L’assenza di una verifica strumentale di carattere certo (quale ad esempio il ricorso all’alcooltest) delle condizioni personali di un conducente veicoli, che si suppone versare in stato di intossicazione da assunzione di alcool – conclusione formulata esclusivamente in virtù di percezioni dirette dei verbalizzanti, riconducibili a dati asseritamente sintomatici – deve indurre il giudice a ritenere che si verta in ambito non penalmente rilevante e cioè al di sotto del limite dello 0,8 gr./l. E’ questa la conclusione cui è pervenuta la Quarta Sezione Penale della Corte di Cassazione, con la sentenza 19 Aprile 2011, n. 15617. La sentenza in epigrafe appare, dunque, particolarmente importante, perchè codifica, introducendolo, un criterio di valutazione suppletivo (di carattere presuntivo), rispetto a quello che presuppone l’uso dell’alcool test. Questo canone ermeneutico stabilisce l’indirizzo, in base al quale lo stato di ebbrezza, (che derivi dalla sola percezione della presenza di presunti elementi sintomatici di uno stato di alterazione psico-fisico da parte del conducente di un veicolo), si deve risolvere in una forma di rispetto del principio del favor rei. La condotta contestata all’imputato viene, così, sussunta automaticamente nel disposto dell’art. 186, co. 2, lett. a) CdS (novellato dalla L. 120/10), che appare la previsione sanzionatoria più favorevole, regolando essa sanzioni di carattere puramente amministrativo. L’insegnamento che si ricava si pone, quindi, nel senso di affermare che un accertamento di carattere esclusivamente empirico (fondato sulla percezione de visu o de auditu dei verbalizzanti), importa, pertanto, la presunzione che il tasso alcoolemico della persona sottoposta al controllo in parola, (in quanto non determinato in modo certo ed incontroverso, ma solo ipotizzato) debba venire ricompreso fra il livello minimo di generica illiceità (0,5 gr./l) e quello che determina la rilevanza penale della condotta (0,8 gr./l). Si tratta, dunque, di un intervento giurisprudenziale di spessore interpretativo chiaro ed inequivoco, con il quale il giudice nomofillattico ha risolto ogni sorta di dubbio che potesse sorgere sullo specifico tema. D’altronde, una diversa e contraria impostazione, sarebbe apparsa non solo del tutto impraticabile ed inammissibile sul piano strettamente scientifico, ma, addirittura, illogica ed irragionevole, proprio perchè essa sarebbe venuta a creare un ingiustificato contrasto con l’art. 2 del codice penale. Effetto diretto ed immediato, della petizione di principio formulata dal Supremo Collegio, è, quindi, quello della non punibilità della condotta – che in precedenza, invece, presentava rilevanza penale – nonché del proscioglimento dell’imputato in forza della abolitio criminis, proprio perchè la novella del Luglio 2010 (L. 120, art. 33, co. 1) ha sancito la depenalizzazione della guida in stato di ebbrezza, in relazione a tutti coloro ricadono sotto la previsione dell’art. 186 CdS, ed escludendo le situazioni concernenti i conducenti sotto i ventuno anni o neo patentati nei primi tre anni che sono regolate dall’art. 186 bis CdS. A corollario del proscioglimento di carattere penale, la Corte di legittimità ha, inoltre, rilevato l’assenza di una norma di collegamento, che imponesse – in deroga al principio di “legalità-irretroattività”, atteso che si tratta di vicenda avvenuta in epoca anteriore all’entrata in vigore della L. 120/10 - l’apertura di un procedimento amministrativo, sì che il ricorrente ha potuto fruire in modo pieno (quindi anche sotto il profilo amministrativo) dell’affermato proscioglimento.
(Nota di Carlo Alberto Zaina)
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE IV PENALE
Sentenza del 19 aprile 2011, n. 15617
(Pres. Romis – Rel. Bianchi)
Ritenuto in fatto
1. Con sentenza in data 16.12.2008, il Tribunale di Gela dichiarava S. S. responsabile del reato di guida in stato di ebbrezza e lo condannava alla pena ritenuta di giustizia.
2. Avverso tale sentenza l’imputato proponeva appello, sollecitando un nuovo esame delle risultanze processuali atteso che non era stato accertato che egli, proprietario dell’auto, fosse alla guida della stessa al momento dell’intervento dei carabinieri, e non piuttosto il proprio figlio presente sul luogo; peraltro non era neppure possibile ritenere accertato con sicurezza il superamento del limite minimo di 0,5 gr./l atteso che non era stato effettuato l’esame con l’etilometro, essendo stato apprezzato il ritenuto stato di ebbrezza solo in base ad indici sintomatici; lamentava poi la mancanza di motivazione sulla non concessa sospensione condizionate della pena.
3. La Corte di appello di Caltanisetta dichiarava inammissibile l’appello proposto rilevando che, ai sensi dell’art. 593, comma 3, c.p.p., le sentenze di condanna con le quali, come nella specie, è stata applicata la sola pena dell’ammenda sono inappellabili.
4. Il ricorrente ha proposto ricorso per cassazione rilevando che la Corte territoriale avrebbe dovuto trasmettere gli atti a questa Corte di Cassazione, in applicazione dell’art. 568, comma 5, c.p.p., tanto più che non era ravvisabile alcun profilo di inammissibilità dal punto di vista formale atteso che l’atto era stato redatto personalmente dallo stesso imputato.
Considerato in diritto
1. Premesso che erroneamente la Corte d’appello ha pronunciato declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione proposta dal S. avverso la sentenza di primo grado - posto che avrebbe dovuto qualificare come ricorso il gravame e trasmettere gli atti a questa Corte - osserva il Collegio che, previa qualificazione come ricorso dell’impugnazione proposta dal S. avverso la sentenza del Tribunale di Gela, la sentenza stessa deve essere annullata senza rinvio in conseguenza di "abolitio criminis".
L’ipotesi di reato per la quale S. S. G. è stato giudicato è quella di cui all’art. 186, comma 1, lett. a) codice della strada (guida in stato di ebbrezza con un tasso alcolemico superiore a 0,5 e non superiore a 0,8), tanto derivando dal fatto che lo stato di ebbrezza è stato desunto solo sulla base di dati sintomatici, senza procedere a rilevamento con l’alcoltest. Tale fattispecie è stata depenalizzata ai sensi della legge 30.7.2010 n. 120, art. 33, comma 4.
L’intervenuta "abolitio criminis" comporta che il S. ha diritto ad un provvedimento giurisdizionale di proscioglimento perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato, provvedimento che può essere emesso da questa Corte, essendo lo "ius superveniens" applicabile di ufficio anche in Cassazione (v. sez. V 15.2000 n. 769 rv 215996) e deponendo in tal senso evidenti ragioni di economia processuale.
3. Non ritiene il Collegio di trasmettere gli atti all’autorità amministrativa, in considerazione del principio di legalità - irretroattività operante sia per gli illeciti penali (art. 2 c.p.), sia per gli illeciti amministrativi (art. 1 L. 24.11.1981 n. 689 richiamata dall’art. 194 codice della strada), e non rinvenendosi nella legge 120 del 2010 una apposita previsione che imponga la trasmissione e che possa far ritenere derogato il suddetto principio di irretroattività.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato.
da Altalex
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