La Corte di Cassazione ha ritenuto fondato il prospettato error in iudicando per violazione e falsa applicazione del decreto legge 23 dicembre 1976, n. 857, convertito con modificazioni dalla legge 26 febbraio 1977, n. 10, nonché violazione e falsa applicazione della normativa sul tasso di interesse e sul risarcimento del danno da svalutazione monetaria. La ricorrente, investita sulle strisce pedonali all’età di venti anni, aveva riportato postumi invalidanti e si era vista negare in primo grado il risarcimento del danno morale, riconosciuto in seguito dal Giudice d’appello. Questi tuttavia aveva negato il danno patrimoniale motivando che all’epoca del sinistro l’attrice era studentessa priva di reddito. La Cassazione ribadisce la propria giurisprudenza, richiamata nel ricorso introduttivo, in tema di risarcimento integrale del danno alla persona, ed in particolare le SU civili 11 novembre 2008, n. 26972, confermando che il pregiudizio deve essere integralmente ed unitariamente ristorato. La Corte argomenta che la gravità delle lesioni, insieme alle circostanze oggettive dalle quali rilevare le qualità e le aspettative di vita della giovane, rappresenta “la prova oggettiva della lesione e del nesso causale con la condotta” dell’agente, nonché la “prova presuntiva che costituisce la fonte della formazione del ragionevole convincimento, di natura probabilistica”. La Corte rileva che nella fattispecie sottoposta al suo esame sussistono gli elementi idonei a fornire la serie di fatti noti, riguardanti la perdita della capacità lavorativa, i quali consentono di risalire al fatto ignorato, relativo alle perdite patrimoniali e di chances lavorative. La Corte precisa infine che il debito patrimoniale da illecito rappresenta un debito di valore e pertanto deve essere calcolato con rivalutazione ed interessi compensativi dalla data del sinistro, e con interessi legali sulla somma liquidata a decorrere dalla sentenza.
(Nota di Laura Biarella)
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE III CIVILE Sentenza 19 maggio - 28 giugno 2011 n. 14278
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FRANCESCO TRIFONE - Presidente
Dott. GIOVANNI BATTISTA PETTI - Rei. Consigliere
Dott. BRUNO SPAGNA MUSSO - Consigliere
Dott. PAOLO D’ALESSANDRO - Consigliere
Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO - Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso 22359-2006 proposto da: *** elettivamente domiciliato in ROMA, VIA *** presso lo studio dell’avvocato che lo rappresenta e difende giusta delega a margine del ricorso;
- ricorrente -
nonché contro
- intimati -
nonché contro
***, elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE *** presso lo studio dell’avvocato *** che lo rappresenta e difende, giusta procura speciale alle liti;
- resistente -
avverso la sentenza n. 794/2005 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, II Sezione Civile, emessa il 05/03/2004, depositata il 06/06/2005; R.G.N. 1608/2000. udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 19/05/2011 dal Consigliere Dott. GIOVANNI BATTISTA PETTI;
udito l’Avvocato ***;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. COSTANTINO FUCCI che ha concluso per il rigetto.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Il 21 ottobre 1994 verso le ore 18,30 la giovane studentessa mentre attraversava sulle strisce pedonali era investita da una Citroen condotta da che guidava a velocità non moderata.
La giovane, ventenne, riportava lesioni gravi al capo, al volto, la frattura della testa del perone, lesione del legamento crociato anteriore e del legamento collaterale esterno, secondo i primi accertamenti di pronto soccorso.
Lesioni comportanti postumi invalidanti poi valutati nella misura del 25 % dalla consulenza medico legale.
2. Con citazione del 31 ottobre 1996 la *** convenne dinanzi al Tribunale di Palermo la conducente, la proprietaria e la assicuratrice e ne chiedeva la condanna in solido al risarcimento dei danni biologici, patrimoniali e non patrimoniali oltre interessi e rivalutazione. Resisteva la sola assicuratrice, restavano contumaci le altre parti. La lite era istruita documentalmente con produzioni mediche ed espletamento di CTU.
3. Il Tribunale di Palermo, con sentenza del 7 ottobre 1999 condannava le convenute in solido al pagamento della somma complessiva di lire 108,189.280 oltre interessi legali dalla sentenza al saldo ed alle spese di lite.
4. Contro la decisione proponeva appello la *** per il risarcimento integrale di tutti i danni, ivi compresi il danno morale ed il danno patrimoniale conseguente alla perdita delle chances lavorative. Resisteva la *** assicuratrice restavano contumaci le altre parti .
5. La Corte di appello di Palermo con sentenza del 6 giugno 2005, in parziale riforma, accoglieva il gravame in punto di liquidazione del danno morale da reato, ma non riconosceva il danno patrimoniale sul rilievo che all’ epoca del sinistro la studentessa non svolgeva attività produttiva di reddito. Poneva le spese del grado a carico delle parti appellate.
