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Corte di Cassazione 09/09/2011

Circolazione stradale - autovelox - contestazione immediata

(Cass. Civ., del 15 giugno 2011, n. 13133)

Circolazione stradale - autovelox - contestazione immediata
Ordinanza Corte di Cassazione 15/6/2011 n. 13133

 


FATTO E DIRITTO

 

Ritenuto che il Comune di Riace ha impugnato per cassazione la sentenza n. 387, depositata in data 17 settembre 2008, con la quale il Tribunale di Locri - Sezione staccata di Siderno ha rigettato l’appello da esso Comune proposto avverso la sentenza del Giudice di pace di Stilo depositata in data 14 dicembre 2006, che aveva accolto l’opposizione proposta, ex art. 22 della legge_689_81, da codice_della_strada avverso il verbale di accertamento e contestazione, da parte della Polizia municipale di RIACE, della violazione dell’art. 142, comma 8, del codice della strada, verificatasi in data 7 dicembre 2005;

che, a fondamento della opposizione, l’opponente aveva eccepito l’illegittimità del verbale per mancata contestazione immediata della violazione, la mancata dimostrazione della corretta funzionalità del dispositivo elettronico, l’inidoneità tecnica della strumentazione di accertamento della velocità sia per mancanza di una corretta omologazione, sia per mancata taratura, la nullità o l’inesistenza del verbale per irregolarità varie;

che il Tribunale, dopo aver rilevato che, nel caso di specie, la violazione del limite di velocità era stata accertata a mezzo velomatic 512 e che non vi era stata contestazione immediata, ha rigettato l’appello del Comune rilevando che il quadro normativo conseguente alla entrata in vigore del decreto_legge_121_2002, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 168 del 2002, esclude la sussistenza di un’arbitraria facoltà per l’amministrazione di precostituirsi un’ipotesi di deroga al principio di contestazione immediata della violazione, che costituisce ora la regola della contestazione, essendo al contrario predeterminati sia i casi che le sedi stradali interessate dall’utilizzazione degli strumenti elettronici di rilevazione della velocità;

che, nella specie, la violazione era stata accertata in un tratto di strada non ricompresa dal Prefetto tra le strade extraurbane            secondarie in cui è stata accertata l’esistenza di obiettive circostanze che legittimano l’impiego di apparecchiature a distanza;

che il Tribunale ha precisato altresì di non condividere quanto affermato da Cass. n. 376 del 2008, secondo cui il disposto del comma 1 dell’art. 4 del d.l. n. 121 del 2002, convertito, con modificazioni, nella legge n. 168 del 2002, integrato con la previsione del comma 2 dello stesso art. 4, “evidenzia come il legislatore abbia inteso regolare l’utilizzazione dei dispositivi o mezzi tecnici de quibus, tra l’altro, anche in funzione del comma 4, con il quale si esclude tout court l’obbligo della contestazione immediata; la norma non pone, pertanto, un’esclusione generalizzata delle apparecchiature elettroniche di rilevamento al di fuori delle strade prese in considerazione, ma lascia, per contro, in vigore, relativamente alle strade diverse da esse, le disposizioni che consentono tale utilizzazione ma con l’obblig o della contestazione immediata, salve le eccezioni espressamente previste dall’art. 201, comma 1 bis, cod. strada”;

che, in proposito, il Tribunale ha osservato che tale interpretazione avrebbe l’effetto di rimettere al mero arbitrio della P.A. la possibilità di omettere la contestazione immediata e che, quindi, la mera indicazione, nel verbale di contestazione, delle ragioni di cui all’art. 201, comma 1-bis, lettera e), del codice della strada, non fosse più sufficiente a giustificare la deroga all’obbligo di contestazione immediata;

che il Tribunale ha ritenuto, inoltre, che, a fronte di una specifica contestazione in tal senso, il Comune non avesse fornito la            prova né del fatto che all’inizio del centro abitato del Comune stesso esisteva, nei due sensi di marcia, il segnale contenente l’indicazione della rilevazione della velocità a mezzo apparecchiatura elettronica; né di quale fosse la direzione di marcia del veicolo al momento della rilevazione, sicché doveva ritenersi che l’installazione dell’autovelox sulla via Nazionale S.S. 106 non fosse rispettosa delle prescrizioni di cui all’art. 4, commi 1 e 2, del d.l. n. 121 del 2002;

che il Comune di RIACE propone due motivi di ricorso;

che, con il primo, deduce violazione e falsa applicazione del d.l. n. 121 del 2002, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 168 del 2002, degli artt. 142, 200 e 201 del codice della strada, e dell’art. 384 del relativo regolamento di esecuzione, nonché vizio di motivazione, formulando i seguenti quesiti di diritto, ai sensi dell’art. 366 bis cod. proc. civ.:

