Talvolta,
durante il servizio, capita di domandarci se sia o meno opportuno
rilevare un sinistro stradale nel quale taluno è rimasto
coinvolto, in conseguenza del proprio comportamento di guida ovvero,
abbia riportato lesioni personali come conseguenza di tale evento.
La domanda sorge spontanea, anche in ragione del fatto che le
conseguenze dannose derivanti dal sinistro (che non abbia peraltro
causato lesioni o danni a terzi), incidono direttamente nella
sfera giuridica del soggetto causante il sinistro medesimo e che,
nella circostanza di fatto, questi è anche il titolare
del bene giuridico tutelato dalla norma di diritto privato (nella
sola ipotesi dei danni procurati al veicolo del danneggiante)
e/o di diritto penale (nella ipotesi in cui, dal sinistro derivi
una malattia nel corpo o nella mente, procuratagli, peraltro,
da altri).
Ma certamente, prima di ogni altra domanda, dobbiamo porcene una,
di fondamentale portata, riconducibile al diritto della circolazione
stradale e che da subito veniamo ad esporre.
Il principio informatore della circolazione
L’art. 140 del nuovo codice della strada (cod. str.), afferma
un principio immanente nel nostro ordinamento e che impone ad
ogni utente stradale di comportarsi in modo tale da non costituire
pericolo o intralcio per la circolazione ed in modo che sia, in
ogni caso, salvaguardata la sicurezza stradale; i singoli comportamenti,
sono fissati dalle norme previste dal codice cit. (2).
La norma di diritto pubblico, quindi, non tutela un particolare
bene della collettività, ma in generale, è finalizzata
a tutelare la sicurezza stradale e a prevenire - mediante l’imposizione
di ordini ed il rilascio di speciali autorizzazioni per l’uso
della strada - ogni possibile episodio che possa minacciarla od
anche, semplicemente turbarla.
Ora, il sinistro stradale non è un evento imprevedibile
- salvo rarissimi casi, che vorremmo definire, in certo qual modo,
“fisiologici” - ma senz’altro riconducibile ad
un comportamento umano non conforme a comuni regole di prudenza,
di perizia e di diligenza nella guida ovvero, di inosservanza
di regole giuridiche di comportamento; è tanto pleonastico
affermarlo, quanto utile ricordarlo: se il comportamento di guida
avvenisse secondo tali regole giuridiche e di civile convivenza,
ben rari sarebbero gli episodi in cui un sinistro si verrebbe
a verificare.
Ecco che quindi, se non altro, l’analisi e lo studio di ogni
sinistro stradale, tende a far conoscere un comportamento di guida
inidoneo e che, nel caso di specie, riguarda direttamente il conducente;
nulla toglie che ripetendosi nel tempo, possa riguardare anche
altri utenti e quindi, minacciare quel bene giuridico che il codice
stradale va a tutelare: la sicurezza e la fluidità della
circolazione stradale.
Tanto che, alle lett. a) e b), del comma 1, dell’art. 11
cod. str., sono indicati come servizi di polizia stradale, quelli
consistenti nella prevenzione e nell’accertamento delle violazioni
in materia di circolazione stradale e, non da meno, nella rilevazione
degli incidenti stradali. Tale obbligo giuridico, non si esaurisce
naturalmente nel mero accertamento tecnico (descrizione dello
stato dei luoghi, delle cose e delle persone), ma si completa
ed è finalizzato proprio allo studio della dinamica del
sinistro e, quindi, alla valutazione dell’elemento psicologico
del soggetto causante il sinistro medesimo ovvero, il suo livello
di colpa (ritenendo assai raro, ricondurre a tal evento un comportamento
doloso).
Una questione di diritto privato...
Ogni veicolo, è costruito per assorbire - entro limiti
di ragionevolezza derivanti dal progresso tecnologico - una serie
d’urti o, per meglio dire, per scaricare sotto forma di deformazioni,
l’energia assorbita con l’urto. I nostri “vecchi”,
sono soliti raccontarci delle autovetture dei loro tempi, costruite
in lamiere indeformabili e solide, dimenticando con ciò,
che con l’urto, rimanevano però deformati i relativi
conducenti!
Oggi, è ben raro che da uno scontro non derivi un danneggiamento
al veicolo.
Si potrebbe con ciò pensare, che tutto sommato, se quanto
è accaduto, riguarda solo il danneggiato la comunità
non ha alcun interesse a verificare l’eziologia del sinistro.
Peraltro, la causazione del sinistro, potrebbe essere riconducibile
al comportamento di guida di altro utente della strada, ancorché
non coinvolto direttamente nel sinistro medesimo, (art. 2054 c.c.)
(3); da un’anomalia della sede stradale, costituente insidia
o trabocchetto (art. 2043 c.c.) ovvero, dalla inadeguata manutenzione
della medesima (art. 2051 c.c.) (4).
