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Rassegna stampa alcol e guida del 28 novembre 2005

RASSEGNA STAMPA "ALCOL E GUIDA"

Note a cura di Alessandro Sbarbada
Servitore-insegnante in un Club degli Alcolisti in trattamento a Mantova.


IL GAZZETTINO (Belluno)
RIUNITI A FELTRE
Alcolisti veneti : «Recuperarsi, ma cambi la cultura».
  

Parola d’ordine: superare la paura del giudizio e vivere pienamente nella comunità. Gli alcolisti in trattamento del Veneto, che ieri mattina si sono incontrati all’Auditorium dell’Istituto Canossiano per l’annuale convegno regionale, hanno fatto il punto della situazione su una problematica sempre capillarmente diffusa nel territorio. «Il Veneto - ha spiegato Luigino Calì, presidente dell’Acat di Feltre (l’associazione che riunisce i vari club degli alcolisti in trattamento della zona) - è la regione in Italia con il numero maggiore di club e di Acat, rispettivamente 531 e 41. Gli Acat in provincia sono invece quattro, facenti riferimento ognuno ai club del Feltrino, del Bellunese, dell’Agordino e del Cadore. L’appuntamento di oggi, per la cui organizzazione devo ringraziare di cuore la nostra segretaria Monica Chiea, è stato presieduto dalla presidente Arcat Veneto Flaviana Conforto e ha voluto fare il bilancio del 2005. Un anno che ha dato risultati positivi in termini di numero di persone coinvolte sia del volontariato che del pubblico, di materiale informativo distribuito, di costituzione di gruppi di lavoro su base volontaria per attività di ricerca. Sono state inoltre rinforzate delle collaborazioni di rete che hanno portato, ad esempio, a gettare le basi per la preparazione del documento "L’alcologia nel Veneto. Non solo cura ma cultura". Per il 2006 ci si propone un progetto articolato in molteplici azioni che hanno come comune denominatore il coinvolgimento della rete alcologica sia nel livello professionale che di volontariato. Ogni iniziativa è caratterizzata a contribuire al cambiamento della cultura generale sull’alcol e all’aumento delle competenze e delle capacità delle persone che si dedicano a questi lavori. Tra i vari incontri a livello regionale previsti per il 2006 il Feltrino, nello specifico il Centro Papa Luciani di S. Giustina, ospiterà quello in programma a giugno dedicato a "Il Centro Alcologico Territoriale Funzionale. Una proposta di lavoro in rete oltre le istituzioni". Ma quello di ieri è stato anche un confronto strettamente umano, in cui varie persone hanno raccontato le loro esperienze di vita. Testimonianze spesso dolorose nei confronti delle quali è stato posto però tanto coraggio. Ed ecco che c’è quindi chi, con meritato orgoglio, annuncia i propri 1981 giorni di astinenza dall’alcol. «Siamo una grande famiglia - sottolinea Calì - aperta a tutti coloro che desiderino entrarne a far parte. L’Acat del Feltrino è aperto tutti i lunedì e i mercoledì, dalle 9 alle 11, nella sede di Borgo Ruga. Benvengano quanti vogliono avere maggiori informazioni o iniziare a prender parte ai nostri incontri».
Raffaella Gabrieli.

L’ADIGE
Interclub degli alcolisti in trattamento. Cresce il consumo di alcol anche tra i ragazzini
Scurelle, condivisione per la sobrietà.

