RASSEGNA STAMPA "ALCOL E GUIDA" Note
a cura di Alessandro Sbarbada |
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ASAPS.IT |
(Asaps)
- Siamo in grado di anticipare i contenuti salienti della conversione
in legge del DL n. 184 del 21 settembre 2005. |
GUIDA
IN STATO DI EBBREZZA |
Questa
volta per gli ubriachi (o solo ebbri) alla guida sembra proprio che la
ricreazione sia finita.
Per la guida in stato di ebbrezza o sotto l’effetto di sostanze stupefacenti: - sono state inasprite le sanzioni penali per i responsabili di tali reati; - viene conservata la natura di reato contravvenzionale, con la pena dell’arresto (fino a 3 mesi) congiunta ad una pena pecuniaria (da 1.000,00 a 4.000,00 euro), nei casi in cui dalla condotta illecita non derivi un incidente senza conseguenze alle persone; - viene invece attribuita la natura di delitto (concorrente con quelli di lesioni colpose ovvero omicidio colposo) con la sanzione della reclusione fino sei mesi congiunta ad una pena pecuniaria (da 4.000,00 a 20.000,00 euro), quando dal comportamento del conducente deriva un incidente stradale; - alla sanzione accessoria della sospensione della patente – adeguatamente potenziata nella durata – si è aggiunta la confisca del veicolo; - la competenza a giudicare dei reati è stata attribuita al Tribunale; - in caso di sentenza di condanna a pena su richiesta delle parti, è stato escluso che la sentenza precluda l’applicazione delle pene accessorie e delle misure di sicurezza (come, invece, è previsto dagli articoli 444 e seguenti del codice di procedura penale per gi altri reati); - il percorso riabilitativo (visita medica periodica) deve essere disposto anche in caso di rifiuto a sottoporsi agli accertamenti; - la revoca della patente è sempre disposta nei casi in cui il conducente provochi un incidente mortale in stato di ubriachezza con valore del tasso alcolemico superiore a 1,00 gr/l (in precedenza tale valore era di 3 gr/l) (*). ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------ (*) Nota: molto spesso siamo critici nei confronti dei nostri legislatori, questa volta possiamo dire che al Senato è stato fatto un buon lavoro. La revoca della patente a chi causa un incidente mortale con alcolemia pari o superiore a 1,0 gr/l (anziché 3,0 gr/l) è una novità davvero importante: non potrà mai più guidare chi, guidando ubriaco, ha colpevolmente fatto sì che persone innocenti non possano mai più vivere: chi avesse dubbi su questa norma si ricordi che una vita vale più di una patente. Essendo noi non schierati politicamente (la sicurezza stradale non è di destra, di centro, né di sinistra) e avendo seguito con attenzione i lavori parlamentari (trovate tutto l’iter del provvedimento al link http://www.senato.it/leg/14/BGT/Schede/Ddliter/23338.htm ), ci sentiamo in particolare di ringraziare per il loro impegno in materia i senatori Donati e Fabris. Ora speriamo che i deputati alla Camera non rovinino tutto… Teniamoli d’occhio. |
LA
GAZZETTA DI MANTOVA |
Sedici
patenti ritirate, di cui dieci per guida in stato di ebbrezza e sei
per superamento del limite di velocità di oltre quaranta chilometri
all’ora. Sono state altre due giornate di fuoco, quelle dell’ultimo
weekend, per la polizia stradale im pegnata nella sua campagna contro
le stragi del sabato sera. “Così non si può continuare,
saremo costretti ad usare il pugno di ferro: adesso vedremo se coalizzarci
con le altre forze dell’ordine per fare delle operazioni di controllo
in grande stile” promette Aldo Occhiuzzi, comandante provinciale
della polizia stradale. |
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Le
sinergie con il cinema potrebbero avere dei risvolti interessanti, non
solo per i produttori vinicoli nostrani ma anche per il turismo enogastronomico
in generale: la mediazione del territorio, in questo caso, è
fondamentale». A parlare è Riccardo Ricci Curbastro, presidente
della Federdoc (Confederazione nazionale dei consorzi volontari per
la tutela delle denominazioni dei vini italiani), che guarda positivamente
al product placement. D’altra parte la Federdoc era presente anche all’ultima
Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia per pubblicizzare un traguardo
tutto-italiano: la completa tracciabilità dei vini a Denominazione
di Origine. Come dire: una certificazione dal vigneto al bicchiere.
