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Rassegna alcol e guida del 26 agosto 2010

A cura di Alessandro Sbarbada, Guido della Giacoma e Roberto Argenta

INIZIAMO LA RASSEGNA CON TRE FATTI DI CRONACA CHE FANNO RIFLETTERE PROFONDAMENTE

 

E’ UNA CLASSICA STORIA, PURTROPPO VIOLENTA, CHE DIMOSTRA COME L’ALCOL CAMBIA L’UMORE E LA VITA DELLE PERSONE.

STRANO INVECE IL NOSTRO CODICE DI PROCEDURA PENALE CHE PERMETTE AD UNA PERSONA PERICOLOSA PER SE E PER GLI ALTRI DI GIRARE TRANQUILLAMENTE PER LE VIE DELLA CITTA’.

 

LA NUOVA SARDEGNA

L’accoltellatore si è consegnato

 — 25 agosto 2010   pagina 19   sezione: SASSARI

  NULVI. Come un animale braccato si è acquattato nell’oscurità delle campagne tra Nulvi e Tergu. La maglietta strappata, l’alcol e la rabbia che pulsano nelle tempie, il cellulare in tasca e le sirene che balenano intorno. Poi a mente lucida, Peppe Mele ha deciso di costituirsi.  I carabinieri gli avevano dato la caccia per tutta la notte. Non poteva essere troppo lontano. Anche molti nulvesi erano sulle sue tracce, ed è stata una fortuna che non siano riusciti a scovarlo. Volevano fargliela pagare. Lunedì notte all’accoltellamento avevano assistito decine di persone. I racconti si accavallano, distorti dai fiumi di vino che inonda la festa dei candelieri. Peppe Mele e Pierluigi Posadinu erano insieme dalla mattina. «Li ho visti nella stessa auto», racconta un testimone, si conoscevano. Per tutto il giorno hanno bevuto e scherzato. Mele ha 28 anni, abita a Nuoro, ma da tempo bazzica a Nulvi perché qui ha conosciuto una ragazza e insieme a lei sta per avere un figlio. Gli piacerebbe trasferirsi in paese, per questo collabora sempre più spesso con le aziende agricole e gli allevatori della zona. E’ un esperto di cavalli, cavalca da quand’era bambino, e alla corsa degli anelli è uno di quelli che vince. E’ forte, e se c’è da menare le mani non si tira certo indietro. Se ha bevuto è meglio stargli alla larga, o fingere di dargli ragione. Forse per questo la fidanzata, lunedì sera, quando Mele latitava tra bar e spuntini e non rispondeva al telefonino, è andata a cercarlo preoccupata. Forse aveva intuito che, a mollo nell’euforia, era meglio tenerlo d’occhio. Invece, fino alle 23, tutto era filato liscio tra bicchieri e risate. La compagnia era buona, sia gli amici di Nuoro che i conoscenti di Nulvi, tra cui Pierluigi Posadinu, 22 anni, più piccolo ma abbastanza sveglio da andarci d’accordo. Cosa sia successo davanti al bar Biosa, a poca distanza dal campo sportivo, quando i due si sono affrontati come belve inferocite, non è ancora chiaro. I racconti si ingarbugliano. Pare che i primi a litigare siano stati Pierluigi Posadinu e il padre. Un diverbio banale, ma le voci si alzano. A quel punto pare sia intervenuto Peppe Mele, il quale, con qualche litro di alcol in corpo, non era il più indicato a fungere da moderatore. Dopo un po’ è il ragazzino a dover fare da paciere tra Mele e suo padre. E non riuscendoci con le buone decide di sferrare all’amico due pugni ben assestati al volto. Peppe Mele cade per terra, ma con l’agilità di un gatto si rialza impugnando un coltello. Alcuni avventori del bar tentano allora di bloccarlo, ma quando uno gli afferra il braccio, il fendente era già partito. Posadinu non fa in tempo a schivare, e la lama si conficca nell’addome. Si accascia con il sangue che gli sgorga nei jeans. Gli amici lo soccorrono, l’emorragia è importante, lo accompagnano di corsa alla guardia medica. L’aggressore, per un attimo resta impietrito. Capisce che per lui si mette male, minaccia col coltello chi lo strattona e comincia a correre. Scappa in mezzo al paese, fa perdere le tracce.  I medici del presidio non riescono a chiudere il taglio, la ferita è troppo profonda, chiedono l’intervento del 118 per il trasferimento all’ospedale di Sassari. Il giovane prima finisce in rianimazione, poi, una volta fuori pericolo, viene ricoverato nel reparto di chirurgia.  Intanto è partita la caccia all’uomo. Il comandante dei carabinieri di Valledoria chiama a raccolta i suoi uomini e predispone i posti di blocco. Le vie di fuga sono praticamente chiuse, all’incrocio per Sedini tutte le auto vengono controllate, i militari aprono anche il cofano. C’è la convinzione che qualche amico di Mele l’abbia caricato in auto e accompagnato fuori da Nulvi. E in affetti, almeno all’inizio, forse per salvarlo da un probabile linciaggio, un passaggio c’è stato. Poi però l’accusa di favoreggiamento è pesante, e ai carabinieri arrivano le prime dritte sulla zona da pattugliare. Il cerchio si stringe e l’accoltellatore sente il fiato sul collo. Squilla più volte anche il cellulare che ha in tasca, i familiari gli suggeriscono di consegnarsi per non peggiorare la sua posizione. Qualcuno riesce a rintracciarlo di persona tra le campagne vicino a Tergu, a 10 chilometri da Nulvi, ma c’è ancora troppa adrenalina per ritrovare lucidità. La voce della fidanzata finalmente lo riporta alla ragione. Alle 15 l’uomo decide di arrendersi. Il capitano Antonio Pinna lo prende in consegna, lo interroga e avverte il magistrato. Arriva la convalida del fermo, la denuncia per lesioni aggravate, ma secondo il giudice non ci sono gli estremi per l’arresto: non c’è pericolo di fuga e il ferito non rischia la vita. Così, alle 17, i passanti di via Magellano, a Nuoro, strabuzzano gli occhi. Peppe Mele passeggia tranquillamente nella via. E tutti a darsi di gomito: «Ma non è quello che cercano a Nulvi?». - Luigi Soriga 

