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Rassegna stampa alcol e guida del 18 agosto 2011

A cura di Alessandro Sbarbada, Guido della Giacoma e Roberto Argenta

LA NAZIONE (Firenze)
Omicidio stradale, Lorenzo falciato a 17 anni
“La mia battaglia in nome suo”
Vittima di un ubriaco. Il padre lanciò la crociata anti pirati

Firenze, 17 agosto 2011 - «LORENZO è stato ucciso». La condanna all’investitore, in primo grado, è stata di due anni e otto mesi. Niente carcere. Il padre di Lorenzo, Stefano Guarnieri, ora che il ministro Maroni ha rilanciato la proposta di legge per omicidio stradale già avanzata dall’associazione che porta il nome del figlio, ha vinto la prima battaglia. Lorenzo, 17 anni, è stato ucciso in scooter nella notte tra il primo e il 2 giugno a Firenze, da un uomo di 45 anni che, in Vespa, guidava contromano ubriaco e sotto effetto di droghe. Stefano Guarnieri, direttore amministrativo del settore finanza e controllo al colosso farmaceutico Ely Lilly, prova a spiegare il dolore con la forza del cuore e della ragione. In due mesi e mezzo raccoglie 31.000 firme per l’istituzione della legge di omicidio stradale, una proposta sostenuta anche dal sindaco di Firenze, Matteo.

La dichiarazione del ministro Maroni è un passo importante.
«La presa di posizione del governo per noi è stata una soddisfazione. Abbiamo lavorato a lungo alla proposta, con le altre Asaps (associazioni amici sostenitori della polizia stradale), con il sindaco Renzi, con il presidente della commissione trasporti della Camera Valducci. E’ stato subito notato il favore dell’opinione pubblica».

Come nasce l’idea dell’omicidio stradale?
«L’omicidio di Lorenzo poteva essere evitato, le pene non sono giuste. Da cittadino sono stufo. Faccio sempre questo esempio: se la persona che ha ucciso Lorenzo, anziché ammazzarlo gli avesse rubato il portafoglio avrebbe avuto conseguenze maggiori: sarebbe stato arrestato e avrebbe avuto la stessa pena».

Non è comunque una forma di risarcimento.
«L’uomo che ha ucciso mio figlio è stato condannato a due anni e otto mesi. Non farà nemmeno un giorno di carcere».

Il carcere secondo lei può servire da deterrente?
«Certo. Bisogna lavorare sulla prevenzione. Leggi più severe creano la consapevolezza che chi sbaglia paga. In Italia guidare sotto effetto di alcol e droga viene considerata una cosa da niente».

Come ha vissuto la sentenza?
«Non fu una sorpresa, ma ho provato l’amarezza di vivere in un Paese, sotto questo aspetto, incivile. Paragonare la vita di un ragazzo di 17 anni a un furto di un portafoglio è vergognoso. Ho provato tanta rabbia e la voglia di andare via dall’Italia. In Inghilterra l’uomo che ha ucciso mio figlio sarebbe stato arrestato immediatamente e avrebbe fatto dai sei agli otto anni di carcere».


Cosa cambia con l’omicidio stradale.
«Si alzano le pene: la minima da 3 a 8 anni, la massima da 10 a 18. Forse così almeno un giorno di carcere dovrebbero farlo. Nella proposta di legge è previsto anche l’arresto in flagranza di reato e l’ergastolo della patente: chi uccide non può più guidare per tutta la vita, ora invece dopo una revoca, tra 2 due e 5 anni, si può rifare l’esame e riprenderla».

Ilaria Ulivelli


LA NAZIONE
"Carcere agli assassini al volante"
L’associazione Borgogni si batte per l’’omicidio stradale’
Firenze, 18 agosto 2011 - «CREDIAMO che la nostra battaglia possa cambiare la società. Ci vorranno anni, è vero, si troveranno deterrenti giuridici per ammorbidire gli inasprimenti di pena, ma un giorno riusciremo a dare una mentalità nuova a questo Paese: dal non mettere più la macchina in doppia fila allo scappare quando investi e uccidi qualcuno». Valentina Borgogni è in prima fila, con l’associazione che porta il nome di suo fratello Gabriele (travolto e ucciso nel 2004 da un automobilista ubriaco), nella raccolta di firme a Firenze per l’introduzione del nuovo reato di omicidio stradale. Ne sono già state raccolte oltre 30.000 e la legge dà sei mesi per raccoglierne 50.000 da presentare al presidente di una delle due Camere. La battaglia delle associazioni fiorentine, col sostegno del sindaco Matteo Renzi, ha ora l’appoggio del ministro dell’interno Roberto Maroni. 

Anche il Viminale è con voi.

«CI ABBIAMO lavorato per sei mesi e poi la nostra proposta è venuta fuori. Mi auguro che quelle di Maroni non siano solo parole estive e che da settembre il consiglio dei ministri si metta al lavoro perché ci sono tante cose da fare».

La vostra ipotesi di ‘omicidio stradale’ è questa: aumento della pena da 3-10 anni a 8-18, arresto in flagranza di reato ed ‘ergastolo della patente’.

