Continuiamo
l’esame delle disposizioni contenute dei decreti attuativi della
legge delega 32/2005.
La
riforma dell’autotrasporto è entrata nel vivo. I decreti
attuativi della legge delega 32/2005 sono a un passo dall’approvazione
definitiva. E in fondo non è che un tassello dell’enorme
puzzle legislativo che sta letteralmente riscrivendo le regole del settore.
Di contorno ci sono tante altre piccole novità, delle quali vi
diamo conto nell’Agenda di p. 41. Tra queste il nuovo meccanismo
di calcolo del fatturato annuo in pedaggi dell’impresa, determinato
in base alla categoria ecologica di appartenenza dei mezzi. In particolare,
la direttiva ministeriale che introduce tale novità ha escluso
i veicoli euro 0 dalla possibilità di accedere alla misura in
questione e, nel 2006, la stessa esclusione varrà anche per gli
euro 1. Inoltre ha previsto che, per il 2005, il fatturato annuo in
pedaggi prodotto dai mezzi euro 1, euro 2 ed euro 3, sia moltiplicato
per i seguenti indici di sconto: 0,5 per i veicoli euro 1; 1 per i veicoli
euro 2; 1,5 per i veicoli euro 3 o superiori. Non vengono quindi previste
agevolazioni per rendere conveniente l’acquisto di veicoli euro
4 o euro 5.
La direttiva ha previsto poi che sul fatturato globale annuo in pedaggi
dell’impresa richiedente, ottenuto sommando il fatturato dei singoli
veicoli, si applichi una percentuale di rimborso così calcolata:
da 51.646,00 a 206.583,00 la percentuale è del 10%; da 206.583,01
a 516.457,00 sale al 15%; da 516.457,01 a 1.032.914,00 si arriva al
20%; da 1.032.914,01 a 2.582.284,00 si passa al 25%; oltre i 2.582.2084
si giunge al 30%.
Insieme alla domanda di rimborso, bisogna compilare un prospetto in
cui indicare, per ogni veicolo: targa; categoria ecologica; numero della
tessera Telepass o Viacard. La compilazione del prospetto dovrà
avvenire con il programma disponibile sul sito dell’Albo. Le imprese
con più di 10 veicoli, devono trasmettere il prospetto su floppy
o cd.
Ma torniamo alla riforma. Nei numeri scorsi abbiamo esaminato la disciplina
degli accordi di settore e i rapporti tra Albo e Consulta. Questo mese
parliamo di carta di qualificazione professionale, della modalità
di determinazione delle tariffe dopo la fine della forcella e del valore
degli usi, del limite di risarcibilità del vettore.
Corso ed esame per ottenerla
carta di qualificazione professionale, un nuovo contenitore di punti
La carta di qualificazione professionale, di matrice europea, entra
nella riforma dell’autotrasporto italiano. Anche se la relativa
disciplina per diventare applicabile ha bisogno di un decreto del ministero
da approvare entro il 10 settembre del prossimo anno. Intanto possiamo
andarci a leggere il capo II del decreto legislativo che recepisce quanto
previsto dalla direttiva 2003/59 e introduce un’innovazione molto
apprezzata dalla categoria: quella relativa all’introduzione di
un doppio contenitore di punti, per evitare che un autista di camion
possa essere privato dei punti necessari a svolgere un’attività
professionale anche quando si sta recando al mare con la propria autovettura.
Per acquisire la carta di qualificazione del conducente è necessario
sottoporsi a uno specifico percorso formativo, di volta in volta aggiornato.
In pratica si deve seguire un corso e superare un esame di idoneità,
peraltro nemmeno tanto elementare. Ogni cinque anni poi la carta va
rinnovata, sempre tramite corso di aggiornamento. Possono frequentare
il corso e quindi conseguire l’attestato quegli autisti che siano
in possesso della patente di guida professionale.