La pubblicità sul grande schermo, però, secondo Ricci
Curbastro va fatta in modo discreto e con molto gusto: «Un bel
film ambientato sulle colline del Chianti sarebbe un veicolo promozionale
importante per l’intera filiera produttiva del vino di qualità:
è riduttivo pensare di pubblicizzare una singola bottiglia».
Sta pensando ad una sorta di "Sideways" all’italiana? «Esattamente:
quel film rappresenta un ottimo modello da cui attingere. Un eventuale
progetto in tal senso ci vedrebbe sicuramente interessati, come Federdoc». |
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Due
anni d’inferno. Lei, picchiata e minacciata di morte con un coltello
da cucina, i tre figli piccoli traumatizzati. Il marito vittima dell’alcool
troppo spesso. Questa la storia che lei, 29 anni di Alatri, ha raccontato
nella querela presentata ai carabinieri del capitano Ciro Piscopo. Che
le hanno creduto e hanno denunciato il marito per maltrattamenti in famiglia
e minacce.
L’episodio che l’ha spinta a denunciare il giovane marito (31 anni e un lavoro da carpentiere) è avvenuto domenica tra le 18,30 e le 21. La donna, suo marito e i tre figli tornavano a casa in automobile quando lui è voluto scendere per bere una birra in un bar di Alatri, in località “Bitta”. Ha intimato a moglie e figli di aspettarlo in macchina ed è entrato nel bar. Secondo il racconto della moglie, il carpentiere si sarebbe trattenuto a lungo nel locale, bevendosi tre boccali di birra. La giovane sarebbe scesa dall’auto per invitarlo a rientrare ma sarebbe stata accolta a mali parole: «Vattene, se no ti picchio». Parole pronunciate davanti ai clienti del bar e che hanno convinto la moglie a tornare a casa. Ha accompagnato i tre figlioletti alla festa della cugina ed è rientrata a casa. Dopo pochi minuti è stata raggiunta dal marito che ha dato in escandescenza. Secondo la versione fornita ai carabinieri del nucleo radiomobile di Alatri, il marito l’avrebbe insultata, poi le avrebbe dato due schiaffi e le avrebbe puntato un lungo coltello da cucina alla gola minacciandola di morte se non se ne fosse andata di casa. La donna racconta la sua tragedia, ma gli elementi addotti in querela non sono sufficienti per far arrestare il marito, che viene denunciato alla Procura della Repubblica di Frosinone con le accuse di maltrattamenti in famiglia e minacce. La giovane sostiene infatti che già una settimana fa era stata vittima di un episodio analogo: marito ubriaco, coltello alla gola. E che da due anni viene regolarmente picchiata in presenza dei figli terrorizzati. Aveva anche fissato un appuntamento con i servizi sociali, ma il marito non si era presentato. Domenica però si è sentita davvero in pericolo: mentre il marito premeva il coltello alla gola, lei è riuscita a scostarsi e a scappare di casa. È corsa fuori ed è andata a recuperare i tre figli. Poi, con il cellulare, ha fatto il 112 e chiesto l’intervento dei carabinieri. Gli uomini del maresciallo Maurizio Tucciarelli si sono precipitati in casa e hanno sorpreso il carpentiere intento a distruggere la cucina: tavolo, sedie, mobili, piatti. Tutto in pezzi. Non senza difficoltà sono riusciti a fermarlo, ed anche in presenza dei militari ha minacciato di morte la moglie. La donna è stata scortata in ospedale, dove ha avuto una prognosi di tre giorni. Ieri mattina l’uomo è stato ascoltato in caserma alla presenza degli esperti dei servizi sociali del Comune. |
GIORNALE
DI BRESCIA |
Sedici
anni per omicidio, uno per maltrattamenti in famiglia. Tre anni in custodia
in casa di cura e poi... poi l’espulsione dall’Italia. Si è
concluso con questo verdetto il processo a Bashkim Elezi, il trentaduenne
albanese accusato di aver ucciso, il 2 novembre scorso in una mansarda
al civico 2 di contrada del Carmine, la piccola Cristina, cinque mesi
e una sola «colpa»: essere venuta al mondo nel degrado. Il
giudice dell’udienza preliminare, Lorenzo Benini, disponendo queste
pene ha accolto in pieno le richieste del sostituto procuratore Alberto
Rossi. Le ha accolte e le ha quantificate applicando lo sconto di un terzo:
«premio» all’albanese, difeso da Sabrina Baglioni e Giorgia
Ianni, per la scelta del rito abbreviato. Nella determinazione della pena
il gup ha ritenuto sussistente l’aggravante dei futili motivi, ma
non le attenuanti generiche. Stesso decisione ha preso escludendo l’aggravante
dovuta al grado di parentela con la vittima. Bashkim Elezi, infatti, non
era il padre della piccola, come si era creduto subito dopo il delitto.
