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Articoli 24/05/2004

L’incidente stradale ed il reato di lesioni personali colpose

L’incidente stradale ed il reato
di lesioni personali colpose

di Giovanni Fontana (1)

Talvolta, durante il servizio, capita di domandarci se sia o meno opportuno rilevare un sinistro stradale nel quale taluno è rimasto coinvolto, in conseguenza del proprio comportamento di guida ovvero, abbia riportato lesioni personali come conseguenza di tale evento.
La domanda sorge spontanea, anche in ragione del fatto che le conseguenze dannose derivanti dal sinistro (che non abbia peraltro causato lesioni o danni a terzi), incidono direttamente nella sfera giuridica del soggetto causante il sinistro medesimo e che, nella circostanza di fatto, questi è anche il titolare del bene giuridico tutelato dalla norma di diritto privato (nella sola ipotesi dei danni procurati al veicolo del danneggiante) e/o di diritto penale (nella ipotesi in cui, dal sinistro derivi una malattia nel corpo o nella mente, procuratagli, peraltro, da altri).
Ma certamente, prima di ogni altra domanda, dobbiamo porcene una, di fondamentale portata, riconducibile al diritto della circolazione stradale e che da subito veniamo ad esporre.
Il principio informatore della circolazione
L’art. 140 del nuovo codice della strada (cod. str.), afferma un principio immanente nel nostro ordinamento e che impone ad ogni utente stradale di comportarsi in modo tale da non costituire pericolo o intralcio per la circolazione ed in modo che sia, in ogni caso, salvaguardata la sicurezza stradale; i singoli comportamenti, sono fissati dalle norme previste dal codice cit. (2).
La norma di diritto pubblico, quindi, non tutela un particolare bene della collettività, ma in generale, è finalizzata a tutelare la sicurezza stradale e a prevenire - mediante l’imposizione di ordini ed il rilascio di speciali autorizzazioni per l’uso della strada - ogni possibile episodio che possa minacciarla od anche, semplicemente turbarla.
Ora, il sinistro stradale non è un evento imprevedibile - salvo rarissimi casi, che vorremmo definire, in certo qual modo, “fisiologici” - ma senz’altro riconducibile ad un comportamento umano non conforme a comuni regole di prudenza, di perizia e di diligenza nella guida ovvero, di inosservanza di regole giuridiche di comportamento; è tanto pleonastico affermarlo, quanto utile ricordarlo: se il comportamento di guida avvenisse secondo tali regole giuridiche e di civile convivenza, ben rari sarebbero gli episodi in cui un sinistro si verrebbe a verificare.
Ecco che quindi, se non altro, l’analisi e lo studio di ogni sinistro stradale, tende a far conoscere un comportamento di guida inidoneo e che, nel caso di specie, riguarda direttamente il conducente; nulla toglie che ripetendosi nel tempo, possa riguardare anche altri utenti e quindi, minacciare quel bene giuridico che il codice stradale va a tutelare: la sicurezza e la fluidità della circolazione stradale.
Tanto che, alle lett. a) e b), del comma 1, dell’art. 11 cod. str., sono indicati come servizi di polizia stradale, quelli consistenti nella prevenzione e nell’accertamento delle violazioni in materia di circolazione stradale e, non da meno, nella rilevazione degli incidenti stradali. Tale obbligo giuridico, non si esaurisce naturalmente nel mero accertamento tecnico (descrizione dello stato dei luoghi, delle cose e delle persone), ma si completa ed è finalizzato proprio allo studio della dinamica del sinistro e, quindi, alla valutazione dell’elemento psicologico del soggetto causante il sinistro medesimo ovvero, il suo livello di colpa (ritenendo assai raro, ricondurre a tal evento un comportamento doloso).
Una questione di diritto privato...
Ogni veicolo, è costruito per assorbire - entro limiti di ragionevolezza derivanti dal progresso tecnologico - una serie d’urti o, per meglio dire, per scaricare sotto forma di deformazioni, l’energia assorbita con l’urto. I nostri “vecchi”, sono soliti raccontarci delle autovetture dei loro tempi, costruite in lamiere indeformabili e solide, dimenticando con ciò, che con l’urto, rimanevano però deformati i relativi conducenti!
Oggi, è ben raro che da uno scontro non derivi un danneggiamento al veicolo.
Si potrebbe con ciò pensare, che tutto sommato, se quanto è accaduto, riguarda solo il danneggiato la comunità non ha alcun interesse a verificare l’eziologia del sinistro.
Peraltro, la causazione del sinistro, potrebbe essere riconducibile al comportamento di guida di altro utente della strada, ancorché non coinvolto direttamente nel sinistro medesimo, (art. 2054 c.c.) (3); da un’anomalia della sede stradale, costituente insidia o trabocchetto (art. 2043 c.c.) ovvero, dalla inadeguata manutenzione della medesima (art. 2051 c.c.) (4).
Se ciò non bastasse, è ben evidente che nel contratto di assicurazione, l’assicuratore, dietro il pagamento di un premio, si obbliga a rivalere l’assicurato dal danno ad esso prodotto da un certo evento (art. 1885 c.c.) e che, nell’ambito dell’assicurazione civile, particolarmente importante è l’assicurazione delle obbligazioni di risarcimento del danno derivante dalla circolazione di autoveicoli, di cui alla legge 24.12.1969, n. 990 e succ. modif. (5).
Ma il premio, è funzione del rischio cui si espone l’assicuratore ed ogni rischio “ingiusto”, è idoneo a determinare un’evidente turbativa del sistema obbligazionale di riferimento.
E’ quindi interesse della comunità e di chi garantisce l’ordine e la sicurezza - la polizia, appunto - verificare ogni episodio che, in un modo o nell’altro, ponga la comunità medesima, nella condizione di dover contribuire per il danno ingiusto causato dal singolo ovvero, porre l’ente esponenziale di tutela generale, nella condizione di “sborsare” l’effettiva quota pattuita per il rischio assicurato.
