Il proprietario ha l’obbligo di sapere sempre chi si trova alla guida del proprio mezzo; non è, infatti, sufficiente all’impresa la dichiarazione di non essere in grado di individuare il conducente del veicolo al fine di sfuggire alla multa. Così i giudici della seconda sezione civile della Cassazione hanno precisato nella sentenza 2 dicembre 2010, n. 24457. Con la decisione in commento è stata confermata la sanzione per omessa indicazione dei dati del conducente impartita ad una società, al quale era stato notificato il verbale di una multa, con contestuale decurtazione dei punti. Tale società aveva, però, dichiarato alla polizia di non essere in grado di rintracciare il conducente del mezzo che “al momento della contestata infrazione” si trovava alla guida.
Secondo quanto precisato dai giudici della Corte, come già evidenziato in apertura di commento, il proprietario del mezzo è sempre tenuto a conoscere chi si trova (e quindi la precisa identità) alla guida del mezzo non potendo rispondere con una dichiarazione omissiva e generica.
Come nel caso di specie il giudice di merito, secondo il pensiero della Corte, non può ritenere che le prove della responsabilità dell’opponente siano insufficienti. Nella sentenza de qua si legge testualmente che “in tema di violazioni alle norme del codice della strada, con riferimento alla sanzione pecuniaria inflitta per l’illecito amministrativo previsto dal combinato disposto degli art. 126 bis C.d.S., comma 2, penultimo periodo, e dell’art. 180 C.d.S., comma 8, il proprietario del veicolo, in quanto responsabile della circolazione dello stesso nei confronti delle pubbliche amministrazioni non meno che dei terzi, è tenuto sempre a conoscere l’identità dei soggetti ai quali ne affida la conduzione, onde dell’eventuale incapacità d’identificare detti soggetti necessariamente risponde, nei confronti delle une per le sanzioni e degli altri per i danni, a titolo di colpa per negligente osservanza del dovere di vigilare sull’affidamento in guisa da essere in grado di adempiere al dovere di comunicare l’identità del conducente” (principio affermato da Cass., n. 13748 del 2007 e ribadito da Cass., n. 12842 del 2009).
Continuano i giudici della Corte nella sentenza in commento che “il giudice di pace ha ritenuto la giustificazione addotta dall’opponente……..del tutto inidonea ad escludere la responsabilità della società opponente, proprietaria del veicolo, per la contestata violazione dell’art. 180 C.d.S., comma 8”.
(Altalex, 20 gennaio 2011. Nota di Manuela Rinaldi)
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE II CIVILE Sentenza 2 dicembre 2010, n. 24457 Svolgimento del processo
Con sentenza depositata in data 11 luglio 2005, il Giudice di pace di Ravenna ha rigettato l’opposizione proposta dalla Cooperativa Braccianti Riminese a r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, avverso il verbale di accertamento e di contestazione della violazione degli artt. 126 e 126 bis C.d.S., per non avere comunicato alla Polizia Municipale di Ravenna, entro trenta giorni, i dati personali e della patente del conducente del veicolo al momento dell’infrazione accertata il ****. Il Giudice di pace ha rilevato che l’opponente non aveva ottemperato all’invito di recarsi presso gli uffici della Polizia Municipale, per portare in visione la patente di guida e per comunicare le generalità del conducente del veicolo all’atto dell’infrazione. Nè poteva ritenersi verosimile la giustificazione addotta dall’opponente, secondo cui, data l’ampiezza dell’azienda, non era stato possibile individuare la persona che, al momento dell’infrazione, era alla guida dell’autoveicolo.
