Eh già noi siamo ancora qua. Dopo 20 anni siamo ancora qua, anche se qualcuno nel 1991 ci aveva pronosticato appena sei mesi di vita. La storia dell’Asaps è la storia di una scommessa. Nel 1991, vent’anni fa, un gruppo di sedici uomini che vestivano la divisa della Polizia Stradale in servizio a Forlì, Cesena, Faenza, Ravenna, decise di puntare una parte consistente della propria vita futura in un’associazione nuova, diversa da tutto ciò che si era visto prima. Diversa da un sindacato ormai frammentato e politicizzato, diversa da un sodalizio che potesse apparire solo di nostalgici dell’uniforme, difforme anche nel modo di parlare all’esterno, verso il quale – lo si capiva fin da subito – si sarebbe dovuta necessariamente aprire. Perché? Perché se non ci fosse stata condivisione là fuori, allora sarebbe venuto meno lo stesso senso di esistere. La puntata consisteva proprio in questo: parlare un linguaggio nuovo, trovare le parole adatte per raccontare quello che realmente accadeva sulle strade, spiegare che le stragi del sabato sera non erano una tragedia lontana e che i bollettini esibiti al lunedì non erano il bilancio di una guerra combattuta altrove. I campanelli ai quali i pionieri dell’Asaps andavano a suonare, erano quelli delle nostre città, dei nostri paesi, delle nostre borgate. Delle nostre case. Delle nostre famiglie. Questo andava detto, spiegato, raccontato. Andava stanata e denunciata la declinazione del verbo guadagnare che spesso si occultava (e si occulta ancora) con strane interpretazioni della sicurezza stradale, dove la palla della responsabilità delle tragedie della strada, andava sempre rigettata dai portatori di interessi (produttori di alcol, gestori di locali della notte, produttori di mezzi super potenti) nell’altra parte del campo sportivo, dove giocano schierate le forze di polizia con le famiglie e la scuola. In un comodo scarico delle responsabilità alle agenzie di controllo e quelle educative. Un Davide contro Golia dell’asfalto. Dovevamo portare il nostro contributo per bilanciare una informazione che seguiva le mode degli avvenimenti e non la loro reale gravità. Si pensi a come la comunicazione sia rimasta appiccicata, quasi assorbita da una serie di eventi di questi anni come Mucca pazza (2001 - 2003), Aviaria 2006. AHIN1 2009. Eppure il peso degli incidenti stradali nella società e nell’economia del nostro paese è stato enorme. Enorme! Negli ultimi 60 anni dal 1950 al 2010, gli anni dell’esplosione della motorizzazione quando si è cominciato a tenere la conta delle vittime, sulle strade in Italia hanno perso la vita circa 400.000 persone, alla media di 6.500 l’anno. Si pensi che secondo alcune recenti dichiarazioni dei vertici della Protezione Civile dall’inizio del ‘900 i morti nei terremoti nel nostro Paese sono stati circa 120.000. Negli anni ’50 il numero delle vittime della strada era inferiore a 5.500, poi sempre in crescita nei decenni successivi col record di 12.000 nel 1972 e la media di oltre 8.000 negli anni ’80, che è rimasta fra i 6/7.000 morti l’anno fino a meta di questo decennio, poi è iniziato il calo più deciso. Negli stessi ultimi 60 anni circa 14 milioni di italiani hanno riportato ferite, alla media di circa 230.000 l’anno. Cifre in parte domate, tranne che per i veicoli a due ruote con ancora 1.400 morti l’anno, oltre il 30% della mortalità totale con una mobilità che corrisponde invece ad appena il 3-4% del totale. Negli ultimi 10 anni hanno perso la vita sulle strade 14.293 dueruotisti e 860.520 sono rimasti feriti. Entro il 2015 di questo passo le due ruote pagheranno il costo del 50% dei lenzuoli bianchi stesi sulle strade. Anche per i pedoni la situazione rimane grave con quasi 700 morti l’anno. Ogni giorno 2 pedoni vengono ammazzati e 56 entrano in ospedale. Vedete, capite come la comunicazione sia poi attirata da altri eventi, da eventi diversi come Mucca pazza, l’aviaria, l’influenza micidiale… Infatti non possiamo dimenticare che il mondo della strada si interfaccia con una serie di enormi interessi economici che influenzano i modelli comunicativi. Direttamente o indirettamente.