Ma dal sinistro, può derivare anche una malattia nel corpo o nella mente che, in termini giuridici, definiamo lesione personale (art. 582 c.p.): più precisamente, lesione personale colposa (art. 590 c.p.). Ciò che più conta, il soggetto attivo del reato - indipendentemente dal fatto di riconoscergli anche la soggettività passiva rispetto all’evento - manifesta con il proprio atteggiamento psichico, un comportamento particolarmente grave, tanto che, rispetto a tale condotta (in senso lato), l’ordinamento giuridico risponde con una pena criminale.
Riprenderemo tra breve tale considerazione, sì da ampliarla nel significato ma, con riferimento al titolo di questo paragrafo, è utile ricordare, che mentre il giudice di pace civile, è competente a decidere sulle questioni che comportano il risarcimento del danno fino al limite di 15.493 euro, il giudice di pace penale, può decidere anche di questioni civilistiche di danno, senza limite alcuno.
...e di diritto pubblico
Resta evidente, che la fattispecie giuridica delle lesioni personali colpose, è da qualificare ancora come reato (civile), ancorché il legislatore l’abbia fatto rientrare tra i c.d. reati bagatellari (art. 4, comma 1, lett.a, d.Lgs. 274/2000) o reati a minore evidenza criminale.
Oggetto giuridico tutelato dalla norma, è l’incolumità della persona; intesa questa non tanto nella sua individualità, quanto piuttosto, nella sua personalità: titolare di diritti soggettivi ma, anche tenuto all’adempimento di doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale, in quanto membro effettivo e responsabile della comunità (art. 2 Cost.).
Per capirci meglio, è il caso di ricordare che gli atti di disposizione del proprio corpo sono vietati quando cagionino una diminuzione permanente della integrità fisica (art. 5 c.c.) e che la libertà di decidere, è la via che obbliga a riflettere su se stessi, ad impadronirsi di rischi e opportunità delle tecnologie (6).
Siamo infatti convinti, anche se in senso lato, che non necessariamente il reato delle lesioni personali colpose (in quanto fattispecie concreta di un comportamento umano), possa o debba essere ricondotto al danno fisico procurato a persona diversa da quella del conducente: quest’ultimo, non può esporre se stesso al rischio di subire una diminuzione permanente della integrità fisica, in conseguenza del proprio comportamento di guida o fare un uso improprio e non consentito del mezzo di trasporto, se non arrecando, seppur indirettamente, un danno alla collettività.
Peraltro, seguendo lo schema indicato da autorevole dottrina e consistente nell’accertamento dell’interesse che è il vero oggetto della tutela giuridica ovvero, il titolare dell’interesse la cui offesa costituisce l’essenza del reato (7), la riflessione sull’art. 590 c.p., ci porterebbe a far individuare nel conducente il titolare di quel medesimo interesse; ma è altresì evidente che il diritto di querela (art. 120 c.p.) — in questo caso, contro se stesso — potrebbe essere esercitato solo da quello. Per le questioni prima sollevate, non pare peraltro fuor di luogo affermare, l’interesse della comunità all’integrità fisica dei singoli, anche mediante la comminazione di una pena esemplare, che scoraggi un atteggiamento che, ancorché abbia colpito direttamente l’autore materiale del reato, avrebbe potuto portare nocumento ad altri consociati. Tanto più, se a quel soggetto al quale l’ordinamento può riconoscere il diritto di querela, può essere altresì riconosciuta la facoltà di costituirsi parte civile, con i vantaggi appena accennati nel paragrafo che precede.
Ma è anche il caso di ricordare che il provvedimento di sospensione provvisoria della patente di guida emesso dal prefetto ai sensi del comma 2 dell’art. 223 del nuovo c. strad., avendo natura cautelare non è subordinato alla presentazione della querela per il reato di lesioni colpose da parte della persona offesa (8). Del resto, sembra evidente l’obbligo che fa capo alla polizia stradale (art. 223, comma 1, cod. str.) e che consiste nella trasmissione di copia del rapporto e del verbale di accertamento della violazione inerente un sinistro dal quale siano derivati danni alle persone (art. 222, comma 1, cod. str.), al prefetto del luogo della commessa violazione (9); ma tutto ciò non sembra comportare particolari tipi di indagine, in ordine all’esistenza di una delle condizioni di procedibilità che possono ancora sopravvenire (art. 346 c.p.p.). Tuttavia la mancata proposizione della querela, irrilevante ai fini dell’emissione del provvedimento, rileva ai fini del suo mantenimento, in quanto il difetto di querela, portato a conoscenza del prefetto nei modi previsti dall’art. 224 codice della strada, impedisce il permanere della sospensione (10).
Resta evidente il fatto, che nel reato di lesioni personali colpose, per evidente e logica conseguenza della norma che si ricava, la punibilità del fatto è riconducibile solo ed esclusivamente a quel soggetto che le abbia procurate a terzi e, certamente, non a se stesso.
Conclusione
A conclusione di questa nostra riflessione, siamo portati a non avere dubbi circa il dovere della polizia stradale, non solo di intervenire su ogni tipo di sinistro stradale per portarvi assistenza e/o soccorso ma, senz’altro, anche per procedere alle operazioni di rilievo del sinistro medesimo, anche per l’eventuale accertamento delle violazioni di legge. Del resto, è solo in questo modo, che chi ha posto in essere un comportamento lesivo per il proprio interesse - ma potenzialmente, per l’interesse di qualunque altro utente stradale - può essere concretamente perseguito: se non altro, con l’applicazione delle sanzioni previste dall’ordinamento, diverse dal reato previsto e punito dall’art. 590 c.p.
E certamente - almeno per chi scrive - rientrando tale tipo d’intervento nel novero degli atti d’ufficio da eseguirsi per ragioni di giustizia o di sicurezza pubblica, il mancato adempimento all’obbligo imposto per legge, rileva ai fini di quanto previsto dal primo comma dell’art. 328 c.p. (c.d. rifiuto d’atti d’ufficio).
Ma certamente, prima ancora della norma penale, prevale o dovrebbe prevalere una norma deontologica: quella che impone di fornire assistenza ad ogni utente della strada, a garanzia della sicurezza della circolazione stradale, dell’incolumità personale e della giustizia certa. •