Ad negarlo con scientifica certezza l’esame del dna disposto contemporaneamente
alla perizia psichiatrica che, lo scorso giugno, stabilì la sua
seminfermità mentale. Valutata la sua condizione psichica e la
sua pericolosità, il gup Lorenzo Benini ha stabilito che, a pena
scontata, l’albanese, attualmente detenuto a Reggio Emilia, dovrà
passare altri tre anni in casa di custodia e di cura e poi dovrà
dire addio all’Italia. Decisamente più lieve, invece, la pena
per Kujtim Toci. Sono due i mesi che il vicino di casa di Elezi, accusato
di averlo aiutato ad inscenare un drammatico incidente domestico, dovrà
scontare. Di casualità infatti non si trattò: dietro quella
caduta dal tavolo su alcuni cocci di bottiglia - questa la versione data
inizialmente dall’albanese per coprire il suo folle gesto - in realtà
c’erano altre ragioni. La follia alimentata dall’abuso di alcol
e dallo stile di vita dell’uomo, innanzitutto. Ma anche un menage
familiare sospinto al capolinea da litigi sempre più frequenti.
L’ultimo è tanto banale, nella causa, quanto impensabile nell’effetto.
Sono circa le 19.30 di quel maledetto 2 novembre quando l’uomo sale
in casa e non trova la cena in tavola. Basta questo per scatenare il peggio.
L’albanese va su tutte le furie e sfodera un coltello da cucina.
Invece di indirizzare la rabbia sulla sua compagna prende di mira la piccola
Cristina. Non riesce a colpirla solo grazie all’intervento del fratello,
da qualche tempo ospite della coppia. Astrit Elezi, questo il nome dell’uomo,
sembra prevedere l’epilogo, quindi prende in braccio la creatura
e cerca riparo nell’appartamento del vicino. Il raptus di Bashkim
Elezi non accenna a placarsi: l’albanese rincorre il fratello e la
piccola. Li intercetta e riesce a scaricare tutta la sua follia sul corpicino
inerme di Cristina. Una coltellata micidiale, un colpo folle contro cui
nulla vale la corsa al Civile. Elezi e Janina scendono in strada, si fanno
portare da un passante nell’ospedale dove la piccola era nata cinque
mesi prima, il 14 maggio. Qui l’uomo si ritroverà a piangere
la sua morte e a nascondere la verità. Elezi, anche se non lo ammette,
sa che Cristina non è caduta dal tavolo su alcune bottiglie di
birra. Si limita a sperare che gli agenti della Volante gli credano. Abbocchino
alla messa in scena organizzata prima di correre al Civile. Quei cocci
di vetro trovati nell’appartamento che Elezi divideva con Janina,
però non traggono in inganno gli agenti che si accorgono subito
della singolare assenza di sangue sui vetri sparsi ai piedi del tavolo
e fiutano si tratti di una montatura. L’impalcatura crolla e le indagini
imboccano la strada giusta: l’unica verosimile, quella peraltro supportata
dalle dichiarazioni della mamma di Cristina che, interrogata, non regge.