«Abbiamo puntato sull’innalzamento della pena perché, così facendo, eventuali patteggiamenti o riti abbreviati che prevedono lo sconto di un terzo della pena finale, non impediranno a chi uccide al volante ubriaco o drogato di fare qualche giorno di carcere».
E’ un problema quasi più sociale che giuridico: la mancanza della certezza della pena.

In Francia il limite di velocità lo rispetti perché hai paura di farti beccare, in Italia invece sai che in qualche modo la scampi. E’ d’accordo?
«Certamente. Bisogna fare paura e spingere a cambiare la propria concezione di pericolo sulla strada. E comunque una nuova legge non serve a nulla se non si investe da un lato sulle scuole e dall’altro sulle forze dell’ordine».
Proprio ieri l’Aduc, in una nota, ha chiesto «un maggiore impegno nella prevenzione piuttosto che nelle pene» con «maggior numero di forze di polizia per strada».
«Vero. Se ho una legge ma non ho chi mi difende e la può applicare, nulla si risolve. Sulla sicurezza stradale c’è tanto da fare, ma la creazione di un reato come questo può essere una base solida».

La vostra proposta ha necessità di qualche correzione, non è così?
«Sì, soprattutto per il rapporto con le assicurazioni nel caso in cui ci siano condanne per omicidio volontario: le compagnie possono anche non pagare dicendo ‘vedetevela fra di voi’. E’ un problema che affronteremo»

Il vostro impegno non termina con la raccolta di firme, vero?

«Stiamo affrontando anche la questione della moderazione dei limiti di velocità e abbiamo un’iniziativa da svolgere nei prossimi mesi nelle scuole della provincia di Firenze. E’ un nuovo progetto, unico in Italia. Perché noi ci stiamo provando e speriamo che Maroni faccia seguire i fatti alle parole».

Gigi Paoli


IL GIORNALE
la lettera
Il killer di mio figlio non finì in cella Fu un vero oltraggio

di Marcello Fiaschini
Chi scrive è purtroppo già stato provato dal dolore di vedersi un figlio ucciso in un incidente stradale provocato da un ubriaco che guidava con il tasso alcolico più di tre volte il consentito (1,54 g/l). Per giunta quella persona conduceva l’auto, oltre i limiti di velocità, senza avere la patente di guida perché mai l’aveva conseguita. E la vettura che guidava era senza assicurazione, con la revisione scaduta, le gomme lisce eccetera eccetera. Di tutti i requisiti per poter circolare su strada, l’assassino di mio figlio Riccardo Fiaschini, cioè Munteanu Ioan, rumeno di 41 anni, non ne possedeva neanche uno.
Anche allora, era il 13 luglio 2009, il pubblico ministero di turno, Gabriele Paci, non convalidò il fermo perché non ne esistevano i presupposti di legge.
Quindi io ho capito benissimo lo stato d’animo provato dai genitori dei ragazzi francesi morti sulla A26 per colpa dell’albanese ubriaco che guidava contromano: dolore e disperazione per il figlio che non c’è più, ma anche di indignazione e rabbia nel vedere inizialmente non applicare nessuna forma coercitiva nei confronti degli autori di tali crimini. Così i nostri figli vengono sempre uccisi due volte, la seconda dai giudici che non appaiono all’altezza della loro professione, perché il mancato arresto di questi criminali stradali equivale a un orrendo oltraggio che viene fatto nei confronti di chi soffre atrocemente per il dolore e nei confronti della società civile tutta, la quale ha il dovere e il diritto di chiedere spiegazioni a quei magistrati responsabili di omissioni che disonorano lo Stato italiano e le sue istituzioni.
Anche se con ingiustificabile ritardo, arrestare l’autore della strage è stato giusto. Avevo lanciato un appello in tal senso anche a nome dei familiari dei ragazzi francesi, affinché il Ministro della Giustizia e il Presidente della Repubblica intervenissero direttamente nel far applicare un giusto provvedimento restrittivo nei confronti del responsabile della strage della A26. Con l’arresto, questo nostro Stato è riuscito a conservare, soprattutto agli occhi di cittadini stranieri, cioè i genitori dei ragazzi morti, un minimo di quella credibilità e quel senso di giustizia per i quali tanto duramente hanno lottato le generazioni passate. Ma non bisogna aspettare l’indignazione dell’opinione pubblica.


LATINA24ORE
Ubriaco alla guida travolge un ragazzo: amputata la gamba

Era ubriaco il conducente dell’auto che ha travolto il 16enne al quale ieri è stata amputata una gamba. La drammatica decisione è arrivata a poche ore dal suo ricovero al Goretti. Per il giovane, Riccardo M., di Pontinia, non è stata sciolta la prognosi: mentre lottava per restare in vita i medici sono stati costretti ad amputare la gamba destra e due dita della mano. Intanto i carabinieri hanno denunciato il 54enne di Sezze che, a bordo della Renault
Megane, si è scontrato con il giovane in scooter sulla Migliara 50.
Intanto si teme anche per la sorte di un altro ragazzo rimasto coinvolto nell’incidente della sera di ferragosto in viale dello Statuto: Luca M., 17 anni è ancora in coma. E ieri sera a Latina scalo grave incidente, in prognosi riservata un uomo di 40 anni.