Note di chiusura
1) *Ufficiale del Corpo della Polizia Municipale di Forte dei Marmi
2) Cfr. Cass. Civ., Sez. III, 10.3.98, n. 2639 in Manuale della circolazione stradale, n. 2/2002, MAGGIOLI EDITORE RIMINI
3) Si pensi a chi si ferma oltre la linea di arresto di una intersezione stradale, sì da causare la manovra di emergenza di altro utente stradale che, in tal modo, sbanda e urta contro ostacolo fisso.
4) Cfr. Trib. Civ. Monza, 25.4.2001, n. 1356, in Manuale della circolazione stradale, Op. cit.
5) Cfr. E. Russo, Le nozioni generali del diritto civile, pag. 340, CEDAM-PADOVA, 2002
6) Cfr. M. C. Venuti, Gli atti di disposizione del corpo, pag. 55, GIUFFRE’ EDITORE MILANO, 2002
7) F. Antolisei-L. Conti, Istituzioni di diritto penale, pag. 99, GIUFFRE’ EDITORE MILANO, 2000
8) Cfr. Cass. Civile, Sez. III, 5 maggio 2000, n. 5689 in Juris Data
9) Infatti, il provvedimento di sospensione della patente di guida, emesso dal prefetto a norma dell’art. 223 c.s., ha natura cautelare, e la stessa norma citata prevede che esso possa essere emesso sulla scorta di un apprezzamento da effettuarsi nell’immediatezza del fatto, sulla sola base del rapporto, del verbale della violazione contestata, nonché del parere del competente ufficio della M.c.t.c., perciò a prescindere dall’inizio di un procedimento penale a carico del titolare della patente e dagli eventuali accertamenti compiuti in quella sede, con la conseguenza che il definitivo (ed eventuale) accertamento compiuto dal giudice penale in ordine alle responsabilità del titolare della patente può essere diverso da quello a suo tempo compiuto ad altri fini dal prefetto, sulla scorta degli elementi conoscitivi dei quali disponeva, senza che sia perciò configurabile alcuna illegittimità (Cass. Civ., Sez. III, 19/4/2000 n.5072, in Manuale della circolazione stradale, Op. cit.)
10) Cass. Civ., Sez. III, 3/12/99 n.13461, in Manuale della circolazione stradale, Op. cit.


a cura di Giovanni Fontana

da "Il Centauro" n.86
Lunedì, 24 Maggio 2004
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