"Troppi caschi insicuri"
Inchiesta Altroconsumo
Ad Altroconsumo non mollano. E dopo le passate inchieste - che hanno ovviamente infuriare il mondo dei costruttori dei caschi - tornano alla carica: nella nuova inchiesta spiegano come "tantissimi i caschi non superano il test di sicurezza. Servono maggiori controlli e un giro di vite sulla normativa in vigore, che non tutela gli amanti della due ruote".
Insomma è in arrivo una nuova tempesta, ma ad Altroconsumo rincarano la dose e spiegano che "oltre a fare le prove previste dalla normativa, quelle che garantiscono la conformità dei caschi in produzione con l'omologazione, abbiamo aggiunto una serie di verifiche extra che riteniamo necessarie per garantire la sicurezza". In ogni caso c'è di che preoccuparsi visto che sette caschi su 10 sono stati bocciati. Un dato incredibile perché all'associazione consumatori non hanno preso in considerazione Jet o modelli da bancarella, ma caschi integrali di marche blasonate.
Sei di questi sono omologati, ma quando in laboratorio sono stati sottoposti alle prove di omologazione non le hanno superate. Sono: AGV Grid, Airoh Dragon, Arai Axces, Premier Style, Shark Vision R e Suomy Apex. Il modello X-lite x-602 invece non supera le prove extra. Massimo dei voti invece per il Nolan N85 ("Casco in termoplastica, di prezzo contenuto, 138-184 euro, supera abbastanza bene tutte le prove"), il Grex R2 ("un modello ben più economico, 85-103 euro, in materiale termoplastico")
e lo Shoei Xr 1100 ("Si tratta di un casco in fibra, venduto al prezzo di 389-460 euro. I giudizi sono lusinghieri in quasi tutte le prove").
"Il problema - spiegano ad Altroconsumo - che la norma del settore è inadeguata, mancano controlli efficaci e i produttori si adagiano". Eppure andando a leggere con attenzione l'inchiesta si scopre che la situazione è ben peggiore di quanto non appaia perché la maggior parte dei caschi (6 su 10), nonostante siano omologati, non hanno superato la ripetizione del test di omologazione.
"La nostra inchiesta - concludono ad Altroconsumo - dimostra anche che tutte le prove di sicurezza vanno estese a ogni taglia di uno stesso casco. Infatti, in laboratorio è emerso che le prove extra che abbiamo fatto sulla taglia piccola (da XXS a S) danno risultati diversi dalla L. Ciò significa che cambiare taglia equivale a trovarsi di fronte a un altro prodotto, insomma a un casco con caratteristiche differenti (rispetto allo spessore della protezione interna, alla calotta esterna...). Diventa necessario, dunque, che i produttori facciano test a campione su tutte le taglie di uno stesso casco, non solo in fase di omologazione, ma anche nei controlli sulla produzione".
Una cosa è certa. Anche stavolta, come negli anni passati, scoppierà il solito putiferio perché ad Altroconsumo, come sempre, hanno inviato i risultati ai produttori coinvolti. E se c'è chi si è dimostrato trasparente e collaborativo, c'è anche chi ha subito diffidato dal pubblicare i risultati. Ma all'associazione, si sa, non si spaventano e anzi chiedono l'intervento del Ministero: "Ci sono giunte segnalazioni di soci - spiegano - che hanno trovato in negozio caschi che avevamo denunciato per problemi di sicurezza al ministero dei Trasporti e delle infrastrutture nel 2009. Eppure, per ottenere il ritiro di quei prodotti abbiamo fatto il massimo".
Come finirà? Difficile dirlo, la battaglia è aperta. Certo è che così crolla anche il vecchio slogan tanto famoso in Usa: "Se hai una testa da 5 dollari compra un casco da 5 dollari". "Non fatevi ingannare dal prezzo - spiegano ad Altroconsumo - non sempre la sicurezza è proporzionale al denaro speso. Uno dei prodotti migliori è tra i più economici, mentre un altro modello promosso è anche il più caro. In genere è soprattutto il tipo di materiale a incidere sul prezzo. La fibra costa molto di più della termoplastica, ma non è una garanzia di maggiore qualità".
Dura la presa di posizione dell'Ancma, l'Associazione Nazionale Ciclo Motociclo Accessori che in una nota accusa Altroconsumo. Eccola riportata integralmente.
"In relazione al comunicato stampa diffuso da Altroconsumo su alcuni caschi integrali, Confindustria ANCMA, l'Associazione Nazionale Ciclo Motociclo e Accessori, sottolinea il proprio disappunto e chiarisce elementi discordanti e sui quali è necessario non generare confusione.
Innanzitutto, vale la pena di fare un passo indietro e raccontare il precedente tentativo di Altroconsumo di sostenere una tesi inutile. Tale associazione continua a pretendere di sottoporre a vari test i caschi utilizzando una metodologia e parametri di giudizio assolutamente personali e opinabili. Ma, soprattutto, non conformi alle norme tecniche vigenti. Come è già accaduto con l'inchiesta relativa ai caschi Jet del 2010 e conclusasi
nel nulla dopo che il Ministero dei Trasporti aveva confermato la sicurezza degli stessi, Altroconsumo ha sottoposto i prodotti di diverse aziende ad una serie di test che, per loro stessa ammissione, non erano previsti dalle norme di omologazione o erano effettuati con metodi ed apparecchiature tali da invalidare in parte i risultati.
ANCMA da sempre persegue l'obiettivo di tutelare la sicurezza degli utenti della strada. In proposito, collabora a tutti i livelli con gli Enti competenti al fine di aggiornare e migliorare le normative in materia. Sono in corso i lavori che porteranno a definire il nuovo standard omologativo. Fino al definitivo recepimento internazionale, le aziende rispettano, in fase produttiva e in sede di controllo, tutti i parametri previsti nel regolamento in vigore.
Auspichiamo che chiunque decida di investire le proprie risorse ed il proprio tempo, utilizzi metodologie corrette e trasparenti.
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di Vincenzo Borgomeo
da repubblica.it/motori