Non riesce a coprire il convivente, non riesce a tacere le inspiegabili
ragioni della morte di sua figlia. L’uomo viene così fermato
con l’accusa di omicidio, il vicino di casa con quella di favoreggiamento.
Le indagini vengono chiuse nel giro di pochi mesi. L’albanese chiede
l’abbreviato e riesce ad evitare l’ergastolo. Ma non una pena
che, salvo revisioni, lo priverà della libertà sino al 2024.
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Cerea.
«Mettetemi in galera. Ho accoltellato il figlio della mia convivente».
Mentre pronunciava queste parole, Carmine De Rosa, muratore di 44 anni,
- arrestato domenica pomeriggio per lesioni gravi - allungava un coltellino
all’esterrefatto piantone dei carabinieri di Cerea che gli aveva
aperto la porta della caserma. Il carabiniere ha preso in mano il taglierino,
un coltello con una lama corta, circa 6 centimetri: con quell’arma
improvvisata un’ora prima effettivamente De Rosa si era scagliato
contro un ragazzo di 25 anni, sferrandogli un fendente a poca distanza
dal cuore. Un’aggressione che poteva finire in tragedia. Perché
più della taglia del coltello, poteva la rabbia che il muratore
aveva in corpo quando, nel tentativo disperato di far desistere la sua
compagna quarantaquattrenne dall’andarsene di casa, l’ha raggiunta
mentre questa stava portando via le sue cose dalla loro casa. Tra loro
è scoppiata l’ennesima e furiosa lite. De Rosa si è
presentato ubriaco in via Lorgna, in quello che era stato il loro appartamento
per sei anni ed ha cominciato ad inveire contro la donna. Accecato da
rabbia, ubriaco, geloso e disperato perché non riusciva a far desistere
l’ex compagna dalla decisione di andarsene, De Rosa ha perso la testa.
A quel punto D.M.L., 25 anni, uno dei tre figli che avevano accompagnato
la donna per aiutarla nel trasloco, ha cercato di calmarlo. Ma non appena
il ragazzo si è rivolto al muratore, questo l’ha accoltellato.
Un colpo solo, profondo, vicino al cuore: bastava qualche centimentro
e la pur piccola lama avrebbe fatto ben altri danni. Il ragazzo, operaio,
è stato soccorso dai suoi fratelli e dalla madre che l’hanno
accompagnato al pronto soccorso di Legnago.
Quando D.M.L. è arrivato, i medici gli hanno subito eseguito un’ecografia per verificare se la lesione da coltello potesse aver raggiunto qualche punto delicato. Il venticinquenne è stato ricoverato in chirurgia, in prognosi riservata ma non in pericolo di vita. Mentre il figlio della convivente di De Rosa veniva curato, i carabinieri correvano verso l’appartamento dove era successa la lite e poi all’ospedale per verificare se dietro la confessione spontanea di De Rosa vi fossero fatti reali. Scoperti i particolari della vicenda, i carabinieri hanno arrestato il muratore con l’accusa di lesioni gravi, proprio perché l’uomo non è, per fortuna, riuscito a ferire in modo molto grave l’operaio venticinquenne. Quello che è successo domenica, è una delle tante «tragedie» familiari annunciate. Da tempo i due, infatti, litigavano e i carabinieri ne erano al corrente, tanto che gli hanno anche sequestrato un fucile da caccia, che l’uomo deteneva regolarmente. De Rosa, inoltre, aveva cominciato anche a bere parecchio. E domenica il gesto disperato. |
IL
MESSAGGERO (Marche) |
PORTO
RECANATI Arrivano al ristorante ma trovano calcinacci per terra e vetri
sfondati. Sono rimasti sbigottiti dalla scena e per un attimo sono stati
assaliti dalla paura. «Potevamo morire» hanno sussurrato a
Cristian Lupolini. «Questa è stata la prima reazione della
coppia - racconta il giovane titolare del ristorante pizzeria Copacabana
di Porto Recanati - e poi hanno avvertito la figlia». |
LA
PROVINCIA DI LECCO |
MERATE
(l. per.) Giallo per un tunisino condotto in ospedale ed abbandonato in
coma etilico e con pesanti ferite al volto. Saied Samir, trentadue anni
residente a Santa Maria Hoè in via Papa Giovanni XXIII si trova
ora ricoverato al Manzoni di Lecco in Neurorianimazione in prognosi riservata
dopo un intervento eseguito d’urgenza domenica. Tutto comincia all’una
e trenta di sabato notte, quando un individuo a bordo di un’auto si presenta
alla portineria dell’ospedale Mandic. Punta il muso dell’auto al cancello
ed urla al portiere di avere un ferito a bordo, da portare urgentemente
al pronto soccorso perché è grave ed ha bisogno di cure.