LA STAMPA
Colloquio
“Ho tolto la vita a quattro ragazzi. Sono morto con loro”
L’imprenditore che ha percorso contromano la A26 per 30 chilometri: non dormo più, sono disperato.

“Sono un uomo morto” dice Ilir Beti. Invece è vivo, lui. E piange, adesso, tutte le sue lacrime tardive. Dopo aver negato – “Non ho mai imboccato l’autostrada contromano per 30 chilometri” è stato il suo leit motiv nelle prime sei ore di interrogatorio -, ieri era più possibilista. Le presa di coscienza è lenta e forse tardiva, ma c’è.
È barricato nel suo alloggio, al primo piano di una palazzina in via De Giorni, quartiere popolare e multietnico di Alessandria, la serranda semi abbassata, sul citofono “Beti I”. esce solo per raggiungere gli avvocati, Giancarlo Triggiani e Giuiseppe Comaio, e la Polstrada di Ovada, dov’è tornato a Ferragosto per le ultime pratiche e la convalida del sequestro del Suv. “Voglio far sapere ai famigliari dei ragazzi deceduti e a tutti quelli che stanno soffrendo per questa immane tragedia che sono disperato, piango e piangerò sempre per loro”: lo dice in italiano perfetto, lui dice che è arrivato ad Alessandria 18 anni fa e che da qui non intende andarsene. “Non voglio scappare, è un’assurdità che non ho mai preso in considerazione”, spiega a chi, come il console onorario di Francia a Genova Gerard Deiss, riteneva che proprio il pericolo di fuga potesse giustificare il fermo.
Quell’aria da discotecaro in postumi da alcol, con cui sabato mattina rispondeva alle domande dei poliziotti mentre la quarta ragazza, Elsa Desliens, 22 anni, dava i suoi ultimi respiri all’ospedale, Beti se l’è tolta definitivamente assieme ai mocassini nuovi, ai pantaloni bianchi e alla camicia troppo sbottonata sul petto. L’impresario edile albanese, sposato e padre di due di 4 e 5 anni (ad Alessandria vivono anche gli anziani genitori), ora si dichiara provato, le occhiaie, scure come i capelli, gli scavano il viso largo: “Non riesco più a dormire da quella notte”. I legali gli hanno consigliato il supporto di uno psicologo. “È una tragedia troppo grande anche per me, vivo nella disperazione, la mia condotta era sempre stata buona, non ha più senso la mia esistenza”.
Sull’incidente ha cambiato versione, dai primi “non è vero”. È passato ai “non so”. “Non ricordo nulla dello scontro: posso solo dire che nella mia vita percorrevo oltre 60 mila chilometri all’anno e non ho mai avuto incidenti”. L’automobilista “modello” – come l’ha definito la sua amica russa, Tatiana ProstaKova, addormentata sul sedile posteriore mentre Beti e il suo Audi Q7 da due tonnellate disintegrava l’auto e la vita di 4 ragazzi – dice: “Da oggi non guiderò mai più: ho spezzato due vite: la mia e quella della mia famiglia”.
Poi ci prova, a ricostruire le ore in cui ha seminato la morte: “so di aver dimenticato il telefonino, dopo la serata in discoteca ad Arenano, di essere uscito al cesello di Masone, sull’A26, poi sono subito rientrato, dal lato giusto però, per tornare indietro a cercare il cellulare. Ad Arenano in effetti c’è tornato: “Il telefono alla fine l’avevo sotto il sedile dell’auto, quindi ho ripreso la strada di casa”. L’autostrada A10, poi la Gravellona Toce. “Ma del resto non ricordo più nulla. Non so dove possa avere fatto inversione, se davanti al casello di Alessandria Sud o in una piazzola di sosta, oppure nell’area di servizio. Non lo so”. Il film dell’orrore , nella testa di Ilir Beti si interrompe qui. Il resto glielo ricordano ogni giorno i giornali, i poliziotti, gli incubi che lo tengono sveglio la notte.
L’uomo che dopo aver ammazzato quattro giovani è andato al supermercato a comprarsi un cellulare, ora chiede: “Come sta l’altro ragazzo?”.
L’”altro ragazzo” è Laurent Boette, 26 anni: le ferite al polmone migliorano. Pentito? “Non chiedo il vostro perdono ma voglio che sappiate che avrei voluto morire anche io”.

(M. MAS.)


