RASSEGNA STAMPA "ALCOL E GUIDA" Note
a cura di Alessandro Sbarbada |
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LA
REPUBBLICA.IT |
CREMA
(CREMONA) - Un ragazzo di tredici anni che abita con i genitori in
un paese del Cremasco, è stato ricoverato al pronto soccorso
dell’ospedale maggiore di Crema (Cremona) in coma etilico dopo una
abbondante bevuta di alcolici. E’ accaduto nei giorni scorsi. Il ragazzino
si è ripreso. |
LA
PROVINCIA DI CREMONA |
Tredici
anni, finito al pronto soccorso dell’ospedale di Crema in coma etilico
per via di una abbondante bevuta, ma non fatta con gli amici come ci si
potrebbe immaginare. Nell’astanteria, su un lettino con le flebo
infilzate nelle braccia, ci è finito per una sorta di sfida col
barista, che — per legge — non avrebbe nemmeno dovuto servirgli
una goccia d’alcol. L’episodio risale a due sabati fa, ma solo
in questi giorni la mamma ha avuto la forza di raccontarlo, «perché
voglio mettere in guardia i genitori e dire pubblicamente a certi baristi
se non si vergognano». Mamma e papà del ragazzino non hanno
sporto denuncia, ma nei prossimi giorni saranno in commissariato per raccontare
quanto accaduto.
Due settimane fa il tredicenne che frequenta la terza media chiede, per la prima volta, di poter andare a Crema. Abita in un paese del circondario. I genitori acconsentono, «perché prima o poi dovrà avvenire il ‘distacco’» e poi è con altri amici. In centro viene portato dal padre di uno dei coetanei con cui affronta l’avventura cittadina. Il punto di ritrovo per il passaggio verso casa è in piazza Aldo Moro. Il gruppetto fa qualche vasca e poi si dirige appena fuori le mura. Gli amici entrano in un bar e ordinano da bere: coca e rhum. Senza batter ciglio il barista serve e i ragazzini bevono. Ma non finisce qui. Il protagonista della nostra storia si ferma nel locale e accetta quella che si profila essere una sfida. Il barista, stando al racconto fatto dai genitori, dice al ragazzino che non sa bere e non riesce a tenere l’alcol. La giovane età, la voglia di sfida appunto e quella di sentirsi ‘grande’ fanno il resto. Il tredicenne butta giù tre bicchieri di superalcolici, offerti dal barista stesso. Dopo qualche minuto, però, il ragazzino comincia ad avvertire gli effetti della bevuta. Gli amici tentano di raggiungere piazza Aldo Moro dove c’è l’appuntamento per il ritorno a casa. A fatica riescono a trascinarlo fin nello slargo, ma qui il ragazzino sviene. Viene chiesto aiuto nel bar di piazza Moro e parte la telefonata al 118. Ambulanza e ricovero. Il tredicenne sta male: nel sangue ha un tasso alcolico da coma: 2,2 grammi per litro. La soglia è 0,5 (*). Viene avvisata la famiglia che si precipita in ospedale. Genitori rimasti sconvolti, per tanti motivi. Passato lo spavento (il figlio è stato dimesso il giorno successivo) è il momento della riflessione. «A nostro figlio - spiegano mamma e papà — abbiamo già fatto una ramanzina che non si scorderà più. Ma la colpa è anche del barista. Aveva davanti un tredicenne, non un giovanotto. Perché dargli da bere? Perché addirittura offrirglielo? Potevamo denunciarlo certo, ma il nostro primo pensiero è stato per nostro figlio (**)». (*) Nota: a 13 anni la soglia è 0,0. (**) Nota: abbiamo visto che il codice penale già prevede la sanzione e la chiusura temporanea dell’esercizio. In questo caso specifico, se le cose fossero davvero andate così (e questo va verificato), il buon senso imporrebbe anche la revoca della licenza a quel barista. |
LA
PROVINCIA DI CREMONA |
In
città il numero di bar sfiora le trecento unità e diventa
quindi impossibile controllarli tutti. E poi la denuncia è di
parte, nel senso che sono i genitori del minore di 16 anni a cui viene
servito alcol a dover raccontare in commissariato o dai carabinieri
il fatto. In questo caso il barista verrebbe denunciato. Il reato è
da codice penale e prevede l’arresto fino a un anno e nel caso
venga accertata l’ubriachezza del minore la ‘pena’ aumenta.
