di una cisterna che si trova sotto terra. Lentamente, goccia dopo goccia,
il vapore raccolto si rigenera in modo liquido, cioè torna ad
essere benzina e può tranquillamente essere reimpiegato per il
rifornimento dei veicoli.
"Purtroppo - ha recentemente spiegato l’epidemiologo Carlo
La Vecchia, dell’Istituto Mario Negri di Milano - in Italia
non è possibile impiegare questo semplice sistema differenziato
per motivi fiscali, essendo la benzina generata dal vapore acqueo un
bene posto in commercio senza essere stato acquistato."
Sarà forse per lo stesso motivo che alcuni ricercatori europei
hanno studiato allora una nuova soluzione: il sistema da loro messo
a punto aspira una volta e mezza l’aria che corrisponde al volume
del combustibile pompato nell’auto e la rimanda nel "tank"
della stazione di servizio.
Ad un certo punto l’aria con i vapori viene incanalata verso un
filtro a più strati ricoperto di silicio, il quale assorbe gli
idrocarburi che poi si propagano nella membrana porosa interna dello
stesso filtro e da lì convogliati nel serbatoio della pompa di
benzina.
Il metodo non convince molto il professor La Vecchia, che si è
posto il dubbio di come smaltire i filtri che si impregnano di sostanze
altamente cancerogene. Per questo motivo l’illustre ricercatore
ritiene che la soluzione ideale sia la più semplice: rendere
le pompe di benzina maggiormente automatiche trascinando al di fuori
della sfera di pericolo l’addetto della stazione di servizio che
potrebbe invece dedicarsi ad altre incombenze. Inoltre bisognerà
che accanto a ciascuna pompa sia in funzione un aspiratore e gli stessi
clienti possano digitare l’importo della erogazione richiesta senza
avvicinarsi troppo alla pompa se non nell’attimo inevitabile della
stessa erogazione.
Nel frattempo alcune pallide e semisconosciute proposte sono state presentate
anche al Parlamento europeo, ma fino ad oggi non è stata fatta
alcuna discussione importante e ci troviamo in assenza di direttive
e raccomandazioni che vadano in tal senso.
Ecco perché la stessa ricerca che si occupa di nuovi carburanti
non ha quasi mai preso in seria considerazione l’ipotesi di tutelare
maggiormente la salute di coloro che svolgono il mestiere di addetto
alle stazioni di benzina e di conseguenza di quanti le frequentano assiduamente
per motivi di lavoro. Con tutta probabilità si ritiene, erroneamente,
che la semplice esposizione all’aria aperta possa di per sé
bastare per allontanare dal proprio corpo quelle sostanze nocive che,
comunque, rendono poi l’ambiente circostante meno puro e dunque
ugualmente e pericolosamente inquinato.