CORRIERE DELLA SERA
Il procuratore: niente pressioni, abbiamo raccolto nuove prove
Procuratore, è stata la pressione dell’opinione pubblica e del ministro Maroni a mandare in carcere quest’uomo?
«Proprio per niente. In questa storia la pressione dell’opinione pubblica non ha avuto nessun ruolo. Men che meno il ministro Maroni».
Quindi non è vero che vi siete sentiti come dice qualcuno?
«Non so chi va dicendo questa cosa ma la risposta è no, certo che no».
Capo della procura di Alessandria da otto anni, Michele Di Lecce fra non molto avrà una nuova sede.
Certo che chiude la sua esperienza piemontese con un caso tristissimo...
«Sì è vero, la partecipazione umana è ovvia in un fatto del genere, con quattro ragazzi morti. Ma questa storia non mi lascia più stupito di tante altre cose che accadono e che magari non hanno nessuna risonanza...»
Per esempio?
«Per esempio gli infortuni sul lavoro».
Torniamo all’incidente sulla A26. Perché l’arresto di Beti dopo quattro giorni?
«Per essere chiari: non è una marcia indietro e non ci siamo rimangiati la parola. Semplicemente all’inizio non c’erano gli elementi che ci sono oggi grazie ai quali abbiamo potuto fare la nostra proposta al gip che l’ha accolta».
Quali sono questi elementi?

«Abbiamo interrogato lui e la sua versione non coincide con alcune testimonianze, abbiamo raccolto indicazioni da un automobilista che aveva avuto un diverbio con lui poco prima dell’incidente, mentre ancora viaggiava nella direzione giusta. E anche questo è un dettaglio arrivato dopo. Abbiamo approfondito gli accertamenti della polizia stradale, risentito con calma le chiamate di aiuto e c’è altro ancora. Tutti particolari che in un primo momento non erano agli atti».
L’omicidio volontario ma «a titolo di dolo eventuale», non ha mai avuto una gran fortuna nei processi...
«Appunto, immagini se l’avessimo contestato con gli elementi più scarni della prima ora...».
«Dolo eventuale» significa che la persona sotto accusa ha accettato il rischio di fare danni, fino a uccidere, comportandosi in un certo modo. Ma se lui era ubriaco quale consapevolezza poteva avere nell’accettare o no il rischio?
«Dipende da quanto l’alcol aveva compromesso le sue capacità intellettive. E poi c’è un "prima". Per esempio, prima di cominciare a bere sapeva che sarebbe tornato a casa in macchina. Ma per tutte queste discussioni è ancora troppo presto. Vedremo...»

Le piace l’ipotesi del reato di omicidio stradale?
«Dipende da come viene strutturato. Potrebbe avere una sua utilità se fosse scritto in modo chiaro e se limasse i problemi di interpretazione che abbiamo oggi. Serve chiarezza sull’eventuale applicazione più che sulla gravità delle sanzioni».

G. Fas.


CORRIERE DEL VENETO
OMICIDIO STRADALE LEGGE RISCHIOSA
di PASQUALE D’ASCOLA

Fino ad oggi l’incidente stradale che causa la morte di una o più persone viene punito come omicidio colposo, la forma meno grave di responsabilità, poiché si addebita al responsabile del sinistro non la volontà di uccidere, ma una negligenza nella condotta di guida.
Normalmente, anche a causa del possibile patteggiamento in sede giudiziaria, la pena attribuita è alquanto mite e i benefici di legge consentono di evitare la restrizione carceraria. La gravità di alcuni episodi, dovuta alla spericolatezza delle manovre o alla influenza di alcool e droga sui conducenti, hanno indotto parte della società civile e della pubblica opinione a sollecitare modifiche normative e sanzioni penali più severe. Sembra che questa volta il Governo abbia intenzioni serie e voglia sostenere in Parlamento l’approvazione di una modifica delle leggi penali in materia.
Questa prospettiva ha un fondamento nel ripetersi di gravi episodi causati da soggetti incoscienti, i quali, stando alla guida, danno luogo a sinistri catastrofici. Rientra nella piena sovranità del Parlamento stabilire se sia il momento di dare un segnale punitivo forte, che serva da deterrente. In Veneto, regione tra le più martoriate da questi eventi - tantissimi i lutti, tantissime le forme di responsabilità, sempre più crescente il numero dei comitati che lottano contro gli eccessi sulla strada - è diffusa una sensibilità favorevole a misure del genere.
Si impongono tuttavia alcune riflessioni: i gravi sinistri stradali non dipendono solo da azioni scriteriate di automobilisti. Il traffico è stato incrementato in questi anni dalla riduzione e mortificazione dei treni per i pendolari. La rete viaria - frutto di programmazioni e interventi addirittura secolari - non viene adeguata all’aumento continuo della circolazione, alla cresciuta potenza e dimensione dei veicoli.
La segnaletica insufficiente, grave punto debole, è fattore di aumento di comportamenti imprudenti e di conseguenti gravi incidenti. I controlli anche preventivi da parte delle forze dell’ordine o delle polizie municipali (fuori da locali e discoteche) non sono e non possono certo essere sistematici. Occorre quindi ricordare che una simile modifica normativa non risolve i problemi strutturali e non esonera amministratori e legislatori dal dovere di prevenire e governare i fenomeni, poiché l’arma della repressione punitiva non è risolutiva: si applica quando per le vittime il danno irrimediabile è già giunto.
Altra avvertenza: le leggi penali che irrogano pene severe vanno fatte bene. Sappiamo tutti che a volte si viene condannati, in sede penale o anche solo in sede civile, a una sanzione o al risarcimento dei danni, solo per concorso di colpa, che può essere anche modesto (20-33% di grado di responsabilità nel provocare il sinistro).