Scene del genere non capitano spesso ma non è neppure così
insolito che persone ferite o che stanno male vengano portate da parenti
ed amici invece che dall’ambulanza. Il portiere lo fa passare e l’uomo
alla guida, che sembra conoscere l’ospedale, si dirige al pronto soccorso
dove arriva sgommando. Urla agli infermieri di avere un giovane a bordo
che si sente male ed è ferito, i sanitari intervengono e lo caricano
sulla barella, portandolo alla svelta nelle sale visita. Nella concitazione
nessuno si accorge che il conducente è risalito in auto e se ne
va indisturbato, facendo perdere le proprie tracce, senza fornire generalità
e neppure raccontando come sia accaduto il ferimento del tunisino. Da
una prima veloce visita il trentaduenne risulta aver ingerito fortissime
dosi di alcol, tanto da essere caduto in coma etilico ed essere completamente
incosciente. Ha il volto tumefatto e ferite compatibili con un’aggressione,
da successivi esami radiologici, Tac e radiografie, emerge un profondo
ematoma subdurale in sede frontale sulla parte destra del volto e la frattura
della mascella destra. Il tunisino viene portato d’urgenza al Manzoni
di Lecco dove viene ricoverato nel reparto di Neurorianimazione e operato.
È ancora in prognosi riservata ed è stato aperto un fascicolo
d’indagine per aggressione e lesioni gravissime a carico di ignoti. I
carabinieri di Merate stanno indagando per risalire all’identità
del soccorritore ed al luogo dove sarebbe avvenuta la presunta aggressione.
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IL
GAZZETTINO (Treviso) |
(a.pe.)
Era appena uscita dalla Messa, ora si trova in Rianimazione. Un’82enne
di Bocca di Strada è ricoverata in gravi condizioni all’ospedale
di Conegliano, dopo che un’auto l’ha investita mentre stava attraversando
via Distrettuale, importante arteria di cui da tempo si lamenta la scarsa
illuminazione. Sotto choc per l’accaduto, nell’immediatezza del sinistro
il conducente della macchina è andato al bar a bere un superalcolico,
ma ora rischia di essere accusato anche di guida in stato di ebbrezza.