Di solito il tutto si risolve con pochi giorni di arresto, che vengono
poi convertiti in pena pecuniaria. A Crema non è la prima volta
che si verificano casi del genere e i baristi se la sono cavata con
una contravvenzione. Agenti della polizia di Stato e vigili urbani svolgono
controlli, ma per arrivare a denunciare d’ufficio un barista serve
che questi venga colto in flagranza di reato. Il che diventa quasi impossibile.
C’è anche il risvolto della medaglia, ovvero che tanti ragazzini
acquistano alcolici ai supermercati, se li bevono fuori e poi entrano
nei locali pubblici già sbronzi. In questi casi i titolari dei
bar non hanno alcuna responsabilità. |
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Rovigo |
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(ASAPS)
PARIGI – La fonte è il prestigioso quotidiano francese “Le
Figaro”, ripresa anche dal settimanale “Le Nouvel Observateur”,
che hanno citato un’indagine della rivista scientifica Forensic Science
International. Andiamo subito al sodo: il 39,6% dei conducenti al di sotto
dei 30 anni, morti in incidenti stradali tra il 2003 e il 2004, avevano
consumato cannabis.
L’analisi è stata compiuta incrociando i dati rilevati, in questo arco temporale, da 12 laboratori che hanno analizzato campioni di sangue prelevati su richiesta delle forze di Polizia o dell’Autorità Giudiziaria da conducenti sotto la soglia dei 30 anni rimasti vittima di incidenti stradali. Secondo gli autori dell’indagine, che è apparsa sulla prestigiosa rivista (sul sito sciencedirect.com si possono, a pagamento, visionarne gli articoli, ndr) l’abuso di sostanze cannabinoidi tra i giovani conducenti, in questo caso francesi, sarebbe aumentato a dismisura, addirittura raddoppiato, tra il 2001 ed il 2004. Questo lancia pericolosi segnali, perché se una percentuale così alta di ragazzi al volante rimasti uccisi sulla strada, deve la propria sorte a un maledetto spinello, questo deve far rivedere l’intero sistema di repressione attualmente vigente. Ciò non vale solo per la Francia, dove i controlli sono serrati, severi e puntuali e dove l’indicatore di tolleranza è da tempo fisso sullo zero, ma anche per l’Italia, dove a nostro parere è giunto il momento di cambiare marcia, ed imprimere una nuova strategia, meno votata al solo controllo remoto della velocità e più presente sulla strada, con dispositivi abituali e diffusi di controllo della qualità della circolazione. Presidi dove oltre ai radar funzionino anche precursori per alcolemie e stupefacenti. Ma torniamo alla Francia: il lavoro di analisi è stato condotto dall’equipe del professor Patrick Mura, presidente della Società Francese di Tossicologia Analitica e membro del comitato scientifico dell’associazione Marilou: lei, Marilou, era una ragazzina uccisa alcuni anni fa da un conducente che aveva appena fumato uno spinello. Il suo caso ispirò l’attuale legislazione francese sulla guida in stato di ebbrezza da stupefacenti. Il professor Mura non è nuovo a queste indagini, e già tra nell’ottobre 2002 pubblicò uno studio analogo, secondo il quale tra il 2000 ed il 2001 per i giovani conducenti entro i 27 anni che avevano consumato cannabis, era stata rilevato un coinvolgimento in incidenti stradali oltre il doppio del normale. Risultati che lo hanno spinto a fare di più, a prendere una posizione decisa, ed oggi in Francia il suo nome ricorre spesso quando si parla di connessioni droga/volante ed ha avuto un ruolo importante nell’accelerare il giro di vite istituzionale connesso all’aumento della mortalità. Il suo gruppo aveva infatti studiato con attenzione i risultati di esperienze simili operati all’estero: in Germania, per esempio, alcuni controlli mirati da parte delle forze di polizia avevano ridotto del 66%, nel volgere di poche settimane, il numero di decessi al disotto dei 25 anni di età. Le sue precedenti esperienze, in Francia, avevano del resto dimostrato che tra il 