UN’ALTRA REALTA’ CHE LASCIA L’AMARO IN BOCCA!

 

REPUBBLICA

Una notte di spaccio a due passi dalle disco

 — 24 agosto 2010   pagina 1   sezione: FIRENZE

TORRE DEL LAGO Occhieggiano come sentinelle. Ronzano tra la pineta e la strada le ombre a Torre del Lago. Sbucano dalle siepi e riprendono a trattare. Frigo termici poggiati per terra, lattine di birra in vista, la roba che picchia duro imboscata nel ghiaccio o in una tana fra le dune. Veste ufficiale: venditori di alcol abusivi. Ruolo ufficioso: nuovi pusher della movida, speziali di un suk fuori controllo, un bazar che usa un lessico stringato: «Bamba, fumo, pasticche». TUNISINI, senegalesi, marocchini, balcanici o italiani non importa. Parlano tutti la stessa lingua alla movida free che più free non si può, una grammatica scarna che usa solo nomi e numeri: «Vuoi coca? 0,80 grammi a 60 euro, pura. Se invece vuoi volare prendi l’ ecstasy, 25 euro, ti spara in orbita». Alì stasera ha piazzato il suo banchetto a metà strada fra StupidA e Mamamia insieme ad altri due «colleghi». Seduto in mezzo al flusso di gente su una seggiola al di qua dello spartitraffico. L’ aiuola divide viale Europa in due corsie e fa da frontiera dello sballo. Cento metri di asfalto lungo la spiaggia della Lecciona. Dall’ altra parte, i ragazzi ballano. In strada, sui cubi, sotto le terrazze delle drag queene dei ballerini con ali da angelo. Ogni tanto qualcuno sfugge alla calca e si trascina sulla sponda maledetta. Non c’ è neanche bisogno di chiedere. Cinque minuti di passeggiata nella metà grigia della marina e puoi trovare ricette e prezzi diversi. Sebastien, magrebino, offre «0,7 grammi a 100 euro se compri due pezzi». Dieg, senegalese di 22 anni, canottiera bianca su un corpo dinoccolato e nervoso che non smette mai di sgusciarti da una parte all’ altra, «0,8 a 60 euro, ma ti do anche una pasticca». Ancora tre metri: «E se quando torni non c’ è lui, cerca me, chiedi di Pasquale il napoletano», si fa avanti un ragazzone robusto. Tu provi a nicchiare, dici che non hai soldi, che ora, insomma, non è che proprio avevi in mente di... «Non ti fidi? Te la faccio assaggiare», si passa l’ indice sui denti un altro. Non portano nulla addosso i mercanti di questo bazar di trip e viaggi allucinati. Nel supermarket della roba non ci sono regole: solo gli sguardi e i cenni e le mosse delle vedette appostate nelle piazzole. Un codice dello sballo. Semplice. Efficace. La merce si tratta in strada o sulla spiaggia dietro le dune. Lì sbiadiscono gli strobo e i faretti delle disco, lì si smorza il bum bum che pesta e rimbalza nell’ aria. Elettrici, i pusher si tuffano nel buio, verso le tane scavate nella sabbia. Poi tornano, venditori al dettaglio. Indisturbati. La prima pattuglia passa alle due e mezza. Un giro veloce, senza tappe. «In effetti, sono molto meno frequenti i controlli quest’ anno. Abbiamo messo cinque lampioni a nostre spese, illuminano tutta l’ area qui in fondo al viale, ma non possiamo fare di più», dice Christian Panicucci, titolare dello StupidA. Qui la Versilia non ha bagliori signorili, qui la notte mitraglia house e dance, hit commerciali e un sound che rimbalza fino alle 4 del mattino. «E’ l’ unico posto in Versilia dove non ci sono fighetti. Si balla in strada e ci si diverte gratis. Ci sono gli spacciatori, è vero, ma non vuol dire che sia un covo di drogati», dice Miriam, 22 anni, bresciana. Capelli viola, orecchie di peluche appena comprate da un senegalese sulla "sponda buona" del flusso. E’ qui da tre giorni: «Mare, campeggio e nottate con le amiche di sempre. Una figata». Lei giura di non aver mai attraversato la corrente: «Qui il fiume scorre liscio, si respira un’ altra energia». Un’ energia che ogni tanto esonda però, e scappa di mano. Come al ragazzo lombardo che sabato sera ha sfondato a calci e pugni il parabrezza di un’ ambulanza della Misericordia. «Ora basta, o le forze dell’ ordine garantiscono l’ incolumità dei nostri volontari o sospendiamo i soccorsi». ha detto il presidente Paolo Gragnani, ricevendo la solidarietà del presidente delle Misericordie toscane Alberto Corsinovi. Mezzi accerchiati, gente che sale in ambulanza strafatta per rubare farmaci, alcol. Trip che buttano male e ogni tanto si trasformano in coma etilici e codici gialli. «Quello è stato l’ unico episodio eclatante dell’ estate - chiarisce Alessio De Giorgi patron del Mamamia - Far intervenire la mia sicurezza sarebbe un sopruso. Polizia e carabinieri conoscono il clima, ma tu quanti ne hai visti stasera?». - dal nostro inviato MARIO NERI