L’incidente è avvenuto verso le 19.15 di sabato scorso, nei pressi della chiesa parrocchiale della frazione, condivisa da Mareno e Santa Lucia di Piave. Nel segmento della Provinciale di competenza marenese, G.D.F. è stata falciata una vettura, diretta in quel momento verso Sarano. Le condizioni della pensionata sono apparse subito critiche. «Aveva perso conoscenza - racconta l’assessore santaluciese Ivano Maset, fra i primi soccorritori dell’82enne - e sanguinava da un occhio. Dopo cinque minuti fortunatamente ha ripreso a parlare, ma eravamo tutti molto preoccupati per lei, tant’è vero che abbiamo telefonato subito al 118». Pesante la diagnosi stilata dai medici del Pronto soccorso, soprattutto in considerazione dell’età avanzata della ferita: trauma cranico, frattura della teca cranica, frattura dell’omero, vari altri traumi tuttora in corso di accertamento. L’anziana è in prognosi riservata. Sul posto per i rilievi è intervenuta una pattuglia della Polstrada di Vittorio Veneto. In attesa dell’arrivo dei poliziotti, il guidatore del veicolo investitore è apparso comprensibilmente choccato ai testimoni del fatto, ai quali ha spiegato di non aver visto la donna in mezzo alla strada, peraltro lontana dalle strisce pedonali. «Nell’attesa dei poliziotti - aggiunge Maset - l’uomo è entrato in un locale pubblico e ha ordinato un cognac, immagino per placare l’agitazione. Così quando è stato sottoposto al test alcolimetrico è risultato positivo. Ma so che la barista si è già offerta di testimoniare che ha bevuto dopo l’incidente e non prima» (*). Ironia della sorte, anche l’automobilista stava accompagnando l’anziana madre all’ospedale, per far visita al padre ricoverato. L’episodio ha rinfocolato la polemica sulla pericolosità di via Distrettuale. «È troppo poco illuminata - protestano i residenti della zona - in un tratto che passa in centro al paese e sul quale si affacciano tanti servizi pubblici». (*) Nota: non so quanto possa valere la testimonianza della barista: come si fa adesso a sapere se al momento dell’incidente era o non era in stato di ebbrezza. |
IL
GAZZETTINO (Treviso) |
Botte da orbi, per motivi futili, magari per un’occhiata di troppo alla moglie di un altro o per qualche bicchiere di vino in eccesso. Scene degne delle migliori interpretazioni di Bud Spencer e Terence Hill. Ma botte e pugni sono volati sul serio, e con una certa frequenza, lo scorso week-end, durante gli ultimi giorni delle Fiere di San Luca. Tanto che alcune delle vittime sporgeranno denuncia per lesioni. Se la zuffa presso lo stand gastronomico avvenuta venerdì è sembrata più lo sfogo dei fumi dell’alcol, così non si può dire per i pugni in testa che una 19enne colombiana ha ricevuto da una perfetta sconosciuta sabato sera. Ma l’epilogo è avvenuto domenica notte, quando due gruppetti di visitatori delle Fiere se le sono date di santa ragione per i consueti apprezzamenti indesiderati rivolti ad una donna. Protagonisti della rissa tre ragazzi trevigiani, che avrebbero ammiccato ad una ragazza di passaggio. Senza accorgersi, purtroppo, che vicino a lei c’era il marito, dominicano, che ovviamente non aveva gradito le occhiate degli italiani. Dalle parole ai fatti, il passo è stato breve, anzi, brevissimo. Perchè il centramericano non avrebbe esitato un secondo a prendere a spintoni uno dei tre, accendendo la miccia di una violenta colluttazione fatta di calci, pugni e manate. Solo l’intervento dei Carabinieri è riuscito a separare i contendenti, che per fortuna se la sono cavata con qualche livido. Non solo botte, tra le attrazioni del luna park: perché le fiere hanno avuto un risvolto penale per uno dei giostrai, probabilmente poco attento a ciò che dispone il testo unico delle leggi di pubblica sicurezza in materia di armi. Perché l’incauto, un 35 triestino, fra i premi in palio della propria attrazione (un gioco di cerchielli da tirare cercando di farli infilare in un bicchiere), aveva messo anche dei coltelli a scatto, che per il suddetto testo sono armi comuni non da sparo. Il controllo, effettuato dalla squadra amministrativa dell’ispettore Massimo Bertino, era scaturito in seguito alla segnalazione che la Questura aveva ricevuto da una mamma, il cui figliolo si era presentato a casa con un pericolo coltello: «L’ho vinto alle fiere!», aveva spiegato il ragazzo. E la polizia ha disposto un accertamento, rilevando che effettivamente una delle attrazioni omaggiava i vincitori anche con coltelli a scatto. «Li avevo acquistati a San Marino, e non sapevo che fossero illegali»: dieci, quelli sequestrati dalla Polizia amministrativa diretta dal dott. Vincenzo Zappone, mentre il titolare è stato denunciato per detenzione e trasporto abusivo di armi. Serena Masetto. |