Se ciò non bastasse, è ben evidente che nel contratto
di assicurazione, l’assicuratore, dietro il pagamento di
un premio, si obbliga a rivalere l’assicurato dal danno ad
esso prodotto da un certo evento (art. 1885 c.c.) e che, nell’ambito
dell’assicurazione civile, particolarmente importante è
l’assicurazione delle obbligazioni di risarcimento del danno
derivante dalla circolazione di autoveicoli, di cui alla legge
24.12.1969, n. 990 e succ. modif. (5).
Ma il premio, è funzione del rischio cui si espone l’assicuratore
ed ogni rischio “ingiusto”, è idoneo a determinare
un’evidente turbativa del sistema obbligazionale di riferimento.
E’ quindi interesse della comunità e di chi garantisce
l’ordine e la sicurezza - la polizia, appunto - verificare
ogni episodio che, in un modo o nell’altro, ponga la comunità
medesima, nella condizione di dover contribuire per il danno ingiusto
causato dal singolo ovvero, porre l’ente esponenziale di
tutela generale, nella condizione di “sborsare” l’effettiva
quota pattuita per il rischio assicurato.
Ma dal sinistro, può derivare anche una malattia nel corpo
o nella mente che, in termini giuridici, definiamo lesione personale
(art. 582 c.p.): più precisamente, lesione personale colposa
(art. 590 c.p.). Ciò che più conta, il soggetto
attivo del reato - indipendentemente dal fatto di riconoscergli
anche la soggettività passiva rispetto all’evento
- manifesta con il proprio atteggiamento psichico, un comportamento
particolarmente grave, tanto che, rispetto a tale condotta (in
senso lato), l’ordinamento giuridico risponde con una pena
criminale.
Riprenderemo tra breve tale considerazione, sì da ampliarla
nel significato ma, con riferimento al titolo di questo paragrafo,
è utile ricordare, che mentre il giudice di pace civile,
è competente a decidere sulle questioni che comportano
il risarcimento del danno fino al limite di 15.493 euro, il giudice
di pace penale, può decidere anche di questioni civilistiche
di danno, senza limite alcuno.
...e di diritto pubblico
Resta evidente, che la fattispecie giuridica delle lesioni personali
colpose, è da qualificare ancora come reato (civile), ancorché
il legislatore l’abbia fatto rientrare tra i c.d. reati bagatellari
(art. 4, comma 1, lett.a, d.Lgs. 274/2000) o reati a minore evidenza
criminale.
Oggetto giuridico tutelato dalla norma, è l’incolumità
della persona; intesa questa non tanto nella sua individualità,
quanto piuttosto, nella sua personalità: titolare di diritti
soggettivi ma, anche tenuto all’adempimento di doveri inderogabili
di solidarietà politica, economica e sociale, in quanto
membro effettivo e responsabile della comunità (art. 2
Cost.).
Per capirci meglio, è il caso di ricordare che gli atti
di disposizione del proprio corpo sono vietati quando cagionino
una diminuzione permanente della integrità fisica (art.
5 c.c.) e che la libertà di decidere, è la via che
obbliga a riflettere su se stessi, ad impadronirsi di rischi e
opportunità delle tecnologie (6).
Siamo infatti convinti, anche se in senso lato, che non necessariamente
il reato delle lesioni personali colpose (in quanto fattispecie
concreta di un comportamento umano), possa o debba essere ricondotto
al danno fisico procurato a persona diversa da quella del conducente:
quest’ultimo, non può esporre se stesso al rischio
di subire una diminuzione permanente della integrità fisica,
in conseguenza del proprio comportamento di guida o fare un uso
improprio e non consentito del mezzo di trasporto, se non arrecando,
seppur indirettamente, un danno alla collettività.
Peraltro, seguendo lo schema indicato da autorevole dottrina e
consistente nell’accertamento dell’interesse che è
il vero oggetto della tutela giuridica ovvero, il titolare dell’interesse
la cui offesa costituisce l’essenza del reato (7), la riflessione
sull’art. 590 c.p., ci porterebbe a far individuare nel conducente
il titolare di quel medesimo interesse; ma è altresì
evidente che il diritto di querela (art. 120 c.p.) — in questo
caso, contro se stesso — potrebbe essere esercitato solo
da quello. Per le questioni prima sollevate, non pare peraltro
fuor di luogo affermare, l’interesse della comunità
all’integrità fisica dei singoli, anche mediante la
comminazione di una pena esemplare, che scoraggi un atteggiamento
che, ancorché abbia colpito direttamente l’autore
materiale del reato, avrebbe potuto portare nocumento ad altri
consociati. Tanto più, se a quel soggetto al quale l’ordinamento
può riconoscere il diritto di querela, può essere
altresì riconosciuta la facoltà di costituirsi parte
civile, con i vantaggi appena accennati nel paragrafo che precede.