 


QUESTO ARTICOLO SEMBRA LA TRAMA DI UN FILM MA PURTROPPO E’ CRONACA VERA!

 

REPUBBLICA

Tyson, morte solitaria di un clochard

 — 24 agosto 2010   pagina 4   sezione: NAPOLI

MORTO da tre giorni, nell’ indifferenza generale. Un cadavere in avanzato stato di decomposizione, almeno 72 ore trascorse dal decesso e un odore pungente a richiamare l’ attenzione. Le aiuole incolte che circondano il monastero di Santa Chiara, dormitorio degradato per un pugno di clochard al calare del sole, restituiscono il corpo senza vita di un extracomunitario di colore immerso tra bottiglie vuote, siringhe usate, stracci, sporcizia.E un tanfo di urina che avvelena l’ aria. Il ritrovamento, avvenuto domenica notte, porta un filo di tenerezza in una storia di abbandono e solitudine. Florin, un rumeno approdato a Napoli da un mese, chiede l’ elemosina accanto al campanile, in via Benedetto Croce, in compagnia dei suoi amici inseparabili, Pintea e Sasha, una piccola papera e un magnifico cane bianco. «A mezzanotte, ero entrato nel giardinetto laterale alla chiesa, alla ricerca di un angolo per addormentarmi», ricorda. Ma Pintea e Sasha si agitano, il cane abbaia, si muove verso un cumulo di spazzatura e di abiti, la papera lo insegue. «C’ era una puzza assurda, non si respirava». Florin richiama gli animali, prova a farli tornare indietro. Ma la coppia è irremovibile, lì c’ è qualcosa di strano. Pochi metri e una macabra scoperta. «Li ho raggiunti, era completamente buio, non vedevo nulla e ho usato il telefonino per fare un po’ di luce». Tra miasmi insopportabili, uno spettacolo agghiacciante: il cadavere di un uomo, «gonfio, deformato, morto da chissà quanto tempo, un incubo...». La testa poggiata su una valigia nera, intorno matasse e brandelli di abiti, rifiuti sparsi, l’ ultima tappa di un’ esistenza vissuta ai margini. E vergata su un cartone, una scritta: "Donami un sorriso, accetto anche una sigaretta". Il motto usato per chiedere la carità dei passanti. Scatta l’ allarme, Florin avverte alcuni ragazzi che allertano la polizia. Gli agenti del commissariato dei Decumani accorrono insieme ai vigili del fuoco. Per accedere nell’ area è necessario forzare i cancelli del cortile che, dopo il tramonto, vengono sistematicamente sbarrati. Ma non c’ è più nulla da fare, le forze dell’ ordine devono limitarsi a constatare il decesso. Dispongono l’ autopsia, chiariscono l’ età, presumibilmente trentacinque anni, e rilevano le impronte, nella speranza che i polpastrelli, logorati dalla putrefazione in corso, svelino indizi utili a ricostruire l’ identità dell’ uomo. Dettagli probabilmente inclusi nelle schede degli archivi della questura. La comunità di clochard che in via Benedetto Croce campa di elemosina tra alcol e cani, provoca l’ ostilità di residenti e commercianti e appare ancora più scossa e irrequieta all’ indomani del drammatico ritrovamento. Gli homeless inveiscono contro i poliziotti, attaccano i fotografi, litigano. Stesi sulla strada hanno i volti spenti, l’ espressione stravolta dalle sbronze, i piedi scalzi e sporchi. Un giovane biondo si accanisce contro una ragazza che trascina un meticcio a fatica: «Devi andartene, hai capito?» le urla, e si avvicina per picchiarla. È un polacco, habituée del posto: una squadra di vigili riesce a fermarlo. Mentre sotto gli occhi esterrefatti di una comitiva di settentrionali in vacanza a Napoli, un altro clochard, barcollante, si sbottona i pantaloni e fa la pipì all’ ingresso del monastero. Dai racconti degli homeless giungono frasi confuse. Solo Marco sembra sicuro: bicchiere di vino in mano, voce tremante, sguardo nel vuoto, delinea un ritratto possibile. «Il suo soprannome era Tyson, per la sua enorme stazza e il suo carattere aggressivo. Un ragazzo nero, attraente e robusto che piaceva molto alle donne». Forse eroinomane, «credo fosse sieropositivo, per me è stata sicuramente un’ overdose a portarlo via», riprende Marco. «Beveva, ma la vita gli aveva tirato troppi brutti scherzi. Anni fa frequentava una ragazza bianca bellissima dagli occhi azzurri. Avevano avuto un figlio, ma lei gli impediva di incontrarlo, grazie alle decisioni di un giudice che non lo riteneva in grado di sostenere il ruolo di padre. E da allora, Tyson era peggiorato...». Alcol, droga, autodistruzione, fino all’ abisso della morte, senza incrociare la solidarietà di nessuno, tre giorni e tre notti nella desolazione, prima di attirare lo sguardo di un altro essere umano. Un cadavere invisibile a dieci passi da una storica basilica affollata di turisti, frati e fedeli. Come è possibile? «Dormiva sempre - risponde Marco - a volte persino per intere giornate. Ci è parso normale che non si muovesse, semplicemente non ci abbiamo fatto caso...». Uno scenario maledetto: su quel prato incolto qualche anno fa morì un tossicodipendente, Pasqualino, una sorte migliore. Magra consolazione, fu ritrovato quasi subito da un giardiniere. - ADELE BRUNETTI