IL
MATTINO (Salerno) |
ANTONIO
ORZA Sarno. Circondato e aggredito da sette tifosi del Sant’Antonio Abate
e derubato dell’orologio. Enrico Bove, salernitano, centrocampista 29enne
del Real Ippogrifo, ex giocatore di Ebolitana, Potenza, Sorrento, l’Aquila,
Campobasso, è stato protagonista, suo malgrado, di un brutto episodio
al termine della partita persa dalla sua squadra sul campo del Sant’Antonio
Abate. «Domenica non ho giocato per un problema all’anca - racconta
Bove - Ho visto la partita dalla tribuna insieme al mio compagno di squadra
Balestrino, che non ha giocato perché squalificato. A fine gara
abbiamo raggiunto lo spazio antistante l’ingresso dello stadio in attesa
di partire con il resto della squadra. Ad un tratto siamo stati circondati
e minacciati da un gruppo di tifosi o pseudo tali, alcuni dei quali ubriachi,
che hanno iniziato a inveire contro di noi. Uno del branco mi ha colpito
al volto con due schiaffi. Io ho avuto la freddezza e la calma di non
reagire, ma un altro tifoso mi ha strappato dal polso l’orologio, un rolex
del tipo sportivo. Attirati dalle mie urla, sono intervenuti i carabinieri,
ma nel frattempo gli aggressori erano già scappati. É la
prima volta, da quando gioco a calcio, che mi capita una cosa del genere».
L’aggressione di Bove è stato lo spunto per il presidente del Real
Ippogrifo, Raffaele D’Angelo, di inviare una dura lettera di protesta
alla Prefettura di Napoli, alla Lega Dilettanti e al commissariato di
polizia di Sarno. «Nella lettera - spiega D’Angelo - ho espresso
tutto il mio rammarico per l’aggressione a Bove e per il clima non certo
sereno in cui si è giocata la gara. I nostri tifosi sono stati
ospitati in un settore dello stadio quasi a contatto fisico con i supporters
locali, divisi soltanto da un nastro di cantiere. A bordo campo, poi,
c’erano troppe persone, non tutte autorizzate. Questo si verifica quasi
sempre quando andiamo a giocare fuori casa. Se ci sono delle regole vanno
fatte rispettare, per far sì che le partite si giochino in un clima
di serenità e non di ostilità nei nostri confronti».
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IL
GIORNALE DI VICENZA |
(r.
f.) È la seconda causa di morte (fino a qualche anno fa era la terza)
e la prima di invalidità permanente nel mondo occidentale. Colpisce
all’improvviso paralizzando la persona, che perde così la propria
autonomia. L’ictus cerebrale, danno di tipo cerebrovascolare, è
una patologia sempre più diffusa, molto violenta e grave. Stravolge completamente la vita, costringendo un soggetto in totale efficienza psico-fisica all’improvvisa inabilità. Al dramma personale di chi ne viene colpito, si aggiungono le pesanti ricadute, sociali ed economiche, sia per il paziente che per i suoi congiunti e la collettività. Nel territorio che fa capo dell’Asl 3 si registrano ogni anno circa 380 nuovi casi che vanno a sommarsi a quelli precedenti. «Poco più del 30 per cento mediamente guarisce, o resta affetto da una minima invalidità - riferisce Francesco Salsa, primario all’ospedale San Bassiano della struttura complessa di neurologia dotata di stroke unit, l’unità di terapia intensiva specializzata nel trattamento dell’ictus -; questo grazie ai progressi scientifici e alle nuove modalità di approccio e di gestione della patologia». L’ospedale cittadino è all’avanguardia in questo senso. È stato il primo nel Veneto che, su iniziativa del dott. Salsa, ha attivato la cosiddetta stroke unit. Si tratta di un polo che riunisce le diverse