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Rassegna stampa alcol e guida del 19 ottobre 2005

RASSEGNA STAMPA "ALCOL E GUIDA"

Note a cura di Alessandro Sbarbada
Servitore-insegnante in un Club degli Alcolisti in trattamento a Mantova.


ASAPS.IT
Riva del Garda
"POLITICHE MENO ONDIVAGHE SULLE NORME DELLA STRADA E NEL CONTRASTO ALL’ALCOL,  PIU’ RISORSE E PIU’ MEZZI".
IL COMMENTO AI DATI DEGLI INCIDENTI 2004 DEL PREFETTO PASQUALE PISCITELLI, RESPONSABILE DELLE SPECIALITA’ DELLA POLIZIA DI STATO.
  

Con la sua solita calma olimpica il prefetto Pasquale Piscitelli, responsabile delle specialità della Polizia di Stato, ha commentato i dati della sinistrosità del 2004 appena sfornati dall’Istat e dall’Aci al SISS di Riva del Garda. Calma e ponderatezza nel tratto dell’esposizione, ma nei contenuti il prefetto non si è fatto mancare (e non ci ha fatto mancare) niente. Tutt’altro.
Prima di tutto ha espresso la sua soddisfazione per il segno meno davanti ai tre dati salienti, incidenti -3,1%, morti -7,3%, feriti -3,3%. Un po’ di delusione è però emersa quando il dr.Piscitelli ha precisato che i dati in possesso al Dipartimento, relativi ai soli rilievi della Polizia Stradale e dei Carabinieri 40% circa del totale  (la Polizia Municipale sfiora invece ormai il 60% dei rilievi di incidenti stradali), erano decisamente migliori con  un -7% degli incidenti, -9% dei morti e -7% dei feriti. Questi dati sottolineano il prevalere della sinistrosità nell’area urbana, dove si conta il 75,7% degli incidenti, con il 71,9% dei feriti e il 41,1% dei morti.
Il prefetto dopo aver evidenziato il fatto che l’Italia, come è emerso dal recente rapporto di Asaps e Quattroruote, rimane ai vertici europei della densità di veicoli in rapporto agli abitanti con riflessi immaginabili anche sulla sicurezza della mobilità, ha puntato il dito contro un sistema legislativo che non si sedimenta. La sua Direzione Centrale ha emanato più circolari interpretative delle norme della strada negli ultimi 2 anni che nei precedenti 10.
Secondo il responsabile di tutte le Specialità della Polizia di Stato, continuano a crescere le rilevazioni di velocità eccessiva, e il numero degli automobilisti sorpresi ubriachi alla guida, evidenziando che non è chiaro in che misura si voglia aggredire quest’ultimo grave fenomeno affrontato con forte determinazione dal Servizio Polizia Stradale e dal suo Direttore Antonio Giannella, che ne ha fatto un impegno preciso del suo mandato. Il prefetto Piscitelli non ha mancato di ricordare che nel nostro Paese la legge punisce più severamente chi abbandona animali sulle autostrade o sulle statali che chi guida ubriaco lungo quelle stesse arterie, mettendo a repentaglio la vita di altre persone. Questo non succede in nessun altro Paese europeo.
In prospettiva il Direttore Centrale delle Specialità vede la necessità di una sempre più massiccia utilizzazione tecnologica per  contrastare gli eccessi di velocità, ma si deve capire se esiste una sorta di “riserva ideologica” per sventare questa opportunità.
In conclusione Piscitelli ha sottolineato che alla luce dei dati del 2004, l’abbattimento della sinistrosità del 50% entro il 2010 è un obiettivo meno facile, ma ancora possibile. A tal proposito si è dilettato poi in un calcolo. Partendo dal dato base di 6.649 vittime del 2000, dovremo arrivare a quota 3.324 nel 2010. Si deve ancora ridurre di 2.301 il numero delle vittime mortali. Il che vuol dire una media di 383 morti in meno ogni anno, pari un -5,7% medio annuo, rispetto al dato base.
E’ però noto che incidere inizialmente sui numeri alti è abbastanza probabile, poi con l’abbassamento della cifra totale l’abbattimento di centinaia di vittime si fa sempre più difficile da conseguire, lo hanno constatato anche altri paesi Ue che sono due passi più avanti rispetto a noi nel cammino verso una maggiore sicurezza stradale.
Cosa servirebbe per continuare e incrementare questo cammino virtuoso? Solo  alcune cose abbastanza  semplici: politiche meno ondivaghe, più risorse per il contrasto ai macrofenomeni della sinistrosità, più mezzi alle forze di polizia.
Nel 2004 si riscontra una diminuzione del numero degli incidenti (-3,1%), del numero dei morti (-7,3%) e del numero dei feriti (-3,3%) rispetto ai dati rilevati nel 2003.
Secondo l’Istat la diminuzione dell’incidentalità osservata nel 2004 presenta caratteri diversi rispetto a quella misurata nell’anno precedente, anno in cui sono state introdotte importanti modifiche al codice della strada, tra cui la patente a punti.

LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO
Incidente in località Piano delle Piscine
Il trattore si ribalta muore agricoltore.

S. Marco in LamisUn agricoltore di 41 anni di San Marco in Lamis è morto per le ferite riportate a seguito del ribaltamento del suo trattore. L’uomo - secondo quanto accertato dagli investigatori - in stato di ebbrezza si sarebbe messo alla guida del mezzo, in un’azienda agricola in località Piano delle Piscine e per cause in corso d’accertamento il trattore si è ribaltato schiacciandolo. Nonostante il tempestivo intervento di alcuni colleghi di lavoro, è deceduto poco dopo al pronto soccorso dell’ospedale di San Marco in Lamis.

IL GAZZETTINO (Treviso)
L’osservatorio diretto dalla Procura
Incidenti, è allarme per i danni cerebrali
Uno su 5 dei feriti gravi non si riprende più.

Treviso
L’Osservatorio regionale sulla sicurezza stradale è stato voluto dalla Regione, è diretto dal Procuratore della Repubblica di Treviso, Antonio Fojadelli, che lo ha messo in moto con una ricerca che fornisce dati spaventosi: un ferito grave su 5 riporta danni cerebrali. Si tratta per lo più di giovani tra i 18 e i 30 anni, che per il resto della loro vita subiranno una tragedia quotidiana.
Il Procuratore di Treviso sta facendo monitorare per quante di queste persone viene chiesta al Tribunale addirittura l’interdizione, perchè gli esiti degli incidenti sono tali da non permettere ai colpiti di affrontare la vita (particolarmente per la gestione di questioni economiche), da soli. I danni cerebrali sono ancora più gravi, ovviamente, delle invalidità permamenti, che pure sono un alto numero rispetto a chi rimane ferito gravemente. «Si tratta di dati sconosciuti alle cronache, che non possono seguire l’iter clinico dei pazienti che riportano ferite gravi - dice il Procuratore - ma è necessario invece che anche queste indicazioni vengano rese pubbliche e servano da deterrente per la guida troppo spericolata o in stato di ebbrezza, qualunque ne sia la causa».
Sono 18.005 i sinistri registrati lungo le strade del Veneto nel 2003 (ultimo anno per il quale sono disponibili statistiche attendibili) con 686 morti, quasi due al giorno, e i 25.330 feriti, 69 al giorno. one e della repressione di comportamenti scriteriati al volante. «L’Osservatorio - ha detto Fojadelli - non si limiterà a osservare, ma vorrà agire per dare elementi di conoscenza. Certo - ha concluso - si partirà dai dati, che dovranno essere certi, credibili, omogenei per arrivare poi a una fase propositiva in termini di educazione, di azioni concrete, di riscoperta e potenziamento dei mezzi repressivi». Insomma, sarà una battaglia culturale e di civiltà.
Un grande passo avanti lo hanno fatto registrare le nuove norme sulla circolazione e la patente a punti: a fine 2004 c’era stato il passaggio da 6.739 a circa 5.150 morti per anno (riduzione del 24\%) e da 341.660 a circa 292.000 feriti per anno (-14\%). Seimila milioni di euro «risparmiati» per imprese e famiglie, all’anno, ma contemporaneamente si sono contati 11.553 incidenti con il coinvolgimento di veicoli superiori a 3,5 tonnellate, con un aumento del 12,5\% rispetto al 2003. In autostrada i sinistri del 2004 sono stati 8.212 contro i 7.402 del 2003, +10,9\%. Gli incidenti stradali sono la prima causa di morte nella popolazione giovanile dai 15 ai 25 anni: la metà degli incidenti stradali è causata dall’alcool, una parte deriva dall’uso - ancora molto complesso da valutare - di medicinali e stupefacenti, magari associati anche a dosi non eccessive di alcool (*).
Antonella Federici
 
(*) Nota: il vino è ancora di gran lunga la bevanda alcolica più consumata in Italia.
Secondo dati del Ministero della Salute, in Italia il sessanta per cento delle persone in trattamento per sofferenze legate al bere consuma prevalentemente vino: si può dedurre che nel nostro paese il vino è responsabile della gran parte dei problemi alcolcorrelati.
Agli enoincidenti stradali, con i relativi enodecessi ed enoinvalidi permanenti, contribuiscono anche certi messaggi promozionali che, in aperto contrasto con le indicazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, tendono sempre ad associare vino con salute e benessere.

