Foto Coraggio - archivio Asaps
(ASAPS) Forlì, 27 dicembre 2010 – Lo scorso 24 novembre, sul portale di Repubblica, è apparso un articolo che gli amici della rassegna stampa sul vino, birra ed altri alcolici hanno subito ripreso e riproposto a tutti noi. Io raccolgo l’invito di Roberto Argenta e vi chiedo di partecipare a questo dibattito. Io non sono astemio. Sono un bevitore occasionale che, lo confesso, è spesso attratto dal mondo che ruota attorno alla bottiglia. La cultura del vino, la cultura della birra, l’intellettualità di un bicchiere sorseggiato sul divano in stile davanti al caminetto finto o dopo aver salvato un’anfora dalle insidie di una tempesta ricreata, sul piccolo schermo, con un filtro color seppia, un simulatore di vento e un’accattivante voce narrante. Il risultato, poi, è sempre lo stesso e, badate bene, non parlo di stragi stradali. Parlo dell’inferno nel quale cade chi, in stato di ebbrezza, viene sorpreso alla guida. Per questo bisogna leggere quest’articolo. “È un articolo un po’ lungo – scrive Roberto Argenta – ma merita di essere letto, rende l’idea di come sia veramente difficile, anche per chi ha interesse a conoscere e si documenta, avere delle idee chiare. Soprattutto quando lo scopo è sostanzialmente bere il più possibile. Si sta formando e diffondendo una cultura dell’etilometro. Pericolosa e subdola come la cultura alcolica. Entrambe danno l’impressione di essere meno esposti a rischi perché si conosce, o si crede di conoscere, il proprio bere. La convivenza con gli alcolici è pericolosa, se associata a una cultura del bere lo è ancora di più. Entrambi i fattori di rischio potrebbero essere quasi azzerati portando l’alcolemia consentita a zero”. Leggetelo, l’articolo di cui parliamo, e lasciate pure il vostro commento. (ASAPS)
LA REPUBBLICA online del 24.12.2010 IL RACCONTO “Io, risultato legalmente sobrio dopo aver bevuto sei bicchieri” Una tavolata con un sindaco, il comandante dei vigili urbani e - soprattutto - un etilometro. E al centro grandi vini. Un test da veri gourmet per dimostrare come in un ristorante si può bere alcol con intelligenza e poi guidare
di GIANNI MURA
24 dicembre 2010 - Applauso breve, ma cordiale. Sventolo come un trofeo il bigliettino su cui sono stampati tre numeri: 0,13. È il tasso alcolico rilevato dall’etilometro in cui ho soffiato, uno di quelli veri, in dotazione ai vigili dell’alta Vallagarina, un consorzio di sette comuni in provincia di Trento. Sono loro a fare i controlli, esattamente come li fanno sulle strade di una regione dove si beve spesso e volentieri. Chiedo di ripetere l’esame perché non ci credo. So quello che ho bevuto: 6 bicchieri da 125 cl di quattro vini diversi, praticamente una bottiglia. Come tutti i commensali, ho scrupolosamente annotato il bere (acqua a parte): uno di spumante, quattro di rosso, uno di passito. Risoffio, esce ancora 0,13. La prima a soffiare, la più coraggiosa nel rompere il ghiaccio, è stata Paola, mia moglie. Per non influenzarci, ci siamo seduti lontano una dall’altro, lei ha appena assaggiato il passito e dunque ha bevuto meno: ancora 0,13. Lì era scattato il primo applauso. L’organismo femminile, che sviluppa meno enzimi, in questo campo parte svantaggiato. Ci siamo sottoposti a un test serio per avere le idee più chiare e per rispondere ai tanti lettori che ci chiedono: ma voi come fate? Come facciamo da quando ci sono i controlli, ovviamente, quelli che fissano a 0,5 la soglia dell’ubriachezza. Chiaro che chi si occupa da vent’anni di una rubrica di enogastronomia qualcosa o molto rischia. Noi facciamo così: a Milano, dove abitiamo, usiamo solo i mezzi pubblici. Oltre i 100 km da Milano, sia Parma o Torino, si pernotta in albergo. Il problema sono i paesini dell’hinterland, dove non sempre è facile trovare un taxi. In questo caso, uno dei due beve meno (quasi sempre Paola, per la verità), ma si viaggia con la sensazione di stare su una lastra sottile, e in testa ronzano tutte le voci raccolte da amici e conoscenti. Bastano due bicchieri e sei fregato. Basta una birra grande. A Gigi han ritirato la patente e aveva bevuto solo due calici di Prosecco. Occhio al limoncello, agli amari, ai grappini. A noi piace il vino: buono, se possibile, e non troppo. Pensiamo che l’ubriachezza stia al vino come lo stupro all’amore. Pensiamo, ancora, che si faccia terrorismo psicologico mettendo sullo stesso piano i vini e i liquori. Dubitiamo che chi guida velocissimo nel cuore della notte beva Barbaresco o Chianti, e