Rispetto alle sanzioni previste in caso di circolazione senza carta
di qualificazione o con carta scaduta, il fatto inedito riguarda l’agganciamento
del sistema della patente a punti con quello della carta. In pratica,
stando a quanto disposto dall’art. 23, ogni carta dispone di un
certo quantitativo di punti (non ancora fissato) che viene ad assottigliarsi
ogni qual volta scatta un’infrazione delle norme di comportamento
relative all’attività di autotrasporto. Esauriti i punti
la carta viene ritirata e per riaverla è necessario sostenere
l’esame di revisione. Soltanto che la decurtazione si applica soltanto
quando gli illeciti siamo stati commessi alla guida di un veicolo per
cui è prevista la carta di qualificazione del conducente e nell’esercizio
dell’attività professionale.
quando il contratto non è scritto
Tariffe: il ricorso agli usi e ALLE consuetudini
Il contratto di trasporto di norma è scritto. Quando non lo è
e dovessero tra le parti sorgere controversie, si utilizza per dirimerle
quanto previsto dall’art. 9 del decreto attuativo della legge delega
32/2005. Vale a dire si applicano gli usi e le consuetudini raccolti
nei bollettini predisposti dalle camere di commercio. A stilare queste
tariffe d’uso provvede la Consulta, per mezzo di un apposito Osservatorio.
Il frutto di questo lavoro viene poi trasmesso alle camere di commercio,
all’interno delle quali sono previste delle “commissioni degli
usi”, composte da rappresentanti delle associazioni di categoria
e di tecnici.
Vediamo qualche questione sollevata dalla nuova normativa.
Cosa succede nel caso in cui le tariffe d’uso differiscono da quelle
riportate nei “vecchi” accordi collettivi? Il problema è
solo teorico, giacché gli accordi precedentemente in essere termineranno
di avere validità il 31 dicembre 2006. A quel punto se ne potranno
stipulare di nuovi e ad essi le parti potranno richiamarsi in sede contrattuale.
In ogni caso non riporteranno indicazioni relative alle tariffe, ma
tutt’al più meccanismi adeguativi delle stesse. Quindi contrasti
non possono sorgere.
Cosa succede se le parti non indicano il prezzo all’interno di
un contratto scritto?
In generale sarebbe meglio indicarlo o quanto meno richiamarsi agli
usi o consuetudini. Fatto sta che, visto che il decreto delegato fa
espresso richiamo a queste fonti subordinate, si può dire tranquillamente
che esse vanno a completare il contratto. Quindi vi inseriscono quell’elemento
mancante.
Cosa succede nel caso in cui il contratto prevede tariffe diverse rispetto
a quelle risultanti dagli usi?
In generale nulla. Le tariffe le stabiliscono le parti: se gli usi dovessero
sostituirsi di diritto alle indicazioni contrattuali saremmo di nuovo
di fronte a un sistema tariffario obbligatorio. Certo, in ogni caso
rappresentano un riferimento, un indice cui le parti di fatto andranno
a guardare. Caso diverso quello in cui il contratto risultasse nullo,
perché in questo caso sarebbe possibile cancellare le tariffe
contrattuali e sostituirle con gli usi.
Il nodo prezzi
Come si stabiliRANNO le tariffe di domani
La forcella è finita. Le tariffe, da domani, più precisamente
in un tempo non successivo al 28 febbraio 2006, saranno libere. Come
saranno fissate? Ovviamente tra le parti. Siccome però le parti,
nel settore dell’autotrasporto, sono tradizionalmente dotate di
forza contrattuale diversa – maggiore quella del committente, minore
quella del vettore – la legge ha ben pensato di introdurre una
serie di elementi in qualche modo difensivi del trasportatore. Per il
semplice motivo che un trasportatore che percepisce poco, rischia di
diventare approssimativo. E l’approssimazione (ovvero l’insicurezza),
sulla strada, espone la collettività a rischi consistenti. Il
primo elemento è relativo alla limitazione della responsabilità
del vettore per perdita o avaria della cosa trasportata, decisamente
ridotta (come si chiarisce nel box a p. 40). Un altro riguarda la forte
spinta normativa per indurre le parti a concludere contratti scritti,
in modo da metterli maggiormente alla luce del sole. Ecco perché
il principio della corresponsabilità – di cui parliamo a
p. 29-31 – inverte l’onere della prova a carico del committente
(nel senso cioè che la pone a suo carico), soltanto in presenza
di contratto non scritto, facendo divenire più conveniente una
stipula in tale forma.
