MANCA LA PLANIMETRIA?
E’ COMUNQUE VALIDA LA RICOSTRUZIONE DELLA DINAMICA DELL’INCIDENTE
Non è indispensabile la planimetria dell’incidente, se la ricostruzione fatta dal consulente del Pubblico Ministero è valida ed attendibile. Con questa massima la Cassazione penale (sentenza 15.3.2012, nr. 10107) ha risolto la questione intorno alla possibilità di ricostruire con certezza la dinamica del sinistro anche quando mancano schizzo di campagna e disegno planimetrico della polizia.
Alla base del giudizio un caso di omicidio colposo stradale avvenuto anni or sono a Napoli (reato dichiarato prescrizione essendo trascorsi più di sette anni e sei mesi dal giorno del fatto).
Con questa ricostruzione, ha sostenuto la Cassazione, il fatto che manchi la planimetria non sposta nulla, il che naturalmente non equivale a dire che può essere omessa dalla polizia a cuor leggero. Quanto alla relazione del consulente del P.M., la sua utilizzabilità non può essere posta in discussione – ha affermato la Corte - a cagione del mancato rinvenimento della planimetria della Polizia Municipale. Alla mancanza “deve ritenersi abbia adeguatamente sopperito il consulente tanto che i giudici di merito sono pervenuti ad indiscutibile ricostruzione della dinamica del sinistro: nè al riguardo la difesa ha abbozzato a confutazioni concrete essendosi limitata a contestare la valenza dei calcoli della velocità effettuati dal C.T., e condivisi dai giudici di merito, sostanzialmente tacciandoli di arbitrarietà ed ipoteticità”.
Cassazione penale Sezione IV - Sentenza 15 marzo 2012, n. 10107
Ricorre per cassazione S.O. avverso la sentenza emessa in data 5.10.2010 dalla Corte di Appello di Napoli che confermava quella in data 10.10.2006 del Tribunale di Nola, giudice monocratico, con la quale, concesse le attenuanti equivalenti alle contestate aggravanti, era stato condannato alla pena di anni uno mesi sei di reclusione - pena sospesa e non menzione e applicazione della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida per la durata di anni uno - perchè ritenuto colpevole del reato di cui all’art. 589 c.p., commi 1, 2 e 3, per avere alla guida dell'autovettura Ford Focus targata (OMISSIS), mentre percorreva via (OMISSIS), all'altezza dell'intersezione di via (OMISSIS) provocato, per colpa, consistita in imperizia, imprudenza e negligenza, nonchè nella violazione di norme che disciplinano la circolazione stradale - e, segnatamente, degli art. 141, commi 1, 2 e 3, art. 145, commi 1 e 4, art. 146, comma 1, per aver tenuto una velocità superiore ai limiti previsti dalla segnaletica stradale - nella specie la velocità di circa 84 Km/h in luogo dei 30 Km/h consentiti e per non aver moderato la velocità nonostante si avvicinasse ad un incrocio, costituendo, in tal modo, pericolo per gli altri utenti della strada, una collisione con il veicolo Fiat Uno targato (OMISSIS), condotto da C.M. e con a bordo Ca.As., che viaggiava ad una velocità moderata allo scopo di effettuare, secondo le norme del codice della strada, l'attraversamento dell'incrocio suddetto, cagionando la morte di C.M., deceduto in seguito alle gravi lesioni riportate a causa del sinistro stradale, nonchè lesioni personali a Ca.
A. (fatto avvenuto in (OMISSIS)).
Il fatto quale si desume dall'impugnata sentenza.