Pensate ai modelli comunicativi ispirati alla positività dell’alcol. George Clooney prima con “No Martini no party” (ma nessuno spiegava: “Troppo Martini no arrivi”. Come se quelle signorine non gli avessero aperto la porta se non avesse aavuto il Martini! Ma per favore! Anche con una bottiglia di minerale non gasata gli avrebbero aperto !! A me non aprirebbero neanche se mi presentassi con un Tir di Martini, Poi George si è redento e ora pubblicizza un Caffè in cialde indossando addirittura le cinture posteriori in auto. Incredibile. (Socio onorario Asaps subito!). E quell’aereo sul tramonto rosso con tre ganzi vestiti alla Indiana Jones che arrivano, planano, recuperano anfore e poi bevono un amaro superalcolico?? Andrebbe abbattuto subito da una delle portaerei che stazionano nel golfo della Sirte, per l’impatto diseducativo. I vincenti, i positivi bevono, recuperano le anfore antiche. Per carità. Quelli che bevono recuperano invece spesso i cocci delle loro berline e qualche volta i cocci della loro vita. Nessuno ci dice (cari amici Sbarbada e Argenta) che quelli che bevono in eccesso spesso picchiano mogli e bambini, perdono il lavoro, ammazzano gente per strada! Anche sul versante velocità assistiamo ad assurde celebrazioni della potenza dei veicoli. Moto che vengono esaltate nelle copertine delle riviste per i loro 311 km/h. Pubblicità di auto che saltano come stambecchi dalle cime dei grattacieli all’asfalto e viceversa. Un’attenzione particolare va posta anche sull’immagine della nostra rete stradale. Guardate le pubblicità di quelle macchine che viaggiano su strade con zero traffico, sui tornanti alpini e sulle coste amalfitane con asfalto super levigato senza una buca e segnaletica orizzontale perfetta. Ma dove le trovate quelle strade?? Parliamone della nostra rete stradale che presenta frequenti tratti in condizioni assurde che hanno ampiamente superato i parametri minimi di sicurezza con una segnaletica stradale confusa, vecchia o invisibile, con guard-rail che anziché essere fattore di contenimento diventano elemento di minaccia ulteriore per chi sbanda ed esce, specie in moto, dalla sede stradale. E’ incredibile, è assurdo se si pensa che dal mondo della mobilità, dai 45 milioni di veicoli immatricolati, fra tasse, imposte e accise (e multe) arrivano soldi a palate, quantificati in circa 60 miliardi di euro. Si pensi che solo dal conseguente aumento dell’Iva per l’aumento del costo dei carburanti, dall’inizio dell’anno sono piovuti nelle casse dello Stato ulteriori 2 miliardi di euro. Eppure su larga parte 440.000 km di strade principali (escluse in parte solo le autostrade, A3 e Milano – Torino escluse) soffre la qualità della mobilità con conseguenze pesantissime oltre che per la sicurezza anche per la nostra economia e il nostro turismo. Può un paese competere economicamente, può favorire l’industria del turismo, può agevolare il fondamentale segmento del trasporto pesante con strade come la E45, la 309 Romea, la 148 Pontina, la 106 Ionica?? Ritornando alla nostra vocazione iniziale c’è da dire che anche all’interno della struttura della Polizia Stradale, c’era (e c’è) molto da fare: innanzitutto sul fronte della cultura professionale, interagendo con la parte degli operatori di polizia desiderosa di accrescere le proprie nozioni specialistiche, e in secondo luogo per unire a una sola matrice gli appartenenti alla miriade di polizie, dello Stato e Locali, che col tempo hanno visto attribuirsi il delicato compito di tutori della legalità stradale. In particolare la crescita delle Polizie Locali è stata a dir poco vistosa. Con i Caschi Bianchi che giocano un ruolo sempre più importante e delicato per avvicinare gli obiettivi della sicurezza sulle strade che ci siamo dati. La scommessa dell’informazione qualificata è stata vinta: l’Asaps parla un linguaggio nuovo, che essa stessa ha saputo coniare. Ha un sito che è stato visitato, in quasi dieci anni di vita, da milioni di persone, ma anche una rivista, il Centauro, che tira 20mila copie e su cui si confrontano le più autorevoli firme del settore (ringrazio il nostro editore dr. Piero Sapignoli per averci sostenuto in questo percorso) e, da poco meno di un anno, un proprio blog, frequentatissimo. I suoi osservatori, le sue campagne, la presenza consolidata sui media nazionali e internazionali hanno fatto il resto. È in questo modo, libero, fatto di una coerenza spesso pagata cara, che l’Asaps parla a tutti e da tutti si fa ascoltare. Parliamo di sicurezza con la capacità di corredare la nostra proposta con dati e analisi che sono diventate la fonte informativa di tanti che si occupano di sicurezza sulle strade. Un fenomeno che ancora oggi causa 3.000 morti al giorno nel mondo, di cui un centinaio in Europa e 12, tutti i giorni in Italia.
