RASSEGNA STAMPA "ALCOL E GUIDA" Note
a cura di Alessandro Sbarbada |
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IL
GAZZETTINO (Belluno) |
Parola
d’ordine: superare la paura del giudizio e vivere pienamente nella
comunità. Gli alcolisti in trattamento del Veneto, che ieri
mattina si sono incontrati all’Auditorium dell’Istituto Canossiano
per l’annuale convegno regionale, hanno fatto il punto della situazione
su una problematica sempre capillarmente diffusa nel territorio. «Il
Veneto - ha spiegato Luigino Calì, presidente dell’Acat di
Feltre (l’associazione che riunisce i vari club degli alcolisti in
trattamento della zona) - è la regione in Italia con il numero
maggiore di club e di Acat, rispettivamente 531 e 41. Gli Acat in
provincia sono invece quattro, facenti riferimento ognuno ai club
del Feltrino, del Bellunese, dell’Agordino e del Cadore. L’appuntamento
di oggi, per la cui organizzazione devo ringraziare di cuore la nostra
segretaria Monica Chiea, è stato presieduto dalla presidente
Arcat Veneto Flaviana Conforto e ha voluto fare il bilancio del 2005.
Un anno che ha dato risultati positivi in termini di numero di persone
coinvolte sia del volontariato che del pubblico, di materiale informativo
distribuito, di costituzione di gruppi di lavoro su base volontaria
per attività di ricerca. Sono state inoltre rinforzate delle
collaborazioni di rete che hanno portato, ad esempio, a gettare le
basi per la preparazione del documento "L’alcologia nel Veneto.
Non solo cura ma cultura". Per il 2006 ci si propone un progetto
articolato in molteplici azioni che hanno come comune denominatore
il coinvolgimento della rete alcologica sia nel livello professionale
che di volontariato. Ogni iniziativa è caratterizzata a contribuire
al cambiamento della cultura generale sull’alcol e all’aumento delle
competenze e delle capacità delle persone che si dedicano a
questi lavori. Tra i vari incontri a livello regionale previsti per
il 2006 il Feltrino, nello specifico il Centro Papa Luciani di S.
Giustina, ospiterà quello in programma a giugno dedicato a
"Il Centro Alcologico Territoriale Funzionale. Una proposta di
lavoro in rete oltre le istituzioni". Ma quello di ieri è
stato anche un confronto strettamente umano, in cui varie persone
hanno raccontato le loro esperienze di vita. Testimonianze spesso
dolorose nei confronti delle quali è stato posto però
tanto coraggio. Ed ecco che c’è quindi chi, con meritato orgoglio,
annuncia i propri 1981 giorni di astinenza dall’alcol. «Siamo
una grande famiglia - sottolinea Calì - aperta a tutti coloro
che desiderino entrarne a far parte. L’Acat del Feltrino è
aperto tutti i lunedì e i mercoledì, dalle 9 alle 11,
nella sede di Borgo Ruga. Benvengano quanti vogliono avere maggiori
informazioni o iniziare a prender parte ai nostri incontri».
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L’ADIGE |
SCURELLE
– «Una festa, innanzitutto». Questo il commento di Augusta
Brendolise, presidente dell´Acat Valsugana Orientale e Tesino in
occasione del XII Interclub di zona dell´Acat (Associazione club
alcolisti in trattamento) tenutosi ieri pomeriggio presso il teatro parrocchiale
di Scurelle.