Al centro dell'incrocio, ove si verificò l'incidente, formato da due strade che si intersecano ad angolo retto, era posta una fiorerà che fungeva da rotatoria e isola spartitraffico. La strada, percorsa dall'auto Fiat della vittima, che dal (OMISSIS) conduce il incrocio era gravata da segnaletica verticale e trasversale di stop con delimitazione dell'area di incrocio. La strada dalla quale proveniva la Ford Focus condotta dal S. è rettilinea nella parte terminale e gode di visibilità su tutto l'incrocio e oltre. A circa 150 metri dall'incrocio, su tale strada vi era segnaletica verticale di divieto di sorpasso e di pericolo, quindi un cartello con l'obbligo di dare precedenza e, ancora, con approssimarsi al teatro del sinistro ed a circa cinquanta metri dall'incrocio, vi era altro cartello segnaletico dell'obbligo di dare la precedenza.
Infine, nei pressi dell'incrocio canalizzato, alcuni triangoli bianchi affiancati indicano l'obbligo di dare la precedenza ai veicoli in movimento nell'area dell'intersezione. La segnaletica imponeva il limite di velocità di 30 km/h, laddove la velocità della Ford calcolata dal consulente era non inferiore a km/h 84,16, a fronte di quella della Fiat, pari a circa 5,76 km/h. Al momento dell'impatto la fiancata sinistra della Fiat era in posizione ortogonale rispetto alla Ford, la quale era penetrata frontalmente nell'abitacolo della Fiat in maniera che i due veicoli, sotto la spinta della Ford, percorressero, incastrati l'uno nell'altro, circa quindici metri, fino a sormontare l'isola spartitraffico ed arrestare la corsa nel punto in cui furono rinvenuti dai verbalizzanti. Il ricorrente articola i motivi di seguito sinteticamente riportati.
1. La violazione di legge (art. 606 c.p.p., lett. e), con particolare riferimento all'omessa partecipazione del difensore di fiducia all'udienza per il conferimento dell'incarico al consulente tecnico del P.M. tenutasi in data 4.8.2002, non essendo stato dato avviso della consulenza autoptica, accertamento non ripetibile ex art. 360 c.p.p., al già nominato difensore di fiducia, bensì ad un difensore d'ufficio.
2. La violazione di legge ed il vizio motivazionale (art. 606 c.p.p., lett. c, d, e) in relazione alla validità ed utilizzabilità della relazione del consulente del P.M. perchè fondata su un rapporto della Polizia municipale palesemente incompleto in quanto privo del rilievo planimetrico, mai rinvenuto negli atti del processo.
Assume che a causa di tale carenza la difesa non aveva potuto verificare la correttezza della rappresentazione grafica effettuata dal C.T. del P.M. ed evidenzia come i calcoli della velocità effettuati dal consulente predetto fossero "viziati nella genuinità" e senza indicazione delle procedura analitiche da cui traeva origine "il suo delirio computazionale", ma condivisi dalla Corte d'Appello.
3. La violazione di legge ed il vizio motivazionale (art. 606 c.p.p., lett. c ed e), assumendo che la Corte non aveva risposto ai motivi di appello ovvero li aveva solo apparentemente esaminati e ciò con particolare riferimento allo stato di ebbrezza della vittima dedotto con la memoria prodotta in appello sulla scorta del dato della cartella clinica ospedaliera da cui risultava che dal paziente fu estratta, con sondino naso gastrico, una notevole quantità di vino:
a riprova segnala la circostanza che il C. non si era fermato al segnale di STOP, proseguendo la marcia verso (OMISSIS) ed impegnando improvvisamente l'incrocio.
Si duole della mancata nomina di un perito in sede di giudizio di appello, previa rinnovazione dell'istruzione dibattimentale, attese le incertezze e carenza di argomentazioni logiche della consulenza del prof. R..
Rappresenta l'assenza, a pag. 2 della sentenza, delle richieste formulate dalla difesa in sede di conclusioni finali.
4. La violazione di legge ed il vizio motivazionale (art. 606 c.p.p., lett. c ed e) in ordine alla concessione delle attenuanti generiche con giudizio di equivalenza rispetto alle aggravanti contestate, dolendosi anche dell'entità della pena superiore al minimo edittale e instando, oltre che per l'annullamento della sentenza impugnata, in subordine, per la prescrizione del reato a seguito del giudizio di prevalenza delle concesse attenuanti generiche.
