Doverosa premessa
Premetto perché conosco anzi, non conosco troppo, ma vedo!
No grazie Spagna. In Italia sarebbe assurdo. Non riusciamo a bloccare i drogati alla guida, dovremmo bloccare chi fa la chemio?? Ridicolo!
Riportiamo di seguito, senza cambiare una virgola, un articolo del quotidiano spagnolo El Mundo riguardante la decisione delle autorità iberiche di non rinnovare la patente di guida ai malati con un tumore del sangue sottoposti a chemioterapia.
“Come riportato nel paragrafo IV del Regio Decreto 818 del 2009” racconta l’articolo, “i pazienti con neoplasie ematologiche che si vedono scadere il permesso di guida mentre sono sottoposti ai trattamenti chemioterapici dovranno aspettare tre mesi dalla fine delle cure per poter presentare la richiesta di rinnovo, dietro parere favorevole di un medico. Non solo: il rinnovo, se concesso, sarà valido solo tre anni e non dieci, come comunemente avviene per le persone «sane»”.
Premetto che conosco il mondo del paziente oncologico per lavoro e per esperienza personale, premetto che dissento completamente da quanto deciso da una nazione che fa della modernità la sua bandiera e affermo a piena voce che il malato oncologico è già troppo discriminato da meritare anche questo oltraggio.
No grazie Spagna In Italia sarebbe assurdo. Non riusciamo a bloccare i drogati alla guida, dovremmo bloccare chi fa la chemio?? Ridicolo!
In relazione al mio lavoro posso chiaramente affermare che il malato oncologico paga già lo scotto della propria malattia in termini di visibili limitazioni sia fisiche che di condizioni di vita. I capelli che cadono, l’autonomia che viene a mancare, la dipendenza stretta dai familiari raccontano di un mondo frequentato da persone che cercano negli occhi degli altri non la compassione ma un sostegno fatto da cose concrete come un appoggio per camminare o un passaggio in macchina per recarsi alla settimanale somministrazione della cura.
Posso assicurare che non sono pericolosi alla guida perché sono i primi a non porsi il problema e si abituano ad essere dipendenti dagli altri, con ulteriore dolore e depressione per una autonomia che ormai va scomparendo.
Possono esserci delle eccezioni e possono essersi verificati episodi che raccontano il contrario, però non è possibile generalizzare ed affermare “uno così, così tutti” perché altrimenti il gioco sarebbe da “espandere” anche ad altri settori e allora sarebbe una vera rivoluzione.
Ai signori spagnoli che hanno “inventato “ questa cosa chiederei la cortesia di essere ospiti di una struttura che cura i malati di cancro per guardare, anche da lontano, il loro comportamento e la loro tranquillità, i loro passi lenti e la loro pazienza, perché il tempo, loro, lo sanno assaporare lentamente.
Scusate la digressione ma la spiegazione sta nella seconda ragione per cui mi è venuta voglia di parlare e, cioè, l’esperienza personale. Ho assistito per poco tempo (purtroppo) un parente stretto ammalato di tumore e la sua preoccupazione, nonostante fosse paralizzato e al termine dei suoi giorni, era quello di poter tornare a guidare la macchina perché sulle quattro ruote aveva trascorso parecchio tempo della sua vita lavorativa da pendolare.
Noi tutti lo abbiamo rassicurato fino alla fine che sarebbe salito sulla sua utilitaria ancora tirata a lucido, immaginate se avesse letto una simile notizia.
Scusate ancora ma lo dovevo, non per me, ma per LORO!