WINENEWS.IT
IL SEGRETO DELL’ETERNA GIOVINEZZA?
UN BICCHIERE DI VINO ROSSO, CHE AIUTA A INVECCHIARE MEGLIO E PREVIENE ANCHE LE RUGHE.
A MONTALCINO IL 21 E 22 OTTOBRE CONVEGNO NAZIONALE DI MEDICI, ENOLOGI, OPINION LEADER E GIORNALISTI CON LE ULTIME SCOPERTE SCIENTIFICHE.

Il segreto dell’eterna giovinezza? Un bicchiere di vino rosso al giorno, che ha effetti benefici per la salute e aiuta anche a prevenire e combattere le rughe. Sono proprio gli antiossidanti contenuti nel nettare di Bacco, come il resveratrolo, l’ultima risposta della scienza al sempre più sentito problema dell’invecchiamento. Se ne parlerà a Montalcino, capitale del Brunello, dove il 21 e 22 ottobre si riunisce il convegno nazionale “Vino, salute da bere”, in cui medici, enologi, opinion leader e giornalisti tracceranno lo “stato dell’arte” delle ultime scoperte scientifiche sulle proprietà salutistiche del vino.
Il convegno, promosso dal Centro Studi Vino & Salute (presieduto dal dottor Stefano Ciatti e sostenuto dalle tre Università della Toscana, dall’Associazione Città del Vino, dalla Provincia di Siena e dal Comune di Montalcino), vede la partecipazione di alcuni tra i più importanti medici e scienziati italiani: il focus delle due giornate sarà il ruolo sempre più importante di un consumo corretto e moderato di vino come fattore anti-invecchiamento. Grazie ai numerosi principi attivi che contiene, analizzati negli ultimi anni in numerose ricerche a livello internazionale, il vino può essere considerato al pari di un farmaco.
E’ un buon amico di cuore e arterie, ha un’azione protettiva nei confronti delle malattie cardiovascolari e aumenta il colesterolo buono nel sangue (Hdl). Ma è ormai dimostrata anche la sua azione preventiva sui tumori, grazie in particolare al resveratrolo, sostanza in abbondante concentrazione nel vino rosso. Ovviamente il beneficio è legato alle piccole dosi: è risaputo che quantità eccessive di alcool hanno effetti negativi (*).
Ma non è tutto: la novità dei recenti studi è che il vino non solo fa bene alla salute, ma vanta anche una potente azione anti-aging. Gli esperti suggeriscono di bere un bicchiere di buon vino rosso ai pasti, perché è ricco di micronutrienti ed apporta numerosi antiossidanti (come il resveratrolo), molecole che bloccano i radicali liberi, aumentano la resistenza dei vasi sanguigni, rinforzano e migliorano la microcircolazione e aiutano a prevenire la formazione delle rughe. Gli antiossidanti del vino hanno inoltre un’azione più diretta di quelli contenuti in altri alimenti, come la frutta e la verdura, proprio grazie alla componente alcolica che li veicola più direttamente alle cellule del nostro corpo.
Al convegno di Montalcino interverranno importanti giornalisti e personalità del mondo del vino, come i produttori Jacopo Biondi Santi e Marco Caprai, gli enologi Leonardo Valenti e Niccolò D’Afflitto, lo chef di fama internazionale Alfonso Iaccarino del “Don Alfonso 1990” di Napoli, i giornalisti Anna Scafuri del Tg1, Luciano Onder del Tg2 e Gianni Tiberi de La Nazione, l’economista Eugenio Pomarici e Andrea Muccioli della Comunità di San Patrignano.
Ma ci saranno anche luminari italiani del calibro del professor Giovanni Spera, ordinario di Endocrinologia e Malattie metaboliche all’Università La Sapienza di Roma, nonché membro del Consiglio Superiore di Sanità, e del professor Alberto Bertelli dell’Università di Milano, che ha recentemente presentato al Congresso Mondiale di Medicina Estetica una ricerca su “Vino rosso, elisir di lunga vita”, pubblicata anche su “Nature”, la più importante rivista di medicina americana.
Il convegno è solo la prima tappa di un percorso di appuntamenti promossi dal “Centro Studi Vino & Salute”, tutti incentrati sulle proprietà salutistiche del nettare di Bacco: il 30 e 31 marzo 2006 si terrà a Montalcino un convegno di chirurgia vascolare, il 20 maggio un convegno della Società Italiana di Medicina Estetica, e il 14 ottobre il convegno dal titolo “L’Estetica del vino: dal contenitore al contenuto”.
 
