RASSEGNA STAMPA "ALCOL E GUIDA" Note
a cura di Alessandro Sbarbada |
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ASAPS.IT |
Con la
sua solita calma olimpica il prefetto Pasquale Piscitelli, responsabile
delle specialità della Polizia di Stato, ha commentato i dati
della sinistrosità del 2004 appena sfornati dall’Istat e dall’Aci
al SISS di Riva del Garda. Calma e ponderatezza nel tratto dell’esposizione,
ma nei contenuti il prefetto non si è fatto mancare (e non
ci ha fatto mancare) niente. Tutt’altro. |
LA
GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO |
S.
Marco in LamisUn agricoltore di 41 anni di San Marco in Lamis è
morto per le ferite riportate a seguito del ribaltamento del suo trattore.
L’uomo - secondo quanto accertato dagli investigatori - in stato di ebbrezza
si sarebbe messo alla guida del mezzo, in un’azienda agricola in località
Piano delle Piscine e per cause in corso d’accertamento il trattore si
è ribaltato schiacciandolo. Nonostante il tempestivo intervento
di alcuni colleghi di lavoro, è deceduto poco dopo al pronto soccorso
dell’ospedale di San Marco in Lamis.
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IL
GAZZETTINO (Treviso) |
Treviso |
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Il
segreto dell’eterna giovinezza? Un bicchiere di vino rosso al giorno,
che ha effetti benefici per la salute e aiuta anche a prevenire e combattere
le rughe. Sono proprio gli antiossidanti contenuti nel nettare di Bacco,
come il resveratrolo, l’ultima risposta della scienza al sempre
più sentito problema dell’invecchiamento. Se ne parlerà
a Montalcino, capitale del Brunello, dove il 21 e 22 ottobre si riunisce
il convegno nazionale “Vino, salute da bere”, in cui medici,
enologi, opinion leader e giornalisti tracceranno lo “stato dell’arte”
delle ultime scoperte scientifiche sulle proprietà salutistiche
del vino. |
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Basso
reddito. Casa in periferia. Milanesi e «clienti» della sanità
lombarda, come tutti gli altri. Ma hanno un rischio di ammalarsi e morire
maggiore, più alto (dal 10 all’80 per cento a seconda delle
malattie) degli altri cittadini, quelli più ricchi. I milanesi
poveri muoiono di più di Aids, cirrosi epatica, diabete, infarto.
Reddito e salute, nella metropoli del terzo millennio, hanno ancora una
relazione strettissima. Certificata dai dati del rapporto «Ricoveri
e mortalità a Milano», elaborato dai medici dell’Asl
e presentato ieri. Un «atlante» che fotografa, quartiere per
quartiere, lo stato di salute della città negli ultimi 15 anni.
Primo elemento, il contesto generale: i milanesi godono di buona salute e sono più longevi. Il rischio di morte è del 20 per cento più basso della media nazionale, mentre agli inizi degli anni ’90 era più alto del 10 per cento. «In accordo con la tendenza dell’intero mondo occidentale - spiegano Antonio Russo e Luigi Bisanti, autori della ricerca - a Milano si registra un miglioramento del rischio di morte e malattia generalizzato, legato a tutte le patologie». Un panorama positivo nel quale si nascondono però delle crepe. Primo, l’equazione: meno soldi, minor accesso alle cure, più malattie. «È quasi regolare l’associazione lineare negativa tra il reddito e la salute», concludono i ricercatori. Banale? Forse. Ma le percentuali sono crude. Ad esempio quelle che riguardano le malattie di cuore. Il rischio di essere ricoverati, per gli uomini delle fasce di reddito medio-basse, è del 20 per cento superiore rispetto a quello dei ceti più abbienti. Rischio maggiore del 40 per cento per le donne povere rispetto alle ricche. Morti per infarto: lo studio evidenzia «una protezione delle classi più elevate del 40-50 per cento». Come dire: per ogni morto di infarto in San Babila, ce ne sono due a Quarto Oggiaro. La disparità ha ragioni molto precise, legate alla diversa distribuzione dei fattori di rischio (fumo, alcol, dieta), dei fattori di protezione (sport, prevenzione, diagnosi precoce delle malattie) e di accesso alle cure. «È la dimostrazione - spiega Bisanti - che nelle società più avanzate si esasperano le differenze, e chi vive senza risorse in una metropoli come Milano subisce in maniera drammatica gli svantaggi della sua condizione». Malattie nelle