Ebbene, anche se alla guida vi fosse un soggetto leggermente alterato (ipotesi già punita con aggravanti), non si può colpire allo stesso modo chi ha compiuto una lievissima negligenza e chi ha leso ogni regola elementare di prudenza.
(*) Le «punizioni esemplari» vanno calibrate e devono essere previste per i comportamenti gravi, altrimenti cagionano ulteriori ingiustizie e non reggono nel tempo. Quel che ci vuole è invece un’oculata fermezza.
(*) Nota: leggete questo articolo, e poi ditemi se ci voleva l’editoriale pubblicato in prima pagina del Corriere del Veneto per scoprire l’acqua calda.
C’è qualcuno che pensa che chi lavora per l’introduzione nel codice dell’omicidio stradale queste cose non le sappia?
Qualcuno pensa che questa legge debba risolvere i problemi della segnaletica stradale o dell’aumento del traffico? Ci mettiamo dentro anche il problema dell’aumento del costo di frutta e verdura?
Lavorare su una questione specifica non significa non essere consapevoli che ci sono altre cose da fare. Questa proposta parla di conducenti con tasso superiore a 1,5 g/l: che c’entrano le “lievissime negligenze”? A parte, poi, che la maggior parte degli “incidenti” (il termine non è adeguato) conseguenti al bere sono causati da tassi alcolici inferiori, ma già in grado di alterare le capacità di guida: quindi è offensivo parlare di “lievissima negligenza”, riferendosi al comportamento di chi beve prima di guidare.


Un articolo inutile.LA NAZIONE
Pirati della strada Una linea dura non vuol dire vendetta
Cara Nazione... Risponde Luciano Salvatore, caporedattore centrale de La Nazione
CARA NAZIONE,

ho ancora qualche dubbio su quale sia il vero senso della proposta di introduzione nel nostro codice penale il reato di omicidio stradale: se cioè corrisponda più all’interesse pubblico, nel senso di funzionare da deterrente a vantaggio della sicurezza di tutti, oppure al bisogno comprensibile delle famiglie delle vittime di ottenere vendetta attraverso una condanna più severa dei responsabili di incidenti favoriti dal consumo di alcol e droga. Ma scommetto sulla prima ipotesi.
Fausto Cortesi, Follonica
Risponde Luciano Salvatore, caporedattore centrale de La Nazione

NON si può giudicare quel che sta nel cuore di chi ha perso magari un figlio per colpa di ubriachi e drogati, notte e giorno spensieratamente al volante. Ma se quello strazio e quella rabbia diventano ragionamento, si trasformano in forza collettiva e in strumento di prevenzione e riflessione, ecco che allora non riesco a avere molti dubbi su una proposta che parte da un paio di considerazioni tanto reali quanto allucinanti: 1) i pirati della strada sono sempre a caccia di record (nel 2011, in 347 incidenti 418 feriti e 55 morti); 2) quasi nessuno dei pirati riconosciuti colpevoli si trova in carcere (un giovane condannato a tre anni e mezzo perché ha ucciso un bambino in Maremma è entrato in prigione a marzo e fra un mese potrà chiedere di uscire).
La proposta di legge di iniziativa popolare ha obiettivi di buon senso, non di vendetta: pene più severe, arresto in flagranza e ergastolo della patente anziché revoca temporanea. Se sulla spinta delle oltre 30mila firme già raccolte a Firenze si muoverà anche il governo, avrà fatto la cosa giusta.
Luciano Salvatore


LA STAMPA
Lettere al giornale
Troppi assassini a piede libero

Le troppe notizie di questi ultimi giorni a proposito di uccisioni di persone sulle strade e anche sul mare da parte di sconsiderati che guidano auto e/o barche ubriachi o drogati, e continuano indisturbati a circolare liberamente, deve far riflettere i legislatori. Come non è ammissibile che chi uccide continui a girare tranquillamente per le strade, così chi guida in certe condizioni deve essere messo in carcere in modo da dare agli autori dei delitti tutto il tempo di riflettere sulle vite stroncate agli altri.
SILVANA GUIGAS


LA STAMPA
Specchio dei tempi
Un lettore scrive:

«L’incidente anzi la strage provocata dall’ennesimo ubriaco/drogato sulle nostre strade ha coinvolto questa volta vittime straniere. Il console francese ci dice che in Francia il colpevole sarebbe ora in galera. Tra i tanti provvedimenti in discussione per salvare la nostra economia, credo che sia indispensabile inserirne uno per tutelare la nostra incolumità.
«Invito i nostri politici a promulgare leggi che puniscano chi si rende autore di queste stragi. Questo contribuirebbe a rendere più credibile la classe politica italiana agli occhi di noi che votiamo e soprattutto dei nostri partner europei. Noi cittadini italiani siamo solidali con i parenti delle vittime di questa strage ed allo stesso tempo indignati verso una giustizia che non condanna chi, pur consapevole, si rende protagonista di atti così efferati».
MARCO ACTIS PIAZZA