sorvoliamo su altre sostanze che si possono assumere. Pensiamo che sia bello un bagno in mare dove non si tocca, però bisogna saper nuotare. Fuor di metafora, non abbiamo mai visto l’etilometro come un nemico. Teniamo alla nostra pelle e a quella altrui. Un limite ci vuole, come per la velocità. Meno ubriachi circolano per le strade e meglio è. Lo 0,13 è nostro e dipende da molti fattori: età, abitudine, corporatura. (*) Ogni organismo risponde in un modo diverso. Quindi, non copiateci, ma testatevi e sappiatevi regolare. Bevete responsabilmente e seguendo una regola fondamentale: mai bere a stomaco vuoto. Bevendo a digiuno, sì che due calici di bianco bastano a sballare. Qualche dritta l’avevamo già avuta da Luca Bini che, con la moglie Diletta, guida la Casa del Vino a Isera (Trento). Da quando c’è l’etilometro Luca, prima che l’avventore si alzi da tavola, invece del grappino di una volta gli offre un boccaglio in cui soffiare. E un servizio di taxi è sempre a disposizione. Comunque, lui e il suo staff sono disponibili a tenere aperto fino a che il cliente non rientra nella norma. Anche qui è meglio chiarire: a 0,4 non ci sono sanzioni, ma la lucidità e i riflessi non sono identici a quelli di uno 0,2 o di un astemio. Mentre il mondo del vino piangeva (consumi calati del 30%) Bini faceva qualche calcolo nel suo orticello (un giorno, 70 coperti al ristorante e 15 bicchieri di vino in tutto) e decideva che l’etilometro andava visto come opportunità e non come restrizione, che il ristoratore aveva il compito di informare e, per quanto possibile, prevenire. Per questo gli abbiamo chiesto di organizzare una serata, massima libertà sui piatti e sui vini. I vini: Graal Altemasi riserva 2003 Càvit (12 gradi); Pinot nero Vignalet 1997 Cadalora (13 gradi), San Leonardo 2003 Guerrieri Gonzaga (13,5 gradi), Migoletta Moresca Longariva (13, 5 Gradi). Il menù, ideato dallo chef Stefano Rosi da poco rientrato da uno stage al Tantris di Monaco: tasca di polenta con cappesante al tartufo bianco, purea di topinambur con uovo poché al tartufo bianco, ravioli ripieni di cotechino e lenticchie su radici di rafano e rape rosse, filetto di vitello con spinaci e salsa al Porto, tarteletta di cioccolato con rumtopf di piccoli frutti. In un angolo della stanza, salame casalingo e "50 e 50" (formaggio fatto per metà con latte vaccino e per metà caprino) avevano svolto il ruolo di corposi stuzzichini. Al tavolo, molto curiosa sugli esiti, c’è una bravissima chef, Paola Budel, che in un giorno di pioggia ha lasciato il suo piccolo paradiso di Mazzorbo per venire quassù. Ci sono il sindaco di Isera, Enrica Rigotti, e il segretario comunale, Paolo Zaniboni, emiliano con moglie trentina. C’è uno dei produttori storici della regione, il marchese Carlo Guerrieri Gonzaga. C’è, in borghese, seduto alla mia destra, Nicola Mazzucchi, il comandante dei vigili (in divisa) incaricati dei controlli. Questo per dire che non è un raduno di beoni, e neanche un gioco. Mazzucchi si presenta con una massiccia documentazione ufficiale. Spigolando qua e là, apprendo che gli incidenti causati dall’alcol rappresentano il 3 % del totale e che l’obiettivo dell’Ue (dimezzare i morti da incidente stradale rispetto al 2001) sono già stati raggiunti da Lettonia (-54,5) e Spagna (-52,8), mentre Estonia e Portogallo (-49,7) sono quasi al traguardo. L’Italia è al decimo posto, un pelo dietro la Germania (40,5 e 40,3). Per onestà cronistica, il solo a superare la fatidica soglia di 0,5 è il padrone di casa (0,65), anche se ha bevuto solo due bicchieri più di me. Può esserci una spiegazione: da qualche notte dormiva male e poco per via dei pianti della bimba, sofferente di otite. Quindi, anche lo stress e la stanchezza incidono sul test. Piccolo consiglio a chi non si testa, si mette al volante ed è fermato per il test: l’alcol lascia come un alone su lingua e palato, alone cancellato da un bicchiere o due d’acqua che conviene bere prima di alzarsi da tavola, lasciando un intervallo ragionevole (mezz’ora) dall’ultimo bicchiere di vino. Ma il solo segreto, oltre alla moderazione, è il gusto della convivialità, il passare un paio d’ore rilassate apprezzando il cibo e il vino. L’importante è bere mangiando, non importa che il menù ricalchi il nostro, vanno bene anche tre panini al Gorgonzola (naturale, se possibile) o una pastasciutta e una frittata. Guarda caso, la nostra rubrica sul Venerdì si chiama "Mangia e bevi", tra sentimento e presentimento.
Commenta nel blog
|