6. Contro la decisione ha proposto ricorso la *** affidato ad unico motivo; la *** ha prodotto procura speciale per la difesa orale, non eseguita nel corso del dibattimento, le tre parti non hanno resistito pur ritualmente citate.
7. Questa Corte con ordinanze del 29 novembre 2010 ha disposto la integrazione del contraddittorio nei confronti delle parti non costituite. Tale adempimento risulta verificato.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso merita accoglimento in ordine al motivo dedotto che deduce error in iudicando per la violazione e falsa applicazione del decreto legge 23 dicembre 1976 n.857 convertito con modifiche dalla legge 26 febbraio 1977 n. 10, nonché la violazione e falsa applicazione della normativa sul tasso di interesse e sul risarcimento del danno da devalutazione monetaria. Il ricorrente rammenta la giurisprudenza di questa Corte, da ritenersi consolidata, e intende che il criterio risarcitorio stabilito dalla legge speciale nel comma terzo dello art.4 del Decreto legge citato, convertito senza modifiche su tale punto, sia un criterio autonomo di valutazione del danno patrimoniale subito dalla vittima come danno emergente o lucro cessante in conseguenza diretta del fatto illecito allorché per varie cause il soggetto leso non sia nelle condizioni di provare il reddito ovvero di produrlo a causa della età, della disoccupazione, della cassa integrazione o degli studi intrapresi e ancora in corso di perfezionamento, come è nella fattispecie in esame. La legge in questi casi adotta il parametro equitativo del triplo della pensione sociale ed alla base del calcolo si pone il reddito annuale ricostruito in relazione alla entità della invalidità permanente, in misura elevata pari al 25%, in un soggetto in età di studi superiori, che viene a subire una rilevante riduzione della capacità lavorativa, presentandosi come invalida alle offerte di lavoro ed a quelle selettive che attengono anche ad una particolare prestanza e presenza fisica. Basta leggere le conseguenze e la tipologia dei danni fisici e psichici considerati nella consulenza medico legale, per evidenziare che la giovane ventenne studentessa, ebbe a subire, oltre ai danni non patrimoniali biologici e morali, anche le perdite patrimoniali presenti e future, che invece la Corte di appello nega in radice senza alcuna adeguata motivazione. La fondatezza del motivo deriva non solo dall’ incipit di Cass. pen. 1989 n. 2150 che riguarda appunto il caso di studente inoccupate ma proficuamente dedito agli studi. Qui la Corte riconosce la risarcibilità patrimoniale del danno derivante da invalidità permanente, consistente nella liquidazione del danno futuro a causa della menomata capacità lavorativa, e il danno derivante dalla invalidità temporanea e collegate alla distinta perdita del guadagno nella esplicazione della detta capacità, secondo criteri equitativi . Tale incipit, confermato nella successiva giurisprudenza di questa Corte, tra cui Cass., 2002 n. 101, Cass. 2004 n. 23298, trova un ulteriore conferma nel principio del risarcimento integrale del danno alla persona, ribadito alle SU civili del 24 novembre 2008 n 26972 nel punto 4.8. del preambolo sistematico, che enuncia un principio generale di filonomachia ben riferibile al complesso pregiudizio, patrimoniale e non patrimoniale, consequenzialmente derivante dalla grave lesione della salute. Qui il complesso pregiudizio deve essere integralmente ed unitariamente ristorato, sia pure con criteri equitativi ed in relazione alla gravità delle lesioni come circostanziate. Tale gravità, medicalmente accertata, con le circostanze oggettive qualificanti le qualità ed aspettative di vita della giovane lesa, costituisce da un lato la prova oggettiva della lesione e del nesso causale con la condotta del soggetto agente,e d’altro lato la prova presuntiva circostanziata che costituisce la fonte della formazione del ragionevole convincimento, di natura probabilistica, non trattandosi di prova inferiore a quelle e dirette o complete in relazione alla natura del danno. Vedi in tal senso il punto 4.10 delle SU citate, con la precisazione ivi indicata sugli elementi che nella concreta fattispecie siano idonei a fornire la serie concatenata di fatti noti, attinenti alla perdita della capacità lavorativa, che consentano di risalire al fatto ancora ignoto, relativo alle perdite patrimoniali e di ciance lavorative. Il debito patrimoniale da illecito è debito di valore e dunque sarà calcolato con rivalutazione, interessi compensativi dal di dello investimento e con interessi 1cga1i sulla somma liquidata, a far tempo della sentenza. Lo accoglimento del ricorso determina rinvio alla Corte di appello di Palermo in diversa composizione che si atterrà ai principi di diritto come sopra enunciati e provvedere anche alla liquidazione delle spese di questo giudizio di cassazione.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa e rinvia anche per le spese di questo giudizio di cassazione alla Corte di appello di Palermo in diversa composizione.
Roma 19 maggio 2011.
da Altalex
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