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Corte di Cassazione 08/02/2012

Contrassegno disabili - fotocopia dell'originale - copia esposta - falso materiale

(Cass. Pen., sez.V, 21 novembre 2011, n. 42957)

(omissis)


 

Fatto e diritto

 


Propone ricorso per cassazione il Procuratore Generale di Bari avverso la sentenza del locale Gip in data 20 luglio 2010 con la quale, a seguito di richiesta di emissione di decreto penale nei confronti di S. A. e T. R., è stato dichiarato, ex art. 129 c.p.p., non doversi procedere in ordine al contestato reato di falso del contrassegno per la sosta delle autovetture destinate al trasporto disabili, perché il fatto (accertato nel novembre 2005) non costituisce reato.
1.1 Il giudice aveva ritenuto che, pur essendo stato accertato che nelle autovetture lasciate in sosta dai due imputati, fosse stata esposta la fotocopia del contrassegno di una autorizzazione al parcheggio per disabili rilasciato in originale a D’E. C., madre dello S. nonché futura suocera della T. (fidanzata dello S.), tale evento non fosse di rilievo penale nei confronti degli imputati. Si era trattato, infatti, di falsi grossolani, per giunta relativi ad una copia di permesso della quale lo S. nemmeno poteva dirsi utilizzatore, posto che la sua auto non era stata lasciata parcheggiata nella zona riservata ai disabili. Ad ogni buon conto il giudice accreditava la tesi ritenendola liberatoria dell’essere state, le due copie, formate nell’interesse della stessa portatrice di handicap, D’E., la quale aveva ritenuto opportuno dotare di essi le vetture che venivano poste a disposizione per gli accompagnamenti di cui fruiva.

 


Deduce il PG 
la violazione di legge e il vizio di motivazione.
Osservava in primo luogo come l’assunto del giudice, circa la immediata riconoscibilità dei falsi, fosse contraddetta dagli atti del procedimento fatti dai quali risultava come i verbalizzati fossero giunti a ritenere le falsificazioni in questione solo dopo avere notato che in due autovetture, lasciate in sosta in luoghi vicini, erano esposti due permessi al parcheggio recanti lo stesso numero di serie.
Inoltre citava la giurisprudenza di legittimità, assolutamente maggioritaria, che ritiene la sussistenza del reato ex art. 477 e 482 c.p. in riferimento alla esposizione di una falsa autorizzazione amministrativa , indipendentemente dalla apposizione di un attestato di autenticità e in base alla mera apparenza della copia ed al suo utilizzo come originale. Il PG presso questa Corte ha chiesto accogliersi il ricorso.
Il ricorso è fondato.
Deve darsi atto che costituisce principio affermato dalla giurisprudenza assolutamente prevalente di questa Corte condivisa da questo Collegio quella secondo la quale integra il reato di cui all’art. 477 cod. pen. la fotocopia di un documento autorizzativo legittimamente detenuto, realizzata con caratteristiche e dimensioni tali da avere l’apparenza dell’originale. Ciò perché neppure al titolare del documento stesso (certificato o autorizzazione) è consentita la riproduzione in maniera da creare un secondo documento che si presenti e sia utilizzato come l’originale (Rv. 203526).

 


In ordine, d’altra parte, alla sentenza citata dal Gip (n. 34340 del 2005), se ne evidenzia la non condivisibilità citando un ulteriore autorevole precedente giurisprudenziale: quello in base al quale la riproduzione fotostatica di un documento originale non integra il reato di falso quando, nell’intenzione dell’agente e nella valenza oggettiva, l’atto sia presentato come fotocopia, con la conseguenza che se non ne è attestata la conformità all’originale, è priva di rilevanza ed effetti, anche penali; che per contro la fotocopia integra il reato di falsità materiale quando essa si presenta non come tale ma con l’apparenza di un documento originale, atto a trarre in inganno. In tal caso è evidente che sarebbe un non senso parlare di attestazione di conformità all’originale (Rtv. 205547).
In sintesi, dunque, non è la assenza dell’attestato di autenticità a consentire di escludere, di per sé, il reato, essendo questa circostanza soltanto un eventuale sintomo per la esatta interpretazione della condotta accertata: condotta, cioè, che ha rilevanza penale quando consiste nell’uso di un permesso in fotocopia formato con modalità tali da farlo apparire un originale, laddove le modalità di formazione del documento non potrebbero essere ritenute tali in presenza di un autentico attestato di conformità all’originale oppure, viceversa, sarebbero solo rafforzate nella loro eventuale ed autonoma rilevanza penale, dalla apposizione di un falso attestato di conformità.
In conclusione , è il dotare il documento falso della apparenza di un documento originale, atto a trarre in inganno I terzi di buona fede, ad avere rilievo penale e a siffatta evenienza può giungersi formando una riproduzione fotostatica assolutamente fedele, indipendentemente cioè dalla apposizione di un attestato di conformità all’originale.
Il giudice, in sede di rinvio , dovrà assumere le proprie decisioni attenendosi al detto principio di diritto, non applicate nel provvedimento impugnato, tenendo anche conto, per quanto concerne la nozione di ”’uso di atto falso” che essa comprende qualsiasi modalità di avvalersi del falso documento per uno scopo conforme alla natura -quantomeno apparente- dell’atto; ne consegue che, ad integrare il reato, basta la semplice esibizione del documento falso (Rv. 219029) .

 

P.Q.M.


 

Annulla la sentenza impugnata con rinvio al Gip del Tribunale di Bari per nuovo esame.


(omissis)

 

da Polnews

 

Mercoledì, 08 Febbraio 2012
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