SCURELLE – «Una festa, innanzitutto». Questo il commento di Augusta Brendolise, presidente dell´Acat Valsugana Orientale e Tesino in occasione del XII Interclub di zona dell´Acat (Associazione club alcolisti in trattamento) tenutosi ieri pomeriggio presso il teatro parrocchiale di Scurelle.
Durante la cerimonia, organizzata in collaborazione con il Centro di alcologia di Borgo Valsugana e con il patrocinio del Comune e della Parrocchia di Scurelle e della Cassa Rurale di Olle Samone Scurelle, sono stati premiati coloro che maggiormente si sono attenuti alla «sobrietà». Ma l´incontro è stato anche un´occasione per presentare l´attività dell´associazione Acat Valsugana Orientale e Tesino, che conta sei club, tre dei quali dislocati a Borgo, gli altri a Roncegno, Tezze e Scurelle. «La nostra associazione – ha spiegato la presidente Augusta Brendolise – differisce da quella degli Alcolisti anonimi, in quanto, pur avendo il medesimo obiettivo, prevede una più diretta partecipazione delle famiglie aventi al loro interno un componente con un problema di alcol dipendenza. Un percorso di crescita, unito da uno spirito di solidarietà e di fratellanza». Lo stesso titolo dell´incontro, «Insieme oltre le barriere», evidenzia infatti la centralità della condivisione e la necessità di abbattere le barriere che «stanno dentro e fuori l´associazione». «Oltre ad essere una festa di premiazione – ha affermato Augusta Brendolise – questo incontro può costituire per la nostra associazione anche una possibilità di allargamento. Talvolta le persone colpite dal problema dell´alcol o le loro famiglie esitano a chiedere aiuto, non solo per il timore di esporsi».
Remo Mengon, presidente provinciale dell´Apcat, ha poi confermato, anche per la realtà della Bassa Valsugana, una tendenza comune. «Il problema dell´alcol – ha affermato – si sta diffondendo in maniera preoccupante. E questo non solo in termini quantitativi. Non sono pochi, nelle nostre zone, ragazzini delle scuole medie che fanno abuso di sostanze alcoliche». M.Pe.

L’ADIGE
Nessun dorma. - Trento, Bella addormentata e scaricabarile.

Questo il titolo di una accorata lettera sul giornale di venerdì, su una stremata angoscia di un figlio, su una concreta vicenda di vita vissuta, sulla estrema solitudine di un uomo, in una società, la nostra, che pure vuole essere attenta alla solidarietà nei confronti della disperazione e dell´emarginazione. Richiamo l´attenzione su quella lettera e sul senso di quella denuncia che un giovane ha scritto
Nessun dorma, perché è il racconto, dal vivo e dal vero, reality sì e non una fiction e neppure uno show, di grande maturità critica e di riflessione, una lancia, però, che colpisce al fianco la nostra realtà sociale e la sua ricca rete di associazioni.
Anzi per la precisione, forse colpisce ed evidenzia il tallone di Achille di tanto ed esteso sistema..
Rinvio, per i dettagli, alla lettura della lettera di Alex, trattengo qui solo come sintesi la storia di un uomo passato dalla colpa di un semplice errore all´emarginazione, all´alcol e all´estromissione sociale.
Ebbene, a questo uomo e a chi per affetto vuole aiutarlo, è successo e sta succedendo quanto purtroppo ha frequente riscontro nell´esperienza di chiunque di noi si imbatta, casualmente o nell´ambito della propria professione, penso ad un avvocato, un medico, uno psicologo, nel compito o nel desiderio di essere d´aiuto al prossimo, in una situazione di miseria estrema.
Per miseria estrema intendo quando in ballo c´è, o meglio ballano assieme, fame, lavoro e alloggio.
Per la fame, risposte immediate esistono, e mai sono sufficientemente benedette, le mense dei frati e di don Dante.
Sul resto però non ci siamo. I dormitori pubblici se anche fossero sufficienti, non possono certo essere una risposta per quei casi, anche ben selezionati e valutati, in cui si impone la questione di offrire doverosamente al prossimo la possibilità di rifondare la propria vita. Già, un alloggio ed un lavoro protetto, fosse anche pro-tempore.
E quindi non sto parlando, si badi bene, di offrire case a chiunque, che non sarebbe male, ma che in breve trasformerebbe qualsiasi città in Mecca di qualsiasi disperato, e da ciò emerge quanto è distorta una civiltà che necessita di una quota frizionale di disperati quale baluardo ultimo di difesa nei confronti dei disperati del sud del mondo. Ma andiam pure oltre.
La società trentina ha predisposto, dicevo, una ricchissima rete di agenzie, associazioni, centri, cooperative sugli innumerevoli aspetti del bisogno sociale.
Ogni problema trova progetti e competenti cultori di analisi, statistiche, prevenzioni e fraterne assistenze psico-sociologiche.
Ma tutto questo castello, a volte, solo a volte ?, crolla fragorosamente di fronte al caso concreto.
Si sanno individuare cioè i problemi, ma molto meno i casi. Quelli veri, ben denominati.
E così è il caso descritto, se vogliamo anche assai semplice, nella lettera firmata di quel giovane.
Il caso di una persona che per recuperare la fiducia in se stesso avrebbe avuto bisogno, innanzitutto, di quanto è più essenziale a chi sta per precipitare oltre i margini: un alloggio ed un lavoro protetto.
Dopo di che, ben vengano servizi di assistenti, educatori, psicologi, volontari, pacati, gentili, disponibili all´ascolto.
I tempi burocratici, le attese, i rinvii, l´aprirsi di pratiche e faldoni, le mancate risposte o le fumose, non c‘entrano nulla con le urgenze di un disoccupato senzatetto.
Ma se il nostro sistema di rete di solidarietà si scontra con l´impossibilità di dare quanto è indispensabile per ripristinare un discorso di dignità umana, allora rischia di essere solo un bel castello, con una bella facciata, ma di carta.
Allora, io dico, stiamoci attenti, ma attenti assai, a non trasformare la solidarietà in una sorta di marketing del sociale.
Intendo con ciò il rischio di creare tanti progetti, ricerche e centri d´ascolto, tante realtà organizzate, tanti esperti, tante scuole di formazione, tanti operatori, insomma un grosso mercato che rischia però di vivere almeno in gran parte su se stesso.
Un grosso settore in grado di produrre pure, per quantità di stipendi, una buona fetta di Pil Trentino, ma che non sa poi affrontare i casi concreti, ovvero che dispone di molte più sedi, dirigenti e assistenti di quanti alloggi o posti di lavoro o quantomeno un modesto contributo, indispensabile però alla sopravvivenza, da mettere a disposizione dei propri utenti, anche quando visibilmente serve ed è urgente.
E´ bene aprire una riflessione critica su questo aspetto. Perché diventa inutile approntare un esercito ben coordinato di soccorritori se poi non si dispone di strumenti idonei per il soccorso, o se la maggior parte dei costi va imputata ai soccorritori medesimi.
Io credo che immediatamente debba prendere avvio un ultimo “centro d´ascolto”, ma che sia una autority, come si dice, che abbia il potere di mettere in discussione interi settori della rete di solidarietà, quando emerge che la rete è utile solo alla propria sopravvivenza, ma inefficiente e inefficace a dare risposta ai casi concreti nei tempi che i casi concreti necessitano.
Altrimenti diciamoci che, con belle parole di solidarietà, stiamo solo risolvendo un problema occupazionale, con tante belle sedi e altrettante consulenze di contorno.
GIUSEPPE RASPADORI.