Ma è anche il caso di ricordare che il provvedimento di
sospensione provvisoria della patente di guida emesso dal prefetto
ai sensi del comma 2 dell’art. 223 del nuovo c. strad., avendo
natura cautelare non è subordinato alla presentazione della
querela per il reato di lesioni colpose da parte della persona
offesa (8). Del resto, sembra evidente l’obbligo che fa capo
alla polizia stradale (art. 223, comma 1, cod. str.) e che consiste
nella trasmissione di copia del rapporto e del verbale di accertamento
della violazione inerente un sinistro dal quale siano derivati
danni alle persone (art. 222, comma 1, cod. str.), al prefetto
del luogo della commessa violazione (9); ma tutto ciò non
sembra comportare particolari tipi di indagine, in ordine all’esistenza
di una delle condizioni di procedibilità che possono ancora
sopravvenire (art. 346 c.p.p.). Tuttavia la mancata proposizione
della querela, irrilevante ai fini dell’emissione del provvedimento,
rileva ai fini del suo mantenimento, in quanto il difetto di querela,
portato a conoscenza del prefetto nei modi previsti dall’art.
224 codice della strada, impedisce il permanere della sospensione
(10).
Resta evidente il fatto, che nel reato di lesioni personali colpose,
per evidente e logica conseguenza della norma che si ricava, la
punibilità del fatto è riconducibile solo ed esclusivamente
a quel soggetto che le abbia procurate a terzi e, certamente,
non a se stesso.
Conclusione
A conclusione di questa nostra riflessione, siamo portati a non
avere dubbi circa il dovere della polizia stradale, non solo di
intervenire su ogni tipo di sinistro stradale per portarvi assistenza
e/o soccorso ma, senz’altro, anche per procedere alle operazioni
di rilievo del sinistro medesimo, anche per l’eventuale accertamento
delle violazioni di legge. Del resto, è solo in questo
modo, che chi ha posto in essere un comportamento lesivo per il
proprio interesse - ma potenzialmente, per l’interesse di
qualunque altro utente stradale - può essere concretamente
perseguito: se non altro, con l’applicazione delle sanzioni
previste dall’ordinamento, diverse dal reato previsto e punito
dall’art. 590 c.p.
E certamente - almeno per chi scrive - rientrando tale tipo d’intervento
nel novero degli atti d’ufficio da eseguirsi per ragioni
di giustizia o di sicurezza pubblica, il mancato adempimento all’obbligo
imposto per legge, rileva ai fini di quanto previsto dal primo
comma dell’art. 328 c.p. (c.d. rifiuto d’atti d’ufficio).
Ma certamente, prima ancora della norma penale, prevale o dovrebbe
prevalere una norma deontologica: quella che impone di fornire
assistenza ad ogni utente della strada, a garanzia della sicurezza
della circolazione stradale, dell’incolumità personale
e della giustizia certa. •
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Note
di chiusura
1) *Ufficiale del Corpo della Polizia Municipale di Forte dei
Marmi
2) Cfr. Cass. Civ., Sez. III, 10.3.98, n. 2639 in Manuale della
circolazione stradale, n. 2/2002, MAGGIOLI EDITORE RIMINI
3) Si pensi a chi si ferma oltre la linea di arresto di una intersezione
stradale, sì da causare la manovra di emergenza di altro
utente stradale che, in tal modo, sbanda e urta contro ostacolo
fisso.
4) Cfr. Trib. Civ. Monza, 25.4.2001, n. 1356, in Manuale della
circolazione stradale, Op. cit.
5) Cfr. E. Russo, Le nozioni generali del diritto civile, pag.
340, CEDAM-PADOVA, 2002
6) Cfr. M. C. Venuti, Gli atti di disposizione del corpo, pag.
55, GIUFFRE’ EDITORE MILANO, 2002
7) F. Antolisei-L. Conti, Istituzioni di diritto penale, pag.
99, GIUFFRE’ EDITORE MILANO, 2000
8) Cfr. Cass. Civile, Sez. III, 5 maggio 2000, n. 5689 in Juris
Data
9) Infatti, il provvedimento di sospensione della patente di guida,
emesso dal prefetto a norma dell’art. 223 c.s., ha natura cautelare,
e la stessa norma citata prevede che esso possa essere emesso
sulla scorta di un apprezzamento da effettuarsi nell’immediatezza
del fatto, sulla sola base del rapporto, del verbale della violazione
contestata, nonché del parere del competente ufficio della
M.c.t.c., perciò a prescindere dall’inizio di un procedimento
penale a carico del titolare della patente e dagli eventuali accertamenti
compiuti in quella sede, con la conseguenza che il definitivo
(ed eventuale) accertamento compiuto dal giudice penale in ordine
alle responsabilità del titolare della patente può
essere diverso da quello a suo tempo compiuto ad altri fini dal
prefetto, sulla scorta degli elementi conoscitivi dei quali disponeva,
senza che sia perciò configurabile alcuna illegittimità
(Cass. Civ., Sez. III, 19/4/2000 n.5072, in Manuale della circolazione
stradale, Op. cit.)
10) Cass. Civ., Sez. III, 3/12/99 n.13461, in Manuale della circolazione
stradale, Op. cit.
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