Consiglio di Stato
Aree destinate a parcheggio pubblico - contestuale previsione di un indennizzo
(omissis)
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 11475 del 2004, proposto dalle: sig.re Premoli Camilla, Nardini Valeria e Nardini Marina, rappresentate e difese dagli avv. Luigi Manzi, Massimo Pavan ed Alba Riccardo, con domicilio eletto presso il primo di detti difensori, in Roma, via Federico Confalonieri, n. 5; contro il Comune di Cavaso del Tomba, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. Luigi Ronfini e Mario Ettore Verino, con domicilio eletto presso il secondo di detti difensori, in Roma, via Lima, n. 15; la Regione Veneto, non costituita in giudizio; la Provincia di Treviso, non costituita in giudizio; per la riforma della sentenza del T.A.R. Veneto - SEZIONE I^ - n. 2266 del 2004, resa tra le parti, concernente variante al PRG ed esproprio in attuazione del vincolo di destinazione dell’area a parcheggio pubblico; Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Cavaso sul Tomba; Viste le memorie difensive presentate dalle parti; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 giugno 2011 il Cons. Guido Romano e uditi per le parti gli avvocati Andrea Reggio d'Aci, su delega dell'avv. Luigi Manzi, e Mario Ettore Verino; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. - Le appellanti, nella loro qualità di comproprietarie di “Villa Premoli” in Cavaso del Tomba, con il relativo parco ed il terreno di rispetto antistante delimitato da un antico muretto in ciottoli e pietrame, hanno contestato in primo grado la determinazione del Consiglio Comunale di Cavaso del Tomba n. 63 del 22 dicembre 1999 di realizzare un parcheggio pubblico di mq. 2700 sui propri mappali n. 314 e n. 454, facenti parte di tale compendio immobiliare, ed in particolare:
- la variante al P.R.G., approvata ai sensi e per gli effetti dell’art. 1 della legge n. 1 del 1978, con la quale detta opera pubblica è stata dichiarata di pubblica utilità, indifferibile ed urgente, con fissazione dei termini;
- la delibera della Regione Veneto n. 2645 del 2000 che tale variante ha approvato.
Per l’annullamento di entrambe dette delibere articolavano in primo grado i seguenti quattro motivi di impugnazione:
i)- violazione dell'art. 2 L. 19.8.1968 n. 1187 perché il vincolo espropriativo decaduto sarebbe stato reiterato senza previsione di indennizzo, né indicazione di valide ragioni che rendessero necessaria tale reiterazione, né dandosi carico di altre soluzioni pure prospettate;
ii)- violazione dell'art. 14 della legge 11/2/1994, n. 109, come modificato dalla legge 18/11/1998, n. 415, ed eccesso di potere per difetto di presupposto perché l’opera pubblica non sarebbe stata inserita nella programmazione prevista dalla citata legge e, quindi difetterebbe il presupposto giuridico necessario per la corretta previsione e realizzazione dell’opera stessa;
iii)- violazione dell'art. 2, comma 5, della legge n. 1 del 1978 perché il Consiglio Comunale sarebbe incompetente all’approvazione del progetto definitivo dell’opera, spettando il potere alla Giunta Comunale; iv)- violazione dell'art. 13 della legge n. 2359 del 1865 perché i termini previsti da tale legge sarebbero, in realtà, fittizi ed incerti. Con un secondo ricorso proposto innanzi al medesimo TAR le ricorrenti impugnavano anche il decreto di espropriazione dell’area adottato dal dirigente del settore lavori pubblici della Provincia di Treviso n. 41 del 2003 deducendo eccesso di potere per difetto di presupposto e per illegittimità derivata.