Per la cassazione di questa sentenza la Cooperativa Braccianti Riminese ha proposto ricorso sulla base di due motivi; l’intimato Comune non si è costituito. Avviatasi la procedura ex art. 375 cod. proc. civ., il Procuratore Generale presso questa Corte ha chiesto il rigetto del ricorso per manifesta infondatezza dei motivi. All’udienza del 17 aprile 2009, la Corte di cassazione ha disposto la rinnovazione della notificazione del ricorso al Comune presso il domicilio eletto nel giudizio di primo grado. La ricorrente ha ottemperato all’ordine di rinnovazione; il Comune di Ravenna non ha svolto attività difensiva. E’ stata quindi fissata nuovamente la discussione del ricorso per l’udienza camerale del 22 giugno 2010. <>
Motivi della decisione
Con il primo motivo di ricorso, la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 126 bis C.d.S. e della L. n. 689 del 1981, art. 23. La ricorrente, dopo aver osservato che la norma di cui all’art. 126 bis deve essere letta alla luce di quanto disposto dal successivo art. 180, comma 8, censura la sentenza impugnata rilevando che essa aveva adempiuto all’obbligo di fornire alla Polizia Municipale i dati richiesti, con la comunicazione in data 26 marzo 2004, tempestiva rispetto alla notificazione del verbale, avvenuta il 9 marzo 2004, in relazione a violazione accertata il (OMISSIS). In detta comunicazione, si precisava che non era possibile risalire al conducente trasgressore, e si enunciavano i motivi di tale impossibilità. Con il secondo motivo, la ricorrente denuncia error in procedendo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 4 e 5, per omessa e/o insufficiente motivazione in ordine all’eccezione preliminare da essa formulata e a diversi altri punti decisivi prospettati nel giudizio di primo grado, nonchè violazione della L. n. 689 del 1981, art. 23, comma 12, per non avere il giudice di pace accolto l’opposizione in difetto di prove sufficienti. Con riferimento al primo profilo, la ricorrente ricorda che, nel giudizio di opposizione, era stata eccepita la tardività della contestazione, avvenuta oltre il termine di 150 giorni di cui all’art. 210 C.d.S. e sostiene che il giudice di pace non ha offerto "alcuna spiegazione circa le motivazioni di diritto che hanno sotteso il suo percorso logico - motivazionale". Con riguardo al secondo profilo, la ricorrente osserva che il Comune non ha provveduto ad inviare la documentazione richiesta dal Giudice di pace e ciò avrebbe dovuto indurre il Giudice di pace a ritenere insufficiente la prova della contestata violazione. Il primo motivo è manifestamente infondato alla luce del principio affermato da Cass., n. 13748 del 2007 (ribadito da Cass., n. 12842 del 2009), secondo cui «in tema di violazioni alle norme del codice della strada, con riferimento alla sanzione pecuniaria inflitta per l’illecito amministrativo previsto dal combinato disposto degli art. 126 bis C.d.S., comma 2, penultimo periodo, e dell’art. 180 C.d.S., comma 8, il proprietario del veicolo, in quanto responsabile della circolazione dello stesso nei confronti delle pubbliche amministrazioni non meno che dei terzi, è tenuto sempre a conoscere l’identità dei soggetti ai quali ne affida la conduzione, onde dell’eventuale incapacità d’identificare detti soggetti necessariamente risponde, nei confronti delle une per le sanzioni e degli altri per i danni, a titolo di colpa per negligente osservanza del dovere di vigilare sull’affidamento in guisa da essere in grado di adempiere al dovere di comunicare l’identità del conducente. Peraltro, la sentenza della Corte costituzionale n. 27 del 2005 - che pure ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 126 bis C.d.S., nella parte in cui era comminata la riduzione dei punti della patente a carico del proprietario del veicolo che non fosse stato anche responsabile dell’infrazione stradale - ha affermato, con asserzione che, in quanto interpretativa e confermativa della validità di norma vigente, trova applicazione anche ai fatti verificatisi precedentemente e regolati dalla norma stessa, che "nel caso in cui il proprietario ometta di comunicare i dati personali e della patente del conducente, trova applicazione la sanzione pecuniaria di cui all’art. 180 C.d.S., comma 8" e che "in tal modo viene anche fugato il dubbio in ordine ad una ingiustificata disparità di trattamento realizzata tra i proprietari di veicoli, discriminati a seconda della loro natura di persone giuridiche o fisiche, ovvero, quanto a queste ultime, in base alla circostanza meramente accidentale che le stesse siano munite o meno di patente". (Nella specie, il giudice di pace aveva rigettato l’opposizione al verbale di accertamento, per violazione dell’art. 180 C.d.S., comma 8, proposta da una società in a. s., secondo cui le era stato impossibile identificare il conducente a causa dei numerosi automezzi di sua proprietà affidati a vari dipendenti e dell’insussistenza dell’obbligo di registrare ciascun affidamento; la S.C., poichè non era stata fornita idonea ragione per