 


A POCO MENO DI UN MESE DALLA MORTE DI JESSICA PIFFER, LA SEDICENNE MORTA IN UN INCIDENTE STRADALE, I SUOI AMICI FONDANO UN GRUPPO PER COMBATTERE LA GUIDA IN STATO DI EBBREZZA.

 

TRENTINO

I giovani andranno nelle scuole a sensibilizzare gli studenti sui pericoli della guida in stato di ebbrezza

Lezioni anti-alcol per ricordare Jessica

Nato il gruppo in memoria della sedicenne morta in un incidente a Grumes

Si chiama “Quell’attimo inaspettato” è appoggiato da Azienda sanitaria e Dalmaso e su Facebook conta già 200 iscritti

JACOPO TOMASI

GIOVEDÌ, 26 AGOSTO 2010

 TRENTO. A poco meno di un mese dalla morte di Jessica Piffer, la sedicenne vittima di un drammatico incidente stradale a Grumes, i suoi amici hanno ufficialmente fondato un gruppo per combattere la guida in stato di ebbrezza. L’idea è quella di sensibilizzare i giovani con incontri nelle scuole partendo dall’istituto che frequentava Jessica, la scuola per parrucchieri di Trento.

 Il gruppo si chiama “Quell’attimo inaspettato”, una delle citazioni preferite di Jessica. Una ragazza che aveva tutta la vita davanti e che invece si è spenta in un tragico sabato sera, mentre stava tornando a casa dopo essersi divertita con gli amici. Chi era alla guida (Nicola Lona, 19enne di Lisignago accusato di omicidio colposo aggravato) oltre a spingere forte sull’acceleratore era anche ubriaco. Il tasso era due volte oltre il limite. Per questo alcuni amici di Jessica, già in occasione dello straziante addio durante il funerale a Faver, avevano lanciato l’idea di fondare un’associazione per ricordare Jessica e contro la guida in stato di ebbrezza. L’idea si è evoluta col passare dei giorni con la convinzione che bisognava fare qualcosa per quel «fiore che si è spezzato troppo presto», come aveva detto mamma Lucia. Così, anche con l’appoggio dei genitori di Jessica, i ragazzi hanno portato avanti il progetto. Per il momento non sarà fondata alcuna associazione (più per motivi burocratici che per altro), ma da martedì è stato ufficialmente fondato il gruppo “Quell’attimo inaspettato” che intende sensibilizzare i giovani sul tema alcol-guida.

 C’è un gruppo reale, composto da una ventina di attivisti, che stanno organizzando i prossimi eventi. E poi c’è un gruppo su Facebook che, nel giro di 24 ore o poco più, conta già 200 iscritti. Tornando al gruppo reale, martedì sera c’è stata la prima riunione alla sala dei Canopi di Pergine. E Jessica è come se fosse stata lì. Durante la riunione, infatti, una sedia è stata lasciata vuota. «Lì - spiega il fondatore, Mattia Arcidiacono - era seduto il nostro angelo».

 Ora, per questi giovani di buona volontà, il lavoro non mancherà. Hanno già ottenuto l’appoggio dell’assessore Marta Dalmaso e del Servizio alcologia dell’Azienda sanitaria trentina per effettuare dei corsi di sensibilizzazione nelle scuole superiori della provincia. Seguiranno dei corsi di formazione dell’Azienda, ma poi avranno carta bianca per parlare ai loro coetanei. «Vogliamo usare il nostro linguaggio - illustra Mattia - per convincere i ragazzi che guidare dopo aver bevuto è sbagliato. Vogliamo farlo capire racontando la storia di Jessica. Facendo vedere le sue foto sorridenti e come sia ingiusto e assurdo che se ne sia andata così giovane in un incidente causato dalla guida in stato di ebbrezza». L’obiettivo è iniziare con la scuola di Jessica, l’istituto per parrucchieri di Trento, e per questo è già stato contattato il preside, Andrea Schelfi. Intanto, continuano gli incontri ai quali, in futuro, prenderanno parte anche i genitori di Jessica perché il loro fiore non sia dimenticato.


