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Droga 08/03/2005

LA PROPOSTA
Contro le stragi, test antidroga sulle strade

da "il Messaggero"

LA PROPOSTA
Contro le stragi, test antidroga sulle strade
di ANTONIO MARIA COSTA, Direttore Esecutivo dell’Ufficio delle Nazioni Unite contro la Droga e il Crimine (Unodc)

IL TEMA della sicurezza sulle strade s’intreccia sempre più con quello della prevenzione delle tossicodipendenze. Va detto che mentre le misure volte a prevenire e reprimere la guida in stato d’ebbrezza riscontrano un consenso pressoché unanime, quelle in materia di stupefacenti sono ancora oggetto di un vivace dibattito. Su questo tema è necessario considerare che nell’ultimo quinquennio ben 5 Paesi europei hanno significativamente modificato i propri ordinamenti. Un’indagine condotta nel 2002 da Eurobarometer tra i giovani europei ha rivelato che il 79,4% degli intervistati è favorevole a che le forze dell’ordine, impegnate in un controllo anti-alcol sulle strade, effettuino simultaneamente il test anti-droga.
La questione di un più generalizzato impiego dei test anti-droga sulle strade va affrontata alla luce di considerazioni giuridiche, socio-sanitarie e di ordine pratico. Sul piano giuridico, la normativa mondiale offre un ventaglio di opzioni. Ci sono infatti normative ispirate al principio della "tolleranza zero": quale che sia il livello di sostanza illecita riscontrata, il soggetto è sanzionabile. Ma ci sono anche ordinamenti ispirati a una maggior tolleranza: il soggetto è sanzionabile se l’influsso di sostanze illecite è tale da offuscare le facoltà intellettive e volitive. In Italia, il Codice della strada (aggiornato dal Decreto legge 121 del 2002), si richiama a quest’ultimo principio. Altri aspetti di rilievo riguardano gli strumenti idonei ad accertare i livelli di abuso delle sostanze illecite e, ancor più importante, le condizioni che ne permettono l’utilizzo.
Si può attribuire alle forze dell’ordine la facoltà di effettuare controlli discrezionali in loco ispirati al principio della casualità, oppure subordinare tali controlli al fondato motivo di ritenere che il soggetto guidi sotto l’influsso di sostanze illecite, o alla pericolosità della condotta, etc. In Italia la procedura è particolarmente pesante. L’articolo 14 del Decreto legge 121 dispone che "quando si ha ragionevolmente motivo di ritenere che il conducente del veicolo si trovi sotto l’effetto conseguente all’uso di sostanze stupefacenti o psicotrope, gli agenti di polizia stradale... accompagnano il conducente presso strutture sanitarie... per il prelievo di campioni di liquidi biologici ai fini dell’effettuazione degli esami necessari...".
Molto efficiente è il modello australiano, dove le forze di polizia possono prelevare casualmente campioni di saliva dagli automobilisti per verificare la presenza di sostanze stupefacenti. Analogamente in Portogallo, dove i test anti-droga si effettuano con strumenti simili agli etilometri. L’auspicabilità, anche per l’Italia, dell’accoglimento del principio della casualità del test in loco è ispirata, tra l’altro, alla necessità di rafforzare la portata deterrente del dettato normativo: un divieto è tanto più efficace, quanto più imprevedibile è l’accettazione della violazione.
Sul piano socio-sanitario, la generalizzazione dei test anti-droga in loco s’inquadra nell’ambito di una più spiccata attenzione rivolta alla prevenzione delle tossicodipendenze. Io sono fautore del convincimento che le tossicodipendenze vengano trattate alla stregua di situazioni sanitarie che prevedono la prevenzione e il trattamento. Il costo sociale del trattamento suggerisce di promuovere con più fermezza la prevenzione.
E’ lecito ritenere che l’introduzione dei test anti-droga sulle strade possa contribuire a ridurre i consumi, così come è accaduto a fronte dell’introduzione dei test anti-alcol. La casistica disponibile evidenzia inoltre il collegamento tra l’abuso di sostanze psicoattive e gli incidenti automobilistici. Nel solo 2003, nel distretto di Milano, il 39% delle vittime di incidenti mortali è risultato positivo al test anti-alcol. Di questo 39%, il 29% si è rivelato positivo all’esame anti-droga ex post (in oltre il 50% dei casi la sostanza riscontrata era la cocaina). Nel complesso, il 51% delle vittime di incidenti stradali mortali è risultato sotto l’effetto di sostanze psicoattive. Benché si tratti di dati circoscritti ad una determinata area la loro eloquenza è inoppugnabile.
Va inoltre considerato che attualmente i test possono essere effettuati con strumenti agili e attendibili. Uno spunto di riflessione, tuttavia, è dato dall’esperienza dei Paesi che da tempo hanno imboccato questo cammino: il maggior coinvolgimento e la maggiore responsabilizzazione delle forze dell’ordine alle quali è rimessa la discrezionalità di effettuare un fermo stradale, ma anche di applicare il principio di casualità e infine di effettuare i test. Se l’esito del test in loco - che prevede una modalità sempre meno invasiva: prelevando campioni di saliva o sudore - è positivo, il soggetto viene accompagnato presso strutture sanitarie idonee a procedere all’identificazione e quantificazione della sostanza illecita.
Un maggior coinvolgimento delle autorità preposte alla sicurezza sulle strade è quindi necessario ed efficace per facilitare l’adozione dei test antidroga. Un auspicio sostenuto da argomentazioni di natura giuridica, socio-sanitaria e di ordine pratico. L’adozione dei test deve però innanzitutto essere considerata come uno strumento di cui la società decide di avvalersi, considerandone i benefici in termini di prevenzione delle tossicodipendenze e degli incidenti stradali.



di ANTONIO MARIA COSTA, Direttore Esecutivo dell’Ufficio delle Nazioni Unite contro la Droga e il Crimine (Unodc)

Martedì, 08 Marzo 2005
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