quali si avvertono di più le differenze determinate dal reddito: Aids, cirrosi epatica, diabete, infarto. La ricerca, 335 pagine fitte di tabelle, diagrammi e analisi, ha come primo obiettivo quello di orientare le scelte politiche della sanità. È uno strumento per guardare dall’alto le condizioni di salute della città e programmare le linee dei futuri interventi. Un punto su cui si dovrà riflettere è la salute delle donne. Mentre infatti tutte le malattie legate all’alcol e al fumo diminuiscono tra gli uomini, nelle donne il trend sono in aumento o, nei casi migliore, stabili. Spiega Bisanti: «Mentre gli uomini hanno completato il ciclo e tendono ad allontanarsi dal fumo, le donne hanno iniziato più tardi a fumare e a bere alcolici e stanno pagando in termini di salute questo stile di vita». Dimostrazione: tra le donne aumentano i tumori alla laringe e al polmone (*). La sfida: «Evitare che le donne debbano passare il calvario già attraversato dagli uomini». Gianni Santucci (*) Nota: non va dimenticata l’incidenza delle bevande alcoliche sul tumore del seno: il bere alcolici aumenta il rischio della donna di contrarre il cancro al seno del 6% per ogni unità di alcol che assume come media ogni giorno (http://www.aicat.net/british_cancer_research.htm). |
IL
GAZZETTINO (Pordenone) |
Aumenta
il consumo di alcol tra i giovani e contemporaneamente cresce anche il
numero d’incidenti stradali causati dallo stato d’ebbrezza. A lanciare
l’allarme l’Associazione dei Club degli alcolisti anonimi di Cordenons
e l’assessorato alla cultura del Comune. E proprio quest’ultimo si è
attivato per promuovere la seconda tappa della campagna di comunicazione
sociale avviata all’inizio dell’estate. Si svolgerà domani alle
20.30 nella sala Appi del centro culturale A. Moro, una tavola rotonda
sul tema Sicurezza stradale e diffusione dell’alcol. Parteciperà
al dibattito il comandante della polizia municipale, Luca Busetto, che
illustrerà i dati statistici relativi ai casi d’infrazione al codice
della strada causati da livelli d’assunzione d’alcol superiori ai limiti
consentiti. A questo si aggiungerà l’intervento dei Carabinieri
di Cordenons e del nucleo Radiomobile di Pordenone, i quali illustreranno
l’attività di accertamento svolta dalle forze dell’ordine attraverso
l’utilizzo dell’etilometro, oltre a spiegare quali sono le implicazioni
amministrative e penali dovute ai casi di guida in stato d’ebbrezza. A
chiudere il dibattito lo specialista Giuseppe Arivella che tratterà
il tema Frena l’alcol, fai correre la vita, oltre alle testimonianze dei
Club degli alcolisti anonimi (*).
«Si comincia dalla birra ha confermato il responsabile di uno dei quattro club attivi nel territorio cordenonese per poi passare ai super alcolici. Sono in aumento i giovani, anche minori di 12 o 13 anni, ma sono proprio loro quelli che più di rado chiedono il nostro aiuto, spesso perché bloccati dal pudore». Sono poco meno di una trentina le famiglie che una volta alla settimana si danno appuntamento al club. Discutono e si confrontano, raccontando le proprie esperienze. Alcune se ne vanno non appena sentono di aver superato il problema, altre restano e fanno da guida alle nuove entrate. Attivi in città da circa una quindicina d’anni, i club saranno presenti all’iniziativa di domani, spiegando come evitare che un piacere si trasformi in una dipendenza difficile da superare. Quella organizzata dall’amministrazione comunale è l’ultima parte di un’iniziativa avviata nei mesi scorsi grazie alla collaborazione con l’Istituto d’Arte Galvani. Proprio a quest’ultimo il Comune aveva commissionato la realizzazione del progetto grafico per la campagna di sensibilizzazione Sicurezza in testa. Una serie di pannelli pubblicitari da installare nei più trafficati punti viari del paese per ricordare ai giovani la prudenza nella guida. «La prevenzione nei confronti degli incidenti stradali ha spiegato l’assessore alla Cultura, Mario Onagro è l’obiettivo di questo insieme d’iniziative. Un messaggio rivolto a tutti ma in particolare ai giovani che troppo spesso sono coinvolti in tragedie causate dagli eccessi dell’alcol». Stefania Del Zotto (*) Nota: naturalmente i Club degli alcolisti anonimi non esistono. Pippo Arivella lavora da anni con i Club degli alcolisti in trattamento. |