(*) Nota: ma se bevo “piccole dosi” di vino assumo anche poco “miracoloso” resveratrolo, presente nel vino solo in piccole tracce…
Ci sono studi che affermano che il resveratrolo non viene nemmeno assorbito dall’organismo umano quando ingerito attraverso il vino.
Se poi pensiamo che, bevendo vino, per ogni parte di benefico resveratrolo che assumo, ne tiro dentro decine di migliaia di alcol, sostanza tossica e potenzialmente cancerogena, allora possiamo capire come mai gli esperti dell’Organizzazione Mondiale della sanità hanno dichiarato che “è insostenibile e non saggio promuovere il concetto del bere moderato per ragioni di salute. Essi sono dell’opinione che la pubblicità data a questo concetto non è il risultato di una rigorosa ricerca scientifica ma è piuttosto ispirato da scopi commerciali” (http://www.aicat.net/il_bere_moderato.htm ).

CORRIERE DELLA SERA (Milano)
Allarme da un’indagine dell’Asl: aumentano le difficoltà per chi non può permettersi le cure
Morti in calo, ma le donne si ammalano di più
Rischi ridotti del 30 per cento in 15 anni. «Da fumo e alcol i pericoli per la popolazione femminile».

Basso reddito. Casa in periferia. Milanesi e «clienti» della sanità lombarda, come tutti gli altri. Ma hanno un rischio di ammalarsi e morire maggiore, più alto (dal 10 all’80 per cento a seconda delle malattie) degli altri cittadini, quelli più ricchi. I milanesi poveri muoiono di più di Aids, cirrosi epatica, diabete, infarto. Reddito e salute, nella metropoli del terzo millennio, hanno ancora una relazione strettissima. Certificata dai dati del rapporto «Ricoveri e mortalità a Milano», elaborato dai medici dell’Asl e presentato ieri. Un «atlante» che fotografa, quartiere per quartiere, lo stato di salute della città negli ultimi 15 anni.
Primo elemento, il contesto generale: i milanesi godono di buona salute e sono più longevi. Il rischio di morte è del 20 per cento più basso della media nazionale, mentre agli inizi degli anni ’90 era più alto del 10 per cento. «In accordo con la tendenza dell’intero mondo occidentale - spiegano Antonio Russo e Luigi Bisanti, autori della ricerca - a Milano si registra un miglioramento del rischio di morte e malattia generalizzato, legato a tutte le patologie».
Un panorama positivo nel quale si nascondono però delle crepe. Primo, l’equazione: meno soldi, minor accesso alle cure, più malattie. «È quasi regolare l’associazione lineare negativa tra il reddito e la salute», concludono i ricercatori. Banale? Forse. Ma le percentuali sono crude. Ad esempio quelle che riguardano le malattie di cuore. Il rischio di essere ricoverati, per gli uomini delle fasce di reddito medio-basse, è del 20 per cento superiore rispetto a quello dei ceti più abbienti. Rischio maggiore del 40 per cento per le donne povere rispetto alle ricche. Morti per infarto: lo studio evidenzia «una protezione delle classi più elevate del 40-50 per cento». Come dire: per ogni morto di infarto in San Babila, ce ne sono due a Quarto Oggiaro.
La disparità ha ragioni molto precise, legate alla diversa distribuzione dei fattori di rischio (fumo, alcol, dieta), dei fattori di protezione (sport, prevenzione, diagnosi precoce delle malattie) e di accesso alle cure. «È la dimostrazione - spiega Bisanti - che nelle società più avanzate si esasperano le differenze, e chi vive senza risorse in una metropoli come Milano subisce in maniera drammatica gli svantaggi della sua condizione». Malattie nelle quali si avvertono di più le differenze determinate dal reddito: Aids, cirrosi epatica, diabete, infarto.
La ricerca, 335 pagine fitte di tabelle, diagrammi e analisi, ha come primo obiettivo quello di orientare le scelte politiche della sanità. È uno strumento per guardare dall’alto le condizioni di salute della città e programmare le linee dei futuri interventi. Un punto su cui si dovrà riflettere è la salute delle donne.
Mentre infatti tutte le malattie legate all’alcol e al fumo diminuiscono tra gli uomini, nelle donne il trend sono in aumento o, nei casi migliore, stabili. Spiega Bisanti: «Mentre gli uomini hanno completato il ciclo e tendono ad allontanarsi dal fumo, le donne hanno iniziato più tardi a fumare e a bere alcolici e stanno pagando in termini di salute questo stile di vita». Dimostrazione: tra le donne aumentano i tumori alla laringe e al polmone (*). La sfida: «Evitare che le donne debbano passare il calvario già attraversato dagli uomini». Gianni Santucci
 