 
IL MESSAGGERO (Umbria)
Piazza Piccinino, la notte è dei vandali
Auto danneggiate, scazzottate e sporcizia, allarme di residenti e ristoratori
di MAURIZIO TROCCOLI .

E’ mezzanotte, iniziano le scommesse a chi rompe più specchietti. A chi riesce a far passare l’urina dalle fessure degli sportelli delle auto parcheggiate, con l’ausilio di un barattolo, appena riempito. A chi riesce a spaccare una bacheca di un ristorante o una vetrina.
E’ sabato sera, al centro di Perugia. Dopo una sbornia garantita dalla lunga serata, trascorsa a bere e sghignazzare da un bar all’altro. Dopo aver provveduto a vomitare in qualche vicoletto, dietro le auto, o persino davanti l’ingresso di un locale. Dopo aver battuto sui banconi un cicchetto dietro l’altro, a soli 50 centesimi l’uno, tra gli "economici" bar del centro, bande di ragazzi di età non superiore a 25 anni, si garantiscono l’happy end scommettendo a chi è il più "coraggioso".
Per vincere bisogna essere ben alticci, dimostrare di essere disposti a fare ricorso alla violenza, distruggere tutto quanto è alla portata delle proprie braccia o delle proprie gambe, senza mostrare segni di timore.
Per assistere a questo spettacolo è molto semplice. Basta improvvisarsi "spie", parcheggiare la propria auto poco distante dall’uscita dei locali più frequentati del centro. Fare attenzione a rimanere immobili, per non farsi vedere e pazientare alcuni minuti.
Si va dalle piccole scaramucce per precedenti scintille innescate all’interno dei locali, a vere "scazzottate", al consolidato ”rito” di spaccare le bottiglie di vetro al ritmo di cori e urla.
I proprietari dei locali del centro: da "La botte" a "Mediterranea", dal "Falcetto" al cinema "Turreno", fanno coro unanime contro il degrado che negli ultimi due anni sembra non arrestarsi: «Questi ragazzetti - spiegano - non vengono da fuori regione. Non si tratta di extracomunitari o di spacciatori. No. Sono i figli della "Perugia bene", che si possono permettere di consumare per tutta la serata, e che sembra vogliano dimostrare di essere i padroni del "centro". Dopo le 11 di sera, da piazza Piccinino alle scale del Duomo per terra è una "latrina". Sulle strade non ci sono agenti, non esistono persone che nei locali danno un freno agli irriducibili bevitori. Le guardie comunali non entrano per i controlli e le poche forze dell’ordine, che di tanto in tanto sorvegliano, non fanno in tempo ad intervenire che già i ragazzi se la danno a gambe.
Mettiamoci pure la chiusura al traffico, quindi le strade libere e a completa disposizione di questi scalmanati, ed ecco scattata la fotografia del centro storico di notte».
In effetti i gestori dei locali del centro interpretano lo Ztl come un ulteriore ostacolo alla sicurezza, per la riduzione del traffico e, a loro dire «del controllo», che comporta. «In realtà - spiegano - molti sanno già come fare per eludere le telecamere».
Ci mancava anche questa: a telecamere accese (centro storico off limits per chi non ha il permesso) ci sarebbe chi riesce ad entrare senza autorizzazione evitando la sanzione.
Lo raccontano i commercianti: «Qualcuno provvede a rubare l’apparecchio automatico all’interno delle auto che ne sono legittimamente provviste. Altri invece rischiano di meno: pagano il parcheggio e, con un solo euro, riescono ad avere via libera sull’area a traffico limitato. Altri ancora si recano in farmacia, acquistano qualcosa a basso prezzo, ad esempio una siringa, e lasciano i propri dati al farmacista che provvede a segnalare la vettura presso il centro di controllo dello Ztl, in modo che non sia sanzionata».
Al Far west, però, sarebbe possibile mettere un argine. I commercianti chiedono una presenza quotidiana delle forze dell’ordine: «Piuttosto che passare la serata all’aeroporto di Sant’Egidio - sottolineano -, le pattuglie potrebbero venire al centro».

