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Articoli 25/06/2012

Noi siamo giustizialisti

di Lorenzo Borselli
Foto Blaco - archivio Asaps

(ASAPS) Forlì, 25 giugno 2012 – Che vuol dire giustizialismo?
Riflettiamo un attimo e parliamone: qual è l’esatta definizione di questo termine?
Oggi, quando in Italia si attribuisce a una determinata azione di prosecuzione dell’azione penale il carattere “giustizialista”, l’intento non è certo quello di contraddistinguerlo positivamente. Anzi.
L’acuirsi del divario tra cittadini e malapolitica – quella connotata da corruttele e malcostumi che in altri paesi occidentali è addirittura inconcepibile – ha portato alla ribalta questa parola, inizialmente utilizzata positivamente ai tempi dei primi maxiprocessi di mafia.
Oggi, in Italia, per una parte dell’immaginario collettivo, il giustizialismo è invece l’abuso di potere da parte della magistratura, in particolare da parte di quei Pubblici Ministeri che eserciterebbero il loro potere al fine di squilibrare il processo penale, per influenzare una o l’altra parte politica.
La parola è divenuta, sempre in una parte dell’immaginario collettivo, antitetica al garantismo. Il rischio è che per giustizialista si intenda colui che pretende una pena per forza, il più dura e severa possibile, mentre per garantista ci si riferisca a un soggetto che vorrebbe sottrarre l’imputato al linciaggio.


Partiamo dalla Costituzione e precisamente dall’articolo 27: “La responsabilità penale è personale. L'imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva”.
Partiamo da questo punto perché è necessario precisare che quando l’ASAPS ha deciso di schierarsi dalla parte di chi vorrebbe una legge ad-hoc per sanzionare un omicidio commesso da qualcuno durante la guida, lo ha fatto non per imbrancarsi in un immaginario corteo medievale, che accompagna l’accusato (il più delle volte un innocente scelto a caso) verso la pira, sputandogli addosso, schernendolo e seviziandolo.
No.
L’ASAPS è scesa in campo, al fianco dell’associazione nata in ricordo di Lorenzo Guarnieri,  perché una morte sulla strada, al pari di una morte sul lavoro, al pari di una morte provocata da un pubblico ufficiale che spara senza giustificato motivo, da un sanitario disattento, da un balordo che lancia un sasso da un cavalcavia o da un folle che piazza una bomba davanti a un liceo, quando sia attribuibile a una condotta scellerata da parte di una persona, abbia una dignità processuale adeguata.
E lo Stato, che è chiamato a punire, deve – con questa sua azione – certamente riabilitare il condannato e metterlo in condizione di recuperare il suo ruolo nella società, facendo in modo che non ripeta più quel comportamento (avendo la certezza che nessuno debba più restarne vittima) ma deve nello stesso tempo ripristinare l’ordine violato da quella morte.
Per farlo, deve comminare una sanzione tempestiva, giusta, esemplare ed equa. Senza incamminarci in percorsi giuridici che non ci competono, limitiamoci alla nostra esigenza, di cittadini aderenti al patto sociale, che la punizione sia soprattutto equa: se è sproporzionata, innesca un meccanismo di reazione e di rivalsa che poi non finisce più.


La proposta di omicidio stradale, per come lo intendiamo noi, non è una forma di giustizialismo, ma un modo per connotare un comportamento e renderlo del tutto diverso, anche nella punizione, da un incidente stradale vero e proprio. Una morte nel traffico resta un fatto colposo, se non direttamente attribuibile a una condotta che resta per forza trasgressiva di qualcosa, ma che non può dirsi sempre criminale come nel caso di ebbrezze o velocità temerarie.
È una doverosa precisazione, questa, perché un ricorso alla punizione eccessivo e generalizzato, provocherebbe una perdita di efficacia nella deterrenza che, di contro, una punizione esemplare ed equa può avere.
La vita è fatta di errori, no?
Siamo forse giustizialisti se pensiamo che perseguire un comportamento deliberatamente illecito – e manifestamente irrispettoso della vita – significhi affermare che la società non può tollerarlo?
È Giustizialista uno Stato che certamente punisce, ma che lo fa in relazione alla sua funzione di salvaguardia e ricostruzione di un contesto sociale così segnato da una violazione del patto sociale, infranto da un comportamento individuale talmente irrispettoso della società da aver provocato, direttamente la morte di un 24enne e indirettamente quella di sua madre?
Se fosse così, noi siamo giustizialisti. Piacere di fare la vostra conoscenza. (ASAPS)

 

 


 

Lunedì, 25 Giugno 2012
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