La cultura Professionale Le nostre prime pubblicazioni sembravano dispense ciclostilate, ma fin dagli inizi le valigette degli operatori della Polizia Stradale, dei colleghi delle Polizie Locali, dei Carabinieri, di tutte le polizie dello Stato, si sono riempite del materiale approntato dall’Asaps. La scossa data alla professione è stata così virulenta, da parte nostra, che molte case editrici fondano oggi il loro business sulla sete di conoscenza che l’Asaps ha fatto venire a chi, in divisa, sta in mezzo alla strada. Molti, lo sappiamo, ci accusano di mettere in crisi, con la nostra mole di lavori, il settore dell’editoria professionale, ma dimenticano che, senza di noi, nessuno avrebbe pensato a rifornire la prima linea con strumenti sempre più precisi e aggiornati. La concorrenza ha poi calmierato i costi. I testi che rendono la vita più facile alle divise sono realizzati da autori che la divisa la vestono ogni giorno e che, a differenza di chi siede dietro una scrivania, conoscono perfettamente di cosa un agente abbia bisogno per compilare un atto, sia esso di contestazione al Codice della Strada, modificato ben 77 volte dal 1992, anno della sua entrata in vigore, che di altra natura. Ringrazio di cuore due dei nostri autori storici dei testi diffusi ai soci come il dr. Ugo Terracciano e il dr. Franco Medri, due veri pilastri della nostra editoria, che sono presenti insieme ad alcune delle altre migliori firme nel difficile terreno delle regole della strada o di quelle del controllo degli stranieri. Ringrazio oggi anche il dr. Giuseppe Franco Sostituto Commissario in servizio alla Direzione della Polizia Stradale autore di quello splendido e interessante testo sulla Storia dell’Unità d’Italia vista attraverso le regole della strada, edito da Sapignoli e che trovate nella vostra cartellina.
Nel clima di questi anni di generale schizofrenia attorno alla legislazione che regola e disciplina la strada, l’Asaps è divenuta così un punto fermo per chi, quella legge, deve farla valere e rispettare. Siamo di fronte al progressivo e inesorabile impoverimento di organici della Specialità, -14%. si sono chiusi i distaccamenti di notte, rimangono chiusi nei giorni festivi, ora si pensa di chiuderli sperimentalmente anche di pomeriggio, insomma alla fine rimarranno aperti solo quando ci sono pattuglie fuori. E i cittadini? Siamo sicuri che questa sia la via più efficace per la sicurezza stradale? Anche la trasformazione del Caps di Cesena da scuola specialistica ed esclusiva della Stradale a scuola di tutte le specialità Ferroviaria, Postale ecc, - siamo sinceri - non ci entusiasma affatto. Si sta perdendo quella forte connotazione specialistica che aveva fatto della Stradale il vessillo della professionalità ammirata anche a livello internazionale. Ricordo quando negli anni ’70 Cesena era frequentata da ufficiali di polizia brasiliani e perfino libici… altri tempi! L’unica risposta possibile che poteva essere data dall’Asaps è stata quella di dotare tutti i volenterosi degli strumenti conoscitivi necessari a non perdere le posizioni conquistate e oggi, se l’Italia tiene il passo di altri Stati Europei nel bilancio di morti e feriti stradali, è anche merito di un’associazione nata in una periferia lontana dalle stanze dei bottoni. E spesso avversata per il fatto che è una associazione che raccoglie tanto consenso fra le polizie dello Stato e le Polizie Locali e che diventa un punto di riferimento certo per il mondo della comunicazione. Una scommessa, anche questa, che abbiamo vinto, nonostante i Bookmaker ci dessero in pratica perdenti. E’ diventato così ancora più bello vincere!