2000 ed il 2001, su un campione di 900 conducenti coinvolti in un sinistro stradale con lesioni (o morte), quelli che avevano meno di 27 anni e che risultarono aver consumato cannabis, avevano oltre il doppio delle possibilità di restare coinvolti in incidenti. Il 20% dei componenti di questa fascia d’età, inoltre, aveva nel sangue quantità di THC, il principio allucinogeno del cannabis. Oggi, le conclusioni di Mura non sono più ottimistiche: il 39,6% dei conducenti entro i 30 anni di età, morti in sinistri stradali tra il 2003 e il 2004, aveva fatto uso di cannabis, tanto che il 28,9% di loro presentava ancora il THC nel sangue. E nell’80,2% dei casi, il cannabis sarebbe il solo stupefacente rilevato. Prova inconfutabile, constatazione terribile. La portata di questa indagine scientifica viene in parte mitigata (non smentita) da un altro studio portato avanti dall’INRETS (l’Istituto Nazionale di Ricerca sui Trasporti e la Sicurezza) e dall’OFDT (l’Osservatorio Francese per le Droghe e i Tossicodipendenti), pubblicato lo scorso 14 ottobre. Questo studio è stato basato sulle analisi tossicologiche effettuate su tutti i conducenti – deceduti e sopravvissuti – coinvolti in incidenti mortali tra il 30 settembre 2001ed il 1° ottobre 2003. Anche questo studio dimostrerebbe che il rischio di provocare incidenti mortali è due volte più forte quando il conducente è sotto l’effetto di spinelli, anche se resta più elevato il medesimo pericolo quando il conducente sia sotto l’effetto di alcol, anche quando questo si mantenga sotto i limiti di legge. È allarme? Di sicuro questa seconda inchiesta sembra essere la prima al mondo a fornire una stima precisa di questa piaga: gli investigatori hanno avuto a disposizione 17mila casi ed oltre 10.700 si sono rivelati utili per l’analisi: così è emerso che un conducente che abbia fumato hascisc ha 1,8 possibilità in più di essere responsabile di un incidente mortale; nel caso abbia consumato invece alcol, il rischio aumenta ancora di più e questo in funzione della quantità di sostanza assunta. L’incidenza è del 2,7 se la percentuale di alcol è compresa tra 0 e 0,5 g/l (quindi entro i termini di legge) e cresce spaventosamente fino a 7 se nel sangue circolano percentuali comprese tra 0,8 e 1,2. Se il bevitore poi esagera e raggiunge livelli sopra i 2 grammi di alcol per litro di sangue (eventualità tutt’altro che remota, come sappiamo noi della Stradale) questo avrà 40 possibilità in più rispetto ad un sobrio di provocare incidenti mortali. Il cannabis, allora uccide meno, ma attenzione a non farsi fuorviare: al volante, uccide comunque. Nel corso del periodo di indagine, il 2,4% di incidenti mortali è stato infatti attribuito direttamente al cannabis (170 eventi mortali), mentre il 28,5% delle vittime hanno avuto il proprio destino legato al consumo di alcol, che anche se consumato con moderazione – e qui parliamo di soggetti che sono comunque rimasti sotto la soglia di legge e comunque deceduti – risulta sempre un fattore purtroppo decisivo, ed a farne le spese sono soprattutto gli uomini di età inferiore ai 25 anni. Gli studi epidemiologici portati avanti con la collaborazione delle forze di polizia (con metodologie simili a quelle descritte dal professor Franco Taggi, dell’Istituto Superiore di Sanità, sulle pagine de Il Centauro) hanno dimostrato che in Francia il 3% dei conducenti è sotto l’effetto di cannabis: la stessa percentuale è stata riscontrata per quelli sotto l’effetto di alcol. E le altre sostanze, che ruolo hanno sulla sicurezza stradale? È infatti vero che se cannabis ed alcol ci fanno paura, il consumo di cocaina o eroina è spesso considerato assai più nefasto, quando chi ne sia sotto gli effetti decida di mettersi al volante e incrociare la nostra strada. Le Figaro e Le Nouvel Observateur hanno sottolineato nei loro rispettivi articoli, che la cocaina è oggi la droga più pericolosa ed al tempo stesso quella più in crescita. Anche in Italia, nei giorni scorsi, i dati dell’Unione Europea – che confermavano questa analisi – sono stati diffusi dai media. In Francia, il consumo di neve è aumentato del 15%. “Nel 2000 – dice il professor Mura al prestigioso quotidiano francese – i conducenti risultati positivi alla cocaina sono stati pochissimi, circa lo 0,2%, mentre dopo il nostro studio sono saliti al 3%”. |