Un’ultima forma di mitigazione deriva dalla possibilità,
lasciata aperta, di concludere accordi volontari, diversificate per
settori merceologici e redatti insieme dalle organizzazioni di categoria
dei vettori e della committenza. Ovviamente anche questi contratti devono
avere forma scritta e devono richiamarsi espressamente alle normative
sull’accesso alla professione e ai principi della corresponsabilità.
Ma soprattutto dovranno avere forma scritta anche i contratti conclusi
tra singole parti, in conformità agli accordi stessi. Rispetto
alle tariffe, però, c’è poco da sperare. Dal testo
dell’art. 5 si evincerebbe infatti che i prezzi, poi, saranno rimessi
alla trattativa tra le parti, che si adegueranno semmai su tutti gli
altri elementi contenuti negli accordi di riferimento: obbligo di regolare
esercizio da parte del vettore dell’attività di autotrasporto;
previsione della responsabilità soggettiva del vettore e se accertata
del committente, del caricatore e del proprietario della merce; previsione
dell’osservanza dei contratti collettivi e individuali di lavoro,
della normativa in materia previdenziale e assistenziale; durata predeterminata
non superiore al triennio, ecc). L’unico riferimento tariffario
riguarda invece l’adozione di un indice di riferimento per la variazione
annuale dei costi, con particolare riguardo all’andamento del costo
del carburante, al fine di consentire lo scambio di informazioni sensibili
tra le parti.
limite di risarcibilità del vettore
Un euro per chilo per tutti i trasporti nazionali
Un euro per kg di merce trasportata. È questo il nuovo limite
di risarcibilità del vettore per merci perdute o avariate, che
sarà introdotto dai decreti delegati di prossima pubblicazione
sulla Gazzetta Ufficiale (art. 10). Il “limite di risarcimento
per perdita o avaria delle cose trasportate” consiste nella cifra
massima che il trasportatore deve rifondere al committente in caso di
perdita o avaria delle merci. Naturalmente, nel caso si riscontri “dolo”
o “colpa grave” nel comportamento del vettore, tale limite
non si applica e il trasportatore sarà sempre chiamato a rispondere
per l’intero valore andato perduto. La riforma abbassa di parecchio
il tetto massimo di responsabilità del vettore. Sino a oggi infatti
questo limite veniva determinato secondo 3 casi: a) in caso di trasporti
nazionali soggetti a tariffa obbligatoria il limite era di 0,26 €
per kg di merce perduta o avariata, in relazione alla portata del veicolo
(che essendo questa 28.000 kg, determinava un tetto massimo di circa
7.300 €); b) in caso di trasporti nazionali non soggetti a tariffa
obbligatoria il limite era di 6,20 € per kg di merce perduta o
avariata;. c) in caso di trasporti internazionali si applicava, e si
continuerà ad applicare, la convenzione Cmr, che prevede un tetto
di 8,33 € per kg.
Con l’introduzione del nuovo limite unico per i trasporti nazionali
il trasportatore si vede abbassare di circa 6 volte il valore da rifondere
alla committenza in caso di perdita o avaria del carico. La stragrande
maggioranza dei trasporti è infatti sempre avvenuto al di fuori
delle tariffe obbligatorie, dunque applicando il limite di 6,20 €
per kg.
Chi non vede assolutamente di buon occhio il nuovo limite sono le compagnie
assicurative. A prima vista la posizione potrebbe sembrare strana. In
fondo il vettore è responsabilizzato per una cifra molto più
bassa che in passato. Dunque, nel caso decida di assicurarsi contro
perdita o avaria di merce, l’assicurazione sarà chiamata
a corrispondere indennizzi più bassi. Ma non sempre le cose stanno
come sembrano. “Quando la riforma diventerà operativa -
spiega Cristina Castellini di ANIA - ci aspettiamo un’impennata
sensibile dei contenziosi fra vettori e committenza - Il nuovo limite
penalizza infatti quest’ultima che, verosimilmente, in caso di
sinistro, cercherà di dimostrare l’esistenza di colpa grave
o dolo da parte del vettore, in modo che questi sia tenuto a risarcire
l’intero e non soltanto entro il limite di 1 € per kg. Tutto
questo per le assicurazioni si traduce in notevoli costi aggiuntivi,
anche considerando che la giurisprudenza negli ultimi anni è
apparsa sempre più severa nel valutare la “colpa grave”.