esimersi da responsabilità, ha rigettato il ricorso per erronea interpretazione della norma suddetta in relazione alla sentenza della Corte costituzionale n. 27 del 2005)". In motivazione, nella citata sentenza si è chiarito che nella sentenza n. 27 del 2005 la Corte Costituzionale ha testualmente affermato: "L’accoglimento della questione di legittimità costituzionale, per violazione del principio di ragionevolezza, rende, tuttavia, necessario precisare che nel caso in cui il proprietario ometta di comunicare i dati personali e della patente del conducente, trova applicazione la sanzione pecuniaria di cui all’art. 180 C.d.S., comma 8". Il giudice a quo, ha osservato la Corte nella sentenza n. 13748 del 2007, correttamente ha disatteso la giustificazione dell’omessa comunicazione dei dati relativi al conducente dedotta dall’opponente con la pretesa impossibilità d’identificare il soggetto autore dell’illecito in ragione dei numerosi automezzi di sua proprietà affidati a vari dipendenti, dacchè, con tale deduzione, l’opponente non ebbe a fornire, in realtà, alcuna idonea ragione per esimersi dalla responsabilità accollatagli dalla norma. Analogamente, nel caso di specie, deve quindi affermarsi che correttamente il giudice di pace ha ritenuto la giustificazione addotta dall’opponente - sostanzialmente coincidente con quella presa in esame nel caso deciso dalla richiamata sentenza - del tutto inidonea ad escludere la responsabilità della società opponente, proprietaria del veicolo, per la contestata violazione dell’art. 180 C.d.S., comma 8. Da ultimo, giova sottolineare come, con successive pronunce, la Corte costituzionale abbia dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 126 bis C.d.S., comma 2, e dell’art. 180 C.d.S., comma, 8 censurati in quanto prevedono un obbligo per il proprietario non conducente di un veicolo con il quale è stata commessa una violazione del codice della strada, alla quale consegue la perdita dei punti della patente, di comunicare le generalità del conducente, precisando che le impugnate disposizioni, già prima delle modifiche introdotte dal D.L. 3 ottobre 2006, n. 262, art. 2, comma 164 inserito dalla relativa Legge di Conversione 24 novembre 2006, n. 286, dovevano essere interpretate nel senso di riconoscere la possibilità di distinguere il caso di chi, inopinatamente, ignori del tutto l’invito "a fornire i dati personali e della patente del conducente al momento della commessa violazione", da quello di colui che, "presentandosi o scrivendo", adduca invece l’esistenza di motivi idonei a giustificare l’omessa trasmissione di tali dati, laddove un’opzione ermeneutica, che equiparasse ogni ipotesi di omessa comunicazione di detti dati, presenterebbe una dubbia compatibilità con l’art. 24 Cost., in quanto, non consentendo in alcun modo all’interessato di sottrarsi all’applicazione della sanzione pecuniaria, si risolverebbe nella previsione di una presunzione iuris et de iure di responsabilità (Corte cost., sent. n. 434 del 2007). Il primo profilo del secondo motivo è inammissibile, in quanto ha ad oggetto questioni che dalla sentenza impugnata non risultano essere state dedotte dalla ricorrente o comunque ribadite nelle conclusioni come riportate nella medesima sentenza. La ricorrente avrebbe quindi dovuto denunciare non già un vizio di omessa motivazione, ma, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., riproducendo altresì il motivo di opposizione riproposto e non esaminato dal giudice del merito, e non limitandosi ad una mera sintesi dello stesso (Cass., n. 13748 del 2007, cit.). E’ invece manifestamente infondato, nella parte in cui denuncia la violazione della L. n. 689 del 1981, art. 23, comma 12, giacchè trattasi di censura inconferente rispetto alla contestazione dell’illecito e alla motivazione con la quale il giudice di pace ha rigettato l’opposizione. La questione, invero, atteneva alla idoneità o meno della giustificazione addotta dalla società ricorrente per omettere la comunicazione delle generalità del conducente di un autoveicolo di sua proprietà, con il quale era stata commessa una violazione del codice della strada comportante l’applicazione della sanzione accessoria delle perdita dei punti della patente. In relazione a tale questione, una volta che il giudice di pace ha riportato la giustificazione addotta dalla Cooperativa opponente e ha ritenuto tale comunicazione inidonea a giustificare la mancata comunicazione dei dati del conducente, la dedotta violazione della L. n. 689 del 1981, art. 23, comma 12, il quale stabilisce che "il giudice accoglie l’opposizione quando non vi sono prove sufficienti della responsabilità dell’opponente", risulta del tutto inidonea ad evidenziare errori nell’applicazione delle norme sanzionatorie da parte del giudice di pace. Il ricorso deve quindi essere rigettato. Non vi è luogo a provvedere sulle spese, non avendo l’intimato Comune svolto attività difensiva.
P.Q.M.
LA CORTE rigetta il ricorso.
da altalex.com
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