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Notizie brevi 20/07/2012

Parla al cellulare mentre guida
Assolto vigile che l'ha inseguita

La donna non voleva mostrare i documenti

Romano di Lombardia, 17 luglio 2012 - Un inseguimento legittimo, messo in atto per scongiurare un incidente. E’ questo il senso della sentenza del giudice del Tribunale di Treviglio, Davide Pozzi, che ha assolto dall’accusa di violenza privata perchè “il fatto non sussiste” un ex agente del comando della Polizia locale di Romano di Lombardia (ora in forza a Caravaggio), assistito dall’avvocato Matteo Anzalone.

La vicenda risale al 12 marzo 2009, quando, intorno alle 18, pochi minuti dopo aver smontato dal suo turno di lavoro, il vigile sta facendo ritorno a casa, a Fontanella. All’improvviso, all’altezza di via Marconi, nota davanti alla propria auto, una Fiat Punto (che non è quella di servizio), una vettura con a bordo una donna che prosegue a zig zag sulla carreggiata e che guida parlando al cellulare. Il vigile, ritenendo una simile condotta pericolosa per gli altri automobilisti, invita la donna a fermarsi. Quest’ultima, però, prosegue in direzione di Covo.

Ne scaturisce un inseguimento. Solo alla rotonda del Bradalesco, dieci minuti più tardi, prendendo il rondò contromano, l’agente riesce a fermare la donna. Che, però, si rifiuta di mostrargli i documenti e solo all’arrivo di una pattuglia di rinforzo, composta da altri due poliziotti, inizia a collaborare. Ma poi denuncia per violenza privata l’agente, che finisce indagato.

Nel corso del processo, dove si è costituita parte civile, la donna, responsabile di un’impresa di pulizie, ha raccontato che solo quando era stata bloccata si era accorta che il suo inseguitore era un vigile. Prima pensava di essere finita nel mirino di un malintenzionato o di un maniaco: «La parte di divisa visibile dalla mia vettura - un maglione blu scuro e una giacca a vento dello stesso colore - erano facilmente confondibili con degli abiti civili», ha sostenuto durante il dibattimento. Inoltre, durante il controllo, sempre secondo la testimonianza della donna, l’uomo si sarebbe comportato in modo poco gentile, mostrandole il fodero della pistola per convincerla, con un gesto interpretato come una minaccia, di essere un vero agente.

Al termine della sua arringa, il pm ha però chiesto l’assoluzione, invocata anche dall’avvocato Anzalone, non ravvisando nel comportamento del vigile gli estremi per configurare un’accusa di violenza privata. Insomma: l’agente stava semplicemente facendo il suo dovere.


di Michele Andreucci
da ilgiorno.it

 

 

Venerdì, 20 Luglio 2012
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