LA
STAMPA |
Fa
paura la cocaina, l’alcol minaccia soprattutto i ragazzi, la altre
droghe sono stazionarie. Ci sono più ombre che luci nella radiografia
del Piemonte che esce dal convegno sui “comportamenti a rischio negli
adolescenti e giovani adulti”, organizzato ieri a Villa Cristina
dal direttore sanitario Remo Urani, che a fine anno lascerà la
storica struttura di Savonera, alle porte di Torino.
A far paura, più che i consumatori singoli, sono i cosiddetti polidrogati: “sono quei giovani – ha spiegato Urani – che anche in Piemonte associano fra loro sostanze diverse. Cocaina ed eroina, anfetamine ed alcol, nessun mix è escluso. Correggere queste tendenze è una sfida terribile che si può vincere solo attraverso una costante informazione ed un costante confronto. Più in dettaglio, della situazione locale ha parlato Angela Bernardis, presidente della sezione piemontese della Società Italiana Tossicodipendenze e coordinatrice del Sert di Ciriè: “su 100 ragazzi fra 15 e 19 anni, sei fanno già uso di cocaina, droga sempre più diffusa i Piemonte. Fra i giovani in carico al Sert questa percentuale sale ulteriormente al 6,5%. In fondo siamo di fronte ad un aumento che trova riscontro anche in tutte le altre statistiche europee”. I dati del servizio per le tossicodipendenze rilevano che nel 2005 si sono aggiunti 1489 nuovi alcolisti, di questi il 33% hanno tra i 15 e i 39 anni. Quella dell’alcol è una diffusione che trova, in Piemonte, terreno fertile soprattutto tra i giovanissimi: “anche per via di tradizioni famigliari – ha spiegato Franca Beccarla, presidente piemontese della Società Italiana di Algologia – i bambini si trovano spesso a tavola, davanti ad un bicchiere di vino. Può cominciare così una brutta avventura”. Sull’uso della cocaina i dati piemontesi parlano anche di un notevole incremento come uso secondario, cioè affiancato all’uso primario di altre sostanze. Per questa droga il grido di allarme arriva anche da don Luigi Ciotti: “la diffusione cresce di giorno in giorno. Anche fra gli adolescenti si comincia sempre prima. La ricerca di prestazioni eccellenti, l’illusione di trovare benessere attraverso le sostanze e di dimostrarsi trasgressivi ed anticonformisti sono gli elementi che spingono i più giovani verso la trappola della coca. Sono fattori spesso non sufficientemente contrastati dalla scuola, dalla famiglia e dalla società. Non sappiamo offrire antidoti adeguati. L’alcol è certamente un ponte che può favorire il passaggio alle droghe. Una sua spiegazione, nel corso di un seguitissimo intervento, l’ha anche data Davide Di Leo, detto Boosta, tastierista del gruppo musicale Subsonica: “è un problema di mercato. In Piemonte quello della cocaina è ora saldamente in mano ai senegalesi. Hanno cominciato qualche anno fa ad offrire tirate singole ad appena 10/15 euro. Mentre prima la cocaina era una droga elitaria, che si vendeva solo un grammo per volta, a cifre folli. Così la diffusione è aumentata immediatamente, soprattutto fra i ragazzi. |
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LONDRA
- Lacrime e qualche sorriso, ricordi in bianco e nero, corone di fiori
rosse come la maglia del Manchester United, la bara avvolta nella bandiera
dell’Irlanda del Nord: per un giorno Belfast ha dimenticato le sue divisioni
per unirsi nell’ultimo saluto al suo figlio prediletto, George Best, il
’quinto Beatles’, il calciatore che faceva impazzire gli avversari in
campo con un dribbling, e i suoi fans fuori con i fasti di una vita spesa
tra donne e alcool.