L’IMPORTANTE E’ RICORDARE CHE CHI GUIDA NON DEVE BERE E CHI BEVE NON DEVE GUIDARE!

 

SICURAUTO

Alcol alla guida: bere o non bere?

Categoria: Psicologia | 26 Agosto 2010 | Redazione SicurAUTO.it

Perché si sconsiglia (anzi alcuni proibiscono) di mettersi alla guida dopo avere bevuto? E’ credenza diffusa, in molti giovani e non solo, che "si è in grado di guidare" anche dopo aver bevuto un paio di cocktail e quindi anche con uno 0,5 g/l in corpo. Probabile ma...

Il problema sta alla base: non si comprende che non bisogna essere totalmente ubriachi per essere impossibilitati alla guida. Mezza bottiglia di vino o 3-4 cocktail alterano di molto le nostre funzioni cognitive, e per quanto siamo in grado di ballare e divertirci con l’altro sesso ciò non significa che possiamo guidare.

L’attenzione e la concentrazione, la percezione, il campo visivo, la capacità di giudizio, i tempi di reazione vengono intaccati dall’alcol, specie se abusato. Più diminuisce l’attenzione più aumenta il rischio di fare incidenti. Viene compromesso il tempo di reazione, ovvero l’intervallo di tempo che intercorre tra l’esposizione allo stimolo e l’emissione della risposta. I tempi di reazione variano individualmente e sono influenzati da diversi fattori. L’alcol rende difficoltosa la coordinazione dei movimenti e aumenta i tempi di reazione in quanto movimenti e gli ostacoli sono percepiti con notevole ritardo.

L’Istituto Superiore della Sanità ha coniato l’espressione "PERIDEA": PErcepire, RIconoscere, DEcidere, Agire. Questo è ciò che il nostro cervello fa in continuazione quando guidiamo.

Se è vero che con il minimo tasso alcolemico siamo in grado di accendere la macchina, farla partire, guidare dritto e fare le curve (tutto da vedere poi...), più aumenta la percentuale di alcol nel sangue più si riducono le nostre abilità cognitive. Se ci ritroviamo in una situazione di emergenza-pericolo improvviso abbiamo, quindi, maggiore probabilità di fare incidenti. Si invitano i lettori, non solo quelli più giovani, a riflettere su questo aspetto.

Oggi dobbiamo quindi parlare di zero alcol? Spesso si pensa che l’alcol si consumi in maniera massiccia dentro le discoteche. In realtà l’alcol è più consumato fuori dalle discoteche, perchè costa meno. Sfatiamo quindi il mito delle discoteche causa di "sballo" tra i giovani, visto che spesso e volentieri ci si "sbronza" prima a basso costo per arrivare belli euforici al locale.

Essere proibitivi risolverebbe un tale problema sociale? Oppure è più opportuno informare e formare i giovani a prendere le misure con questa usanza per renderli consapevoli degli effetti e dei rischi che si corrono? Indurli a riconoscere i propri limiti sarebbe un grande passo, in termini sociali, culturali, mentali che potrebbe avere ricadute importanti sulla convivenza nel nostro paese.

Nel caso specifico ciò che è ancor più importante è imparare a conoscersi. Sapere quanto e in che tempi il nostro corpo assimila e smaltisce l’alcol, non testandosi e poi mettendosi alla guida chiaramente. Come fare allora?

L’etilometro a tal proposito è uno strumento che ci permette di avere un’idea di quanto alcol ancora abbiamo in corpo, utilizzandolo dopo una serata in un locale, pub o discoteca che sia, o dopo avere fatto una bella mangiata con gli amici. Si può comprare online, su SicurAUTO.it (a prezzi scontati per voi lettori) ma non solo, oppure in farmacia. Attenzione però ai prodotti economici che non servono a nulla.

Un accorgimento importante è smettere di bere qualche ora prima di uscire dal locale, avendo l’accorgimento di mangiare sempre qualcosa prima di bere. Bisogna sempre tenere a mente, inoltre, che ognuno di noi è diverso dall’altro, per statura, metabolismo, sesso, abitudine al bere, e che a parità di alcol assunto non è detto che abbiamo gli stessi valori. Lo smaltimento dell’alcol è a carico del fegato e da questo dipende il tempo con cui ognuno di noi, diversamente da qualunque altro, lo metabolizza. Quindi non affidiamoci a quanto bevono gli altri, l’unico termine di paragone siamo noi stessi.

Un altro giusto accorgimento che invitiamo a ricordare, nel caso in cui non si rinunci al bere, è il BOB o guidatore designato. Il guidatore designato è colui che viene scelto dal gruppo per riportare gli amici a casa perché non beve o beve pochissimo (un bicchiere di vino o un cocktail a basso contenuto di alcol).

Attenzione però: non illudiamoci che basta il calcolo numerico per definire lo stato psicofisico. La percezione e la valutazione soggettiva sono molto importanti, pertanto è opportuno monitorarsi ed eventualmente riconoscere di non stare bene e lasciare guidare qualcun altro. Anche la sola stanchezza può essere più letale dell’alcol. Anche se per molti giovani apparirà inconcepibile, chiamare un taxi (soldi ben spesi!) o il genitore non è un gesto infantile ma anzi va visto come gesto responsabile e consapevole. Ai genitori ricordiamo che un figlio che si ubriaca e vi chiama in suo aiuto non è figlio da rimproverare ma da apprezzare. Sappiate essere genitori vicini ai figli altrimenti avranno paura di chiedere il vostro aiuto e finiranno per mettersi alla guida ubriachi.

