Francia |
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(ASAPS) PARIGI – Nonostante si fosse in piene vacanze estive, il rumore suscitato dall’escalation della violenza stradale in Francia ha avuto il suo effetto. L’ampia eco sulla stampa, che non ha fatto prevalere la complicata situazione internazionale sulla questione interna e, se volete, più ordinaria, legata alla sicurezza della circolazione, ha costretto il premier a interrompere il breve periodo di ozio che si era concesso insieme al consiglio dei ministri. Poco prima di ferragosto, De Villepin è tornato a Parigi insieme al ministro dei Trasporti Dominique Perben, insieme al quale ha confermato che l’impegno sul tema continuerà ad essere lo stesso che aveva consentito di abbassare vertiginosamente la mortalità e far divenire la Francia un esempio per tutta l’Europa. A dire la verità, però, il nuovo esecutivo nato dalle ceneri del governo Raffarin all’indomani della debacle elettorale sulla costituzione europea si era trovato improvvisamente imbarazzato sulla spinosissima questione dei radar. Ci spieghiamo meglio: uno dei punti di forza dell’azione governativa era stata proprio la repressione e l’applicazione di tolleranza zero sulle strade da parte delle forze di polizia, alle quali le Prefetture avevano affidato il controllo di centinaia di postazioni fisse per la rilevazione della velocità.
La question des radars, nonostante l’opposizione di alcune minoranze, aveva ottenuto una larga condivisione, soprattutto da quegli organi di stampa che ora mettono in imbarazzo la compagine governativa, accusata di soffrire di “cafouillage”, di “confusione”. Più o meno, bisogna dirlo, il contrario di ciò che accade in Italia, anche se – anche questo è doveroso precisarlo – il Francia gli autovelox sono stati piazzati con una politica più razionale, assolutamente legata alla questione della sicurezza e lontana dal sospetto – qui in Italia purtroppo fondato – che l’esigenza di far multe sia più legata a questioni di bilancio che di effettiva ricerca di sicurezza. Lo conferma il fatto che ognuna delle circa 2mila postazioni finora piazzate consente l’emissione di processi verbali i cui proventi finiscono direttamente nelle casse del governo, che le “ricicla” per nuovi investimenti sulla viabilità. Questa politica aveva ricevuto il plauso della stampa francese, che se in un primo tempo è rimasta spiazzata dalla decisione subito strillata di Perben di interrompere l’installazione, non ha perso poi tempo a pubblicare quello che è stato senza mezzi termini definita una prima conseguenza del cambio di rotta: si tratta del mese nero della viabilità francese, luglio 2005. In tutto, lo ricordiamo, sono morte in Francia almeno 566 persone, con una crescita del 7% in relazione allo stesso periodo del 2004. Il leggero calo dei feriti (-1,1%) e quello degli incidenti con lesioni (-1,9%) non è servito nemmeno a mitigare la polemica, alla quale è stato messo un piccolo argine dal fronte comune degli esperti francesi della Securité Routiere, i quali hanno invitato a non tirare conclusioni affrettate, visto che la situazione era in netto miglioramento da 14 mesi consecutivi. E del resto, il primo ministro De Villepin, pochi giorni dopo la sortita del suo uomo sulla questione dei radar aveva subito la prima tirata d’orecchi da Chirac, che evidentemente non aveva gradito. Dal canto suo, il ministro Perben ha deplorato il rilassamento dei conducenti francesi, specialmente quelli più giovani, che hanno pagato un duro tributo di sangue. Perben ha commentato dicendo che gli incidenti, in effetti, continuano a calare: sono purtroppo aumentate le conseguenze dei singoli eventi. L’occasione è stata comunque buona per ricordare al collega di Lunardi che con questo argomento non si scherza: Pierre Gustin, sottosegretario alla Sicurezza Stradale, ha stigmatizzato l’atteggiamento di perben sulla questione dei rilevatori di velocità. “Anche se è stata rapidamente corretta dal primo ministro – ha detto Gustin – la portata di quella affermazione è grande e costituisce un errore strategico importante, visto che il messaggio di tolleranza si è già tradotto in cifre negative. L’aumento del 7% della mortalità è un fatto assolutamente drammatico, e significa 37 vite buttate via in un solo mese, più di quelle che ci aspettavamo nonostante il miglioramento. Ed una vita persa sulla strada è sempre una di troppo”. (ASAPS) |
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