IL GIORNALE DI VICENZA
L’incidente è avvenuto ieri notte intorno all’una in strada Ambrosini, quando una Clio è andata a sbattere violentemente contro albero
Schianto, ragazza incastrata si rompe le gambe
Ritirata la patente al conducente che guidava in condizioni alterate. Non era la prima volta.

I vigili del fuoco hanno impiegato più di un’ora per estrarre dalle lamiere dell’abitacolo la passeggera Cristina Franceschetto, che urlava dal dolore. Aveva entrambe le gambe rotte. I vigili del fuoco e i sanitari del Suem hanno lavorato con attenzione per non peggiorare la già difficile situazione, testimoniata dal ricovero in ortopedia della giovane per un duplice intervento e una convalescenza che si annunciano molto lunghi. A provocare l’incidente è stato il conducente della Renault Clio Paolo Sartori, 28 anni, residente in città in strada Pasubio 304, uscito illeso e al quale è stata ritirata la patente per guida in stato d’ebbrezza.
 
Pare che non sia la prima volta che a Sartori venga ritirata la patente di guida. L’incidente, che non ha visto il coinvolgimento di altri mezzi, è avvenuto in strada Ambrosini poco dopo l’una di ieri notte.
Sartori era al volante di una Renault Clio e al fianco aveva l’amica Cristina Franceschetto. Lo schianto è avvenuto in un tratto rettilineo di strada Ambrosini, che collega il capoluogo al Biron.
All’ora in cui la Clio è andata a centrare l’albero dopo una pauroso testa coda, il fondo stradale era sdrucciolevole a causa del nevischio. Sembra, in base ai rilievi della polizia municipale, che Sartori abbia perso il controllo della vettura dopo un sorpasso. In fase di rientro, infatti, non è più riuscito a guidarla ed è andata a sbattere violentemente con la parte anteriore, dalla parte della passeggera, contro l’albero.
A dare l’allarme sono stati gli occupanti dell’auto superata, i quali hanno subito segnalato la gravità dell’incidente.
Cristina Franceschetto si è salvata perché aveva le cinture di sicurezza, altrimenti, come hanno spiegato i soccorritori, per lei non ci sarebbe stata scampo. Basti dire che la ruota destra era arrivata all’altezza del sedile della ragazza, che ha sofferto molto, prima che i pompieri riuscissero a estrarla.
In questo frangente, comunque, i sanitari del Suem l’hanno sedata e stabilizzata per evitare che le sue condizioni peggiorassero. È stato molto difficile, comunque, estrarla dalla Clio, come dimostra il tempo impiegato. L’intervento si è concluso verso le 3.
È toccato poi alla polizia municipale sottoporre alla prova dell’alcoltest Sartori, il quale, anch’esso salvato dalle cinture, è risultato abbondantemente positivo. Sarà denunciato alla procura per la guida in stato d’ebbrezza e per le lesioni colpose nei confronti dell’amica, che ha rischiato la vita.