CORRIERE DEL MEZZOGIORNO (Napoli)
Stefania, la lunga agonia in mare

La donna non è morta subito, il decesso per la rottura del fegato
SALERNO — Serena Palermo è morta a causa della rottura del fegato.
L’autopsia, effettuata ieri mattina dal medico legale Giovanni Zotti sul cadavere della trentatreenne salernitana sbalzata fuori dal gommone che, la sera di ferragosto, si è schiantato contro un motoscafo nelle acque di Capo d’Orso, parla chiaro. L’impatto è stato troppo forte e, già al momento della collisione, la donna ha urtato più volte contro il gommone prima di cadere in mare. E restare impigliata con il costume nell’elica che, per fortuna, era ferma. Dall’esame autoptico è emersa una violenta emorragia che non ha dato scampo a Serena. La ragazza si è lasciata lentamente morire a mare prima che i soccorsi, attivati immediatamente, avrebbero potuto trarla in salvo. Il sostituto procuratore di Salerno, Katia Cardillo, che sta indagando sull’incidente, ha liberato la salma e oggi pomeriggio, alle 16.30, si terranno i funerali. È stata sequestrata anche la scatola nera dell’imbarcazione in vetro resina di 12 metri, contro cui si è schiantato il gommone.
L’apparato gps sarà in grado di fornire agli inquirenti maggiori informazioni sulla velocità e sulla rotta della barca di grosse dimensioni. Anche se, dal punto di vista investigativo, il quadro sembra farsi sempre più chiaro e la dinamica dell’incidente mortale appare già più delineata. Nel registro degli indagati è stato iscritto solo il conducente del gommone, Armando Cosentino, 33 anni, che dovrà rispondere di omicidio e naufragio colposo. Sembra che l’uomo viaggiasse a velocità troppo sostenuta e che non fosse sobrio. L’esame alcolimico ha dato risultati tre volte superiori ai livelli consentiti dalla legge. A peggiorare la posizione di Cosentino ci sarebbero inoltre le dichiarazioni rese dalle sette persone che viaggiavano a bordo del motoscafo condotto da Massimiliano Russolillo. L’imbarcazione in vetro resina di 12 metri percorreva le acque di Capo d’Orso, proveniente da Agropoli e diretta a Maiori. Il gommone, invece, partito da Conca de’ Marini, viaggiava in direzione opposta verso Salerno.
Russolillo ha fatto di tutto per evitare la collisione. Ha messo il motore a folle e ha virato verso sinistra — «tutte manovre previste dal regolamento per la prevenzione degli incidenti in mare», afferma il comandante della Capitaneria di Porto di Salerno, Andrea Agostinelli. Ha dato anche l’allarme alla Guardia costiera, tanto che la Procura ha requisito anche la registrazione del messaggio di aiuto. Nonostante ciò, però, non è stato possibile evitare l’impatto. Cosentino non è stato ancora ascoltato. Né dal magistrato, né dalla Guardia costiera.
Né al momento dell’impatto — perché era risultato positivo all’alcool test e quindi non idoneo ad essere sottoposto ad interrogatorio — né ieri.

Angela Cappetta


LA SICILIA
Sarà riproposta anche il prossimo anno l’«Operazione Nasorosso»…
Castellammare. Sarà riproposta anche il prossimo anno l’«Operazione Nasorosso», campagna di sensibilizzazione sul rischio legato all’abuso di alcool, organizzata dall’assessorato Politiche Giovanili, con la Consulta giovanile. La II edizione ha ottenuto buon riscontro tra i giovani, soprattutto quelli che frequentano i locali notturni: i ragazzi della consulta hanno distribuito e continueranno a farlo fino a fine agosto, magliette, brochure, cartoline che invitano a limitare il consumo di alcol ed a sottoporsi all’alcol-test Alla campagna è stato associato il concorso di cocktails analcolici. Buon riscontro anche per i gruppi musicali di giovani locali. Testimonial della II edizione la società sportiva del Castellammare 94. «Lo scopo è quello della prevenzione e ottimo riscontro avuto tra i giovani - spiega l’assessore alle Politiche Giovanili, Angelo Palmeri - dimostra che abbiamo centrato il mezzo: raggiungere i giovani tramite i coetanei della consulta giovanile, nei locali e nelle ore serali».

IL TEMPO (Frosinone)
Anagni
Ordinanza contro il consumo di bevande che scatenano la violenza tra i giovani
Risse e schiamazzi. Il sindaco vieta l’alcol
Ivan Quiselli
ANAGNI Dopo la follia, le botte e l’episodio dell’accoltellamento di qualche giorno, l’amministrazione comunale di Anagni decide per il pugno duro: niente alcolici, superalcolici e bevande da asporto in contenitori di vetro dopo le 22.00 e fino alle 6.00 del giorno successivo durante tutto il periodo delle festività patronali e fino alla fine della stagione estiva.
Ad emanare l’ordinanza, Carlo Noto, sindaco di Anagni, il quale tiene a precisare che, per quanto «impopolare», tale scelta si basa sull’esigenza «di assicurare un ambiente sano e tranquillo anche a chi farà visita ad Anagni in questi giorni di festa». A far rispettare l’ordinanza – assicurano dall’amministrazione – ci saranno gli uomini della Polizia Municipale e i Carabinieri della Compagnia di Anagni agli ordini del capitano Costantino Airoldi: salatissime le sanzioni amministrative per chi non rispetterà i divieti; altrettanto salate saranno le multe inflitte ai gestori dei locali scoperti a contravvenire all’ordinanza.