(*) Nota: non va dimenticata l’incidenza delle bevande alcoliche sul tumore del seno: il bere alcolici aumenta il rischio della donna di contrarre il cancro al seno del 6% per ogni unità di alcol che assume come media ogni giorno (http://www.aicat.net/british_cancer_research.htm).

IL GAZZETTINO (Pordenone)
CORDENONS I club degli alcolisti anonimi: «Ragazzini in aumento, ma spesso non vengono da noi per vergogna»
Alcol alla guida, allarme giovani
Offensiva del Comune contro un fenomeno che molti indicatori danno in costante crescita.

Aumenta il consumo di alcol tra i giovani e contemporaneamente cresce anche il numero d’incidenti stradali causati dallo stato d’ebbrezza. A lanciare l’allarme l’Associazione dei Club degli alcolisti anonimi di Cordenons e l’assessorato alla cultura del Comune. E proprio quest’ultimo si è attivato per promuovere la seconda tappa della campagna di comunicazione sociale avviata all’inizio dell’estate. Si svolgerà domani alle 20.30 nella sala Appi del centro culturale A. Moro, una tavola rotonda sul tema Sicurezza stradale e diffusione dell’alcol. Parteciperà al dibattito il comandante della polizia municipale, Luca Busetto, che illustrerà i dati statistici relativi ai casi d’infrazione al codice della strada causati da livelli d’assunzione d’alcol superiori ai limiti consentiti. A questo si aggiungerà l’intervento dei Carabinieri di Cordenons e del nucleo Radiomobile di Pordenone, i quali illustreranno l’attività di accertamento svolta dalle forze dell’ordine attraverso l’utilizzo dell’etilometro, oltre a spiegare quali sono le implicazioni amministrative e penali dovute ai casi di guida in stato d’ebbrezza. A chiudere il dibattito lo specialista Giuseppe Arivella che tratterà il tema Frena l’alcol, fai correre la vita, oltre alle testimonianze dei Club degli alcolisti anonimi (*).
«Si comincia dalla birra ha confermato il responsabile di uno dei quattro club attivi nel territorio cordenonese per poi passare ai super alcolici. Sono in aumento i giovani, anche minori di 12 o 13 anni, ma sono proprio loro quelli che più di rado chiedono il nostro aiuto, spesso perché bloccati dal pudore». Sono poco meno di una trentina le famiglie che una volta alla settimana si danno appuntamento al club. Discutono e si confrontano, raccontando le proprie esperienze. Alcune se ne vanno non appena sentono di aver superato il problema, altre restano e fanno da guida alle nuove entrate. Attivi in città da circa una quindicina d’anni, i club saranno presenti all’iniziativa di domani, spiegando come evitare che un piacere si trasformi in una dipendenza difficile da superare.
Quella organizzata dall’amministrazione comunale è l’ultima parte di un’iniziativa avviata nei mesi scorsi grazie alla collaborazione con l’Istituto d’Arte Galvani. Proprio a quest’ultimo il Comune aveva commissionato la realizzazione del progetto grafico per la campagna di sensibilizzazione Sicurezza in testa. Una serie di pannelli pubblicitari da installare nei più trafficati punti viari del paese per ricordare ai giovani la prudenza nella guida.
«La prevenzione nei confronti degli incidenti stradali ha spiegato l’assessore alla Cultura, Mario Onagro è l’obiettivo di questo insieme d’iniziative. Un messaggio rivolto a tutti ma in particolare ai giovani che troppo spesso sono coinvolti in tragedie causate dagli eccessi dell’alcol».
Stefania Del Zotto
 
(*) Nota: naturalmente i Club degli alcolisti anonimi non esistono.
Pippo Arivella lavora da anni con i Club degli alcolisti in trattamento.

LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO
Il fenomeno della dipendenza dal bere è uno dei più diffusi in Italia, ma anche tra i più sottovalutati in assoluto
Uscire dalla trappola dell’alcol
Ieri a Potenza un convegno con l’Associazione alcolisti anonimi.

Nella vita di tutti i giorni dobbiamo difenderci da tante insidie. Di alcune di queste, come la droga, se ne discute in continuazione, ma dell’alcolismo, forse la più subdola tra tutte le tentazioni, se ne parla sempre in maniera defilata, impercettibile, quasi di nascosto. Eppure l’alcolismo, da molti anni, è diventata la forma di dipendenza più diffusa nel Paese. Per una riflessione approfondita sui pericoli dell’alcolismo si è svolto ieri nel capoluogo un convegno organizzato dalla Provincia di Potenza in collaborazione con l’Associazione alcolisti anonimi. «In Italia muoiono ogni anno circa 40 mila persone a causa di patologie legate all’alcolismo - sottolinea Bruno, alcolista anonimo fiduciario per l’esterno dell’Associazione -. Secondo le stime dell’Istituto superiore di sanità sono più di un milione i dipendenti dall’alcol in Italia, mentre oltre tre milioni sono a serio rischio. Senza contare che i costi sociosanitari, per le patologie correlate all’assunzione di alcol sono pari, in base a uno studio dell’Organizzazione mondiale della sanità, al 2,5 per cento del Pil nazionale». L’Associazione alcolisti anonimi, nata in Italia dal 1972, accoglie su tutto il territorio nazionale le persone che hanno problemi con l’alcol aiutandole in modo concreto a venirne fuori. «L’alcolismo non va confuso con gli eccessi del sabato sera - prosegue Bruno che, come tutti gli appartenenti all’Associazione non è un volontario bensì un alcolista che è riuscito a smettere di bere -, l’alcolismo è un fenomeno che purtroppo non tende a diminuire, tutt’altro. Negli ultimi anni la situazione è diventata più preoccupante con progressivo abbassamento dell’età media degli alcolisti e un incremento della popolazione femminile. E mentre prima si trattava di casalinghe depresse, oggi il fenomeno è diffuso anche tra le lavoratrici». In Basilicata l’Associazione alcolisti anonimi esiste dal 1980 con sede in via Tirreno a Potenza (telefono 346-2347881) ed assiste ogni anno centinaia e centinaia di persone che si organizzano in gruppi per aiutarsi uno con l’altro. Nella nostra regione il fenomeno, rapportato alla popolazione, è in perfetta media nazionale senza aspetti particolari ma con un sensibile incremento dell’alcolismo da parte delle donne. Ma chi è l’alcolista? Quali sono le cause del dilagare del fenomeno? «L’alcolista è uno che ha perso il controllo della sua vita - replicano i rappresentanti dell’Associazione - e che non riesce a stare senz’alcol. E’ una persona che ha problemi seri, soprattutto in famiglia, che diventa preda di insicurezze, depressioni e ira, che si lascia andare, soprattutto nei confronti dei familiari, a violenze fisiche e psicologiche». Alcuni anni fa, con la nascita dei primi gruppi di soli familiari, è stata costituita una seconda associazione: l’«Al-Anon» con un programma misurato per le famiglie. L’Associazione alcolisti anonimi è completamente autonoma e non accetta contributi pubblici. «Proponiamo un recupero a costo zero sulla società - aggiungono - preferendo mantenere l’autonomia e l’anonimato, che resta una garanzia di tutela per chi viene da noi. Gli alcolisti recuperati aiutano gli altri a venirne fuori. Si smette di bere e si ritorna alla propria vita». «La vita la si può abbracciare - ha detto ieri il Vescovo di Potenza Mons. Agostino Superbo - e si può gioire solo se si riesce ad abbracciare il dolore che essa comporta». Angelo La Capra.

CORRIERE.IT
Indagine statunitense pubblicata sul Journal of Clinical Oncology
Quei malati che non rinunciano ad alcol e fumo
Dopo la diagnosi molti pazienti dicono addio alle sigarette e ad altre abitudini pericolose, ma c’è una quota, non piccola, di «irriducibili».