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Nella
vita di tutti i giorni dobbiamo difenderci da tante insidie. Di alcune
di queste, come la droga, se ne discute in continuazione, ma dell’alcolismo,
forse la più subdola tra tutte le tentazioni, se ne parla sempre
in maniera defilata, impercettibile, quasi di nascosto. Eppure l’alcolismo,
da molti anni, è diventata la forma di dipendenza più diffusa
nel Paese. Per una riflessione approfondita sui pericoli dell’alcolismo
si è svolto ieri nel capoluogo un convegno organizzato dalla Provincia
di Potenza in collaborazione con l’Associazione alcolisti anonimi. «In
Italia muoiono ogni anno circa 40 mila persone a causa di patologie legate
all’alcolismo - sottolinea Bruno, alcolista anonimo fiduciario per l’esterno
dell’Associazione -. Secondo le stime dell’Istituto superiore di sanità
sono più di un milione i dipendenti dall’alcol in Italia, mentre
oltre tre milioni sono a serio rischio. Senza contare che i costi sociosanitari,
per le patologie correlate all’assunzione di alcol sono pari, in base
a uno studio dell’Organizzazione mondiale della sanità, al 2,5
per cento del Pil nazionale». L’Associazione alcolisti anonimi,
nata in Italia dal 1972, accoglie su tutto il territorio nazionale le
persone che hanno problemi con l’alcol aiutandole in modo concreto a venirne
fuori. «L’alcolismo non va confuso con gli eccessi del sabato sera
- prosegue Bruno che, come tutti gli appartenenti all’Associazione non
è un volontario bensì un alcolista che è riuscito
a smettere di bere -, l’alcolismo è un fenomeno che purtroppo non
tende a diminuire, tutt’altro. Negli ultimi anni la situazione è
diventata più preoccupante con progressivo abbassamento dell’età
media degli alcolisti e un incremento della popolazione femminile. E mentre
prima si trattava di casalinghe depresse, oggi il fenomeno è diffuso
anche tra le lavoratrici». In Basilicata l’Associazione alcolisti
anonimi esiste dal 1980 con sede in via Tirreno a Potenza (telefono 346-2347881)
ed assiste ogni anno centinaia e centinaia di persone che si organizzano
in gruppi per aiutarsi uno con l’altro. Nella nostra regione il fenomeno,
rapportato alla popolazione, è in perfetta media nazionale senza
aspetti particolari ma con un sensibile incremento dell’alcolismo da parte
delle donne. Ma chi è l’alcolista? Quali sono le cause del dilagare
del fenomeno? «L’alcolista è uno che ha perso il controllo
della sua vita - replicano i rappresentanti dell’Associazione - e che
non riesce a stare senz’alcol. E’ una persona che ha problemi seri,
soprattutto in famiglia, che diventa preda di insicurezze, depressioni
e ira, che si lascia andare, soprattutto nei confronti dei familiari,
a violenze fisiche e psicologiche». Alcuni anni fa, con la nascita
dei primi gruppi di soli familiari, è stata costituita una seconda
associazione: l’«Al-Anon» con un programma misurato per le
famiglie. L’Associazione alcolisti anonimi è completamente autonoma
e non accetta contributi pubblici. «Proponiamo un recupero a costo
zero sulla società - aggiungono - preferendo mantenere l’autonomia
e l’anonimato, che resta una garanzia di tutela per chi viene da noi.
Gli alcolisti recuperati aiutano gli altri a venirne fuori. Si smette
di bere e si ritorna alla propria vita». «La vita la si può
abbracciare - ha detto ieri il Vescovo di Potenza Mons. Agostino Superbo
- e si può gioire solo se si riesce ad abbracciare il dolore che
essa comporta». Angelo La Capra.
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CORRIERE.IT |
MILANO
- Adotta uno stile di vita più salutare, fa diete bilanciate, sviluppa
un’abitudine all’esercizio fisico e smette di bere e di fumare:
questo l’identikit più frequente del paziente che sopravvive
a un tumore. Ma c’è uno “zoccolo duro”, rappresentato
dai maschi sopra i 65 anni e con un livello di istruzione basso, che continua
a perseverare in quelle abitudini che spesso, se non sono state la causa,
hanno certamente contribuito allo sviluppo della malattia. |
IL
SECOLO XIX |
Imperia
Una banale discussione tra "compagnie" di giovani in discoteca,
rischiò di tramutarsi in una autentica tragedia dopo il pestaggio
a sangue di uno dei ragazzi, finito addirittura in coma per alcuni giorni.