IL TIRRENO
Maxirissa fuori dal night di Marina
Tre militari infastidiscono una ragazza e scoppia il putiferio con gli amici
GROSSETO.
Chi ha assistito alla rissa ha raccontato ai carabinieri di offese, urla, calci, pugni e schiaffi. Sulla passeggiata di Marina, la nottata di martedì, è finita con tre militari americani feriti e denunciati, un gruppo di italiani in fuga per non essere identificati e una folla di curiosi che i carabinieri hanno cercato di allontanare.
Secondo quello che hanno potuto ricostruire i carabinieri, i tre militari si trovano in Maremma ospiti del quarto Stormo, molto probabilmente per un’esercitazione o un corso. L’altra sera, sapendo della Festa di San Rocco hanno pensato di fare un giro a Marina di Grosseto dov’erano in programma spettacoli di cabaret e alcuni concerti.
Ma per soddisfare la propria voglia di trasgressione come prima meta avrebbero scelto il night club Capriccio.
Poi, forse inappagati dalle ballerine del locale, ed in evidente stato di ebbrezza, si sono diretti nello stabilimento accanto dove era in corso una festa cercando di catturare l’attenzione di una ragazza. Ma i modi bruschi e lo stato di alterazione dei tre americani avrebbe provocato la reazione degli amici di quest’ultima e in pochi secondi, intorno all’una di notte, sul tratto di lungomare antistante il night club Capriccio e lo stabilimento Pineta è scoppiato il finimondo tra cazzotti, calci e inseguimenti.
All’arrivo dei carabinieri gli italiani che hanno partecipato alla colluttazione si erano dileguati mentre i tre militari, di età compresa tra i 25 ed i 30 anni, sono stati portati alla stazione di Marina a bordo di due pattuglie.
A carico dei tre militari, che nonostante le escoriazioni non hanno avuto bisogno delle cure del pronto soccorso, è stata formalizzata oggi una denuncia per rissa. I carabinieri, già da martedì sera, stanno ascoltando i testimoni per risalire all’identità anche delle altre persone coinvolte. Dalle prime indiscrezioni si tratterebbe di un gruppo di ragazzi di una ventina d’anni.
Più di un testimoni avrebbero confermato che ad innescare lo scontro Italia-Usa sarebbe stato l’atteggiamento un po’ troppo insistente di uno dei tre stranieri e che i ragazzi italiani abbiano cercato di far capire prima con le buone e poi con le cattive che non era il caso di infastidire la loro amica.

BLITZ QUOTIDIANO
Guidava ubriaco, gli restituiscono la patente: l’etilometro era senza revisione
TRENTO – Un automobilista, risultato positivo all’alcoltest, ha riottenuto la patente ritirata in quanto l’etilometro non era stato revisionato. Lo ha deciso il giudice di pace di Trento che ha accolto il ricorso presentato dall’automobilista che metteva in dubbio l’affidabilita’ dell’apparecchio.

L’uomo, fermato cinque mesi fa di notte dalla polizia stradale lungo la statale della Valsugana – scrive il quotidiano L’Adige – aveva subito contestato l’ordinanza del Commissariato del governo di Trento con cui gli era stata ritirata la patente per guida in stato di ebbrezza, esprimendo dubbi sull’omologazione e la revisione dell’etilometro con il quale era stato sottoposto all’alcoltest.
Accertata l’effettiva omologazione dell’apparecchio, il giudice ha pero’ rilevato che la pubblica amministrazione non aveva presentato prova dell’avvenuta revisione, che in base all’articolo 379 del regolamento di attuazione del Codice della strada deve essere effettuata al Centro superiore ricerche e prove autoveicoli e dispostivi (Csrpad). Pertanto il giudice non ha ritenuto valida l’ordinanza di sospensione della patente non avendo prove concrete dell’alterazione alcolica dell’automobilista.


MERATEONLINE
Vieste: rissa sul lungomare. Ferito con una mazza un carabiniere.
Tre lecchesi in manette
Si sono concluse in galera le vacanze ‘fuori dalle righe’ di tre lecchesi a Vieste dopo che si sono resi protagonisti di una rissa per futili motivi prendendo poi a colpi di mazza uno dei carabinieri intervenuti. L’episodio, del quale se ne è avuta notizia stamattina, risale alla notte di ieri quando, attorno alle due, sul lungo mare Enrico Mattei, non lontano dall’Hotel Merinium, quattro giovani in evidente stato di ubriachezza hanno cominciato a litigare con veemenza. Qualcuno ha chiamato i carabinieri della Compagnia di Vico del Gargano. Quando sono arrivate le pattuglie, una decina di uomini in tutto, uno dei carabinieri intervenuto per sedare la rissa è stato colpito con alcuni colpi di mazza da baseball. A finire in manette, dopo una mezzora, sono stati il 23enne Vincenzo M., nativo di Lecco ma residente a Monte Marenzo e con precedenti per reati contro la persona ed il patrimonio, il 20enne Luca M., pure nativo di Lecco e residente a Calolziocorte, con precedenti per reati contro il patrimonio (arrestato per un furto di motorino a Lecco nel 2007) e Gianluigi I. 21enne, nato a Crotone e, residente a Lecco, con precedenti per reati contro la fede pubblica, il patrimonio e la persona. Se l’è cavata con una sola denuncia a piede libero un 29enne commerciante incensurato di Vieste. Per tutti le accuse contestate sono di rissa aggravata, lesioni a pubblico ufficiale e porto ingiustificato di armi vietate od oggetti di offesa, nel caso specifico la mazza da baseball. Tutti, carabiniere compreso, sono finiti al pronto Soccorso per lesioni e distorsioni, non gravi. Il militare, appartenente alla Compagnia d’Intervento Operativo di Bari, ha riportato una ferita lacero contusa al volto ed è stato ricoverato con prognosi di una decina di giorni. Nella rissa sono rimasti leggermente contusi anche altri due carabinieri