Durante la cerimonia, organizzata in collaborazione con il Centro di alcologia di Borgo Valsugana e con il patrocinio del Comune e della Parrocchia di Scurelle e della Cassa Rurale di Olle Samone Scurelle, sono stati premiati coloro che maggiormente si sono attenuti alla «sobrietà». Ma l´incontro è stato anche un´occasione per presentare l´attività dell´associazione Acat Valsugana Orientale e Tesino, che conta sei club, tre dei quali dislocati a Borgo, gli altri a Roncegno, Tezze e Scurelle. «La nostra associazione – ha spiegato la presidente Augusta Brendolise – differisce da quella degli Alcolisti anonimi, in quanto, pur avendo il medesimo obiettivo, prevede una più diretta partecipazione delle famiglie aventi al loro interno un componente con un problema di alcol dipendenza. Un percorso di crescita, unito da uno spirito di solidarietà e di fratellanza». Lo stesso titolo dell´incontro, «Insieme oltre le barriere», evidenzia infatti la centralità della condivisione e la necessità di abbattere le barriere che «stanno dentro e fuori l´associazione». «Oltre ad essere una festa di premiazione – ha affermato Augusta Brendolise – questo incontro può costituire per la nostra associazione anche una possibilità di allargamento. Talvolta le persone colpite dal problema dell´alcol o le loro famiglie esitano a chiedere aiuto, non solo per il timore di esporsi». Remo Mengon, presidente provinciale dell´Apcat, ha poi confermato, anche per la realtà della Bassa Valsugana, una tendenza comune. «Il problema dell´alcol – ha affermato – si sta diffondendo in maniera preoccupante. E questo non solo in termini quantitativi. Non sono pochi, nelle nostre zone, ragazzini delle scuole medie che fanno abuso di sostanze alcoliche». M.Pe. |
L’ADIGE |
Questo
il titolo di una accorata lettera sul giornale di venerdì, su
una stremata angoscia di un figlio, su una concreta vicenda di vita
vissuta, sulla estrema solitudine di un uomo, in una società,
la nostra, che pure vuole essere attenta alla solidarietà nei
confronti della disperazione e dell´emarginazione. Richiamo l´attenzione
su quella lettera e sul senso di quella denuncia che un giovane ha scritto |
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E’
mezzanotte, iniziano le scommesse a chi rompe più specchietti.
A chi riesce a far passare l’urina dalle fessure degli sportelli
delle auto parcheggiate, con l’ausilio di un barattolo, appena riempito.
A chi riesce a spaccare una bacheca di un ristorante o una vetrina.
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I
vigili del fuoco hanno impiegato più di un’ora per estrarre
dalle lamiere dell’abitacolo la passeggera Cristina Franceschetto,
che urlava dal dolore. Aveva entrambe le gambe rotte. I vigili del fuoco
e i sanitari del Suem hanno lavorato con attenzione per non peggiorare
la già difficile situazione, testimoniata dal ricovero in ortopedia
della giovane per un duplice intervento e una convalescenza che si annunciano
molto lunghi. A provocare l’incidente è stato il conducente
della Renault Clio Paolo Sartori, 28 anni, residente in città in
strada Pasubio 304, uscito illeso e al quale è stata ritirata la
patente per guida in stato d’ebbrezza.
Pare che non sia la prima volta che a Sartori venga ritirata la patente di guida. L’incidente, che non ha visto il coinvolgimento di altri mezzi, è avvenuto in strada Ambrosini poco dopo l’una di ieri notte. Sartori era al volante di una Renault Clio e al fianco aveva l’amica Cristina Franceschetto. Lo schianto è avvenuto in un tratto rettilineo di strada Ambrosini, che collega il capoluogo al Biron. All’ora in cui la Clio è andata a centrare l’albero dopo una pauroso testa coda, il fondo stradale era sdrucciolevole a causa del nevischio. Sembra, in base ai rilievi della polizia municipale, che Sartori abbia perso il controllo della vettura dopo un sorpasso. In fase di rientro, infatti, non è più riuscito a guidarla ed è andata a sbattere violentemente con la parte anteriore, dalla parte della passeggera, contro l’albero. A dare l’allarme sono stati gli occupanti dell’auto superata, i quali hanno subito segnalato la gravità dell’incidente. Cristina Franceschetto si è salvata perché aveva le cinture di sicurezza, altrimenti, come hanno spiegato i soccorritori, per lei non ci sarebbe stata scampo. Basti dire che la ruota destra era arrivata all’altezza del sedile della ragazza, che ha sofferto molto, prima che i pompieri riuscissero a estrarla. In questo frangente, comunque, i sanitari del Suem l’hanno sedata e stabilizzata per evitare che le sue condizioni peggiorassero. È stato molto difficile, comunque, estrarla dalla Clio, come dimostra il tempo impiegato. L’intervento si è concluso verso le 3. È toccato poi alla polizia municipale sottoporre alla prova dell’alcoltest Sartori, il quale, anch’esso salvato dalle cinture, è risultato abbondantemente positivo. Sarà denunciato alla procura per la guida in stato d’ebbrezza e per le lesioni colpose nei confronti dell’amica, che ha rischiato la vita. |
L’ADIGE |
Quel
tir ondeggiava paurosamente in autostrada. Invadeva la corsia di sorpasso
e poi tornava al suo posto. Erano le cinque di ieri mattina, per fortuna
sull´A22 il traffico era davvero scarso. Il camion, però,
zizgava in maniera pericolosa. Per fortuna è stato avvistato da
una pattuglia della polizia stradale. Gli agenti si sono messi all´inseguimento
del mezzo pesante più o meno all´altezza di Trento-centro,
ma hanno dovuto faticare sette camicie per fermare il camion. Il tir ondeggiava
e non permetteva il sorpasso alla macchina della polizia. Gli agenti hanno
dovuto attendere il momento giusto per sorpassare il mezzo pesante. Ci
sono riusciti solo all´altezza di Trento-nord. Hanno fatto accostare
il camion e poi hanno fatto scendere l´autista che era ubriaco a
prima vista. L´uomo, un quarantenne di Ancona, dipendente di una
ditta di autotrasporti, è stato denunciato per ubriachezza molesta
e guida in stato di ebbrezza. Gli agenti gli hanno ritirato la patente
e, per cortesia, gli hanno anche chiesto se voleva che chiamassero un
taxi per lui. Lui, per tutta risposta, ha detto che preferiva una ragazza.
