ALL’ULTIMO
RESPIRO di Lorenzo Borselli* |
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FIRENZE – La Centrale Operativa Compartimentale a volte sonnecchia. Senti gracchiare qualche Volante sui canali della Questura, mentre sulla frequenza della Stradale regionale c’è solo un fruscio elettromagnetico. Di solito succede alle cinque del mattino, quando dalla finestra socchiusa che guarda il cortile senti la saracinesca del bar che apre, e il profumo dei cornetti e del pane si mescola a quello del cappuccino o del caffè. Ieri invece quel silenzio un poco anomalo c’era inspiegabilmente alle cinque del pomeriggio, ed era un silenzio irreale, quasi strano. Forse perché fuori, in strada, c’era il solito codazzo di auto ferme all’imbocco della rotonda che dà sul Ponte alla Vittoria, verso le Cascine, o chissà. Ma era un silenzio irreale, che non faceva presagire proprio niente di buono. Un silenzio strano, tanto che il "Sascia” ogni tanto guardava torvo il volume degli apparati, per vedere se tutto era okay. Poi, come un fulmine in un cielo carico di elettricità all’inverosimile, esplode all’improvviso la voce della 086, la pattuglia di Viareggio che doveva battere la Firenze- Pisa - Livorno. Una voce disperata, di quelle che sentiresti anche senza radio. Dalla stanza accanto corriamo e vediamo i due operatori che si dividono i compiti, che staccano numeri sulla tastiera alla velocità di un dattilografo, che annotano sul brogliaccio ore e progressive chilometriche, come due fanti che hanno atteso per ore l’assalto del nemico, abbassati in trincea, e poi all’improvviso si preparano a respingere l’offensiva, mentre da lontano, chissà dove, la sirena è il sottofondo della voce di Marco Triola. La riconosco, quella voce. È proprio di Triola, inconfondibile, nonostante la bitonale della Subaru che si contende con il motore la soglia acustica di sopportazione. Vogliono un medico, o così ci sembra. Non capiamo. È grave. Vorremmo chiedere e ci avviciniamo, ma il Sascia – severo – ci chiude un cancello di sguardi e ci confina al banco del fax. Comprendiamo. Sentiamo Triola che sollecita un’ambulanza col medico, per la persona che a bordo con loro sta per morire. Chiede l’ambulanza e dice che sta per arrivare a Empoli Ovest, ma che prosegue fino a Empoli Est. Sascia chiama il Distaccamento di Empoli, che ha il 118 in linea, e concorda un rendez-vous con gli angeli di Esculapio, mentre quelli col Centauro cucito sulla giacca corrono, (per una vita da salvare) tanto per cambiare, in superstrada. Corrono, e sembra che quei sei minuti siano ore, con quel martello che è il fruscio dei 200 all’ora sulle buche della strada, della bitonale. Poi interviene Empoli, che fissa il rendez vous allo svincolo, davanti a un ristorante. Quando Triola chiama e dice che le cose vanno peggio non crediamo alle nostre orecchie, e da tutto quel rumore, dalle comunicazioni gridate, dal rombo del motore, persino dalla sirena, sentiamo distintamente un rantolo. È l’ultimo respiro di un uomo, a pochi secondi dall’equipe di sanitari che lo aspettano. Quel rantolo poi si ferma, mentre il motore continua a girare, mentre i pneumatici del sovrasterzo sullo svincolo stridono e lasciano la gomma del battistrada sull’asfalto. Non respira più, l’uomo di cui non sappiamo nulla e Sascia sbatte la penna sul bancone, senza guardarla mentre rotola a terra, mentre Muzzi, con le mani a cucchiaio sul viso, aspetta la fine di questo ennesimo intervento vissuto da lontano eppure così nell’intimo. La selettiva chiude la comunicazione. Sono passati 8 interminabili minuti, da quando Triola, che stava facendo viabilità insieme all’Ispettore Capo Giuseppe Orietti a Santa Croce sull’Arno aveva visto scendere quell’uomo da un camion. Appena in tempo per dire che si sentiva male, che il cuore… Poi la decisione di non aspettare l’ambulanza lì, come avremmo fatto in molti. La corsa, contro il tempo, contro tutto. Otto minuti di passione che finiscono con l’effetto di un farmaco salvavita sparato nella giugulare dal medico d’urgenza, che si liberano con il respiro di quel camionista potentino di 43 anni che ricomincia a respirare. E poi il pianto, inconfondibile, di un Triola che da 11 anni vive la strada con la passione di una recluta e l’esperienza di un veterano, come il suo capopattuglia. Un pianto che rimanda di 15 minuti la trasmissione dei dati, che cala il sipario di un lieto fine. Il Sascia mi guarda contento. La "sua” pattuglia ne ha salvato un altro. Si china e raccoglie la penna. All’intervento hanno partecipato, in pattuglia, l’Ispettore Capo Giuseppe Orietti e l’Agente Scelto Marco Triola, del Distaccamento di Viareggio. In Centrale Operativa Compartimentale, l’Ispettore Capo Massimo "Sascia” Sacerdotali e l’Agente Scelto Alessandro Muzi, mentre in Sala Operativa presso il Distaccamento di Empoli l’Agente Giuseppe Vitale. |