Incidenti stradali, danni anche per i giorni di agonia
DANNI anche per l’agonia. Basta con i risarcimenti simbolici ai congiunti di chi è morto in un incidente stradale. E ciò anche se la vittima è sopravvissuta poche ore al terribile impatto, consentendo così di dubitare della sua percezione di sofferenza durante l’agonia. Bisogna invece considerare appieno la lesione sofferta in quel lasso di tempo dal danneggiato e il pregiudizio morale soggettivo derivato ai suoi cari. È quanto emerge dalla sentenza 7499/, pubblicata il maggio dalla terza sezione civile della Cassazione. Categoria unica Accolto, contro le conclusioni del pm, il ricorso dei familiari della vittima. Il risarcimento del danno biologico e morale per le sofferenze patite nelle 12 ore fra il sinistro e la morte della vittima risulta escluso sul mero rilievo che il de cuius è sopravvissuto troppo poco, forse senza neppure rendersi conto di avere i minuti contati. In realtà la liquidazione di 1.500 euro è irrisoria: il giudice del merito avrebbe dovuto considerare l’età della vittima, l’abitudine di vita, il fatto che il danneggiato fosse convivente con i congiunti che chiedono il risarcimento. Non basta, insomma, un mero riferimento alla tabelle utilizzate negli uffici giudiziari per determinare il ristoro in casi come questi. Nel determinare il danno morale pro quota, in particolare nella misura di metà del biologico, il collegio dimentica che ormai essi costituiscono una sola categoria.
Il giudice del merito non ha tenuto conto dei fattori di personalizzazione che in tal caso debbono valere in modo assai elevato, perché si verte in tema di lesioni di valori inerenti alla persona e in quanto tali privi di contenuto economico. E non ha considerato l’intensità del vincolo familiare ogni altra utile circostanza, quali l’abitudine di vita, l’età della vittima e dei singoli superstiti, mostrando, invece, di privilegiare, in ordine al risarcimento in tal modo da liquidare, una sua funzione reintegratrice di una diminuzione patrimoniale e non già, come è, la sua funzione compensativa del pregiudizio non economico. La scarna motivazione adottata dal giudice del merito glissa il suo dovere di dare conto, a tali fini, delle circostanze di fatto da lui da considerare nel compiere la valutazione equitativa e della congruità e ragionevolezza dell’ iter logico che lo ha condotto a quel determinato risultato. Insomma: la parola passa al giudice del rinvio.
da Statoquotidiano.it