Figlio utilizza il pass del padre invalido: nessun reato
Nessun reato per il figlio che utilizza il pass del padre invalido.
E’ quanto stabilito dalla Seconda Sezione penale, della Corte di Cassazione, nella sentenza 30 novembre 2011 - 29 febbraio 2012, n. 7966.
Il caso riguardava A.P. imputato dei reati di sostituzione di persona e truffa continuata, per avere indebitamente utilizzato il permesso per invalidi rilasciato al padre, nonché il telepass, esponendoli sul parabrezza della sua automobile, in assenza dell'invalido.
Il suddetto contrassegno consentiva al soggetto de quo, di accedere tramite corsie preferenziali e porte telematiche alla ZTL ove parcheggiava gratis, attribuendosi falsamente lo status di “accompagnatore al servizio”. Il Giudice dell'udienza preliminare dichiarava il non luogo a procedere ed avverso tale decisione, il P.M. proponeva ricorso per Cassazione.
La Suprema Corte, pronunciandosi su casi analoghi a quello esaminato, ha più volte sostenuto che “non integra il delitto di sostituzione di persona, né quello di truffa ai danni dell'ente territoriale che esercita la vigilanza della viabilità, la condotta di colui che, al fine di accedere all'interno di una zona a traffico limitato, e percorrere le corsie preferenziali di un centro urbano, esponga sul parabrezza dell'auto un contrassegno per invalidi, rilasciato ad altra persona che non si trova a bordo del veicolo” .
Sposando l’orientamento giurisprudenziale prevalente, il Collegio ha puntualizzato che il reato di sostituzione di persona, prevede un comportamento attivo del soggetto agente nell'induzione in errore, mentre la condotta contestata all'imputato, non integra gli estremi del reato in questione, atteso che, la sola esposizione del “permesso invalidi” sul parabrezza dell’autovettura, è un comportamento del tutto neutro. In effetti, non vi è stata alcuna attribuzione di una qualifica soggettiva, neppure indiretta, da parte dell’imputato.
Per quanto concerne il reato di truffa, è assente l'atto di disposizione patrimoniale che costituisce l'elemento intermedio derivante dall'errore ed è causa dell'ingiusto profitto con altrui danno. Inoltre, il reato non sarebbe comunque ipotizzabile, perché manca la necessaria cooperazione della vittima.
Tra l’altro, se il profitto conseguito dall’ imputato, era quello derivante dalla circolazione “abusiva” dell'autovettura al servizio dell'invalido, esso era un fatto del tutto neutro agli effetti, in quanto tale condotta non era destinata a spostare “risorse” economiche dal soggetto in ipotesi “truffato” all'autore di tale condotta.
Alla luce delle suesposte considerazioni, il Collegio ha rigettato il ricorso, rilevando che la deprecabile e diffusa condotta di uso indebito ed abusivo dell'autorizzazione alla circolazione rilasciata a persona invalida, costituisce non un illecito penale, bensì un illecito amministrativo, disciplinato nell'art. 188 C.d.S. Tale disposizione prevede tutte le ipotesi di abuso delle strutture stradali riservate agli invalidi, dalla loro utilizzazione in assenza di autorizzazione, o fuori delle condizioni e dei limiti dell'autorizzazione, all'uso improprio dell'autorizzazione.
Pertanto, in virtù del principio di specialità di cui alla L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 9, nel caso in oggetto, sarà applicabile la sola disposizione che prevede una sanzione amministrativa.
(Nota di Maria Elena Bagnato)
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE II PENALE
Sentenza 30 novembre 2011 – 29 febbraio 2012, n. 7966
Massima e testo integrale
da Altalex