Così si è fatto a piedi la strada fino a Trento.
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Si
sono scritti fiumi di parole sulle due trasmissioni "Report"
di Rai Tre dedicate al Vino e condotte dalla brava Milena Gabanelli. In
generale il mondo del vino è insorto sia dopo la trasmissione del
24 settembre 2004 sia dopo la breve replica del 20 novembre 2005 di cui
potete leggere la trascrizione integrale.
In generale, dicevo, il mondo del vino si è sollevato in difesa dei propri interessi. Nulla di strano, ci mancherebbe, anzi doveroso in alcuni casi. Mentre la trasmissione del 2004, di più ampio respiro, aveva toccato diverse connivenze tra vino e salute, vino e frode, vino e chimica, vino e denaro, il breve richiamo interno alla trasmissione del 20 novembre 2005 è risultato, più che un approfondimento o un "vediamo come è andata a finire" nel classico Report Style, una sorta di controdenuncia contro le azioni intraprese dall’Unione Italiana Vini e da alcuni parlamentari contro la trasmissione. Ora, alcune mie personalissime considerazioni. Entrambe le trasmissioni - la prima in particolare, visto che era quasi interamente dedicata al vino - hanno probabilmente peccato di scarso approfondimento. Tutti i temi trattati, sia pur in molti casi ampiamente condivisibili, hanno subito negativamente le forzose tempistiche ed il particolare taglio che una trasmissione televisiva di denuncia quale è Report purtroppo si deve dare per sopravvivere, con quella dose indispensabile di senzionalismo utile alla buona riuscita del prodotto trasmissione. Report non è e non vuole essere un documentario ma una trasmissione che gioca tutto sulla velocità e sull’impatto della comunicazione. E’ una trasmissione molto utile per sollevare i coperchi, apre il dibattito sul tema trattato e, puntando come ogni altra trasmissione anche allo share, il tutto deve essere fatto nel modo più accattivante e senzionalistico possibile, pena la chiusura della trasmissione stessa e sarebbe l’ennesima voce spenta di cui non abbiamo bisogno. Quello che la gente - o almeno gli addetti ai lavori - si aspettavano, era l’altra faccia della medaglia. Ma Report non è un film alla Nossiter è un’altra cosa. La funzione di Report è scoprire la "magagna", quello che non va. Sollevare l’opinione pubblica su un tema che merita attenzione. Non credo proprio che l’intento di Gabanelli e co. fosse quello di screditare il mondo del vino anche se, di fatto, in parte è successo. L’errore, se di errore si tratta, è stato quello di applicare lo stesso identico taglio ed il medesimo metodo di sempre ad un prodotto, il vino, in cui non vi è una solida base "contro" dell’opinione pubblica ma, piuttosto, una solida base "pro". Mi spiego : se si parla di politici corrotti, di processi lenti, di export di alimenti tossici o avariati, di parlamentari strapagati, di sfruttamento della prostituzione...ecc., si parte già da una base di consenso - verso la trasmissione intendo - molto ampio da pare dell’opinione pubblica, consenso in parte fondato su dati di fatto, in parte fondato su luoghi comuni che, come tali, portano con se anche la loro buona parte di verosimiglianza. Nel caso del vino è stato diverso. Ferma la correttezza degli aspetti toccati (l’alcool fa male, il vino costa troppo, le frodi sulle doc e le docg, le pratiche di cantina spesso esasperate e senza ritegno...), qui la trasmissione di denuncia si è andata a scontrare con un prodotto che gode di larghissimo consenso tra l’opinione pubblica, per non parlare degli addetti ai lavori e degli stessi operatori o associazioni di