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Articoli 09/03/2012

Lascialo andare, “tantum” non è ubriaco…
Assolto a Firenze dal giudice: aveva fatto sciacqui col colluttorio
Lo sfogo della poliziotta che lo fermò

di Lorenzo Borselli
Foto di repertorio dalla rete

Lei è una poliziotta di quelle toste, davvero.
Ha la ghigna della veterana, il piglio della capopattuglia, la grinta di chi sa fare il suo mestiere. E il carattere di chi, in genere, non si lamenta mai.
Vabbè… qualche volta il caldo, qualche volta la neve, la fanno un po’ arrabbiare, ma non era mai capitato che il telefono squillasse e dall’altro capo ci fosse lei così inalberata.
Dispiaciuta, frustrata, offesa.
Non per la questione di principio, ma per una questione di (in)giustizia: l’uomo che aveva sorpreso a guidare in stato di ebbrezza è stato poi assolto dall’accusa per aver gargarizzato un colluttorio alcolico. La sentenza di assoluzione è stata pronunciata il 6 marzo in un’aula di tribunale, a Firenze, nel nuovissimo Palazzo di Giustizia di Novoli, mentre i fatti risalgono a una sera di agosto dello scorso anno.
Lei è appostata al casello, non vi diciamo dove. Non è lì a fare imboscate: è lì a proteggere e servire; è lì a fare in modo che tutto vada bene e che quante più persone possibile possano tornare a casa. C’è tornato anche lui, a casa, dopo averla incontrata.
Ripeto: non faccio nomi. Ci sono solo Lei, la poliziotta, e Lui, l’ebbro.


Immaginatela puntare con lo sguardo le piste d’esazione. Nella sinistra stringe la paletta, mentre con la destra avverte il compagno dell’arrivo dell’auto.
L’auto va a zigzag, ha l’andatura indecisa. Avanza un passo verso il centro del piazzale, restando nel raggio di copertura del compagno e dell’auto di servizio.
La paletta si alza ma la macchina non si ferma subito. Rallenta e poi accosta. Lui scende e si mostra per quello che è: ebbro. Torna da un matrimonio – dice – e ha bevuto un bicchiere di vino alla cena.
La serie di botte e risposte portano Lui a soffiare prima nel precursore e poi nell’etilometro che Lei gli porge. Il primo impazzisce, il secondo, più scientifico, stampa due scontrini con il tasso alcolemico rilevato: 1,05 grammi di alcol per litro di sangue.
Empiricamente, Lei c’era arrivata anche da sola perché, parliamoci chiaro, una della sua esperienza non perderebbe mai tempo a far soffiare la brava gente in un tubo di plastica collegato a una valigetta col display. Lei, il tubo, lo infila in bocca solo a chi bevebevebeve: un po’ per far rispettare la legge, un po’ per far arrivare a casa Lui e chi lo avrebbe incontrato.


Così Lei estrae la valigetta, spilla la patente a un verbale di elezione domicilio e scrive due righe di rapporto (che oggi si chiama annotazione) per ricordarsi che Lui puzzava di vino.
Sembra una sciocchezza, ma è importante. Perché Lui al processo porta a propria difesa la testimonianza di un dentista, che dice di avergli prescritto il “tantum verde”, della moglie, che sostiene di averlo visto arrabbiato ma normale quando si è presentata al casello a recuperarlo, ormai appiedato, e di un amico che era con lui al matrimonio e che giura (in realtà è improprio dire “giurare”, ma di “impegno” difronte al popolo italiano si tratta) di averlo visto gargarizzare il colluttorio verdognolo mentre tutti gli invitati brindavano al futuro radioso degli sposi.
Il dentista spiega che l’effetto del tantum verde dura un quarto d’ora, al massimo venti minuti, ma per il tratto di autostrada percorso fino a lì serve un’oretta e lui risultava in stato di ebrietà…
Insomma, un disastro.


Nessuno chiede a Lei che differenza passi tra l’alito vinoso, che a casa nostra si chiama “fiatella”, e l’alito mentato, che uno sciacquo di colluttorio alcolico in genere lascia. Le chiedono, invece, se Lui abbia detto, prima di soffiare nell’etilometro, di aver fatto uso del colluttorio ma Lui parlò del matrimonio e di un bicchiere di vino o di un brindisi…
Nessuno chiede a Lei se sappia come funziona un etilometro. Nessuno dispone perizie sull’effetto che un bicchierino di colluttorio, o un cioccolatino liquoroso, potrebbero avere sulla rilevazione dell’alcolemia. Una ricerca effettuata dal mensile Automobilismo nell’ormai lontano 2008 (segno che di questo argomento si è dibattuto a lungo, ma segno anche che a volte nei Tribunali si potrebbe dibattere di più) aveva sì dimostrato che dopo cinque cioccolatini Mon Chéri il limite di alcolemia rilevato superava gli 0,5 g/l attestandosi fino a 2,7, ma aveva altresì evidenziato che quindici minuti dopo la soglia era tornata a zero. Analogo esito per l’esperimento fatto con un soggetto che aveva sciacquato la bocca, prima di soffiare nell’alcoltest, con Listerine e Tantum Verde. Peraltro, il colluttorio si usa per sciacquare la bocca e non come bevanda: dopo lo sciacquo e il gargarismo, si sputa. Dunque, l’effetto è strettamente momentaneo e legato alla presenza di alcol in bocca, circostanza rilevata dai sensori che invalidano così il test.
A Firenze, però, Popolo Italiano assolve Lui.
Noi rispettiamo sempre le sentenze e chi le emette.
Ma rispettiamo anche Lei, che quella notte ha salvato Lui e Noi da quella condotta così trasgressiva della Legge e incurante della vita. E vogliamo darle una parola di solidarietà per aver prima fatto il proprio lavoro, un lavoro così duro e malpagato, e doversi sorbire il peso di una conclusione che non le sembra riparare al pericolo provocato. Lui potrebbe anche ridere, anche se preferiamo pensare che abbia alla fine compreso di essere stato salvato da quel tubo che Lei le ha messo in bocca, facendolo venire a prendere al casello dalla moglie, piuttosto che su un tavolaccio di alluminio.
Mentre si dibatte sull’opportunità o meno di istituire in Italia il reato di omicidio stradale, c’è ancora chi deve raccontare storie come questa.
Non ti arrabbiare, Lei. Il Popolo Italiano ti è comunque grato anche se, per una volta, Giustizia non sembra fatta. È un equivoco. Capita.

 

 






 

Venerdì, 09 Marzo 2012
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