ANSA
Ubriaco su Porsche contromano, denunciato a Savona

(ANSA) - ALASSIO (SAVONA), 18 AGO - Ubriaco, viaggiava contromano sull’Aurelia a bordo di una Porsche 911 cabrio ma è stato fermato dalla polstrada che l’ha denunciato per essersi rifiutato di sottoporsi all’alcoltest e per guida in stato di ebbrezza. Giovanni Candeloro, 46 anni, noto imprenditore della movida torinese, viaggiava a velocità elevata e contromano quando stamani alcuni automobilisti lo hanno incrociato tra Alassio e Albenga. Gli agenti hanno fermato il piemontese; l’auto è stata posta sotto sequestro.


SALERNONOTIZIE

Afa in arrivo, i consigli per non soffrire il caldo

Quella che ci aspetta da oggi e per almeno i prossimi 5 giorni sarà l’estate che tutti temono, con ondate di caldo afoso. Le temperature si porteranno in quasi tutte le località campane sopra i trenta gradi; nel pomeriggio si toccheranno anche punte di 40 gradi in molte zone dell’interno. 
Sulle coste non si supereranno i 32-33 gradi ma la forte umidità farà percepire temperature anche di 10 gradi superiori a quelle effettive, rendendo il caldo quasi insopportabile. Il ministero della Salute, oltre ad attivare il numero di pubblica utilità 1500, indica dodici regole per affrontare le alte temperature estive:
1. Non uscire di casa nelle ore più calde (dalle 11 alle 18)
2. Bere almeno due litri d’acqua al giorno
3. Consumare pasti leggeri e frazionati durante l’arco della giornata e mangiare frutta e verdura fresche
4. Evitare alcolici e bevande contenenti caffeina (*)
5. Limitare l’attività fisica intensa
5. Indossare indumenti leggeri, non aderenti, di fibre naturali, di colore chiaro e proteggere la testa dal sole diretto con un cappello e gli occhi con occhiali da sole
6. Durante le ore del giorno schermare le finestre esposte al sole diretto mediante tende o oscuranti esterni regolabili
7. Mantenere chiuse le finestre durante il giorno
8. Abbassare la temperatura corporea con bagni e docce, se necessario, evitando di utilizzare acqua troppo fredda
9. rinfrescare gli ambienti con ventilatori o condizionatori, se necessario. Quando si usano climatizzatori, evitare di regolare la temperatura interna a livelli troppo bassi rispetto alla temperatura esterna. La temperatura dell’ambiente domestico per il benessere fisiologico deve essere compresa tra i 24 e i 26°C.
10. Non accendere il forno ed altri elettrodomestici durante l’uso del climatizzatore, per evitare consumi energetici eccessivi
11. Usare tendine parasole in auto.
12. Prestare attenzione alla corretta conservazione domestica dei farmaci
(*) Nota: solita storia.
Quando c’è caldo si invitano le persone a non consumare bevande alcoliche, tra “Calici di Stelle”, Feste del Vino e Feste della Birra, spesso patrocinate da pubbliche amministrazioni, che dovrebbero essere responsabili della salute dei cittadini.
A Mantova è un proliferare di questa manifestazioni in ogni paese.

Intanto il Festival Musicale Analcolico rischia di chiudere per sempre, nel disinteresse generale (con pochissime lodevoli eccezioni).


 IL RESTO DEL CARLINO (Ferrara)
«Mio marito ucciso da un ubriaco Giusto arrestare chi toglie la vita»
LA CITTA’ DI SALERNO
ubriaco travolge fidanzati

ITALIA OGGI
Il Pd litiga sugli omicidi stradali


LA GAZZETTA DI MANTOVA
guidizzolo, ubriaco in bici cade e finisce all’ospedale
L’UNIONE SARDA
San Teodoro "O BEVO O GUIDO": LEZIONI DI SOBRIETÀ ...

 

Cagliari «TROPPA DROGA E GENTE UBRIACA SULLE STRADE» ...


L’ADIGE
Ubriaco, ma salva la patente Alcoltest non revisionato, il giudice toglie la sanzione
Venerdì, 19 Agosto 2011
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