Motivi della decisione
Il ricorso parzialmente fondato e merita accoglimento per quanto di ragione. Va preliminarmente rilevato, ai sensi dell'art. 129 c.p.p., comma 1, che il termine prescrizionale previsto dalla previgente come dall'attuale normativa, di anni sette e mesi sei (previsto dalla normativa attuale e da quella previgente) relativo al delitto di lesioni colpose in danno di Ca.As., è ormai ampiamente decorso.
Infatti il reato di omicidio colposo plurimo non è configurabile come reato unico ma come concorso formale di più reati, unificati soltanto "quoad poenam", sicchè il termine di prescrizione del reato va computato con riferimento a ciascun evento di morte o di lesioni, dal momento in cui ciascuno di essi si è verificato (Cass. pen. Sez. 4, n. 47380 del 29.10.2008, Rv. 242827).
Consegue, in assenza di cause di inammissibilità e non potendosi ravvisare elementi per addivenire al proscioglimento nel merito ai sensi dell'art. 129 c.p.p., comma 2, l'estinzione del detto reato per l'intervenuta prescrizione che va immediatamente dichiarata con annullamento senza rinvio della sentenza impugnata in ordine a tal reato. Per il resto, in relazione ai dedotti vizi motivazionali di cui ai nn. 2, 3, e 4, che il nuovo testo dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), come modificato dalla L. 20 febbraio 2006, n. 46, con la Ivi prevista possibilità per la Cassazione di apprezzare i vizi della motivazione anche attraverso gli "atti dei processo", non ha alterato la fisionomia del giudizio di cassazione, che rimane giudizio di legittimità e non si trasforma in un ennesimo giudizio di merito sul fatto. In questa prospettiva, non è tuttora consentito alla Corte di Cassazione di procedere ad una rinnovata valutazione dei fatti ovvero ad una rivalutazione del contenuto delle prove acquisite, trattandosi di apprezzamenti riservati in via esclusiva al giudice del merito. Il novum normativo, invece, rappresenta il riconoscimento normativo della possibilità di dedurre in sede di legittimità il cosiddetto "travisamento della prova", finora ammesso in via di interpretazione giurisprudenziale: cioè, quel vizio in forza del quale la Cassazione, lungi dal procedere ad una inammissibile rivalutazione del fatto e del contenuto delle prove, può prendere in esame gli elementi di prova risultanti dagli atti onde verificare se il relativo contenuto sia stato o no "veicolato", senza travisamenti, all'interno della decisione (Cass. pen. Sez. 5, n. 39048 del 25.9.2007, Rv. 238215). Ciò peraltro vale nell'ipotesi di decisione di appello difforme da quella di primo grado, in quanto nell'ipotesi di doppia pronunzia conforme, come nel caso di specie, il limite del devolutum non può essere superato ipotizzando recuperi in sede di legittimità, salva l'ipotesi in cui il giudice d'appello, al fine di rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, richiami atti a contenuto probatorio non esaminati dal primo giudice (Cass. pen., sez. 2, 15.1.2008, n. 5994; Sez. 1, 15.6.2007, n. 24667, Rv. 237207; Sez. 4, 3.2.2009, n. 19710, Rv. 243636), evenienza non verificatasi nel procedimento in esame. Orbene, quanto alle censure sub 1 e 2, non risulta che siano state specifico oggetto di motivi di appello (con conseguente inammissibilità ex art. 606 c.p.p., comma 3). Ad ogni modo, si rileva che il mancato avviso al difensore di fiducia non implica una nullità assoluta dell'accertamento autoptico bensì una nullità a regime intermedio che rimane sanata laddove non sia stata dedotta in termini (art. 491 c.p.p.).
