IL
TEMA della sicurezza sulle strade s’intreccia sempre più
con quello della prevenzione delle tossicodipendenze. Va detto
che mentre le misure volte a prevenire e reprimere la guida in
stato d’ebbrezza riscontrano un consenso pressoché unanime,
quelle in materia di stupefacenti sono ancora oggetto di un vivace
dibattito. Su questo tema è necessario considerare che
nell’ultimo quinquennio ben 5 Paesi europei hanno significativamente
modificato i propri ordinamenti. Un’indagine condotta nel
2002 da Eurobarometer tra i giovani europei ha rivelato che il
79,4% degli intervistati è favorevole a che le forze dell’ordine,
impegnate in un controllo anti-alcol sulle strade, effettuino
simultaneamente il test anti-droga.
La questione di un più generalizzato impiego dei test anti-droga
sulle strade va affrontata alla luce di considerazioni giuridiche,
socio-sanitarie e di ordine pratico. Sul piano giuridico, la normativa
mondiale offre un ventaglio di opzioni. Ci sono infatti normative
ispirate al principio della "tolleranza zero": quale
che sia il livello di sostanza illecita riscontrata, il soggetto
è sanzionabile. Ma ci sono anche ordinamenti ispirati a
una maggior tolleranza: il soggetto è sanzionabile se l’influsso
di sostanze illecite è tale da offuscare le facoltà
intellettive e volitive. In Italia, il Codice della strada (aggiornato
dal Decreto legge 121 del 2002), si richiama a quest’ultimo
principio. Altri aspetti di rilievo riguardano gli strumenti idonei
ad accertare i livelli di abuso delle sostanze illecite e, ancor
più importante, le condizioni che ne permettono l’utilizzo.
Si può attribuire alle forze dell’ordine la facoltà
di effettuare controlli discrezionali in loco ispirati al principio
della casualità, oppure subordinare tali controlli al fondato
motivo di ritenere che il soggetto guidi sotto l’influsso
di sostanze illecite, o alla pericolosità della condotta,
etc. In Italia la procedura è particolarmente pesante.
L’articolo 14 del Decreto legge 121 dispone che "quando
si ha ragionevolmente motivo di ritenere che il conducente del
veicolo si trovi sotto l’effetto conseguente all’uso
di sostanze stupefacenti o psicotrope, gli agenti di polizia stradale...
accompagnano il conducente presso strutture sanitarie... per il
prelievo di campioni di liquidi biologici ai fini dell’effettuazione
degli esami necessari...".
Molto efficiente è il modello australiano, dove le forze
di polizia possono prelevare casualmente campioni di saliva dagli
automobilisti per verificare la presenza di sostanze stupefacenti.
Analogamente in Portogallo, dove i test anti-droga si effettuano
con strumenti simili agli etilometri. L’auspicabilità,
anche per l’Italia, dell’accoglimento del principio
della casualità del test in loco è ispirata, tra
l’altro, alla necessità di rafforzare la portata deterrente
del dettato normativo: un divieto è tanto più efficace,
quanto più imprevedibile è l’accettazione della
violazione.
Sul piano socio-sanitario, la generalizzazione dei test anti-droga
in loco s’inquadra nell’ambito di una più spiccata
attenzione rivolta alla prevenzione delle tossicodipendenze. Io
sono fautore del convincimento che le tossicodipendenze vengano
trattate alla stregua di situazioni sanitarie che prevedono la
prevenzione e il trattamento. Il costo sociale del trattamento
suggerisce di promuovere con più fermezza la prevenzione.
E’ lecito ritenere che l’introduzione dei test anti-droga
sulle strade possa contribuire a ridurre i consumi, così
come è accaduto a fronte dell’introduzione dei test
anti-alcol. La casistica disponibile evidenzia inoltre il collegamento
tra l’abuso di sostanze psicoattive e gli incidenti automobilistici.
Nel solo 2003, nel distretto di Milano, il 39% delle vittime di
incidenti mortali è risultato positivo al test anti-alcol.
Di questo 39%, il 29% si è rivelato positivo all’esame
anti-droga ex post (in oltre il 50% dei casi la sostanza riscontrata
era la cocaina). Nel complesso, il 51% delle vittime di incidenti
stradali mortali è risultato sotto l’effetto di sostanze
psicoattive. Benché si tratti di dati circoscritti ad una
determinata area la loro eloquenza è inoppugnabile.
Va inoltre considerato che attualmente i test possono essere effettuati
con strumenti agili e attendibili. Uno spunto di riflessione,
tuttavia, è dato dall’esperienza dei Paesi che da
tempo hanno imboccato questo cammino: il maggior coinvolgimento
e la maggiore responsabilizzazione delle forze dell’ordine
alle quali è rimessa la discrezionalità di effettuare
un fermo stradale, ma anche di applicare il principio di casualità
e infine di effettuare i test. Se l’esito del test in loco
- che prevede una modalità sempre meno invasiva: prelevando
campioni di saliva o sudore - è positivo, il soggetto viene
accompagnato presso strutture sanitarie idonee a procedere all’identificazione
e quantificazione della sostanza illecita.
Un maggior coinvolgimento delle autorità preposte alla
sicurezza sulle strade è quindi necessario ed efficace
per facilitare l’adozione dei test antidroga. Un auspicio
sostenuto da argomentazioni di natura giuridica, socio-sanitaria
e di ordine pratico. L’adozione dei test deve però
innanzitutto essere considerata come uno strumento di cui la società
decide di avvalersi, considerandone i benefici in termini di prevenzione
delle tossicodipendenze e degli incidenti stradali.