MILANO - Adotta uno stile di vita più salutare, fa diete bilanciate, sviluppa un’abitudine all’esercizio fisico e smette di bere e di fumare: questo l’identikit più frequente del paziente che sopravvive a un tumore. Ma c’è uno “zoccolo duro”, rappresentato dai maschi sopra i 65 anni e con un livello di istruzione basso, che continua a perseverare in quelle abitudini che spesso, se non sono state la causa, hanno certamente contribuito allo sviluppo della malattia.
Questo è il quadro che emerge da un’indagine statunitense pubblicata sul Journal of Clinical Oncology, che ha preso in considerazione una raccolta di articoli estratti da MEDLINE e PubMed (database che raccolgono tutte le principali pubblicazioni scientifiche), datati dal 1996 ad oggi. Secondo gli autori dello studio, Wendy Demark-Wahnefried del Duke University Medical Center (Durham, North Carolina) e i ricercatori del National Cancer Institute e della Brown University (Providence, Rhode Island), ci sono segnali positivi, ma c’è ancora molto da fare per promuovere stili di vita salutari in chi è reduce da una patologia tumorale. In particolare, lo studio mostra che solo una quota parziale dei “sopravvissuti” adotta abitudini più salutari dopo la diagnosi: non più del 60 per cento inizia ad alimentarsi in modo corretto, circa l’80 per cento di coloro a cui è stato riscontrato un tumore ai polmoni o all’area testa-collo (legato quindi al consumo di tabacco) smette di fumare. Sempre per le neoplasie di testa e collo, che dipendono anche dal consumo di alcol, circa la metà degli ex-pazienti non beve più. Il 70 per cento dei sopravvissuti, infine, si dedica seriamente alla palestra, con un’attività fisica di almeno 30 minuti al giorno per almeno cinque volte alla settimana.
Esiste però anche il rovescio della medaglia, ovvero gli “irriducibili” delle cattive abitudini, come quel 40 per cento circa che si ostina a non mangiare adeguate quantità di frutta e verdura, quel 70 per cento di persone colpite da un cancro alla prostata o al seno che rimangono in sovrappeso, o ancora quel 20 per cento di pazienti che non abbandonano la sigaretta pur avendo avuto un tumore correlato al fumo.
Atteggiamenti pericolosi, secondo i ricercatori americani, i quali ricordano che i pazienti oncologici che sopravvivono a lungo sono sempre di più (oggi, a cinque anni dalla diagnosi, è in vita il 64 per cento delle persone, considerando tutti i tipi di tumore), ma sono comunque a rischio di recidive o di altri disturbi correlati. Per questo è ancora più importante che invertano la rotta comportamentale e che adottino uno stile di vita sano, decisivo quanto le terapie antitumorali, sia per sconfiggere la malattia in corso che per evitare eventuali ricadute.
La ricerca chiama in causa anche le responsabilità degli oncologi, che dovrebbero fare la loro parte, guidando i pazienti e promuovendo abitudini più salubri; in realtà ciò accade - secondo gli esperti americani - solo nel 20 per cento dei casi. Troppo spesso i medici non riescono a parlare con i loro assistiti e non danno il giusto peso agli aspetti emotivi della malattia: «Non basta fornire informazioni, che hanno a che fare con il versante logico-razionale dell’individuo, per modificare i comportamenti a rischio - commenta il professor Luigi Grassi, ordinario di Psichiatria all’Università di Ferrara e presidente della Società Italiana di Psico-oncologia -. Bisogna invece intervenire sulle emozioni, che si correlano all’uso di alcool e tabacco o al disinteresse per la dieta, specie in soggetti caratterizzati da depressione, ansia e modalità di rinuncia, come accade spesso a chi ha dovuto affrontare un tumore. Secondo la letteratura scientifica, i medici riconoscono correttamente solo il 30 per cento dei pazienti con problemi gravi di adattamento alla malattia. Quindi, sarebbe fondamentale che gli oncologi acquisissero competenze comunicative più adeguate e che coinvolgessero i servizi psico-oncologici per aiutare le persone in difficoltà».
Vera Martinella.

IL SECOLO XIX
Condannato per il pestaggio
LA SENTENZA Due anni e sei mesi di carcere per l’imperiese Gabriele Tortello, assolto Nicola Rizzo
Giovane massacrato sul lungomare di Diano.

