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TAR Regionali 20/01/2012

Segnalazione certificata di inizio attività

(TAR Puglia Lecce sez.I, 5 ottobre 2011, n. 1737)

(omissis)

 

FATTO

 

La società ricorrente impugna la nota con la quale, in data 3 marzo 2011, il Responsabile del Servizio di Polizia Municipale del Comune di Castro ha comunicato la decadenza della Segnalazione Certificata Inizio Attività “ poiché nell’area sulla quale sorge la struttura (zona E6) l’apertura di esercizi pubblici per la somministrazione di alimenti e bevande della Tipologia “A” contrasta con la destinazione di zona ai sensi di quanto prescritto dall’art 18 delle Norme tecniche di attuazione della Variante al Piano di Fabbricazione e dall’art 17 della normativa allegata al P.di F”.
Questi i motivi di ricorso:
violazione e falsa applicazione dell’art 19 della legge 7 agosto 1990 n.241, per come modificato dall’art 49 della legge 30 luglio 2010 n.122 di conv. del decreto legge 31 maggio 2010 n.78. Violazione e falsa applicazione dell’art 20 della legge 7 agosto 1990 n.241. Violazione dei principi generali in materia di autorizzazione per pubblici esercizi. Violazione dell’art 3 del decreto legge 4 luglio 2006 n.223, conv nella legge 4 agosto 2006 n.248. Eccesso di potere per perplessità, illogicità ed irrazionalità dell’azione amministrativa. Eccesso di potere per sviamento;
violazione e falsa applicazione dell’art 18 delle NTA e dell’art 17 della normativa del P.d.F del Comune di Castro. Violazione dell’art 3 della legge 241/90. Eccesso di potere per difetto di motivazione. Eccesso di potere per errore sui presupposti di fatto e di diritto. Eccesso di potere per contraddittorietà ed illogicità dell’azione amministrativa.
Il Comune di Castro non si è costituito in giudizio.
Alla camera di consiglio del 12 maggio 2011, la controversia è passata in decisione ai sensi dell’art 60 c.p.a.

 

DIRITTO

 

Il ricorso è infondato.
Nel caso di specie, il provvedimento adottato dalla P.a. dopo la presentazione della SCIA da parte della società ricorrente in data 5 gennaio 2011 si configura quale divieto motivato di prosecuzione dell’attività intrapresa in regime di autocertificazione di requisiti e presupposti di legge.
Si tratta di un intervento inibitorio che la legge consente espressamente alla P.a. procedente di assumere al fine di esercitare la propria potestà di verifica successiva circa la sussistenza dei requisiti e dei presupposti di legge che l’interessato dichiara essere presenti all’atto dell’inoltro della SCIA.
La tesi del consolidamento degli effetti della SCIA non può, dunque, essere condivisa.
E’ noto che, pur a fronte di una SCIA- istituto riconducibile nell’alveo degli interventi normativi di semplificazione dell’attività amministrativa, così come per la DIA che l’ha preceduta - residua senz’altro in capo alla P.a. una generale potestà di vigilanza .
Detta potestà di vigilanza può assumere, in concreto, fisionomia di potestà inibitoria, di repressione di abusi, o , più in generale, di autotutela.
Questo atteggiarsi dell’istituto in questione appare coerente alla sua fisionomia di strumento di semplificazione procedimentale e non già di autentica liberalizzazione, come si pretende da parte ricorrente.
Ciò significa che la P.a., sebbene non abbia più il compito di esprimere un assenso preventivo in ordine all’esercizio di determinate attività imprenditoriali (non più assoggettate a contingentamento complessivo ) è , cionondimeno, legittimata ad effettuare le successive verifiche di competenza di cui parla esplicitamente l’art. 19 della legge 241/90 nella sua ultima versione .
Nel caso in esame, peraltro, la potestà inibitoria è stata esercitata nel termine perentorio di giorni 60 previsto dall’art 19 legge 241/90 sopra richiamato, essendo culminata in un divieto di prosecuzione dell’attività intervenuto al 58^ giorno successivo all’inoltro della SCIA( acclarata al protocollo del Comune di Castro in data 5 gennaio 2011) .
Dal punto di vista sostanziale, si deve poi osservare che il divieto di prosecuzione dell’attività adottato nei riguardi della società ricorrente si fonda essenzialmente sul contrasto dell’attività commerciale da esercitare con la disciplina urbanistica e edilizia della zona, così come compendiata nell’art 18 delle NTA del vigente strumento urbanistico comunale, posto a base del provvedimento interdittivo, e nell’art 17 della normativa allegata al Piano di Fabbricazione .
Sul punto , si deve rilevare che l’impostazione difensiva muove da un comportamento contraddittorio della P.a. che, tuttavia, lascia impregiudicata la questione della rilevata incompatibilità rispetto alla destinazione d’uso dei locali e alla destinazione di zona .
La previsione secondo la quale, in zona E6 sono possibili interventi “ per attrezzature ed impianti destinati ad attività ricreative ed allo sport nonché per impianti di interesse generale e per attrezzature balneari “ non sembra poter costituire idonea cornice normativa di riferimento in una prospettiva favorevole alla società ricorrente.
Se,infatti, la somministrazione di alimenti e bevande agli utenti di un’attrezzatura balneare o comunque ricreativa costituisce una attività integrativa della gestione dell’attrezzatura stessa,la somministrazione di alimenti e bevande al pubblico è attività del tutto diversa dalla gestione delle indicate attrezzature,sicchè confligge con le destinazioni previste per la zona E6 dal P.d. F.
Il ricorso è respinto.
Non si fa luogo ad alcuna statuizione sulle spese.

 

P.Q.M.

 

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce - Sezione Prima
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
(omissis)

 

da Polnews

Venerdì, 20 Gennaio 2012
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