Può bastare un attimo perché tutto si dissolva e possa diventare irrimediabile, ricordatevelo.


COME SOPRA

 

L’ARENA

Boscaini: «Anche a Verona si educhi a bere moderato»

VINO. Consumi tagliati dal codice della strada? C’è una soluzione

Il coordinatore tecnico della Masi propone il progetto del Trentino «7/10 in due si può»

26/08/2010

Verso un consumo «intelligente» del vino. Una quota importante del vino consumato in Italia è nella ristorazione. A causa dell’interpretazione che viene data dalla gente alle norme sull’assunzione di alcolici sulla base del Codice della strada e di tutta la discussione sulla stampa, in due anni, il settore ha perso un terzo dei consumi. Conseguenze pesanti quindi per l’intera filiera della vitivinicoltura italiana. Ma la situazione appare rimediabile e a evidenziarlo è l’esperienza della Casa del Vino della Vallagarina, alla quale ha partecipato anche il coordinatore del gruppo tecnico Masi, Raffaele Boscaini. Il progetto roveretano, con cui sono già stati fatti 1.500 test, si chiama «7/10 in due si può» e ha dimostrato che due persone adulte possono tranquillamente rimanere sotto i limiti di legge di 0,5 g/l, bevendo (in certe condizioni), a pasto, una bottiglia da tre quarti. L’iniziativa, realizzata in collaborazione con la Polstrada di Trento e la Municipale di Rovereto, non nasconde le problematiche, ma vuole che si eviti di considerarsi a rischio quando si è in regola.

L’ultimo esperimento ha visto una cinquantina di persone legate professionalmente al vino (compreso Raffaele Boscaini) consumare un menù con 4 portate accompagnato da alcoolici. Un consulente di Polizia ha illustrato gli aspetti medici e scientifici dell’iniziativa, mentre e la Municipale di Isera ha offerto il supporto tecnico dell’esperimento con test alcolometrico durante e a fine cena. «I risultati», ricorda Boscaini, «sono stati sorprendenti: soltanto un avventore aveva raggiunto a fine pasto un tasso alcolometrico che gli impediva di guidare». Ma aveva bevuto 8 bicchieri di vino e un grappino. In regola tutti gli altri con 4 bicchieri di media. Appare, chiaro che una persona adulta può permettersi di bere 3 bicchieri di vino durante un pasto in un’ora e mezza senza rischiare di essere trovato fuori norma. Ma, essendo la misurazione influenzata da fattori strettamente personali, risulta importante che il cliente possa verificare il tasso alcolico prima di uscire dal ristorante.

«Se non ho il contachilometri sull’auto», chiosa Boscaini, «rischio di andare pianissimo. Quella della Casa del vino», aggiunge, «è una iniziativa proattiva, che va oltre le sterili lamentele e le bugie di chi viene fermato sul quantitativo di vino bevuto. Si dimostra con i numeri che si può bere a tavola, come si è sempre fatto con tranquillità. È una iniziativa ripetibile anche da noi, nel veronese». F.R.


BARISTI PREOCCUPATI… PER un possibile calo dei guadagni!

 

TRENTINO

Legge sull’alcol, baristi preoccupati

Divieto per i minori: «Chiediamo già i documenti, ma è difficile controllare»

Le pene severe spaventano gli esercenti che d’ora in poi dovranno effettuare più verifiche

GIOVANNA RAUZI

GIOVEDÌ, 26 AGOSTO 2010

TRENTO. Nel resto d’Italia il divieto vale fino ai 16 anni. In Trentino, da ieri, bar, pub e supermercati non possono vendere alcolici ai minori di 18 anni. Le restrizioni sempre più severe e le multe salate dovrebbero tutelare i minori, ma preoccupano sempre di più chi lavora nel settore. «Non è semplice controllare i ragazzi, non siamo poliziotti», tuonano gli esercenti.

 «Tutto quello che possiamo fare già lo facciamo. D’ora in poi, però, bisognerà stare ancora più attenti», afferma convinta Tiziana Antonucci che, insieme al fratello Marco, gestisce da otto anni il bar Fiorentina a Trento. «Continueremo a comportarci come abbiamo fatto con i sedicenni, chiedendo i documenti (anche se i ragazzi si lamentano) e quando serve rifiutandoci di vendere gli alcolici. Certo che questa legge è particolarmente dura con gli happy hour».

 Per chi vende bevande alcoliche a prezzo scontato, infatti, la multa (da 500 e 5 mila euro) è aumentata del 50 per cento. E continua: «Siamo un po’ preoccupati, noi stiamo alle regole, ma qui servono mille occhi per tenere sotto controllo tutta la situazione». Spesso infatti, fanno notare tutti i baristi, i più giovani comprano gli alcolici al supermercato e poi li consumano per strada, in prossimità dei bar. «Trovo giusto che gli stessi divieti siano estesi anche ai supermercati - spiega Elena Dalprà titolare del bar da Giorgio - dove molti ragazzi comprano gli alcolici per venire a berli qui in strada».