Una folla commossa, fin dalle prime ore della giornata, ha atteso il passaggio del carro funebre che dalla tenuta di Cregagh, a est di Belfast (zona protestante), dove vive il padre Dickie, 87 anni, ha trasportato il feretro del campione al castello di Stormont, sede del parlamento nordirlandese. Un cielo triste e grigio come cornice dell’ultimo ritorno di Best nella sua citta’ natale dopo una lontananza durata 44 anni. La leggera pioggia ha bagnato le sciarpe, le bandiere e i fiori che i suoi tifosi hanno deposto sul cofano del carro funebre, preceduto dal suono delle cornamuse. La cerimonia funebre, durata poco piu’ di un’ora, e’ trascorsa tra canzoni struggenti e gli aneddoti raccontati dei suoi famigliari, dagli ex compagni di squadra e dai medici che lo hanno assistito nella sua disperata lotta contro l’alcolismo. Trecento invitati all’interno del parlamento, ma decine di migliaia per le strade (trecentomila secondo stime non ufficiali) davanti ai maxi schermi allestiti a Belfast e Manchester. Qualche milione davanti alla tv, seguendo la diretta allestita dalla Bbc. Tra i momenti piu’ toccanti della funzione, una poesia, inviata nei giorni scorsi da una donna di Belfast alla famiglia Best, e letta con voce rotta dall’emozione dal figlio Calum. Numerose le personalita’ del mondo della politica e dello sport presenti nella Great Hall del parlamento, tra le quali l’amico ed ex compagno ai tempi dello United Denis Law, il manager del Manchester United Sir Alex Ferguson, gli ex compagni di nazionale Derek Dougan, Peter McPartland, Harry Gregg e Gerry Armstrong e l’ex Ct Billy Bingham. Sono intervenute alla cerimonia anche le ex mogli Angie e Alex, l’ultima fidanzata Ros Hollidge e il suo agente Phil Hughes. Nel suo intervento davanti alla platea, il professor Roger Williams, medico personale di Best, ha ricordato la battaglia persa contro l’alcolismo, ma anche l’impegno del nord-irlandese fino alla fine per raccogliere fondi per la fondazione ’’George Best’’ contro la dipendenza dall’alcol. Terminata la cerimonia, il corteo funebre, ristretto ai famigliari e agli amici piu’ stretti, e’ proseguito alla volta del cimitero di Roselawn, dove Best, 59 anni, verra’ sepolto accanto alla madre Ann. L’ex Pallone d’Oro e’ morto lo scorso venerdi’ nell’ospedale londinese di Cromwell, dopo quasi due mesi di degenza a causa di un’infezione al rene. |
WINENEWS.IT |
Tre
grandi griffes del mondo del vino, come Bellavista, Ferrari, Biondi
Santi, ma anche Salvatore Ferragamo, Gucci, Valentino, Tod’s e tante altre
più importanti griffe del made in Italy, che fanno parte di
Altagamma, accomunate da un importante obiettivo etico: dare una famiglia
ad ogni bambino. Nel segno della solidarietà Altagamma ed Amici
dei Bambini si incontrano anche quest’anno (edizione n. 3), per realizzare
Il bello che fa bene, l’eccezionale vendita benefica di prodotti Altagamma,
aperta al pubblico e a favore dell’infanzia abbandonata. |
IL
MESSAGGERO (Abruzzo) |
VASTO
- Minacciato, insultato e, infine, riempito di botte nel suo locale per
appena 60 euro da quattro giovani rom. Se l’è vista davvero brutta
il gestore di un pub di Vasto, malmenato ieri notte da quattro zingari,
due dei quali minorenni, presi subito da Polizia e Carabinieri che li
hanno arrestati con l’accusa di lesioni personali, rapina ed estorsione.
