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Randagismo e danno da morte di animale d'affezione: Comune e Asl condannati

(Tribunale Bari, sez. Monopoli, 22 novembre 2011)

La sentenza 22 novembre 2011 del Tribunale di Bari (sezione distaccata di Monopoli) s’inserisce nel novero delle pronunce che affrontano l’annoso problema della individuazione del soggetto pubblico responsabile dei danni causati da animali randagi.
La particolare vicenda al vaglio del Tribunale di Bari – richiesta di risarcimento danni per la morte del cane volpino di proprietà dell’attrice, causata da un’aggressione di cani randagi – offre lo spunto per affrontare un’altra questione altrettanto controversa, quella della risarcibilità del danno non patrimoniale sub specie di danno “esistenziale” da morte dell’animale d’affezione.
In ordine al primo punto, la soluzione adottata segue l’orientamento della giurisprudenza maggioritaria, favorevole a riconoscere la responsabilità solidale di Comune e ASL in ordine ai danni cagionati da animali randagi, da valutarsi caso per caso, previo accertamento di comportamenti commissioni o omissivi colposi di uno o dell’altro ente ovvero di entrambi, nei limiti delle rispettive competenze.

Riguardo la seconda questione, il giudice riconosce la risarcibilità del danno non patrimoniale “esistenziale” da perdita dell’animale d’affezione, trattandosi di violazione del diritto di proprietà, rientrante nella categoria dei diritti fondamentali inerenti alla persona, tutelato sia a livello costituzionale (art. 42 Cost.) che comunitario (art. 17 CEDU letto in combinato con l’art. 6 del Trattato istitutivo dell’Unione Europea), purché venga allegata e provata la sussistenza di un rapporto consolidato tra il proprietario e l’animale leso dal fatto illecito. 

Soggetto pubblico responsabile per i danni da randagismo

Il Tribunale di Bari affronta la questione partendo dalla normativa regionale che disciplina la prevenzione del fenomeno del randagismo. La legge quadro in materia n. 281/1991, infatti, demanda alle Regioni l’istituzione dell’anagrafe canina e l’adozione di programmi per la prevenzione ed il controllo del randagismo. Una volta stabiliti i rispettivi compiti alla luce della disciplina vigente è possibile, tenendo presente il caso concreto, verificare le singole responsabilità dei soggetti pubblici coinvolti.
Nello specifico, la Legge Regione Puglia n. 12/1995 distribuisce i compiti in materia di randagismo tra Comuni e servizi veterinari presso le ASL territorialmente competenti, entrambi titolari di competenze che si completano tra loro: spetta alla ASL l’attività materiale di controllo del fenomeno del randagismo, la tenuta dell’anagrafe dei cani vaganti e il loro recupero sul territorio; i Comuni, invece, sono tenuti a costituire e mantenere canili sanitari e rifugi dove ospitare i randagi una volta catturati.

Considerato il quadro normativo appena delineato, va affermata la legittimazione passiva di Comune e ASL, in solido tra loro, nei giudizi risarcitori aventi ad oggetto i danni causati da animali randagi. Le singole responsabilità degli enti coinvolti vanno accertate caso per caso, alla luce dei principi generali che disciplinano la responsabilità civile extracontrattuale ex art. 2043 c.c., al fine di verificare l’esistenza di illecite omissioni dell’uno o dell’altro ente o di entrambi, nei limiti delle rispettive competenze in materia.
Nel caso di specie il Tribunale ha riconosciuto la responsabilità esclusiva della ASL per i danni lamentati dall’attrice, avendo l’ente comunale fornito la prova di essersi avvalso di canili privati convenzionati e in assenza di elementi probatori in ordine all’approntamento di idonee attività e/o iniziative di controllo e prevenzione del randagismo da parte dell’azienda sanitaria.

Danno da morte dell’animale d’affezione

Secondo quanto statuito dalle Sezioni Unite nelle note sentenze gemelle del 2008, la categoria del danno non patrimoniale ex art. 2059 c.c. è connotata da tipicità, perché tale danno è risarcibile sono nei casi determinati dalla legge, nonché nei casi in cui sia cagionata una lesione a diritti inviolabili della persona costituzionalmente protetti. La risarcibilità del pregiudizio non patrimoniale presuppone, altresì, che la lesione sia grave (che superi cioè la soglia minima di tollerabilità imposta dai doveri si solidarietà sociale) e che il danno non sia futile (vale a dire che non consista in mari disagi o fastidi o sia, addirittura, immaginario).
Sulla base di tali principi, deve escludersi la risarcibilità del danno c.d. esistenziale in caso di morte di un animale d’affezione, tanto che le stesse Sezioni Unite indicano tale voce di danno come esempio di pregiudizio non risarcibile, in quanto non idoneo ad alterare in modo significativo il modo di esistere della persona.

Pur consapevole di tale orientamento contrario, il Tribunale di Bari ha invece riconosciuto la risarcibilità del danno da perdita dell’animale d’affezione. Il nodo centrale delle argomentazioni sviluppate in sentenza riguarda i criteri attraverso i quali è possibile formulare il giudizio di inviolabilità del diritto, necessario affinché la lesione del medesimo raggiunga la soglia minima del pregiudizio alla persona meritevole di tutela risarcitoria.

Secondo il giudice di merito, l’area dei diritti inviolabili non si esaurisce con quelli espressamente definiti come tali dalla Carta Costituzionale. “Invero vi sono altri diritti costituzionali non qualificati espressamente con l’attributo dell’inviolabilità, rispetto ai quali non si può dubitare circa la risarcibilità del danno non patrimoniale conseguente in caso di loro lesione, attenendo gli stessi all’essenza stessa della persona umana (…). Tra questi vi è la proprietà privata che ai sensi dell’art. 42 Cost. deve essere riconosciuta e garantita dalla legge, e che può essere limitata solo nell’interesse pubblico (…)”. “La centralità del diritto di proprietà – si legge in sentenza – quale valore dell’individuo solo volontariamente rinunciabile al di fuori di pubbliche necessità, è corroborata dalla Carta europea dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (…)”. In essa la proprietà “oltre ad essere riconosciuta e garantita, viene vista nell’ottica del rispetto della libertà dell’individuo (…)”; l’intero assetto normativo della CEDU induce a ritenere che debbono considerarsi inviolabili tutti i diritti della persona che attengono, tra l’altro, alla sua libertà.

Sulla base di tali considerazioni, nel caso di specie il giudice ha ritenuto che la perdita del cane-bene ha senza dubbio provocato un danno morale in termini di sofferenza psichica, poiché la proprietaria è stata privata di un animale con il quale aveva, come dedotto in citazione, un rapporto di affetto che durava fin dalla nascita dell’animale. Un tale danno non può definirsi trascurabile o futile poiché è invece significativo e non immaginario, avendo causato una sofferenza acuta “diretta conseguenza di un fatto illecito che ha reciso un rapporto consolidato tra proprietario e bene dal quale il primo riceveva un’evidente utilità”.     

D’altro canto, precisa il Tribunale, sarebbe irragionevole un sistema risarcitorio che prevedesse il ristoro per il valore economico del cane, ma non per il pregiudizio non patrimoniale costituito dalla perdita affettiva, laddove sia quest’ultima la maggiore utilità del “bene” oggetto della lesione.

(Nota di Giuseppe Donato Nuzzo)

 

Tribunale di Bari
Sezione distaccata di Monopoli
Sentenza 22 novembre 2011


Massima e testo integrale

 

da Altalex

 

 



 

Martedì, 13 Marzo 2012
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