 Non è facile controllare tutti i clienti in un locale come il Fiorentina che nella serata happy hour, vede la presenza di quasi duecento persone(*) «Quando abbiamo dei dubbi chiediamo l’età e i documenti - continua a raccontare la barista - certo che siamo baristi, non poliziotti. Può capitare di sbagliare». La soluzione, azzardata come provocazione, potrebbe essere all’inglese: con un buttafuori all’entrata del locale che controlla i documenti di tutti.

 «Noi in genere conosciamo i nostri clienti - racconta ancora Eleonora, cameriera al bar Rosa di via Piave - e sappiamo che in genere sono tutti universitari. Però agli altri chiediamo l’età e se sono minorenni, ci scusiamo ma non vendiamo nemmeno una birra».

 Quindi, anche per i baristi, il rispetto della legge prima di tutto, anche se non manca qualche riflessione sulla situazione generale. «Vorremmo che si smettesse di infierire sui baristi - continua Tiziana Antonucci - come se fossero degli speculatori. Noi facciamo il nostro lavoro». I controlli da parte delle forze dell’ordine, poi, non mancano: in un bar come il Fiorentina negli ultimi sei anni sono stati, in totale, ventitré.

 Sono già iniziati i controlli al bar Posta, dove Valerio Valentini è abbastanza preoccupato: «Gli eccessi nelle sanzioni portano ad una mancanza di rispetto. Noi controlliamo per quello che possiamo, ma non è facile quando ci sono cinquanta persone che aspettano in giro al banco e a servire siamo in tre. Qualcosa può scappare».(*)

 La situazione sembra essere più tranquilla da Giorgio, tra la facoltà di economia e di sociologia, frequentato principalmente da studenti universitari: «I nostri clienti hanno tutti più di vent’anni - spiega la titolare Elena Dalprà - ma raccomando sempre ai miei collaboratori di chiedere un documento appena hanno un dubbio. Lo dobbiamo fare anche se c’è la coda al bancone».

 

(*)NOTA: scommetto che controllano se pagano questi ragazzi!!!

(**)NOTA: come sopra!

 

L’A.C.A.T. FEDERICIANA NORD BARESE COMMENTA IL SEGUENTE ARTICOLO APPARSO GIORNI FA SULLA NOSTRA RASSEGNA

 

Vi riporto un’articolo di "quotidianosanità.it" dal titolo: Il bere responsabile si impara in famiglia.

mercoledì 25 agosto 2010

bere responsabile e famiglia

Uno studio conferma che il consumo di vino ai pasti fin da giovani mette al riparo da un consumo eccessivo di alcol

23 AGO - È una buona o una cattiva cosa che i giovani italiani comincino a bere alcolici molto più presto rispetto ai loro coetanei della maggior parte dei Paesi occidentali? Può questa abitudine appresa fin da piccoli produrre, nel tempo, comportamenti problematici nei confronti dell’alcol?La risposta arriva da uno studio condotto dall’Osservatorio Permanente sui Giovani e l’Alcool e dalla School of Public Health della Boston University.

Se l’assunzione di alcol in giovane età avviene nell’ambito familiare e durante i pasti non solo non vi sarà alcuna conseguenza nefasta sul rapporto con le bevande alcoliche, ma addirittura l’abitudine può avere un effetto protettivo. Questi giovani, infatti, una volta diventati adulti tendono a bere moderatamente.

Lo studio, pubblicato sulla rivista Addiction, Research and Theory, è stato condotto su 80 adolescenti e 80 giovani adulti residenti in Abruzzo e Umbria. “Siamo stati fortunati a disporre di un campione così ampio da intervistare”, ha commentato il primo firmatario della ricerca Lee Strunin che ha precisato come i risultati dello studio valgano non solo per l’Italia, ma per tutti quei paesi con abitudini alimentari affini.

“I giovani in queste culture imparano a bere più responsabilmente dei coetanei americani, dal momento che il bere è regolato dalla cultura, l’esposizione avviene in giovane età e l’alcol è parte delle usanze del tessuto familiare”, hanno spiegato gli autori.

Inoltre, è importante notare - sottolinea il team - che lo studio si concentra sui giovani e i giovani adulti che bevono vino in famiglia. “Quando diciamo «bere in famiglia», noi stiamo parlando di bere ai pasti, non seduti davanti a una partita con una confezione di birra”, ha concluso Strunin. “Bere vino è a tutti gli effetti parte del pasto”.

A.M.

23 agosto 2010

 

Secondo la nostra esperienza in tantissime famiglie non si conoscono lontanamente le conseguenze del consumo di alcol, parliamo di vino, birra e alcolici in genere, figuriamoci se si possa parlare di educazione al "bere responsabile". Un consiglio caratteristico dei genitori è quello di saper riconoscere i propri limiti, cioè fin quando si regge l’alcol, che quindi diventa un trampolino per l’acquisto di quella tolleranza che non fa evidenziare alle persone di essere in un stato alterato dall’alcol. Se aumentassero i controlli con l’alcoltest non solo ai giovani nei pressi delle discoteche ma anche alle persone "mature" che vanno al ristorante e in pizzeria, ne vedremmo delle belle e cosa potrebbero dire ai loro figli se beccati oltre il livello di alcomia consentito per la guida?