L’ADIGE
Inseguito dalla polizia sull´A22, ondeggiava paurosamente
Bloccato camionista ubriaco.

Quel tir ondeggiava paurosamente in autostrada. Invadeva la corsia di sorpasso e poi tornava al suo posto. Erano le cinque di ieri mattina, per fortuna sull´A22 il traffico era davvero scarso. Il camion, però, zizgava in maniera pericolosa. Per fortuna è stato avvistato da una pattuglia della polizia stradale. Gli agenti si sono messi all´inseguimento del mezzo pesante più o meno all´altezza di Trento-centro, ma hanno dovuto faticare sette camicie per fermare il camion. Il tir ondeggiava e non permetteva il sorpasso alla macchina della polizia. Gli agenti hanno dovuto attendere il momento giusto per sorpassare il mezzo pesante. Ci sono riusciti solo all´altezza di Trento-nord. Hanno fatto accostare il camion e poi hanno fatto scendere l´autista che era ubriaco a prima vista. L´uomo, un quarantenne di Ancona, dipendente di una ditta di autotrasporti, è stato denunciato per ubriachezza molesta e guida in stato di ebbrezza. Gli agenti gli hanno ritirato la patente e, per cortesia, gli hanno anche chiesto se voleva che chiamassero un taxi per lui. Lui, per tutta risposta, ha detto che preferiva una ragazza. Così si è fatto a piedi la strada fino a Trento.

TIGULLIO VINO.IT
Rai Tre, Report e il vino malmenato.