Si è concluso con una condanna e un’assoluzione il processo celebrato davanti al gup di Imperia sulla brutale aggressione del ventinovenne imperiese Pierpaolo Delfino, avvenuta sul lungomare di Diano Marina l’autunno dello scorso anno. Il principale degli imputati di quel violento pestaggio, Gabriele Tortello, 21 anni, di Imperia, reo confesso, assistito dall’avvocato Erminio Annoni, ha scelto il patteggiamento ed ha accettato una condanna a due anni e 6 mesi di reclusione. Dopo undici mesi di custodia cautelare ha così potuto lasciare la cella del carcere di Imperia dove è stato rinchiuso dal giorno del suo arresto. E’ stato invece assolto con formula piena Nicola Rizzo, anch’egli ventenne di Imperia. Era difeso dall’avvocato Carlo Fossati. Il legale, scegliendo la strada del rito abbreviato condizionato, è riuscito a dimostrare la completa estraneità del suo cliente ai fatti. Contro Rizzo non furono mai trovati elementi, neppure dagli esperti del RIS di Parma, a sostegno dell’accusa di concorso in lesioni gravissime mossa dal sostituto procuratore, Ubaldo Pelosi e sostenuta dal pm, Filippo Maffeo. Anche quest’ultimo, al termine dell’udienza, ha chiesto al giudice Domenico Varalli di mandare assolto Rizzo. Non resta che l’ultimo dei ragazzi ritenuti responsabili di quell’aggressione, il minorenne F.P., di Diano Marina. Il processo si celebrerà a Genova nei prossimi giorni presso il tribunale regionale dei minori. Fu massacrato, colpito al capo e poi preso probabilmente a calci. Era la notte del 27 novembre 2004 quando Pierpaolo Delfino venne picchiato a sangue da un gruppo di coetanei. In coma, lottò contro la morte per alcuni giorni all’ospedale Santa Corona di Pietra Ligure. Aveva riportato fratture multiple al volto e un’emorragia cerebrale, conseguenza delle botte subite. Il pestaggio era avvenuto sul lungomare dianese al temine di una serata passata al "Pop" la discoteca di Diano San Pietro. Sembra che nel locale, Pierpaolo e i suoi amici, avessero incontrato un altro gruppo di ragazzi forse un po’ alticci. Tra le due "compagnie" si sarebbe acceso subito un diverbio con alcuni spintoni, ma, grazie all’intervento della security, nulla di più. Verso le quattro del mattino, sul lungomare dianese, Pierpaolo Delfino, che pare avesse il solo torto di appartenerte alla compagnia "avversaria", venne raggiunto dagli aggressori (forse quattro) che lo accerchiarono e approfittando del fatto che si trovava da solo lo pestarono selvaggiamente. Natalino Famà. |
IL
GAZZETTINO (Vicenza) |
(m.c.) La crisi del settore vitivinicolo non si può più nascondere. E non si può certo imputare tutta la colpa alle grandinate di agosto. «Serve un patto sociale tra produttori, distributori, governo e consumatori», spiega Gianni Zonin, il più grande imprenditore vinicolo italiano, «per rilanciare il mercato interno ed evitare l’aggressione da parte dei competitors. Le leve sono la fiscalità, in primis la riduzione dell’Iva, la moderazione sui prezzi finali, l’informazione e il sostegno d’immagine». Sono i numeri dell’Ismea a dare la percezione della situazione che stiamo vivendo: il 70 per cento delle famiglie italiane si sente psicologicamente povera e stima in 1250 euro mensili per i mononuclei e in 3mila euro per le famiglie più numerose la soglia di povertà percepita. A questo si aggiunge che i consumi alimentari si sono contratti in cinque anni del 10 per cento ed il vino ha pagato il prezzo più alto, con una riduzione dell’11 per cento. «Il settore vitivinicolo non va per niente bene», chiosa Zonin, «e a dirlo sono dati inequivocabili: è stata chiesta la distillazione di crisi, quest’anno non sarà ritirata qualche partita di uva in alcune zone d’Italia, i prezzi dell’uva saranno comunque in forte caduta, in quattro anni il consumo di vino si è contratto dell’11 per cento ed il 70 per cento dei ristoranti denuncia un calo di fatturato. Nonostante la ripresa in Usa e in Gran Bretagna abbiamo perso in quantità e valore quote di esportazione, e l’attenzione per il vino è scemata. Certo, non ci sono solo ombre: c’è un turn over nei consumatori, donne e giovani hanno ripreso a bere con equilibrio vino, ci stiamo aprendo con grande sforzo nuovi mercati, riusciamo ancora ad arginare, ma mi chiedo per quanto tempo, la pressione dei grandi colossi sul mercato interno». |
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