La riforma del Codice della Strada che è stata varata in questa estate non prevede stanziamenti per le forze dell’ordine per aumentare i controlli, affida alla scuola la senzibilizzazione alla sicurezza stradale, comprendendo la guida in stato di ebbrezza, e non mette nessun euro, non si prevedono ammodernamenti della rete viaria se non con il contributo derivante dalle multe incassate...

A noi del volontariato quale compito rimane? La sensibilizzazione "gratis et amore dei"?

Pubblicato da A.C.A.T. Federiciana Nord Barese a 09:35

 

Il sasso nello stagno del volontariato è stato lanciato: c’è qualcuno che ha qualche risposta da dare o qualche suggerimento da proporre?


IL LAVORO DELLE FORZE DELL’ORDINE

 

TERNINRETE

MUNICIPALE: OLTRE 80 CONTROLLI PER ALCOL E RUMORI

25 Agosto 2010 16.37 - di Claudia Sensi - Fonte: Radio Galileo - cod.243781

Il comando della Polizia Municipale ha diffuso i dati dal 30 luglio ad oggi

Sono stati oltre 80, dal 30 luglio ad oggi, i controlli mirati effettuati dalla Polizia Municipale di Terni relativi alle ordinanze sindacali volte a contrastare il consumo irregolare di alcol e i rumori nelle ore notturne. Tre le infrazioni accertate per l’ordinanza antirumore, una per l’occupazione irregolare del suolo pubblico, una per spettacoli non autorizzati, mentre 4 sono state le multe per non ottemperanza all’ordinanza sul consumo di alcol in strada.

 


IL PICCOLO

Al volante dopo aver bevuto, ritirate quattro patenti

 — 25 agosto 2010   pagina 14   sezione: TRIESTE

Quattro automobilisti che avevano alzato il gomito si sono visti ritirare la patente di guida. Un quinto è stato anche denunciato perché addirittura non aveva mai conseguito il documento di guida. I controlli sono stati effettuati l’altra notte dai carabinieri del nucleo radiomobile di via Dell’Istria. Sono stati effettuati una serie di posti di controllo in città e in provincia. E i militari hanno utilizzato l’etilometro che ha consentito di stabilire in via preventiva la percentuale di alcol nel sangue.

 


IL TIRRENO

Alla guida con 3,24 di alcol «Festeggiavo il compleanno»

 — 25 agosto 2010   pagina 08   sezione: GROSSETO

 ARCIDOSSO. Ha festeggiato il compleanno facendo segnare 3,24 all’etilometro. È con la scusa di aver appena compiuto gli anni che un uomo di 48 anni si è giustificato con i carabinieri di Arcidosso durante un controllo la notte scorsa. L’uomo, intorno alle 1, era alla guida della sua auto quando è stato fermato dai militari durante un normale controllo. Ci è voluto poco ai carabinieri per capire che l’automobilista aveva esagerato con l’alcol. Così quando l’etilometro ha fatto segnare 3,24 grammi per litro, l’uomo ha cercato di giustificarsi. «Ho appena festeggiato il mio compleanno». Una scusa che non lo ha risparmiato dal ritiro della patente, la confisca dell’auto e da una maxi multa.

REPUBBLICA

Alcol e abusivi controlli a tappeto in San Lorenzo

 — 25 agosto 2010   pagina 3   sezione: FIRENZE

ALCOL e tappetini, operazione San Lorenzo. Comune, Provincia, Prefettura, ispettorato del lavoro e Questura annunciano controlli a tappeto nella zona del mercato contro l’ abusivismo commerciale e i tanti negozi etnici e distributori automatici che vendono alcol low cost per tutta la notte violando le ordinanze anti-sbronza. Addirittura, come ha deciso ieri il comitato per l’ ordine e la sicurezza che si è riunito proprio ieri in prefettura, dalla prossima settimana nascerà una speciale «cabina di regia» contro le problematiche del quartiere. Niente blitz però: «La logica è quella di pressare l’ illegalità con controlli massicci e frequenti», hanno spiegato ieri il vicesindaco Dario Nardella e il prefetto Andrea De Martino. Dalle prossime settimane al via anche un’ offensiva d’ autunno contro l’ abuso di alcol. Da una parte con incontri specifici che si terranno nelle scuole e riguarderanno i ragazzi dalle elementari e coinvolgeranno anche i genitori, fin dall’ asilo. «E’ fondamentale che il bambino nel percorso di crescita si abitui a comportamenti di vita sani», spiega del resto l’ assessore all’ istruzione Rosa Maria Di Giorgi. Ma ci saranno anche controlli più approfonditi e la prefettura attiverà una mail specifica per chi soffre di problemi di alcol (è la campagna «Vivi la vita, bevi con la testa», che si svolgerà in locali notturni, scuole, enti pubblici). Il comandante della polizia municipale Massimo Ancillotti e la prefettura hanno reso noti i dati sui controlli anti alcol sulle strade: dal 2006 al 2009 sono state emesse 4.527 ordinanze per sanzionare la guida in stato di ebbrezza, che hanno comportato sospensione o revoca della patente: dalle 734 nel 2006 alle 1.497 dello scorso anno.  ERNESTO FERRARA
Venerdì, 27 Agosto 2010
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