Gli osservatori e le inchieste La prima regola per dire la cosa giusta al momento giusto è quella di non improvvisare. La carenza cronica di dati che caratterizza gli studi sulla sinistrosità in Italia (ora l’Istat ha eliminato anche i dati degli incidenti connessi all’alcol e alle sostanze), rende molto difficile dire la cosa giusta mentre, anche questo va detto, consente a troppi soggetti che non dovrebbero averne titolo di straparlare: a volte copiando, altre volte dicendo (interessate?) inesattezze, altre ancora soffermandosi su luoghi comuni. Avendo puntato tutto sulla comunicazione, l’Asaps ha creato basi statistiche sulle quali focalizzare le proprie ricerche, producendo inchieste giornalistiche e divenendo, per tutti coloro che intendono misurarsi sul campo della sicurezza e della violenza stradale, un interlocutore affidabile e sicuro. Ci hanno scoperto presto i Nestore Morosini del Corriere della Sera. I Mauro Tedeschini di Quattroruote, i Vincenzo Borgomeo di Repubblica, per non parlare dei giornali che tirano le loro pagine sul nostro territorio dal Resto del Carlino, al Corriere di Forlì a La Voce, di cui l’Asaps è diventato punto di riferimento certo e credibile. Ma la nostra, in particolare la mia, vera Musa è stata Emanuela Falcetti che mi ha intercettato alla fine degli anni ’90 e non mi ha mollato più, considerandomi a torto o a ragione il giusto “seganervi”, che dice però le cose con chiarezza e con puntuale corredo di dati e statistiche mai messi in discussione dagli addetti ai lavori. Da 14 anni faccio le mie alzatacce per affiancare Emanuela per la crescita di una maggiore coscienza civica nel nostro Paese. Per questo le sono profondamente grato, con la consapevolezza di avere meritato questo ruolo, perché Emanuela Falcetti da punto di vista professionale non regala niente a nessuno! Le proposte dell’Asaps sono spesso state recepite, anche se quasi mai le si riconosce la giusta considerazione. Un esempio? La numerazione dei cavalcavia, per rispondere al tragico fenomeno, della fine degli anni ’90, del lancio dei sassi contro le auto in transito, o l’apposizione della nuova segnaletica autostradale per prevenire episodi di contromano, con la segnaletica maggiorata su fondo giallo di divieto di accesso. Anche se è stata al momento respinta la proposta della segnaletica con la mano aperta su fondo giallo per indicare chiaramente che non si può imboccare quella corsia. Ad osservatori come quelli della Pirateria Stradale, degli incidenti ai bambini o degli “Sbirri Pikkiati”, e dello stesso contromano, magistralmente curati dai nostri Lorenzo Borselli e Gianluca Fazzolari, si sono aggiunti quelli sugli incidenti nei fine settimana, sulle cosiddette Morti Verdi, che coinvolgono trattori agricoli, e quello sui suicidi a seguito di eventi avvenuti sulla strada. Le nostre battaglie, combattute sul fronte sottile della comunicazione, hanno portato il legislatore a prevedere la confisca dei veicoli per i conducenti ebbri oltre la soglia dell’1,5 g/l. Proprio qui, in questo albergo nel 2006 (era il 15° anniversario Asaps) con l’allora direttore del servizio Antonio Giannella, buttammo già una strategia per portare a casa quel provvedimento così severo. Nessuno ci credeva. Tanti remavano contro. Ma il tandem istituzione e Asaps fece ancora goal. Quante vite si sono salvate sulle strade grazie all’aumento dei controlli con gli etilometri e a quel provvedimento? L’Asaps qui col solo supporto dell’AIFVS e Pina Cassaniti Mastrojeni è riuscita anche a far abbandonare ad una schiera di parlamentari, l’idea balzana di innalzare il limite di velocità autostradale a 150 orari. Saremmo stati l’unico paese del mondo ad aumentare i limiti! I 150 avrebbero comportato maggiori pericoli, più consumi e più inquinamento, col rischio per una manciata di minuti guadagnati, di vanificare l’efficacia di quello straordinario strumento calmieratore delle velocità che si chiama Tutor e che ha fatto diminuire nei tratti di Autostrade per l’Italia dove è installato la mortalità del 50%. Tra i primi abbiamo posto il problema dei guard-rail per i motociclisti e del loro comportamento, suscitando, anche in questo caso, contemporanei e contrastanti sentimenti di odio e amore di catulliana memoria. Vent’anni fa era tutto parte di un’immensa e inesplorata palude che oggi, grazie al nostro contributo, è in corso di iniziale bonifica. Vogliamo ricordare anche il nostro impegno sul versante della sicurezza dei bambini in auto e sulla strada. Proprio in questa sala nel giugno del 2008 organizzammo un importante convegno con qualificatissimi relatori. Da quel convegno arrivò la nostra proposta di abolire l’Iva o di ridurla per l’acquisto dei costosi seggiolini per bambini. Una famiglia che dovesse mettere a regola 3 minori, spesso si trova ad affrontare una spesa per i seggiolini che supera il valore della vecchia utilitaria che li deve trasportare. Ricordiamo anche il nostro più recente impegno per sostenere l’approvazione la una nuova figura di Omicidio stradale che si aggiunga alle figure base di omicidio colposo, doloso e preterintenzionale. In questo abbiamo affiancato l’associazione Lorenzo Guarnieri di Firenze e l’AIFVS per raggiungere questo obiettivo, anche sostenendo una proposta di legge popolare per raggiungere questo risultato. Chi puntò contro l’Asaps e contro il suo ruolo, ha perso.