Si sono scritti fiumi di parole sulle due trasmissioni "Report" di Rai Tre dedicate al Vino e condotte dalla brava Milena Gabanelli. In generale il mondo del vino è insorto sia dopo la trasmissione del 24 settembre 2004 sia dopo la breve replica del 20 novembre 2005 di cui potete leggere la trascrizione integrale.
In generale, dicevo, il mondo del vino si è sollevato in difesa dei propri interessi. Nulla di strano, ci mancherebbe, anzi doveroso in alcuni casi. Mentre la trasmissione del 2004, di più ampio respiro, aveva toccato diverse connivenze tra vino e salute, vino e frode, vino e chimica, vino e denaro, il breve richiamo interno alla trasmissione del 20 novembre 2005 è risultato, più che un approfondimento o un "vediamo come è andata a finire" nel classico Report Style, una sorta di controdenuncia contro le azioni intraprese dall’Unione Italiana Vini e da alcuni parlamentari contro la trasmissione.
Ora, alcune mie personalissime considerazioni.
Entrambe le trasmissioni - la prima in particolare, visto che era quasi interamente dedicata al vino - hanno probabilmente peccato di scarso approfondimento. Tutti i temi trattati, sia pur in molti casi ampiamente condivisibili, hanno subito negativamente le forzose tempistiche ed il particolare taglio che una trasmissione televisiva di denuncia quale è Report purtroppo si deve dare per sopravvivere, con quella dose indispensabile di senzionalismo utile alla buona riuscita del prodotto trasmissione. Report non è e non vuole essere un documentario ma una trasmissione che gioca tutto sulla velocità e sull’impatto della comunicazione.
E’ una trasmissione molto utile per sollevare i coperchi, apre il dibattito sul tema trattato e, puntando come ogni altra trasmissione anche allo share, il tutto deve essere fatto nel modo più accattivante e senzionalistico possibile, pena la chiusura della trasmissione stessa e sarebbe l’ennesima voce spenta di cui non abbiamo bisogno. Quello che la gente - o almeno gli addetti ai lavori - si aspettavano, era l’altra faccia della medaglia. Ma Report non è un film alla Nossiter è un’altra cosa.
La funzione di Report è scoprire la "magagna", quello che non va. Sollevare l’opinione pubblica su un tema che merita attenzione. Non credo proprio che l’intento di Gabanelli e co. fosse quello di screditare il mondo del vino anche se, di fatto, in parte è successo. L’errore, se di errore si tratta, è stato quello di applicare lo stesso identico taglio ed il medesimo metodo di sempre ad un prodotto, il vino, in cui non vi è una solida base "contro" dell’opinione pubblica ma, piuttosto, una solida base "pro".
Mi spiego : se si parla di politici corrotti, di processi lenti, di export di alimenti tossici o avariati, di parlamentari strapagati, di sfruttamento della prostituzione...ecc., si parte già da una base di consenso - verso la trasmissione intendo - molto ampio da pare dell’opinione pubblica, consenso in parte fondato su dati di fatto, in parte fondato su luoghi comuni che, come tali, portano con se anche la loro buona parte di verosimiglianza.
Nel caso del vino è stato diverso. Ferma la correttezza degli aspetti toccati (l’alcool fa male, il vino costa troppo, le frodi sulle doc e le docg, le pratiche di cantina spesso esasperate e senza ritegno...), qui la trasmissione di denuncia si è andata a scontrare con un prodotto che gode di larghissimo consenso tra l’opinione pubblica, per non parlare degli addetti ai lavori e degli stessi operatori o associazioni di categoria. La trasmissione è andata volontariamente contro i luoghi comuni a favore del prodotto e, un po’ più involontariamente, contro il buono che pur vive sano e vegeto nel settore. Ecco il motivo della maggior resistenza da parte dell’opinione pubblica e della grandissima eco mediatica che la prima trasmissione e in parte anche la seconda hanno avuto.
Per l’italiano medio il vino accompagna il pasto ed è giusto così. Per il consumatore più evoluto il vino è anche tradizione, valore, qualità, fierezza del territorio e cultura. Di questo purtroppo, del buono del vino, la trasmissione non ha parlato ma è una trasmissione di denuncia, che ci si poteva aspettare ? Deve tirar fuori il male e non l’altra faccia della medaglia. Per quella ci sono già fior di trasmissioni, giornali, riviste e codazzo di markettari e conduttori pronti a sciorinar parole e incensi.
Circa l’azione dell’Unione Italiana Vini contro la trasmissione credo non ci sia molto da dire. In quanto associazione di categoria, l’Unione non ha fatto altro che tutelare i relativi interessi nei modi e nelle sedi ritenute più opportune e con tutta la forza ritenuta necessaria. Lo stesso impegno e la stessa forza, auspicabilmente, andrebbe profuso nella repressione delle frodi.
Voglio dire un’ultima cosa, infine, su alcol e salute, uno dei temi più caldi tra quelli toccati da Report.
L’alcool fa male. E’ una molecola dannosa per la cellula umana, questa è una verità assoluta. E’ come dire che il fumo fa male. E’ la stessa cosa. Ma come sostengo la sigaretta (o il sigaro) del piacere, quella dopo il caffé o dopo una lunga cena piacevole con amici, sostengo anche fortemente un consumo avveduto di alcol, sia esso contenuto in un buon distillato che in un cocktail o in una buona bottiglia di vino.
Dovrei concludere dicendo che l’importante in fondo è non esagerare, la moderazione, il controllo ma so che ognuno di noi è padrone della propria vita, delle proprie gioie e dei propri dolori e che nessuno può impedirci di vivere come desideriamo, assecondando, quando lo vogliamo, i nostri vizi, i nostri desideri, i nostri eccessi.

TEATRONATURALE.IT
COME NUOVI PALADINI DEL CONSUMATORE, I GIORNALISTI DI REPORT SI SCAGLIANO, DI NUOVO, CONTRO IL MONDO DEL VINO. PERCHE’ NESSUNO DEVE OPPORSI A MILENA GABANELLI & COMPANY.

