Quella
del casco è una lunga storia. Con la legge 3 del 1986 si introduceva
per la prima volta in Italia l’obbligo di uso del casco: fino ad allora
era considerato un opzional per la stagione invernale, uno status symbol
per i centauri ed un obbligo stabilito per regolamento per le forze
di polizia (come un qualsiasi altro articoli di abbigliamento). Quanti
problemi quando si scoprì che i caschi in uso alle forze di polizia
non erano omologati. Altri problemi quando con un provvedimento d’urgenza
si "regolarizzarono" (solo sulla carta) quelli in uso alle
forze di polizia dello stato, ma non quelli in uso alle polizie locali!
La legge 7 dicembre 1999, n. 472 prevedeva poi l’obbligo di uso del
caso anche per i maggiorenni conducenti di ciclomotori fino ad allora
restati esenti da tale obbligo o (come ritiene qualcuno) costrizione.
Un braccio di ferro tra associazioni che si occupano di sicurezza stradale
e lobby preoccupate delle ripercussioni negative sulla vendita di questi
veicoli "le cui braci ancora bruciano sotto la cenere".
Si assiste infatti ad un continuo tentativo di trovare veicoli che consentano
(senza purtroppo pensare alle conseguenze) di aggirare l’obbligo di
uso del casco.
Così per stabilire che non esistono esenzioni all’uso del casco
nemmeno con certificazione medica è stato necessario far intervenire
la Corte Costituzionale che - con l’Ordinanza 6 novembre 2001 n. 348
- ha stabilito che "E’ manifestamente infondata la questione
di legittimità costituzionale - sollevata con riferimento all’art.
3 della Costituzione - dell’art. 171 del decreto legislativo 30 aprile
1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), nella parte in cui non prevede
l’esenzione dall’obbligo di indossare il casco per coloro che risultino
affetti da patologie che ne impediscano l’uso, contrariamente a quanto
previsto dall’art. 172 della stessa legge per coloro che si trovano
in analoga situazione rispetto alle cinture di sicurezza. Infatti, l’obbligo
di indossare il casco protettivo, contemplato, dalla disposizione de
quo, per i conducenti di ciclomotori a due ruote, motocicli a due ruote
e motocarrozzette, nonché per gli eventuali passeggeri, trae
origine da ragioni di esposizione al rischio di eventi pregiudizievoli
derivanti dalla circolazione stradale, strettamente legati alle caratteristiche
strutturali del veicolo condotto; ragioni che sono del tutto diverse
da quelle che hanno determinato il legislatore a disciplinare l’uso
delle cinture di sicurezza."
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E
se con Decreto Ministeriale del 28.7.2000 - su G.U. 203 del 31.8.2000
- si stabilì la sospensione delle omologazioni per i caschi DGM
(quelli per ciclomotori) a far data dalla pubblicazione stessa in gazzetta
ufficiale, si stabilì che la vendita fosse consentita ancora per
un ulteriore anno. Ed addirittura si consentì - e consente - l’uso;
come dire: non si possono più vendere ma si possono ancora utilizzare.
Ma siamo proprio sicuri che non siano ancora reperibili sul mercato? Magari
- come accertato da più parti - non "venduti", ma regalati
con l’acquisto del ciclomotore? Simpatico il caso del venditore che nel
basso modenese un paio di anni fa tentò addirittura di venderne
un quantitativo alla Polizia Municipale di Mirandola interessata all’acquisto
di caschi per il personale dipendente.
Poi sono arrivati gli extra terrestri! Chi non ricorda il personaggio
Etabeta dei fumetti di Topolino col suo monopattino sbucato all’improvviso
dal capiente "gonnellino"? Ora i monopattini sono elettrici.
Ne sono arrivati sul mercato di diversi tipi, che hanno reso inevitabile
l’intervento del Ministero dell’Interno, che ha precisato che i cosiddetti
monopattini elettrici sono acceleratori di velocità (con tutto
quanto ne consegue sul non obbligo del casco, ma anche sul divieto di
circolare sulla carreggiata!) disciplinati dai commi 8 e 9 dell’articolo
190 del codice della strada.
Da non dimenticare anche l’intervento dell’autorità garante per
la pubblicità ed il mercato per porre un freno a quelle pubblicità
che tendevano a confondere l’acquirente di ciclomotori elettrici scambiandoli
per velocipedi. I velocipedi "elettrici" sono infatti "le
biciclette a pedalata assistita, dotate di un motore ausiliario elettrico
avente potenza nominale continua massima di 0,25 KW la cui alimentazione
e’ progressivamente ridotta ed infine interrotta quando il veicolo raggiunge
i 25 km/h o prima se il ciclista smette di pedalare" (articolo 50
comma 1 cds). In quanto velocipedi il conducente non ha obbligo di uso
del casco.
Sono
arrivati anche i tricicli ed i quadricicli e si è scoperto che
la formulazione dell’articolo 171 del codice, per un errore nella formulazione,
esentava i loro conducenti e passeggeri dall’uso del casco. Vi si è
posto rimedio con le modifiche "estive" del 2003 che tanto hanno
modificato nel codice della strada. Ora sono esentati solamente - lo dice
il comma 1 bis dell’articolo 171 - ".... i conducenti e i passeggeri:
a) di ciclomotori e motoveicoli a tre o a quattro ruote dotati di carrozzeria
chiusa; b) di ciclomotori e motocicli a due o a tre ruote dotati di cellula
di sicurezza a prova di crash, nonché di sistemi di ritenuta e
di dispositivi atti a garantire l’utilizzo del veicolo in condizioni di
sicurezza, secondo le disposizioni del regolamento".
Se non vi sono dubbi su quali siano i veicoli indicati nella lettera "b"
in quanto la cellula di sicurezza è indicata sul documento di circolazione
del veicolo facilmente identificabile anche in ragione della presenza
di sistemi di ritenuta (cinture di sicurezza), non tutto è chiaro
se cerchiamo di capire quali siano i motoveicoli a tre o a quattro ruote
dotati di carrozzeria chiusa. Nei luoghi di vacanza sono diffusi motoveicoli,
noleggiati ad ore oppure messi a disposizione dei clienti dall’albergo,
che non hanno cellula di sicurezza, non hanno carrozzeria simile a quella
dell’autovettura (che senso avrebbe del resto in un luogo di mare noleggiare
un veicolo simile all’apecar?!?), ma hanno una sorta di rollbar. Questo
esenta oppure no dall’obbligo del casco? Il DTT (ex MCTC) risponde ad
un quesito del Ministero Interno con "un giro di parole". In
pratica - anche se non lo afferma apertamente per ovvi motivi "politici
e gerarchici" - riconosce l’infelice formulazione della norma che
parla di un veicolo che non esiste nelle descrizioni previste dalle direttive
europee. Non si trova infatti traccia - nelle varie classificazioni -
di motoveicoli a tre o a quattro ruote dotati di carrozzeria chiusa. Per
questo il DTT se la cava affermando "In carenza di normativa comunitaria,
questo dipartimento considera carrozzerie chiuse ... (omissis)... soltanto
quelle che rivestono l’abitacolo nella sua interezza e senza soluzioni
di continuità" - Circolare prot.1948/segr. del 23 dicembre
2003.
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Comandante P.M. Gambettola
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