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Corte di Cassazione 02/09/2011

21.000 dosi commerciali di hashish non integrano l'ingente quantità

(Cass. Pen., sez. VI, 12 luglio 2011, n. 27128)

La Corte di Cassazione, con la sentenza che si richiama, conferma quell'orientamento emerso nelle recenti precedenti pronunzie rese in tema di ingente quantità di sostanze stupefacenti.
Dette decisioni hanno, infatti, introdotto espressi limiti quantitativi, oltre i quali, risulta logico e ragionevole ritenere non solo contestabile all'imputato, ma addirittura, perfezionata la circostanza aggravante di cui all'art. 80, comma 2°, dpr 309/90.

La decisione in commento promuove, quindi, pare definitivamente, un orientamento che, pur basandosi su di una fictio juris (latitando, infatti, un parametro normativo certo) ha, comunque, l'indubbio merito di tentare una razionale stabilizzazione dei criteri in base ai quali distinguere fra l'ipotesi ordinaria di detenzione, prevista dall'art. 73, dpr 309/90, e quella aggravata ai sensi del citato co. 2° dell'art. 80.

Nel caso che ci occupa i giudici di legittimità hanno preso le mosse addirittura dalla notissima sentenza delle SS.UU. del 21 giugno 2000 (Primavera), che si propone caposaldo dell'evoluzione interpretativa.

Tale pronunzia, infatti, ebbe a sancire che:

• l'aggettivo “ingente” può venire efficacemente evocato solo in presenza di quantitativi di sostanze stupefacenti che possano essere definiti inusuali ed eccezionali, in relazione alla loro consistenza quantitativa e qualitativa,
• l'eccezionalità delle dimensioni ponderali del compendio, che venga definito “ingente” deve essere rapportata con i quantitativi che, di regola, vengono trattati negli scambi che avvengano nella zona ove si sia verificato il fatto,
• i caratteri sin qui evidenziati, funzionali all'applicazione dell'aggettivo “ingente”, devono esprimersi, dunque, anche in relazione alla capacità del quantitativo di droga di soddisfare la necessità di un numero di tossicodipendenti davvero rilevante, e, comunque, fuori dal contesto ordinario,
• al fine di ritenere minacciata, in materia di stupefacenti, significativamente e gravemente la salute pubblica, si deve tenere in doveroso conto il grado di purezza delle singole dosi, vale a dire il rapporto che si instaura fra principio attivo e quantitativo lordo.

A distanza di 10 anni dalla ricordata sentenza, questi, principi, nella grave ed ingiustificabile assenza di quegli interventi normativi che ogni giorno di più si renderebbero necessari, per avere un minimo di uniformità e certezza del diritto, rimangono assolutamente attuali e risultano progressivamente metabolizzati dalla giurisprudenza di legittimità, come è dimostrato dai richiami che la sentenza opera a pronunzie recenti della Sesta Sezione (n. 20120 Mtumwa).
L'indirizzo interpretativo, che – così – emerge, ripropone, quindi, la fondatezza di quella critica all'indeterminatezza sostanziale della circostanza aggravante portata dal co. 2 dell'art. 80, posto che si avverte, sempre più, la necessità che esistano veri e propri limiti – ancorati saldamente al dato ponderale – che permettano un'applicazione logica e razionale della fattispecie, evitando contrasti interpretativi.
La sentenza, inoltre, risulta rilevante anche perchè contiene un ulteriore principio indubbiamente importante.
Essa sconfessa, infatti, la omologazione fra diverse tipologie di stupefacenti (le cd. droghe leggere e droghe pesanti) operata impropriamente con la novella del 2006.

La Corte , infatti, pone, in proposito, l'accento:

    a) sul differente limite ponderale che viene stabilito, affinchè si ritenga applicabile la circostanza aggravante in parola;

    b) sul riconoscimento esplicito, attraverso i differenti limiti ponderali stabiliti (2 chilogrammi, ad esempio, per cocaina ed eroina e 50 chilogrammi, ad esempio, per hashish e marjiuana) di un diverso livello di offensività penale attribuibile a dette sostanze – maggiore per le prime, minore per le seconde - . Si tratta di una considerazione che certamente può produrre effetti sia in punto di pena, che addirittura in ambito di valutazione di quantitativi di stupefacenti, oggetto di mera condotta detentiva;

    c) sulla diversificazione, in maniera del tutto esplicita, della sostanze stupefacenti in categorie ontologiche tra loro distinte definite espressamente in sentenza “droghe leggere e droghe pesanti” (si pensi al fatto che nel caso di specie 21.000 dosi di hashish non sono state ritenute configuranti l'aggravante in disamina!).

E' chiaro che, come detto, ci troviamo dinanzi ad un'elaborazione di natura giurisprudenziale e, come tale, suscettibile di limiti, dati dalla necessità di colmare storiche lacune normative, elaborando, altresì, soluzioni di principio che si applichino a casi specifici, spesso tra loro difficilmente omologabili.

Ciò non di meno, ritiene chi scrive che la strada intrapresa anche per il tramite delle sentenze (Sez. IV) 27 giugno 2011, n. 25669 ed 8 marzo 2011, n. 9029, conformi alle statuizioni contenute in quest'ultima pronunzia, sia meritevole di grande attenzione e vada certamente incoraggiata perchè offre – quanto meno – un canone ermeneutico munito del carattere della determinatezza.