L’inchiesta “in vino veritas” aveva suscitato scalpore ma anche le proteste di vignaioli e di molte associazioni. Della puntata incriminata se ne è occupato anche il Parlamento. La redazione di Report è stata così costretta a dar voce a alle repliche. Naturalmente l’hanno fatto a loro modo, perché la vendetta è un piatto da servire freddo
(26 Novembre 2005 TN 43 Anno 3)
di T N
Non sopportiamo davvero i primi della classe, tanto meno se pensano, e vogliono convincerci, di avere sempre ragione.
Non si possono imporre pensieri o tesi, si devono invece spiegare e illustrare, sperando che vengano condivise, ma sapendo che esistono persone che avranno idee diverse o contrastanti.
Accettare il confronto e il dibattito è un segno di forza, non di debolezza.
Lungi dal voler dare alla brava Milena Gabanelli e ai suoi colleghi delle lezioni di giornalismo, abbiamo delle osservazioni, dei rilievi che scaturiscono dalla nostra conoscenza del mondo del vino e dalle esperienze maturate durante anni di attività nel settore.
Il comparto vitivinicolo si difende dalle aggressioni. È capace di fare lobby, di trovare gli spazi necessari per far sentire la sua voce,. Si tratta insomma di un settore economico vivo e vitale dell’economia nazionale, una rarità, poi, per quel che concerne il mondo rurale.
Ha stupito allora solo la redazione di Report la reazione della maggioranza dei produttori ma anche delle loro associazioni, prima fra tutte l’Unione italiana vini.
Credere che il settore vitivinicolo non avesse i propri referenti, anche nei palazzi istituzionali, è, francamente, da ingenui. Scandalizzarsi perché tali conoscenze vengono utilizzate nel momento del bisogno lo è, se possibile, ancor di più.
Così, probabilmente, i vitivinicoltori si sono guadagnati il diritto di replica su Report.
Seppur con toni lievemente più morbidi, la Gabanelli ha tenuto a sottolineare di non essere astemia, la trasmissione ha voluto e inteso confermare le teorie già espresse nella precedente puntata.
Sono infatti state fatte rivedere le statistiche e i dati dell’Ispettorato Repressione Frodi riguardo agli illeciti nel settore vitivinicolo, compresi Doc e Docg.
Sono stati mostrati numerosi articoli, in maniera volutamente e provocatoriamente ironica, circa i benefici effetti del vino sulla salute umana. Così Andrea Sartori, presdente dell’Unione italiana vini, è stato fatto passare per un padre scellerato che fa bere vino al giovane figliolo nonostante l’Organizzazione mondiale della sanità sconsigli l’uso di alcolici per i minori di 16 anni.
A gettare benzina sul fuoco ha pensato nuovamente la Gabanelli che ha sottolineato come l’alcolismo è una patologia sempre più diffusa nel nostro Paese fra i minorenni a causa “anche del vino”. In che misura il vino è complice di queste nefandezze, naturalmente, non è dato sapere.
Utilizzare, per screditare tutto il comparto, poi la vicenda Enoteca d’Italia, iniziativa che, in epoca non sospetta ci vide molto critici, ci appare francamente assai poco elegante, un gesto vendicativo, che si commenta da solo.
Infine cara Gabanelli, da affezionati spettatori della tua trasmissione, vorremmo farti rilevare che, sì, l’on Collarini ha sbagliato a definire la sua attività di deputato una seconda professione che danneggia i suoi affari, proprio perché svolge un servizio pubblico pagato dal cittadino, esattamente come tu hai sbagliato, mancando di rispetto, piegando la realtà, danneggiando un intero comparto e migliaia di imprenditori e lavoratori che pagano il canone Rai, retribuendo così anche il tuo lavoro.
Si possono fare inchieste senza ricercare, a tutti i costi, lo scandalo.

IL GIORNALE.IT
PAROLA LETTORI
Quei rivoluzionari dalla barricata alla barrique.

