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(ASAPS)
BURKINA FASO – Li chiamano “maquisards”, pensando
forse agli eroici partigiani della resistenza francese, molti
dei quali giovanissimi, che vennero sterminati dalle SS. In Burkina
Faso, la piccola repubblica africana incastonata a nord ovest
dal Mali, una delle nuove tragedie che incombono, di quelle che
l’Africa trasforma spesso in veri e propri olocausti, è
proprio quella dei “maquisards de la nuit”: adolescenti,
o poco più, molti dei quali non arrivano all’età
adulta. Scorrazzano, nel cuore della notte, nelle strade deserte
della piccola capitale, Ouagadougou e delle altre città,
ancor più piccole, come Bobo Dioulasso, o Koudougou, terzo
centro abitato dello stato, con poco meno di 55mila residenti.
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Non
ci sono, ancora, leggi specifiche né il traffico costituisce,
in uno stato di appena 12 milioni di abitanti, dall’economia
ancora estremamente arretrata, il rischio principale. Quello
che le cronache locali registrano, semmai, sono le gesta acrobatiche
di questi giovani leoni, che si cimentano in spericolate corse
in sella a improvvisate motociclette o al volante di vecchie
auto – perlopiù fuoristrada, dagli assetti ancor
più precario – nelle strade deserte delle città
addormentate.
Sono
corse spaventose, non manovre quasi suicide, in condizioni di
totale “contraddizione – per parafrasare le notizie
che giungono dal Burkina Faso – con le regole più
elementari di buona guida”, come se fossero completamente
incoscienti dei rischi ai quali vanno incontro, ogni notte.
Nella capitale Ouagadougou, c’è un quartiere chiamato
Ouaga 2000, dove alcune strade sono praticamente dei circuiti
di velocità e di acrobazie, percorse per esempio da nugoli
di ragazzini che sfrecciano sdraiati sulle loro moto, con la
pancia sul serbatoio e la testa praticamente incastrata nel
manubrio. Una corsa ad ostacoli, tra le voragini che ancora
ci sono sulle strade, senza alcuna paura. Ecco, questa considerata
l’insicurezza stradale, in Burkina Faso e quel che più
colpisce è il grido d’allarme lanciato dai giornalisti
locali, che chiedono a gran voce l’intervento del governo.
Ma fanno qualcosa di più, e su questo – probabilmente
– abbiamo da imparare anche noi. Aldilà della richiesta
legittima, infatti, di dare tranquillità e sicurezza
alla società locale, la stampa si pone una domanda: ma
che ne è del programma di educazione civica che ormai
da anni viene imposto agli istituti scolastici? E soprattutto,
perché i genitori di questi ragazzini “cascadeurs”
non li sottraggono al pericolo al quale vanno incontro ogni
notte? I morti sono tanti, tantissimi, per non parlare di quelli
che resteranno invalidi tutta la vita. Viene dunque riconosciuta
l’esistenza di un problema sociale, che riguarda tuitti:
genitori, insegnanti, stato.
Il
governo, che pure ha varato alcune norme in chiave restrittiva,
viene accusato “di non fare di più” e viene
tirato in ballo, vista la vicinanza linguistica e storica con
la Francia, proprio l’esempio francese. Dal Burkina Faso,
infatti, grazie soprattutto a Internet, il resto del mondo è
sempre più vicino, e non è certo sfuggito il fatto
che l’insicurezza stradale “è stata elevata
al rango delle priorità”, e che grazie all’incessante
azione di molti istituti ed associazioni, il bollettino di guerra
comincia a farsi sempre meno allarmante: si parla di come in
Francia, ed in Europa, siano sorti osservatori, di associazioni,
di campagne mediatiche e di accordi internazionali, si descrivono
le dotazioni di radar, di misuratori di distanza di sicurezza,
di controlli di polizia. “È vero che il Burkina
Faso – dicono i giornalisti – non ha i mezzi di cui
dispone la Francia e l’intero occidente, ma se vogliamo
lottare contro questa piaga, lo stato dovrà fissare nei
propri programmi obiettivi chiari e ambiziosi, e dovrà
trovare il modo di darsi i mezzi per intervenire, anche a costo
di chiamare in causa privati e associazioni”. Come dare
loro torto? (ASAPS)..
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