Della serie: se qualcuno stava già pensando ad un abbassamento
dei premi avrà, probabilmente, una brutta sorpresa.
Il nuovo limite potrebbe (ma il condizionale è d’obbligo)
essere applicato anche nell’ambito dei trasporti multimodali, sinora
esclusi da ogni limite di responsabilità da parte del vettore.
Il decreto prevede infatti che il tetto di 1 € per kg sia introdotto
quale aggiunta all’art. 1696 del codice civile. Dal momento che
in base a un orientamento giurisdizionale consolidato, al trasporto
multimodale viene applicata la disciplina del codice, ecco che il limite
potrebbe essere considerato valido anche per questa forma di trasporto.
“Pedaggio? 5 EURO Pardon… volevo dire euro 5”
In Italia accadono cose incredibili. Poco noto, ma comunque esistente,
il meccanismo di sconti (con fattori moltiplicativi in relazione alla
classificazione antinquinamento, ma con l’esclusione degli euro
0) ha visto con le nuove norme una battuta d’arresto. Già,
perché per chi acquista oggi un euro 5 ottiene sconti uguali
a chi compra un euro 3. Il testo normativo individua la classe massima
di sconti per gli “euro 3 e superiori”. Nessun politico evidentemente
ha preso in considerazione che questo “superiore” può
costare anche 14.000 euro in più, oltre alla spesa per l’AdBlue.
Ora, siamo abituati al fatto che il politico di casa nostra non prenda
in considerazione qualcosa. Solo che, in Austria, in Germania, in Svizzera
e in Svezia, dove i politici non sono certo camionisti, hanno compreso
questo concetto e hanno riconosciuto una serie diversificata di agevolazioni.
Lì, insomma, comprare un veicolo più pulito costa di più
ma porta vantaggi, economici e di maggiore circolazione (nel senso che
si può viaggiare anche di notte). Da noi no. Per quale motivo?
Qualche cattivo potrebbe pensare a un caso di protezionismo, spesso
tirato in ballo quando si parla di veicoli. Una sciocchezza, prova ne
sia che Iveco con Mercedes è stata tra le primissime a offrire
veicoli euro 5. E allora? Mah, forse si chiama semplicemente incompetenza,
perchè in un paese (sì, la minuscola è voluta)
avvelenato dall’inquinamento non premiare in alcun modo i veicoli
pesanti che rispettano in anticipo le restrittive norme sull’inquinamento
pare, francamente, non tanto folle quanto stupido. Eppure è così
chiaro, infatti, che premiare i camion non paga (politicamente), al
contrario di quanto avviene nel Nord Europa dove nelle aree metropolitane
si può entrare solo a condizione di inquinare molto poco. Da
noi non si premia chi è all’avanguardia ecologica. Ma si
ricorre alle targhe alterne e ad altri divieti che generalmente non
prendono in considerazione i veicoli industriali e commerciali (per
essere chiari: quelli dalla categoria N1 in su). E questo è populismo.
In nome dei PM10 si vieta di circolare a una vettura euro 3, ma chi
va al lavoro con un OM 40 che funziona a olio non incontra stop. Però,
se vai in autostrada non becchi un euro di sconto perché è
euro 0 (o forse addirittura euro –8).
Alla fine di tutto va detto che nella città capitale dell’automobile
i tempi poco allegri si sono registrati anche sul fronte ecologico,
con decisioni a dir poco contraddittorie: blocchi a raffica, targhe
alterne, ma nessuna considerazione per la tecnologia. Già perché
lo scorso anno con la Fiat 124 (magari del 1969) a GPL si poteva circolare,
mentre con una moderna euro 4 era impossibile. Quest’anno si è
posto rimedio... le euro 4 circolano nei giorni di blocco e di targhe
alterne. Ma le 124 del ’69 a GPL pure!
Anche con i pedaggi il prossimo anno dovrebbe cambiare qualcosa. Gli
euro 1 non saranno più ammessi allo sconto. Ma per il resto tutto
rimarrà com’è. E mai come stavolta commentare è
superfluo. Anzi, inutile.