(Nota di Carlo Alberto Zaina)

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE VI PENALE
Sezione 12 luglio 2011, n. 27128
Fatto e diritto

1.-. (…) ricorre per cassazione avverso la sentenza indicata in epigrafe, con la quale, in data 3-6-2010, la Corte di Appello di Bologna, sezione III penale, in parziale riforma della condanna pronunciata nei suoi confronti in primo grado per il reato di cui agli artt. 73 e 80 DPR_309_1990, ha ridotto la pena a lui inflitta a anni quattro e mesi sei di reclusione ed euro ventimila di multa, confermando nel resto.

Il ricorrente deduce violazione di legge e vizio di motivazione nella parte in cui la Corte di Appello ha confermato la sussistenza nel caso di specie della aggravante di cui all’art. 80, comma secondo, DPR 309/90.

A suo avviso, avendo gli accertamenti tecnici effettuati appurato che in riferimento alla sostanza stupefacente sequestrata (Kg. 7 di hashish) il complessivo quantitativo di principio attivo era pari a grammi 534,82, nel caso in esame non sarebbe ravvisabile la suindicata aggravante, non potendosi tale quantitativo qualificare come “ingente”, anche in considerazione della qualità della droga in questione.

Con un secondo motivo di ricorso si denuncia, in ogni caso, la eccessività della pena inflitta in rapporto ai fatti di causa.

2.-.Il primo motivo di ricorso è fondato.

La sentenza impugnata, una volta premessa la impossibilità di procedere ad una distinzione tra droghe pesanti e droghe leggere alla luce della unificazione operata dalla recente novella legislativa, si è limitata a rilevare che il quantitativo di hashish sequestrato consentiva la preparazione di oltre 21.000 dosi commerciali, sicché era idoneo ad agevolare il consumo di un considerevole numero di tossicodipendenti.

Ora, per il concetto di “ingente quantità” di cui all’art. 80, comma 2, T.U. stup., va considerato che la sentenza delle Sezioni Unite n. 17 del 21 giugno 2000, Primavera, ha posto il principio di diritto per cui, tenuto conto del pericolo per la salute pubblica che informa le disposizioni incriminatrici in materia di sostanze stupefacenti, può definirsi “ingente” la “quantità di sostanza tossica (che) superi notevolmente, con accento di eccezionalità, la quantità usualmente trattata in transazioni del genere nell’ambito territoriale nel quale il giudice di fatto opera”, così da “creare condizioni di agevolazione del consumo nei riguardi di un rilevante numero di tossicofili” e conseguentemente “un incremento del pericolo per la salute pubblica”, dovendo la relativa valutazione, costituente un apprezzamento di fatto, essere necessariamente rimessa al giudice del merito, il quale “è in grado di formarsi una esperienza fondata sul dato reale presente nella comunità nella quale vive”. Peraltro, ai fini di un’applicazione giurisprudenziale che non presti il fianco a critiche di opinabilità di valutazioni, la giurisprudenza della Corte di Cassazione ha successivamente osservato che in proposito va dato rilievo primario ai valore ponderale, considerato in relazione alla qualità della sostanza e specificato in ragione del grado di purezza, quindi, delle dosi singole aventi effetti stupefacenti, stabilendosi se esso possa dirsi di “eccezionale” dimensione rispetto alle usuali transazioni del mercato clandestino. Tale carattere è certamente suscettibile di essere di volta in volta confrontato dal giudice di merito con la corrente realtà del mercato, ma, stando a dati di comune esperienza, apprezzabili a maggior ragione dalla Corte di cassazione, sede privilegiata in quanto terminale di confluenza di una rappresentazione casistica generale, deve ritenersi che non possono di regola definirsi “ingenti” quantitativi di droghe “pesanti” (in particolare, tra le più diffuse, eroina e cocaina) che, presentando un valore medio di purezza per il tipo di sostanza, siano al di sotto dei due chilogrammi; e quantitativi di droghe “leggere” (in particolare hashish e marijuana) che, sempre in considerazione di una percentuale media di principio attivo non superino i cinquanta chilogrammi (v., tra le altre, Sez. 6, n. 20120, 2 marzo 2010, Mtumwa, Rv. 247375; Id., n. 42027, 4 novembre 2010, Irnmorlano, Rv. 248740).

Nel caso di specie gli accertamenti tecnici effettuati hanno appurato che in riferimento alla sostanza stupefacente sequestrata (Kg. 7 di hashish) il complessivo quantitativo di principio attivo era pari a grammi 534,82.

3.-. Per le considerazioni sopra svolte si impongono l’annullamento della sentenza impugnata limitatamente alla aggravante dell’ingente quantità, che va esclusa, ed il conseguente rinvio per nuova determinazione della pena ad altra Sezione della corte di Appello di Bologna.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla aggravante dell’ingente quantità, che esclude, e rinvia per nuova determinazione della pena ad altra Sezione della corte di Appello di Bologna.

Depositata in Cancelleria il 12.07.2011.

da Altalex

Venerdì, 02 Settembre 2011
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