Il Sindaco non ha poteri per quanto concerne la chiusura anticipata degli esercizi pubblici; l’ordinanza dello stesso, infatti, che prevede l’anticipazione della chiusura di un locale (al fine di tutelare la convivenza civile e la vivibilità del centro urbano) è illegittima. Così il TAR Lombardia, nella sezione distaccata di Brescia, ha precisato con la sentenza 18 maggio 2011, n. 739. Con la decisione che qui si commenta i giudici hanno richiamato una precedente giurisprudenza della Corte Costituzionale (cfr. sentenza 7 aprile 2011, n. 115) la quale aveva individuato i limiti costituzionali incontrati dal potere extra ordinem del sindaco (ex art. 54, D.Lgs. 267/2000), che può estendersi anche alla materia della regolamentazione degli orari dei pubblici esercizi. Il sopra menzionato articolo 54 prevede, nel comma 4, che “nel prevedere un potere di ordinanza dei sindaci, quali ufficiali del Governo, non limitato ai casi contingibili e urgenti, viola la riserva di legge relativa, di cui all’art. 23 Cost., in quanto non prevede una qualunque delimitazione della discrezionalità amministrativa in un ambito, quello della imposizione di comportamenti, che rientra nella generale sfera di libertà dei consociati. Come si legge testualmente nella sentenza de qua ,“il provvedimento impugnato risulta, quindi, privo di un adeguato supporto giuridico, trattandosi del frutto dell’esercizio di un potere extra ordinem avvenuto senza rispettare i precisi parametri sopra ricordati e per ciò stesso illegittimo”.
(Nota di Manuela Rinaldi)
T.A.R. Lombardia - Brescia Sezione II Sentenza 18 maggio 2011, n. 739
N. 00739/2011 REG.PROV.COLL.
N. 00683/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 683 del 2009, proposto da: (omissis), rappresentato e difeso dall’avv. Antonio Cesarini, con domicilio eletto in Brescia presso la Segreteria del T.A.R., via Carlo Zima, 3;
contro
Comune di Bergamo, rappresentato e difeso dagli avv.ti Vito Gritti e Silvia Mangili, con domicilio eletto in Brescia presso la Segreteria del T.A.R, via Carlo Zima, 3;
per l’annullamento
- dell’ordinanza del Sindaco del 4 giugno 2009 e notificata il 5 giugno 2009, avente ad oggetto: “ordinanza per la tutela della convivenza civile, della coesione sociale e della vivibilità del centro urbano. Individuazione degli orari di chiusura dell’attività artigianale “Kebab” sita in via Quarenghi civico n. 48”;
- di ogni atto presupposto, connesso e consequenziale.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Bergamo;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 27 aprile 2011 la dott.ssa Mara Bertagnolli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con il ricorso in esame il sig. (omissis) titolare dell’impresa individuale “Kebab Orchidea”, censura la legittimità dell’ordinanza con cui il Sindaco, al dichiarato scopo di tutelare la convivenza civile, la coesione sociale e la vivibilità del centro urbano, ha ordinato la chiusura di tale attività dal lunedì al venerdì alle ore 22 ed il sabato e la domenica alle ore 16.
A tale fine esso deduce:
1. eccesso di potere per erroneità del presupposto di fatto e difetto di istruttoria: mancherebbe un adeguato collegamento tra i fatti accertati nei verbali della polizia municipale e lamentati dai cittadini e l’attività esercitata dal ricorrente. Ciò in particolare tenuto conto che si lamenta la presenza di avventori ubriachi, mentre il ricorrente non somministra alcuna bevanda alcolica e che, comunque, la realtà degli assembramenti rilevati non appare riconducibile alla presenza stessa del locale. Il provvedimento sarebbe, quindi, sproporzionato rispetto a quanto concretamente imputabile all’attività artigianale in questione, tenuto conto anche che la maggiore concentrazione di persone nelle giornate di sabato e domenica appare in effetti giustificata con la generale tendenza della cittadinanza a riversarsi nel centro e farebbe parte, quindi, della normale dinamica di vita cittadina;
2. violazione e falsa applicazione dell’art. 7 della legge n. 241/90, violazione dell’obbligo di adeguata motivazione e violazione dell’art. 54 del d. lgs. 267/2000. Parte ricorrente, oltre a ribadire la non proporzionalità del provvedimento e la carenza di motivazione dello stesso, indugia sulla previsione della riduzione dell’orario di apertura a tempo indeterminato e sulla mancata prova dell’esistenza di situazioni di particolare gravità e allarme idonee a mettere a repentaglio ordine e sicurezza pubblica.
Si è costituito in giudizio il Comune, eccependo in primo luogo l’inammissibilità del ricorso per effetto della mancata notifica dello stesso all’Avvocatura distrettuale dello Stato, nonostante nel caso di specie il Sindaco avesse agito come ufficiale del Governo. Esso ha, inoltre, sostenuto l’infondatezza del ricorso nella parte in cui tende all’annullamento del provvedimento per carenza di istruttoria e motivazione. Al contrario, lo stesso sarebbe ampiamente supportato da quanto rilevato dalla polizia locale di Bergamo, la documentazione relativa all’attività della quale è stata, peraltro, depositata presso la compente Autorità giudiziaria penale. In ogni caso sarebbe comunque agevolmente desumibile, da quanto prodotto in giudizio, la stretta correlazione tra schiamazzi serali e notturni, disturbo della quiete pubblica e modalità di gestione del locale, il cui gestore sarebbe, peraltro, titolare di una responsabilità oggettiva .