2. - Con la sentenza impugnata il Giudice territoriale, previa riunione per connessione di entrambi detti ricorsi, li ha respinti con motivazione che può essere così riassunta: - è infondato il primo motivo perché il principio affermato dalla decisione della Corte Costituzionale citata dai ricorrenti si riferisce alle ipotesi di reiterazione soltanto formale del vincolo preordinato all’esproprio, mentre nella specie si accompagna al vincolo reiterato una previsione certa di attuazione dell’opera progettata, che è resa palese dall’approvazione di specifici progetti (preliminare e definitivo) corredati dalla contestuale dichiarazione della pubblica utilità ed indifferibilità delle opere e fissazione dei termini per le procedure ablatorie; perché, in caso di approvazione di opera pubblica, ex art. 1 comma 5^ della legge n. 1 del 1978, è l’approvazione del progetto e la sua immediata realizzazione che rendono necessaria l’apposizione del vincolo, al punto che la motivazione del vincolo & egrave; in re ipsa, ossia nella volontà concreta di realizzare l’opera e non in quella generica di reiterare per un ulteriore quinquennio un vincolo scaduto; perché, nella specie, vi è anche la spiegazione concreta della necessità di costruire un parcheggio nella frazione di Caniezza, ove si trovano le aree espropriate delle ricorrenti, svolgendosi in quest’ultima il mercato settimanale e le manifestazioni locali; perché, a ben vedere, nessuna concreta soluzione alternativa per una diversa localizzazione del parcheggio è stata mai proposta neppure dalle ricorrenti per cui il relativo profilo di censura è inammissibile per genericità; - è infondato anche il secondo motivo essendo noto che l’art. 14 della invocata legge Merloni si applica a decorrere dalla data di entrata in vigore del regolamento di cui al comma 2 dello stesso articolo e quindi dal 28 luglio 2000,ossia da epoca posteriore all’adozione della delibera impugnata, che risale al 22 dicembre 1999; - il terzo motivo é improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse alla sua decisione, essendo stata deliberata dalla Giunta Comunale la convalida della parte della delibera consiliare impugnata che aveva anche approvato il progetto definitivo, pur non avendone la competenza; - infondato è, infine, il quarto ed ultimo motivo perché, essendo divenuta esecutiva la delibera impugnata ai sensi del 2^ comma dell’art. 47 della legge n. 142/1990, come risulta dalla certificazione apposta dal segretario comunale, il termine finale, al pari di quello iniziale era certo e non incerto, come peraltro evincibile anche dal proemio del successivo decreto di esproprio - il primo ricorso va, quindi, respinto e con esso anche il secondo perché ripropone in via derivata tutte le censure enunciate nel primo.
3. – Con l’appello in epigrafe le sigg.re Camilla Premoli, Valeria Nardini e Marina Nardini hanno chiesto la riforma delle predetta sentenza per i seguenti motivi di impugnazione:
1)- il Giudicante di prime cure avrebbe mal interpretato, sia la invocata norma dell’art. 2 della legge n. 1187 del 1968, sia la sentenza della Corte Costituzionale n. 179 del 1999 perché il diritto all’indennizzo avrebbe a presupposto non “…la serietà o meno del proposito di reiterare il vincolo, bensì il tempo dilatato di soggezione della proprietà privata…” e sarebbe “…finalizzato non a punire l’Ente per un ritardo colpevole, bensì a ristorare il privato per la persistenza della soggezione oltre il periodo massimo previsto dalla legge…” (cinque anni) che, nella specie, si sarebbe protratto per altre due volte; conseguentemente il TAR avrebbe dovuto riconoscere il diritto dei ricorrenti all’indennizzo dal momento della “…adozione degli atti che facevano iniziare i l terzo periodo (22/12/1999)…” di vincolo preordinato all’esproprio di loro particelle.
2)- lo stesso Giudicante avrebbe fatto “…dire agli atti più di quello che effettivamente dicono…” perché le esigenze rappresentate sarebbero soltanto della frazione di Caniezza (una delle otto) e non anche dell’intero Comune ed avrebbe erroneamente ritenuto assolto il dovere di motivazione, pur non essendo stata allegata alcuna giustificazione sul perché si fosse giunti alla terza reiterazione del vincolo “…per un opera che per 12 anni non si è ritenuto necessario compiere…”; pur essendo soltanto una esigenza pubblica molto limitata quella indicata (parcheggio a servizio del mercato settimanale) a sostegno della reiterazione del vincolo contestato, peraltro anche sproporzionata visto che successive previsioni di parcheggio sono state stralciate (Piano Particolareggiato ex Bonotti), destinando le relativ e aree a zona residenziale; pur non essendo state minimamente prese in considerazione, neppure sotto il profilo delle caratteristiche, “…la straordinaria bellezza del sito per la singolare compresenza di due ville venete quasi appaiate ed accomunate da un unico scenografico belvedere, digradante verso la valle, e costituente il brolo del complesso architettonico…”, confermata dalla prossima conclusione del procedimento di apposizione del vincolo ex lege n. 1039 del 1939 dalla Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio del Veneto su tutto il brolo anzidetto; pur essendo state indicate soluzioni alternative che non sono generiche e quindi andavano valutate;
3)- il Tar avrebbe erroneamente ritenuto fissati con certezza sia i termini per il compimento delle espropriazioni sia quelli per il compimento dei lavori sulla base di argomentazioni certamente non condivisibili, quanto al promo tipo di detti termini, non essendo pacifico che la delibera di variante al PRG non sia assoggettata a controllo del Co.Re.Co. ed, inoltre, avrebbe omesso ogni valutazione delle deduzioni svolte dalle ricorrenti con riferimento al secondi tipo di termini.