“a) Vige nel nostro ordinamento giuridico un’esclusione generalizzata dell’utilizzazione delle apparecchiature elettroniche di rilevamento della velocità al di fuori delle autostrade e delle strade extraurbane principale di cui all’art. 2, lett. A e B del dlgs. n. 285/1992?

b) È da considerarsi legittima, ai sensi dell’art. 4 d.l. n. 121/2002, convertito in legge n. 168/2002, l’utilizzazione delle apparecchiature di rilevamento della velocità da parte del Comune di Riace sulla Via Nazionale SS 106, con contestazione differita in virtù delle eccezioni previste dall’art. 201 C.d.S. comma 1 bis?

c) È ammissibile la contestazione differita dell’infrazione relativa al superamento dei limiti di velocità qualora nel verbale di contestazione siano contenuti i richiami all’art. 201 comma 1 bis lett. e C.d.S. e all’art. 384 comma 1 lett. e) del reg.to n. 495/1992 circa l’impossibilità della contestazione immediata, sul presupposto che la strumentazione elettronica utilizzata consente la rilevazione dell’illecito solo in tempo successivo poiché il veicolo oggetto di rilievo è a distanza dal posto di accertamento ed impossibilitato ad essere fermato in tempo utile?

d) È consentito al giudice dell’opposizione il sindacato, in sede giudiziaria, sulla possibilità concreta di contestazione immediata della violazione e sulle scelte organizzative dell’amministrazione?”;

che, con il secondo motivo, il Comune lamenta violazione degli artt. 112, 345 cod. proc. civ. e 2697 cod. civ., nonché contraddittorietà della motivazione, quanto all’affermazione del Tribunale secondo cui il Comune non avrebbe fornito prova            dell’avvenuta informazione agli automobilisti;

che, in particolare, il Comune rileva che detta questione non era stata dedotta dall’opponente con l’atto introdut-tivo del giudizio, né la medesima aveva proposto sul punto appello incidentale;

che, a conclusione del motivo, il Comune formula i seguenti quesiti di diritto, ai sensi dell’art. 366-bls cod. proc. civ.:

“a) Nel caso in cui nell’atto introduttivo del giudizio di primo grado non sia stata formulata espressa domanda di annullamento del verbale di accertamento e di contestazione, sotto il profilo della mancanza di idonea informazione agli automobilisti sull’utilizzazione o installazione, sul tratto di strada in questione, di dispositivi o mezzi tecnici di controllo del traffico, è consentito al giudice dell’appello porre a fondamento della propria pronuncia tale pretesa mancanza?

b) Nel caso in cui nell’atto introduttivo del giudizio di primo grado non sia stata formulata espressa domanda di annullamento del verbale di accertamento e di contestazione, sotto il profilo della mancanza di idonea informazione agli automobilisti sull’utilizzazione o installazione, sul tratto di strada in questione, di dispositivi o mezzi tecnici di controllo del traffico poteva il giudice dell’appello decidere sul punto o avrebbe dovuto dichiarare inammissibile l’appello incidentale proposto in quanto costituente nuova domanda?

c) Nel caso in cui la parte non abbia provato, né chiesto di provare una circostanza posta a base del ricorso di prime cure, indispensabile ai fini della decisione su un a-spetto determinante della controversia, è consentito al Giudice di porre a fondamento della propria pronuncia una circostanza non provata, facendo così venire meno il principio dell’onere della prova statuito dall’art. 2 697 c.c.?”;

che l’intimata non ha svolto attività difensiva;

che, essendosi ravvisate le condizioni per la trattazione del ricorso con il rito camerale, è stata redatta relazione ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., che è stata comunicata alle parti e al pubblico ministero.