Imperia Una banale discussione tra "compagnie" di giovani in discoteca, rischiò di tramutarsi in una autentica tragedia dopo il pestaggio a sangue di uno dei ragazzi, finito addirittura in coma per alcuni giorni.
Si è concluso con una condanna e un’assoluzione il processo celebrato davanti al gup di Imperia sulla brutale aggressione del ventinovenne imperiese Pierpaolo Delfino, avvenuta sul lungomare di Diano Marina l’autunno dello scorso anno. Il principale degli imputati di quel violento pestaggio, Gabriele Tortello, 21 anni, di Imperia, reo confesso, assistito dall’avvocato Erminio Annoni, ha scelto il patteggiamento ed ha accettato una condanna a due anni e 6 mesi di reclusione. Dopo undici mesi di custodia cautelare ha così potuto lasciare la cella del carcere di Imperia dove è stato rinchiuso dal giorno del suo arresto.
E’ stato invece assolto con formula piena Nicola Rizzo, anch’egli ventenne di Imperia. Era difeso dall’avvocato Carlo Fossati. Il legale, scegliendo la strada del rito abbreviato condizionato, è riuscito a dimostrare la completa estraneità del suo cliente ai fatti. Contro Rizzo non furono mai trovati elementi, neppure dagli esperti del RIS di Parma, a sostegno dell’accusa di concorso in lesioni gravissime mossa dal sostituto procuratore, Ubaldo Pelosi e sostenuta dal pm, Filippo Maffeo. Anche quest’ultimo, al termine dell’udienza, ha chiesto al giudice Domenico Varalli di mandare assolto Rizzo.
Non resta che l’ultimo dei ragazzi ritenuti responsabili di quell’aggressione, il minorenne F.P., di Diano Marina. Il processo si celebrerà a Genova nei prossimi giorni presso il tribunale regionale dei minori.
Fu massacrato, colpito al capo e poi preso probabilmente a calci. Era la notte del 27 novembre 2004 quando Pierpaolo Delfino venne picchiato a sangue da un gruppo di coetanei. In coma, lottò contro la morte per alcuni giorni all’ospedale Santa Corona di Pietra Ligure. Aveva riportato fratture multiple al volto e un’emorragia cerebrale, conseguenza delle botte subite.
Il pestaggio era avvenuto sul lungomare dianese al temine di una serata passata al "Pop" la discoteca di Diano San Pietro. Sembra che nel locale, Pierpaolo e i suoi amici, avessero incontrato un altro gruppo di ragazzi forse un po’ alticci. Tra le due "compagnie" si sarebbe acceso subito un diverbio con alcuni spintoni, ma, grazie all’intervento della security, nulla di più. Verso le quattro del mattino, sul lungomare dianese, Pierpaolo Delfino, che pare avesse il solo torto di appartenerte alla compagnia "avversaria", venne raggiunto dagli aggressori (forse quattro) che lo accerchiarono e approfittando del fatto che si trovava da solo lo pestarono selvaggiamente. Natalino Famà.

IL GAZZETTINO (Vicenza)
Gianni Zonin
«Serve un patto sociale tra produttori distributori governo e consumatori»
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(m.c.) La crisi del settore vitivinicolo non si può più nascondere. E non si può certo imputare tutta la colpa alle grandinate di agosto. «Serve un patto sociale tra produttori, distributori, governo e consumatori», spiega Gianni Zonin, il più grande imprenditore vinicolo italiano, «per rilanciare il mercato interno ed evitare l’aggressione da parte dei competitors. Le leve sono la fiscalità, in primis la riduzione dell’Iva, la moderazione sui prezzi finali, l’informazione e il sostegno d’immagine». Sono i numeri dell’Ismea a dare la percezione della situazione che stiamo vivendo: il 70 per cento delle famiglie italiane si sente psicologicamente povera e stima in 1250 euro mensili per i mononuclei e in 3mila euro per le famiglie più numerose la soglia di povertà percepita. A questo si aggiunge che i consumi alimentari si sono contratti in cinque anni del 10 per cento ed il vino ha pagato il prezzo più alto, con una riduzione dell’11 per cento. «Il settore vitivinicolo non va per niente bene», chiosa Zonin, «e a dirlo sono dati inequivocabili: è stata chiesta la distillazione di crisi, quest’anno non sarà ritirata qualche partita di uva in alcune zone d’Italia, i prezzi dell’uva saranno comunque in forte caduta, in quattro anni il consumo di vino si è contratto dell’11 per cento ed il 70 per cento dei ristoranti denuncia un calo di fatturato. Nonostante la ripresa in Usa e in Gran Bretagna abbiamo perso in quantità e valore quote di esportazione, e l’attenzione per il vino è scemata. Certo, non ci sono solo ombre: c’è un turn over nei consumatori, donne e giovani hanno ripreso a bere con equilibrio vino, ci stiamo aprendo con grande sforzo nuovi mercati, riusciamo ancora ad arginare, ma mi chiedo per quanto tempo, la pressione dei grandi colossi sul mercato interno».



Giovedì, 20 Ottobre 2005
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