In ordine alla pretesa sproporzione delle misure disposte, il Comune evidenzia come la chiusura alle 22 dal lunedì al venerdì era già prescritta dall’autorizzazione rilasciata, mentre quella anticipata del sabato e della domenica non sarebbe stata prevista sine die, ma solo fino alla revisione conseguente all’evoluzione della situazione. A seguito dell’accoglimento parziale dell’istanza cautelare, con conseguente sospensione del provvedimento censurato nella sola parte in cui ha disposto la chiusura alle ore 16 nella giornata di domenica, parte ricorrente ha formulato un’istanza di correzione, ritenendo che tale affermazione sarebbe stata frutto di un errore materiale. La correzione è stata quindi negata, non essendo ravvisabile alcun errore del genere di quello preteso dal ricorrente. In vista della pubblica udienza l’Amministrazione ha depositato una memoria, nella quale ha ribadito quanto già precedentemente rappresentato.
DIRITTO
Deve essere preliminarmente esaminata l’eccezione in rito introdotta dall’Amministrazione resistente e correlata alla pretesa inammissibilità del ricorso per effetto della mancata notificazione del medesimo all’Avvocatura distrettuale dello Stato, nonostante il Sindaco abbia, in relazione al provvedimento censurato, agito come ufficiale del Governo.
A tale proposito il Collegio ritiene di poter accedere all’orientamento giurisprudenziale secondo cui “Per quanto riguarda i ricorsi avverso i provvedimenti adottati dal sindaco quale Ufficiale di Governo , è da ritenere valida la notifica effettuata presso la casa comunale, anziché presso l’ufficio dell’ Avvocatura dello Stato competente” (così T.A.R. Liguria Genova, sez. II, 05 novembre 2002 , n. 1077). Ciò in considerazione del fatto che “anche quando agisce nella veste di ufficiale di governo , il sindaco non può essere considerato quale organo dello Stato” (così T.A.R. Puglia Bari, sez. II, 26 aprile 2002 , n. 2184).
Ciò chiarito in rito, nel merito il ricorso appare meritevole di positivo apprezzamento.
Nulla quaestio pare sussistere in ordine alla legittimità dell’ordine di chiusura alle ore 22, posto che nello stesso ricorso viene dato atto che l’attività già si svolge sino alle ore 22: ne discende che sotto tale profilo il provvedimento censurato non ha alcuna portata lesiva innovativa.
Per quanto attiene all’anticipo della chiusura serale alle 16 nei giorni di sabato e domenica, invece, il Collegio ritiene debba essere valorizzato quanto dedotto in ordine all’illegittimo esercizio del potere ex art. 54 del d. lgs. 267/00, in ragione della sopravvenuta pronuncia di incostituzionalità di tale disposizione.
A tale proposito la Corte Costituzionale, nella sentenza 7 aprile 2011, n. 115, ha recentemente affermato che l’art. 54, comma 4 del d. lgs. 267/2000 “nel prevedere un potere di ordinanza dei sindaci, quali ufficiali del Governo, non limitato ai casi contingibili e urgenti, viola la riserva di legge relativa, di cui all’art. 23 Cost., in quanto non prevede una qualunque delimitazione della discrezionalità amministrativa in un ambito, quello della imposizione di comportamenti, che rientra nella generale sfera di libertà dei consociati. Questi ultimi sono tenuti, secondo un principio supremo dello Stato di diritto, a sottostare soltanto agli obblighi di fare, di non fare o di dare previsti in via generale dalla legge. Si deve rilevare altresì la violazione dell’art. 97 Cost., che istituisce anch’esso una riserva di legge relativa, allo scopo di assicurare l’imparzialità della pubblica amministrazione, la quale può soltanto dare attuazione, anche con determinazioni normative ulteriori, a quanto in via generale è previsto dalla legge. L’assenza di una valida base legislativa, riscontrabile nel potere conferito ai sindaci dalla norma censurata, così come incide negativamente sulla garanzia di imparzialità della pubblica amministrazione, a fortiori lede il principio di eguaglianza dei cittadini davanti alla legge, giacché gli stessi comportamenti potrebbero essere ritenuti variamente leciti o illeciti, a seconda delle numerose frazioni del territorio nazionale rappresentate dagli ambiti di competenza dei sindaci.”. Si tratta, in sostanza, dell’esplicitazione di un principio da tempo affermato dalla giurisprudenza costante e consolidata, secondo cui “deroghe alla normativa primaria, da parte delle autorità amministrative munite di potere di ordinanza, sono consentite solo se «temporalmente delimitate» (ex plurimis, sentenze n. 127 del 1995, n. 418 del 1992, n. 32 del 1991, n. 617 del 1987, n. 8 del 1956) e, comunque, nei limiti della «concreta situazione di fatto che si tratta di fronteggiare» (sentenza n. 4 del 1977)”.
Il provvedimento impugnato risulta, quindi, privo di un adeguato supporto giuridico, trattandosi del frutto dell’esercizio di un potere extra ordinem avvenuto senza rispettare i precisi parametri sopra ricordati e per ciò stesso illegittimo.
Le spese del giudizio possono trovare compensazione tra le parti in causa, atteso che l’individuazione, da parte della Corte Costituzionale, dei precisi limiti costituzionali incontrati dal potere extra ordinem del Sindaco di cui all’art. 54 del d. lgs. 267/2000 (che può estendersi anche alla materia della regolamentazione degli orari dei pubblici esercizi) è sopravvenuta rispetto all’adozione del provvedimento censurato.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato.
Dispone la compensazione delle spese del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 27 aprile 2011 con l’intervento dei magistrati:
Giorgio Calderoni, Presidente
Stefano Tenca, Primo Referendario
Mara Bertagnolli, Primo Referendario, Estensore
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 18/05/2011
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