categoria. La trasmissione è andata volontariamente contro i luoghi comuni a favore del prodotto e, un po’ più involontariamente, contro il buono che pur vive sano e vegeto nel settore. Ecco il motivo della maggior resistenza da parte dell’opinione pubblica e della grandissima eco mediatica che la prima trasmissione e in parte anche la seconda hanno avuto. Per l’italiano medio il vino accompagna il pasto ed è giusto così. Per il consumatore più evoluto il vino è anche tradizione, valore, qualità, fierezza del territorio e cultura. Di questo purtroppo, del buono del vino, la trasmissione non ha parlato ma è una trasmissione di denuncia, che ci si poteva aspettare ? Deve tirar fuori il male e non l’altra faccia della medaglia. Per quella ci sono già fior di trasmissioni, giornali, riviste e codazzo di markettari e conduttori pronti a sciorinar parole e incensi. Circa l’azione dell’Unione Italiana Vini contro la trasmissione credo non ci sia molto da dire. In quanto associazione di categoria, l’Unione non ha fatto altro che tutelare i relativi interessi nei modi e nelle sedi ritenute più opportune e con tutta la forza ritenuta necessaria. Lo stesso impegno e la stessa forza, auspicabilmente, andrebbe profuso nella repressione delle frodi. Voglio dire un’ultima cosa, infine, su alcol e salute, uno dei temi più caldi tra quelli toccati da Report. L’alcool fa male. E’ una molecola dannosa per la cellula umana, questa è una verità assoluta. E’ come dire che il fumo fa male. E’ la stessa cosa. Ma come sostengo la sigaretta (o il sigaro) del piacere, quella dopo il caffé o dopo una lunga cena piacevole con amici, sostengo anche fortemente un consumo avveduto di alcol, sia esso contenuto in un buon distillato che in un cocktail o in una buona bottiglia di vino. Dovrei concludere dicendo che l’importante in fondo è non esagerare, la moderazione, il controllo ma so che ognuno di noi è padrone della propria vita, delle proprie gioie e dei propri dolori e che nessuno può impedirci di vivere come desideriamo, assecondando, quando lo vogliamo, i nostri vizi, i nostri desideri, i nostri eccessi. |
TEATRONATURALE.IT |
L’inchiesta
“in vino veritas” aveva suscitato scalpore ma anche le proteste
di vignaioli e di molte associazioni. Della puntata incriminata se ne
è occupato anche il Parlamento. La redazione di Report è
stata così costretta a dar voce a alle repliche. Naturalmente l’hanno
fatto a loro modo, perché la vendetta è un piatto da servire
freddo |
IL
GIORNALE.IT |
Caro
Paolo, quando uscì il Tavernello ricordo i commenti feroci di mio
nonno contadino, amante del vino buono e della genuinità senza
bisogno di slow food. Per cui ho pensato molto prima di darti questa mia
adesione. Però credo che se mio nonno oggi fosse ancora vivo, forse
sarebbe così irritato da tutti questi che «avvinano allappando
in modo complesso e strutturato», di quelli che straparlano di «sapore
polposo di banana struggente» soltanto per cercare di stupire gli
amici, che forse, alla fine, si convertirebbe al Tavernello pure lui.
Ci hai fatto caso? Ormai non c’è più un rivoluzionario che
non sia passato dalla barricata alla barrique e se non hai scritto almeno
un saggio sulla coscienza artistica del brachetto e sul meticciato del
vitigno non sei nessuno. Dalle lotte alla botte, barbera rossa, la trionferà.
Ho scritto un libro che si chiama «Siamo fritti» (tu ne hai
anche gentilmente parlato ai tuoi lettori) in cui ho espresso più
o meno queste idee. Per cui oggi ho deciso: nel club del Tavernello ci
voglio essere anch’io. Non posso non esserci anch’io. Mio nonno capirà.
