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Corte di Cassazione 01/08/2011

Giurisprudenza di legittimità - Pericolo sulle strade: ne risponde il responsabile della manutenzione

(Cass. Pen., sez. IV, 11 luglio 2011, n. 27035)

 

Se il responsabile dell’ufficio di manutenzione del Comune non si attiva, al fine di prevenire le situazioni di pericolo delle strade, risponde delle eventuali lesioni accorse al pedone. È quanto ha stabilito la Quarta Sezione Penale della Corte di Cassazione con la sentenza n. 27035 dell’11 luglio 2011.
Il caso vedeva un pedone riportare lesioni personali a seguito di una caduta in un tombino, privo di coperchio, in alcun modo delimitato o segnalato, e situato in una strada poco illuminata.
Secondo il giudice nomofilattico, la qualifica di responsabile dell’ufficio manutenzione del comune, faceva sì che all’imputato incombesse il dovere di intervenire per eliminare l’insidia creatasi sulla strada, peraltro anche priva di illuminazione, a causa dell’assenza delle richiamate coperture. Continuano i giudici "Né può il ricorrente pensare di eludere le responsabilità connesse con tale qualifica, adducendo di non avere avuto notizia di tale assenza. In realtà, le funzioni affidategli e la posizione di garanzia che da esse per lui derivava, avrebbero dovuto indurlo, non ad attendere passivamente la segnalazione di terzi, ma ad attivarsi in maniera autonoma per prevenire ogni possibile incidente".
Il fatto che il soggetto responsabile della manutenzione stradale fosse portatore di poteri, oltre che di organizzazione e di intervento, anche di controllo, era idoneo a delineare un preciso profilo di colpa a carico del medesimo, "poiché ne denuncia una gestione meramente passiva ed attendista dell’ufficio ricoperto, laddove una corretta e dinamica interpretazione delle funzioni avrebbe dovuto indurlo ad attivarsi, a prescindere dalle segnalazioni di terzi, per organizzare uno specifico servizio di controllo del territorio al fine di verificare e prevenire eventuali situazioni di pericolo".

(Nota di Simone Marani)

 

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE IV PENALE
Sentenza 11 luglio 2011, n. 27035

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

 

Osserva

*** ricorre, per il tramite del difensore, avverso la sentenza del Giudice di Pace di Cosenza, del 30 giugno 2010, che lo ha ritenuto colpevole, quale responsabile dell’ufficio di manutenzione del comune di Cosenza, del delitto di lesioni colpose in pregiudizio di ***, caduto dentro un tombino privo di copertura. Deduce il ricorrente violazione di legge e vizio di motivazione della sentenza impugnata in punto di responsabilità, affermata dal giudice senza considerare che nessuno aveva mai segnalato l’assenza della copertura del tombino, di guisa che nessuna condotta omissiva avrebbe dovuto addebitarglisi. Censura, altresì, il ricorrente la valutazione della prova da parte del giudicante attesa la genericità e contraddittorietà, e quindi inattendibilità, delle dichiarazioni rese dalla persona offesa

-II- Il ricorso è infondato.

In realtà, la decisione impugnata non merita alcuna censura, essendo la stessa del tutto in sintonia con gli elementi probatori acquisiti dai quali è stato giustamente tratto argomento per affermare la responsabilità dell’imputato.

Giustamente il giudice del merito non ha avuto dubbi in ordine al reale verificarsi ed alle cause dell’incidente, rilevando che di esso ha riferito, oltre che la persona offesa, anche il fratello, *** presente al momento dell’improvvisa caduta del congiunto dentro il tombino privo di coperchio. Sulla stessa caduta, ha ancora ricordato il giudicante, ha avuto modo di riferire anche il teste *** che, pur avendo sostenuto di non ricordare i fatti, ha tuttavia precisato che "forse" un signore si era fatto male perché era caduto dentro un tombino che, ha aggiunto, come gli altri della zona, erano privi di copertura. Circostanza, quest’ultima, confermata dal teste, v. brigadiere ***, intervenuto dopo l’incidente, che ha ribadito non solo la presenza, sul posto, di tombini senza coperchio, ma ha precisato che gli stessi non erano in alcun modo delimitati e segnalati e che la strada era priva di illuminazione.

Legittimamente, dunque, alla luce di tali emergenze probatorie, il giudice di pace non ha avuto dubbi circa l’attendibilità del racconto della persona offesa, peraltro soccorsa sul posto e trasportata in ospedale da un’autoambulanza del "118".

Quanto ai profili di colpa rilevati nella condotta dello *** esattamente il primo giudice ha rilevato come, attesa la qualifica, dallo stesso ricoperta, di responsabile dell’ufficio manutenzione del comune, proprio all’imputato incombesse il dovere di intervenire per eliminare l’insidia creatasi sulla strada, peraltro anche priva di illuminazione, a causa dell’assenza delle richiamate coperture. Né può il ricorrente pensare di eludere le responsabilità connesse con tale qualifica, adducendo di non avere avuto notizia di tale assenza. In realtà, le funzioni affidategli e la posizione di garanzia che da esse per lui derivava, avrebbero dovuto indurlo, non ad attendere passivamente la segnalazione di terzi, ma ad attivarsi in maniera autonoma per prevenire ogni possibile incidente.

In realtà, ha in proposito giustamente osservato il primo giudice che, alla stregua delle disposizioni vigenti in materia di svolgimento dell’attività amministrativa e di organizzazione degli uffici della pubblica amministrazione, lo *** era portatore di poteri, oltre che di organizzazione e di intervento, anche di controllo. Circostanza che delinea un preciso profilo di colpa a carico dell’imputato poiché ne denuncia una gestione meramente passiva ed attendista dell’ufficio ricoperto, laddove una corretta e dinamica interpretazione delle funzioni avrebbe dovuto indurlo ad attivarsi, a prescindere dalle segnalazioni di terzi, per organizzare uno specifico servizio di controllo del territorio al fine di verificare e prevenire eventuali situazioni di pericolo.

Controllo che, peraltro, nel caso specifico non avrebbe dovuto riguardare l’assenza solo delle coperture dei tombini, ma anche di segnali che avvertissero del pericolo rappresentato dalle buche scoperte, ed anche la mancanza di illuminazione, che rendeva la zona ancor più a rischio per i cittadini.

In definitiva, il ricorso deve esser rigettato ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.

 

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 5 aprile 2011.

da Altalex

 

Lunedì, 01 Agosto 2011
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