Caro Paolo, quando uscì il Tavernello ricordo i commenti feroci di mio nonno contadino, amante del vino buono e della genuinità senza bisogno di slow food. Per cui ho pensato molto prima di darti questa mia adesione. Però credo che se mio nonno oggi fosse ancora vivo, forse sarebbe così irritato da tutti questi che «avvinano allappando in modo complesso e strutturato», di quelli che straparlano di «sapore polposo di banana struggente» soltanto per cercare di stupire gli amici, che forse, alla fine, si convertirebbe al Tavernello pure lui. Ci hai fatto caso? Ormai non c’è più un rivoluzionario che non sia passato dalla barricata alla barrique e se non hai scritto almeno un saggio sulla coscienza artistica del brachetto e sul meticciato del vitigno non sei nessuno. Dalle lotte alla botte, barbera rossa, la trionferà. Ho scritto un libro che si chiama «Siamo fritti» (tu ne hai anche gentilmente parlato ai tuoi lettori) in cui ho espresso più o meno queste idee. Per cui oggi ho deciso: nel club del Tavernello ci voglio essere anch’io. Non posso non esserci anch’io. Mio nonno capirà. Che ci volete fare? Siamo fatti così. Gente semplice. Al SensoOfWine degli slowfood preferiamo il buon senso delle vecchie osterie. Agli ubriachi di parole, gli ubriaconi veri. Sarà pure Tavernello, ma almeno è vino sincero. (*)
MARIO GIORDANO
Direttore di Studio Aperto Milano
Noi del Circolo del Tavernello ti aspettavamo, caro Mario. Il tuo Siamo fritti (Mondadori editore, repetita juvant) è uno dei nostri più diletti e consultati breviari.
Sì, lo so e lo hai anche ricordato nel tuo libro, Nico Orengo risulta fra gli autori del più bischero dei Quaderni di Micromega, Il cibo e l’impegno, dove si discettava sulla valenza culturale, «ma anche di liberazione e di riscatto sociale» delle vettovaglie, sulla «metafisica dello champagne», sulla mozzarella che per Lidia Ravera, ti cito, deve essere «bianca», ci mancherebbe, «morbida», credo per poterla distinguere dal Parmigiano e «masticabile». Tuttavia, credimi, anche il Di viole e liquirizia di Nico Orengo potrebbe ben figurare nella biblioteca dei soci del Circolo del Tavernello. Ma all’Einaudi, dove tutti hanno la tessera dello Slow Food e stravedono per Aimo e Nadia, «i due chef più rinomati di tutte le Michelin» che imbandirono una memorabile cena (sociale?) al Leonkavallo, all’Einaudi dove non bevono il vino ma l’etichetta sulla bottiglia e in un centello di Barbaresco rinvengono centotrentadue «sentori» ivi compreso quello, leggendario, di cuoio bulgaro e probabilmente anche «il sapore polposo della banana struggente», storcerebbero il naso. E figuriamoci se gente come noi, affabile e bendisposta, va a sfruculiare la gloriosa casa editrice dello Struzzo. Non se ne parla nemmeno.
La tua adesione, caro Mario ci onora e ci lusinga. Ora non manca che essere invitati da Bruno Vespa a «Porta a porta» ed è fatta. Una cosa però non mi torna e magari tu potresti darmi una mano per chiarirmi le idee. Questa: il fatto di essere così numerosi - abbiamo più soci di quanti votano lo Sdi di Enrico Boselli - e determinati a «portare avanti» l’istanza tavernellesca (come ben sai non siamo semplicemente ostili alla retorica del vino, ma a tutte le magniloquenze, alle frasi fatte, agli slogan, al pensiero preelaborato, al conformismo di massa, a tutto ciò che è imposto perché «di tendenza», ai film e ai romanzi che ci devono per forza piacere, al linguaggio tronfio e vuoto di certa politica, alle ipocrisie multietniche, al relativismo culturale, allo sbracamento dei costumi e al vezzo girotondino di dare del tu) non è che comporta l’automatica appartenenza alla società civile? Te lo chiedo perché dopo una vita spesa a stare alla larga da tromboni e intellettuali, che poi sono la stessa cosa, non vorrei ritrovarmici a braccetto. Capisci bene che se così fosse non basterebbero mille ciucche di Tavernello per farmene una ragione.
Paolo Granzotto
 
(*) Nota: non sentiamo la nostalgia per gli ubriaconi “veri” di una volta. Nello stesso tempo è pur vero che questo assillante parlare di vino in ogni occasione ed in termini sempre estasianti inizia ad essere stucchevole. E non solo per chi non gli piace bere.

REUTERS ITALIA
Consob sospende Opa su bond argentini in cambio di vino.

MILANO  - La Consob ha sospeso in via cautelare per 90 giorni l’offerta pubblica di acquisto promossa da Vinonovo by Trading Up srl avente ad oggetto bond argentini, in cambio dei quali la società si impegna a cedere, come corrispettivo, del vino.
Lo comunica la newsletter settimanale aggiungendo che Vinonovo sta offrendo in questo modo, anche attraverso il proprio sito, la possibilità di recuperare fino al 75% del valore nominale dei titoli.
"L’insieme degli elementi raccolti induce a ritenere che sussista il fondato sospetto che l’offerta sia svolta in violazione della normativa vigente", si legge.
L’operazione sembra rivestire per la Consob le caratteristiche di un’offerta pubblica di acquisto o scambio e, in relazione ad essa, non risulta essere stata effettuata la preventiva comunicazione alla commissione, né risulta essere stato trasmesso il documento d’offerta destinato alla pubblicazione.



Martedì, 29 Novembre 2005
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