4. - Il Comune di Cavaso del Tomba si è costituito nel presente grado di giudizio e con controricorso e successiva memoria depositata in previsione della discussione dell’appello ha argomentato in ordine all’infondatezza di detto gravame del quale ha chiesto il rigetto, con conseguente conferma della sentenza del primo Giudice.
5. - Con memoria, anch’essa presentata in previsione della discussione dell’appello, le appellanti hanno ulteriormente illustrato le proprie tesi alla luce della relazione tecnico-urbanistica depositata in atti di causa il 17 maggio 2011.
6. - All’udienza pubblica del 7 giugno 2011 l’appello è stato introitato in decisione.
7. - La sentenza del primo Giudice merita di essere confermata per le seguenti considerazioni. 7.1 - Può prescindersi dall’ esame dell’eccezione sollevata dal resistente Comune di inammissibilità dell’appello, laddove proposto dalle sig.re Valeria e Marina Nardini, essendo comunque infondate nel merito le tesi proposte con tale mezzo.
7.2 - Nel merito, osserva preliminarmente il Collegio che costituisce avviso costante della Sezione che la destinazione a parcheggio impressa dallo strumento urbanistico a determinate aree, non comportando automaticamente l’ablazione dei suoli ed, anzi, ammettendo la realizzazione anche da parte di privati, in regime di economia di mercato, delle relative attrezzature destinate all’uso pubblico, costituisca vincolo conformativo, e non anche espropriativo, della privata proprietà per cui la relativa imposizione non necessita della contestuale previsione di un indennizzo, né di una puntuale motivazione sulle ragioni poste a base della eventuale reiterazione della previsione (cfr. ad es. n. 5059 del 1° ottobre 2007). Orbene, da tale avviso, che esclude dai vincoli indennizzabili quello sopra descritto, il Collegio non ha motivo di discostarsi, anche tenuto conto che esso trova conforto nella nota pronunzia del Giudice delle Leggi n. 179 del 20 maggio 1999 che ha sancito il principio sottostante a tale affermazione e cioè che non sono annoverabili tra i vincoli neppure soltanto “sostanzialmente espropriativi” quelli derivanti da destinazioni urbanistiche realizzabili anche attraverso l’iniziativa privata in regime di economia di mercato. Consegue l’infondatezza della tesi di parte appellante che il vincolo reiterato con l’impugnata delibera consiliare n. 63 del 22 dicembre 1999 (di approvazione dei progetti preliminare e definitivo dei lavori di costruzione del parcheggio in questione) costituisca un vincolo espropriativo e di tutte le deduzioni svolte con il primo motivo di appello. Inoltre, osserva il Collegio, che neppure sotto il profilo della motivazione può dubitarsi della correttezza della reiterazione del vincolo in questione poiché esso si fonda su concreti atti (approvazione dei progetti citati) che mostrano non soltanto la serietà dell’intento dell’Amministrazione, ma anche la precisa e concreta volontà di quest’ultima di realizzare, come poi ha fatto, l’opera pubblica programmata. Come ben ha precisato il primo Giudice, non si tratta nel caso in esame di opera astrattamente prevista in sede di approvazione di un’ordinaria variante urbanistica, cui si correli un vincolo da attuarsi in futuro, bensì dell’approvazione di concreto progetto (preliminare e definitivo) concernente specifica opera pubblica ed accompagnato da contestuale dichiarazione della pubblica utilità delle opere ed indifferibilità ed urgenza delle stesse, nonché fissazione dei termini per le procedure ablatorie, che, essendo stata disposta con il procedimento dell’art. 1 della legge n. 1 del 1978, rende palese sia la necessità di apposizione del vincolo sia la motivazione dello stesso, da ricercarsi quest’ultima nella volontà concreta dell’Ente di realizzare immediatamente l’opera pubblica e non anche in quella generica di reiterare soltanto formalmente una destinazione urbanistica vincolante, già scaduta, per un ulteriore quinquennio. Quanto, poi, al profilo specifico del preteso difetto di motivazione delle