Considerato che il relatore designato ha formulato la seguente proposta di decisione:

“(…) Il primo motivo appare manifestamente fondato, alla luce della giurisprudenza di legittimità, la quale ha reiteratamente affermato che il disposto del comma 1 dell’art. 4 del d.l. n. 121 del 2002, convertito, con modificazioni, nella legge n. 168 del 2002, integrato con la previsione del comma 2 dello stesso art. 4 - che indica, per le strade extraurbane secondarie e per le strade urbane di scorrimento, i criteri di individuazione delle situazioni nelle quali il fermo del veicolo, al fine della contestazione immediata, può costituire motivo d’intralcio per la circolazione o di pericolo per le persone, situazioni ritenute sussistenti a priori per le autostrade e per le strade extraurbane principali - evidenzia come il legislatore abbia inteso regolare l’utilizzazione dei dispositivi o mezzi tecnici di controllo del traffico finalizzati al rilevamento a distanza delle violazioni delle norme di comportamento di cui agli artt. 142 e 148 cod. strada (limiti di velocità e sorpasso), tra l’altro, anche in funzione del comma 4 del medesimo art. 4, con il quale si esclude tout court l’obbligo della contestazione immediata. Ne consegue che la norma del predetto art. 4 non pone una generalizzata esclusione delle apparecchiature elettroniche di rilevamento al di fuori delle strade prese in considerazione, ma lascia, per contro, in vigore, relativamente alle strade diverse da esse, le disposizioni che consentono tale utilizzazione ma con l’obbligo della contestazione immediata, salve le eccezioni espressamente previste dall’art. 201, comma 1-bis, cod. strada (Cass., n. 376 del 2008; Cass., n. 1889 del 2008; Cass., n. 2243 del 2008). Il convincimento del Tribunale, che pure ha dato conto dell’orientamento affermato da Cass. n. 376 del 2008, non a ppare convincente, anche perché a suo sostegno nella sentenza impugnata viene presa in considerazione la disciplina amministrativa relativa all’accertamento di infrazioni a mezzo apparecchiature elettroniche in funzione automatica, laddove nel caso di specie, così come in quelli esaminati dalle citate sentenze, l’apparecchiatura era utilizzata direttamente dagli agenti accertatori, e solo la contestazione era avvenuta in modo differito per le ragioni indicate nel verbale e puntualmente riportate nella sentenza impugnata. Anche il secondo motivo appare manifestamente fondato. La sentenza impugnata, invero, riferisce che in sede di opposizione dinnanzi al Giudice di pace di Stilo l’opponente dedusse l’illegittimità per mancata contestazione immediata della violazione, la mancata dimostrazione della corretta funzionalità del dispositivo elettronico, l’inidoneità tecnica della strumentazione di ac certamento della velocità sia per mancanza di una corretta omologazione, sia per mancata taratura, la nullità o l’inesistenza del verbale per irregolarità varie, tra le quali non era compresa la questione relativa alla mancata segnalazione della installazione dell’autovelox.

Ne consegue che, trovando applicazione nel giudizio di opposizione a sanzione amministrativa, il principio secondo cui il giudizio di accertamento della pretesa sanzionatoria dell’amministrazione, introdotto con ricorso in opposizione, ai sensi dell’art.22 legge 24 novembre 1981 n.689, è delimitato per l’opponente dalla causa petendi fatta valere con quel ricorso e per l’amministrazione dal divieto di dedurre motivi o circostanze diverse da quelli enunciati con l’ingiunzione, a fondamento della pretesa sanzionatoria (Cass., n. 17625 del 2007), il Tribunale non avrebbe potuto esaminare, senza incorrere nella denunciata violazione di legge, la questione della illegittimità del verbale opposto per omessa segnalazione della installazione dell’apparecchiatura elettronica.

Sussistono pertanto le condizioni per la trattazione del ricorso in camera di consiglio”;

che il Collegio condivide tale proposta, alla quale non sono state rivolte critiche di sorta;

che, quindi, il ricorso deve essere accolto, con conseguente cassazione della sentenza impugnata;

che, non apparendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa, ai sensi dell’art. 384 cod. proc. civ., può essere decisa nel merito, con il rigetto dell’opposizione proposta da C.S.;

che quest’ultima, in applicazione del principio della soccombenza, deve essere condannata al pagamento, in favore del Comune, delle spese dell’intero giudizio, liquidate come da dispositivo.

 

P.Q.M.

 

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’opposizione proposta da C.S.; condanna quest’ultima al pagamento delle spese dell’intero giudizio che liquida, quanto al giudizio di primo grado, in Euro 450,00, di cui Euro 50,00 per spese, Euro 150,00 per diritti, ed Euro 250,00 per onorari; per il giudizio di appello, in Euro 550,00, di cui Euro 50,00 per spese, Euro 100,00 per diritti ed Euro 400,00 per onorari di avvocato; per il giudizio di legittimità, in Euro 600,00, di cui Euro 400,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge per tutti i gradi del giudizio.

 

da Polnews

Venerdì, 09 Settembre 2011
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