Che ci volete fare? Siamo fatti così. Gente semplice. Al SensoOfWine
degli slowfood preferiamo il buon senso delle vecchie osterie. Agli ubriachi
di parole, gli ubriaconi veri. Sarà pure Tavernello, ma almeno
è vino sincero. (*)
MARIO GIORDANO Direttore di Studio Aperto Milano Noi del Circolo del Tavernello ti aspettavamo, caro Mario. Il tuo Siamo fritti (Mondadori editore, repetita juvant) è uno dei nostri più diletti e consultati breviari. Sì, lo so e lo hai anche ricordato nel tuo libro, Nico Orengo risulta fra gli autori del più bischero dei Quaderni di Micromega, Il cibo e l’impegno, dove si discettava sulla valenza culturale, «ma anche di liberazione e di riscatto sociale» delle vettovaglie, sulla «metafisica dello champagne», sulla mozzarella che per Lidia Ravera, ti cito, deve essere «bianca», ci mancherebbe, «morbida», credo per poterla distinguere dal Parmigiano e «masticabile». Tuttavia, credimi, anche il Di viole e liquirizia di Nico Orengo potrebbe ben figurare nella biblioteca dei soci del Circolo del Tavernello. Ma all’Einaudi, dove tutti hanno la tessera dello Slow Food e stravedono per Aimo e Nadia, «i due chef più rinomati di tutte le Michelin» che imbandirono una memorabile cena (sociale?) al Leonkavallo, all’Einaudi dove non bevono il vino ma l’etichetta sulla bottiglia e in un centello di Barbaresco rinvengono centotrentadue «sentori» ivi compreso quello, leggendario, di cuoio bulgaro e probabilmente anche «il sapore polposo della banana struggente», storcerebbero il naso. E figuriamoci se gente come noi, affabile e bendisposta, va a sfruculiare la gloriosa casa editrice dello Struzzo. Non se ne parla nemmeno. La tua adesione, caro Mario ci onora e ci lusinga. Ora non manca che essere invitati da Bruno Vespa a «Porta a porta» ed è fatta. Una cosa però non mi torna e magari tu potresti darmi una mano per chiarirmi le idee. Questa: il fatto di essere così numerosi - abbiamo più soci di quanti votano lo Sdi di Enrico Boselli - e determinati a «portare avanti» l’istanza tavernellesca (come ben sai non siamo semplicemente ostili alla retorica del vino, ma a tutte le magniloquenze, alle frasi fatte, agli slogan, al pensiero preelaborato, al conformismo di massa, a tutto ciò che è imposto perché «di tendenza», ai film e ai romanzi che ci devono per forza piacere, al linguaggio tronfio e vuoto di certa politica, alle ipocrisie multietniche, al relativismo culturale, allo sbracamento dei costumi e al vezzo girotondino di dare del tu) non è che comporta l’automatica appartenenza alla società civile? Te lo chiedo perché dopo una vita spesa a stare alla larga da tromboni e intellettuali, che poi sono la stessa cosa, non vorrei ritrovarmici a braccetto. Capisci bene che se così fosse non basterebbero mille ciucche di Tavernello per farmene una ragione. Paolo Granzotto (*) Nota: non sentiamo la nostalgia per gli ubriaconi “veri” di una volta. Nello stesso tempo è pur vero che questo assillante parlare di vino in ogni occasione ed in termini sempre estasianti inizia ad essere stucchevole. E non solo per chi non gli piace bere. |
REUTERS
ITALIA |
MILANO
- La Consob ha sospeso in via cautelare per 90 giorni l’offerta pubblica
di acquisto promossa da Vinonovo by Trading Up srl avente ad oggetto bond
argentini, in cambio dei quali la società si impegna a cedere,
come corrispettivo, del vino.
Lo comunica la newsletter settimanale aggiungendo che Vinonovo sta offrendo in questo modo, anche attraverso il proprio sito, la possibilità di recuperare fino al 75% del valore nominale dei titoli. "L’insieme degli elementi raccolti induce a ritenere che sussista il fondato sospetto che l’offerta sia svolta in violazione della normativa vigente", si legge. L’operazione sembra rivestire per la Consob le caratteristiche di un’offerta pubblica di acquisto o scambio e, in relazione ad essa, non risulta essere stata effettuata la preventiva comunicazione alla commissione, né risulta essere stato trasmesso il documento d’offerta destinato alla pubblicazione. |
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