reiterazione, giova ulteriormente precisare che sono infondate anche le doglianze relative all’asserita assenza negli atti impugnati di una dimostrazione esauriente della persistenza di una pubblica utilità dell’opera correlata al vincolo in questione ed all’omessa valutazione di altre soluzioni più valide, come quelle prospettate in sede di discussione consiliare della delibera e non considerate. Al riguardo, ben possono trovare conferma le osservazioni formulate dal Giudice territoriale che appaiono del tutto corrette sia laddove segnalano la sufficienza della motivazione contenuta nella delibera impugnata, siccome collegata ad esigenze individuate con riferimento allo svolgimento nella frazione comunale in questione (Caniezza) del mercato settimanale e delle manifestazioni locali, sia laddove rilevano che nessuno degli intervenuti alla discussione consiliare della delibera impugnata ha, a ben vedere, formulato una concreta e specifica proposta alternativa a quella deliberata, essendo generiche quelle formulate, così come quella prospettata dalle stesse attuali appellanti. Tutto ciò in disparte i profili di inammissibilità di tutte quelle deduzioni che, riguardando la localizzazione dell’opera pubblica, impingono concretamente nel merito di scelte riservate all’Amministrazione le quante volte, come nella specie, non appaia irrazionale o svincolata dai presupposti di fatto esistenti la scelta conclusivamente operata dall’Amministrazione stessa. Né possono avere alcuna influenza nell’economia del presente giudizio i profili relativi alle precedenti determinazioni di reiterazione del vincolo ed al procedimento di imposizione di quest’ultimo anche su tutto “il brolo”, che la competente Soprintendenza avrebbe attivato e si appresterebbe a concludere (cfr. pag 9, cpv 2 e 3, dell’appello), in quanto il primo di detti profili concerne atti ormai intangibili ed il secondo, come ammettono le stesse appellanti, in ogni caso, concerne “…provvedimenti impositivi del vincolo architettonico successivi ai provvedimenti impugnati” che, in quanto temporalmente tali, sono privi di ogni giuridico effetto nella fattispecie in esame. In sintesi, nessuna delle critiche sollevate con il secondo motivo di appello può essere condivisa, né, tanto meno, le considerazioni svolte nella relazione tecnica di parte, datata 12 febbraio 2007, che è, peraltro, resistita anche sul iano documentale dalle opposte allegazioni versate in atti di causa dalla civica difesa circa l’utilizzazione del parcheggio e, quindi, la piena rispondenza a pubbliche esigenze del contestato parcheggio. Infine, vanno disattese anche le critiche mosse con il terzo ed ultimo dei motivi di impugnazione, con il quale sostanzialmente viene reiterato il quarto ed ultimo motivo del ricorso di primo grado, in quanto la motivazione di rigetto allegata in proposito dal primo Giudice, diversamente da quanto ritenuto dalle appellanti, non è né carente, perché risponde a tutte le doglianze sollevate, né è errata, in quanto evidenzia ragioni sufficienti ad escludere che, nella specie, siano stati “…in realtà posti termini fittizi ed incerti…” e, quindi, a far ritenere, invece, rispettata dal Comune la denunziata norma dell’art. 13 delle legge n. 2359 del 1865.
7.3 - In conclusione, tutti i motivi di impugnazione della sentenza in epigrafe sono infondati per cui l’esaminato appello merita di essere rigettato.
8. - Quanto alle spese del presente grado di giudizio, l’onere relativo, nella misura indicata in dispositivo, va posto in capo alle appellanti soccombenti in applicazione dei principi ritraibili dall’art. 26 del c.p.a.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull'appello n. 11475 del 2004, come in epigrafe proposto, lo respinge. Condanna le appellanti soccombenti, in solido, al pagamento delle spese del presente grado di giudizio che liquida, in favore del Comune di Cavaso del Tomba, in euro 3000,00 (euro tremila/00), oltre competenze di legge. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
(omissis)
da Polnews