specializzazioni della medicina che, a vario titolo, si occupano della patologia cerebrovascolare. «Il trattamento dell’ictus non è di competenza esclusiva del neurologo - spiega il primario - ma coinvolge altre figure professionali, dal cardiologo al geriatra, dal diabetologo all’internista. Ecco perché si creano team multidisciplinari. Tuttavia, e ne discuteremo nel corso del congresso nazionale, c’è la necessità di formare ulteriormente gli addetti ai lavori. La notevole incidenza, che è proporzionale al progressivo invecchiamento della popolazione, ha fatto emergere il bisogno di una nuova figura specialistica che, a partire da competenze neurologiche adeguate, acquisisca quella serie di nozioni di base specifiche di altre specialità e che non possono mancare nel bagaglio culturale di chiunque si occupi di ictus». Facendosi interprete di questa necessità, la Sinv, Società italiana interdisciplinare neurovascolare, presenterà nel corso dei lavori che si terranno in città, nell’aula magna del San Bassiano, da giovedì a sabato, uno specifico progetto formativo. «Si tratta di un percorso biennale - ha chiarito Salsa, past-president della Sinv - che, nelle nostre intenzioni, si svolgerà in alcuni centri italiani». L’obiettivo rimane quello di migliorare la qualità di vita delle persone colpite da ictus e, indirettamente, di alleggerire l’onere assistenziale dei loro familiari. Una patologia a cui troppo spesso non si pensa, confondendo i tiepidi segnali che emana per disturbi passeggeri. «Nonostante si manifesti all’improvviso, la malattia, che ricordiamo è correlata all’età, quindi con il passare degli anni aumentano le probabilità di esserne colpiti, è anticipata da alcuni campanelli tuttavia non facili da riconoscere. Non come quelli più evidenti dell’infarto, ad esempio. Senza voler creare allarmismi, a volte si tende a sottovalutare un insistente formicolio che potrebbe essere il segnale di un qualcosa che si sta inceppando. Quando un segmento del nostro corpo si comporta in maniera anomala, come una bocca che si storce, sarebbe opportuno rivolgersi a un medico». Ma la patologia si può anche prevenire. «Un corretto stile di vita allontana il rischio - riferisce il primario -; al contrario, il tabacco, l’alcol, un’alimentazione sbagliata, e poi l’ipertensione, il diabete, l’obesità, il colesterolo e l’inattività fisica possono aumentare, con il passare degli anni, le probabilità di andare incontro a un ictus». |
ASCA.IT |
(ASCA)
- Verona, 25 ott - Solo 9 litri pro capite. E’ il consumo di vino degli
statunitensi. Una popolazione di 275 milioni di abitanti dei quali il 12%
consuma l’88% delle bottiglie importate o prodotte, il 40% ne beve il restante
12%, il 48% consuma altre bevande anche a contenuto alcolico come la birra
o whisky (fonte Vinitaly-Balzac Communication). Prendendo in considerazione solo le vendite dei supermercati a stelle e strisce, nel 2004 sono stati venduti 1 miliardo di bottiglie di vino per un controvalore di 6 miliardi di dollari (fonte AC Nielsen per Vinonostrum-Vinitaly). Il mercato degli USA, nonostante le importazioni di vino italiano nei primi 8 mesi del 2005 abbiano oltrepassato quota 1 milione 283 mila ettolitri per un valore di 629 milioni di euro - corrispondenti a un + 10% in volume e ad un + 16% in valore (fonte IWFI di New York), posizionando l’Italia al primo posto tra i fornitori -, ha ancora grandi potenzialita’ di sviluppo. Secondo la societa’ di ricerca Gallup, inoltre, per la prima volta gli americani (39%) mettono al primo posto tra le bevande preferite il vino, mentre la tradizionale birra scende al secondo col 36% dei consensi. ’’E’ proprio a tali potenzialita’ di incrementare i consumi che guarda la terza edizione di Vinitaly US Tour, espressione internazionale della maggiore rassegna mondiale di vini organizzata da Veronafiere, che si svolge ogni anno in aprile a Verona con oltre 4000 espositori da 26 paesi e 143 mila visitatori professionali’’, ha ricordato il vicepresidente di Veronafiere, Camillo Cametti inaugurando l’edizione 2005. |
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