In carcere a Vasto sono stati rinchiusi Ferdinando De Rosa, 20 anni e
Vincenzo Bevilacqua, 18 anni, entrambi di Vasto, mentre nella casa di
prima accoglienza dell’Aquila sono stati accompagnati C.B., 17 anni e
A.L., 14 anni, pure di Vasto. Protagonisti di una notte brava, hanno fatto
salire l’allarme in città, dove da tempo i rom non si segnalavano
per atti intimidatori e violenti di questa portata. Attorno alle 2,40
i quattro sono entrati nel pub "La luna nel pozzo" di Corso
Plebiscito che stava per chiudere i battenti e, dopo aver bevuto alcolici
per 60 euro senza pagare, hanno intimato al gestore, G.M., 38 anni, di
dar loro persino il denaro contenuto in cassa. Delusi dalla somma racimolata,
appena 20 euro, consegnati senza fiatare dal commerciante, i quattro hanno
bevuto ancora fino a quando, approfittando del fatto che il gestore fosse
solo, lo hanno malmenato forzando subito dopo il registratore di cassa,
dove c’erano altri 40 euro. Datisi alla fuga col denaro a bordo di una
Lancia "Y10" rossa, i rom sono stati intercettati in località
Sant’Antonio Abate da Carabinieri e Polizia, nel frattempo allertati da
G.M. e condotti in commissariato. E lì che l’esercente, medicato
dapprima in ospedale per le ferite riportate (guarirà in 7 giorni),
ha riconosciuto il quartetto. I dettagli dell’operazione sono stati illustrati
nel pomeriggio di ieri dal vice questore di Vasto, Ugo Terracciano, dal
sostituto commissario Domenico Perrozzi e dal capitano dei Carabinieri,
Giuseppe Loschiavo: "Un episodio preoccupante -hanno detto- perché
attuato con la violenza e la sopraffazione". Erano sotto l’effetto
dell’alcol, i quattro, per cui non si può parlare a priori di salto
di "qualità", ma quanto è accaduto ieri notte
rappresenta un fatto nuovo a Vasto, dove molti rom erano dediti in genere
all’usura prima e allo spaccio di droga poi.
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CORRIERE
ROMAGNA (Rimini) |
RIMINI
- Si preoccupa di soccorrere un cittadino extracomunitario in difficoltà
- accasciato semi-incosciente sull’asfalto - e per tutta risposta riceve
una sequela di insulti e un pugno in faccia. Il finale della versione
riveduta e corretta della parabola del buon samaritano ha visto l’arresto
dell’ingrato straniero: l’uomo era, infatti, evaso dai domiciliari. In
manette è finito così - ad opera dei carabinieri del Nucleo
operativo-radiomobile - il senegalese Manoudou Dia Elhadji. L’immigrato
era stato condannato alla pena di cinque mesi e dieci giorni da scontare
agli arresti domiciliari. Ma il richiamo dell’alcol è stato troppo
forte. L’altra sera è uscito di casa per bere e si è ubriacato
al punto da cadere a terra mezzo svenuto, in via Santa Maria a Mare. Di
lui, e delle sue condizioni di salute che facevano temre il peggio, si
era preoccupato un riminese di 50 anni: aveva cercato di prestargli soccorso.
Lo straniero ha ricambiato con un pugno in faccia. Il giudice ha disposto
il ripristino della custodia cautelare in carcere.
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