L’Asaps di oggi Oggi l’Asaps proprio per le sue battaglie e per la sua capacità di analizzare, capire e spiegare i fenomeni più perniciosi della circolazione si è guadagnata spazi e credibilità crescenti. L’associazione fa parte della consulta per la Sicurezza Stradale presso il CNEL e della Consulta per la sicurezza e qualità dei servizi presso Autostrade per l’Italia. L’Asaps è consulente della Fondazione Ania, qui rappresentata dall’amico dr. Sandro Vedovi, alla quale garantisce flussi informativi molto utili per i tanti e preziosi progetti della Fondazione in favore della sicurezza stradale. Ci piace ricordare che da 15 anni l’Asaps collabora con la Fondazione Unipolis del gruppo Unipol e con i progetti di Sicurstrada. La Fondazione qui rappresentata da Giovanni Gualandi e Unipol (è qui presente il dr. Maurizio Musacchi della direzione auto) hanno collaborato come nessuno alla stampa di decine di migliaia di opuscoli e testi per l’educazione stradale poi distribuiti gratuitamente sul territorio. Memorabile la fornitura degli 800 giubbetti gialli ai bambini delle scuole elementari del 4° circolo di Forlì per il progetto Percorsi sicuri, poi diventato pedibus.
Quando la verità fa male agli interessi, ma fa bene alla sicurezza E’ stata la coerenza, dicevamo, a rendere l’Asaps una temuta e, spesso, invisa interlocutrice. La caccia agli interessi economici nascosti di quanti gravitano nel mondo della mobilità ha fatto dell’Asaps una sorta di Squadra Buoncostume per la sicurezza stradale. La sua trasversalità tra le forze di polizia, tra il mondo del traffico e della mobilità, la sua crescente diffusione nel cosiddetto mondo civile, hanno portato un elemento nuovo di confronto: la verità. Dirla, affermarla, dimostrarla, costa però caro, carissimo, e se non avessimo dalla nostra una base di 25mila iscritti di tutte le divise e cittadini sensibili al tema, che sono la nostra linfa vitale, saremmo già stati spazzati via. Non abbiamo raccomandazioni, non accettiamo denari in cambio di pareri compiacenti e non facciamo quel che facciamo per convenienze o interessi personali o di categoria. Ci hanno sempre animato l’amore per la nostra professione e per la Vita. Non so quanto possa ancora continuare il mio impegno al vertice dell’Asaps, la passione affatica, con l’età il tono muscolare necessario per uno slancio capace di saltare le difficoltà e le avversità create dai falsi amici della sicurezza stradale e dai portatori di interessi di parte, perde forza. Anche se io ne ho ancora una discreta riserva e il mio cuore rimane al fianco di tutte le divise impegnate per la sicurezza sulle strade, di tutti i familiari dei nostri caduti che abbraccio, di tutti quelli che mi hanno iniettato forti dosi di fiducia, a cominciare dai personaggi di spicco che sono qui al mio fianco. Di una cosa, insieme ai miei più stretti collaboratori forlivesi della presidenza, insieme a tutti i nostri generosi referenti e consiglieri nazionali Asaps, molti dei quali qui presenti oggi, vado fiero. Quando l’Asaps è nata, nel 1991, si contavano sulle strade più di 8.000 morti all’anno. Ora siamo a quota 4.000. In questo 50% in meno di vittime la nostra impronta c’è, eccome. Di questo siamo molto orgogliosi !!! Per questo ringraziamo tutti quelli che hanno creduto in noi e che sono stati così generosi e coraggiosi di stare al nostro fianco. Buona strada a tutti!
Forlì, 28 maggio 2011
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