Del resto, l'esito di tale perizia autoptica non risulta aver avuto rilievo decisivo sull'esito del processo nè, tanto meno, sulla sentenza impugnata che non rimarrebbe comunque travolta dalla nullità (lei detto esperimento peritale (art. 185 c.p.p., comma 1) essendo, il decesso della vittima, pacificamente riconducibile all'incidente.
Quanto alla relazione del consulente del P.M., la sua utilizzabilità non può essere posta in discussione a cagione del mancato rinvenimento della planimetria della Polizia Municipale. A tanto deve ritenersi abbia adeguatamente sopperito il consulente tanto che i giudici di merito sono pervenuti ad indiscutibile ricostruzione della dinamica del sinistro: nè al riguardo la difesa ha abbozzato a confutazioni concrete essendosi limitata a contestare la valenza dei calcoli della velocità effettuati dal C.T., e condivisi dai giudici di merito, sostanzialmente tacciandoli di arbitrarietà ed ipoteticità.
Del pari, quanto alla preteso stato di ebbrezza della vittima al momento del sinistro, da un canto esso non può in alcun modo desumersi dalla mera ingestione della sostanza vinosa estratta, non essendo stato misurato il tasso alcolemico nè constatati comportamenti tali da apprezzarne la sussistenza, dall'altro tale presunto stato di alterazione etilica non è nemmeno rapportabile ad una dimostrata e certa condotta di guida che abbia contribuito sensibilmente alla produzione del sinistro (secondo la difesa, avrebbe attraversato l'incrocio senza dare la precedenza).
Quanto alla rinnovazione dell'istruzione dibattimentale per l'escussione del consulente di parte, premesso che la rinnovazione è istituto di carattere eccezionale, si osserva, anzitutto, che la Corte avrebbe potuto ammetterla solo qualora avesse ritenuto di non essere in grado di decidere allo stato degli atti. Peraltro è da rammentare che, in tema di rinnovazione, in appello, della istruzione dibattimentale, mentre la decisione di procedere a rinnovazione deve essere specificatamente motivata, occorrendo dar conto dell'uso del potere discrezionale, derivante dalla acquisita consapevolezza della rilevanza dell'acquisizione probatoria, nella ipotesi di rigetto, viceversa, la decisione può essere sorretta anche da una motivazione implicita nella stessa struttura argomentativa posta a base della pronuncia di merito, che evidenzi la sussistenza di elementi sufficienti per una valutazione in ordine alla responsabilità, con la conseguente mancanza di necessità di rinnovare il dibattimento (Cass. pen. sez. 6, 18.12.2006, n. 5782, Rv. 236064): e nel caso di specie la Corte d'appello ha dato conto, con adeguata e logica motivazione, laddove ha riportato la ricostruzione della dinamica del sinistro, della superfluità della prova richiesta, attese le emergenze probatorie già conseguite nell'istruttoria dibattimentale.
Invero, è stato rilevato (pagg. 3-4 sent.) con congrua motivazione esente da vizi logici o giuridici, che, essendo l'impatto avvenuto quando la Fiat aveva già percorso 9,70 m. dalla linea di STOP, era risultato che dal momento in cui la stessa autovettura aveva iniziato ad attraversare l'area dell'intersezione al momento dello scontro erano trascorsi ben sei secondi. All'atto in cui la vittima impegnò l'incrocio la Ford era, dunque, ben lontana, sul rettilineo di sua percorrenza, disponendo di ampia visibilità. Al momento in cui la Fiat impegnò l'incrocio, la Ford (ipotizzando che la velocità alla quale l'imputato viaggiava fosse la stessa anche sei secondi prima dell'Impatto) era lontanissima (almeno m. 140) e, solo un secondo prima (tempo necessario per decidere di attraversare lo STOP e per partire dalla posizione di quiete), la Ford si trovava ad almeno m.
163 dall'incrocio sicchè doveva ritenersi evidente che con una condotta di guida più prudente e rispettosa del limite di velocità e delle ulteriori reiterate segnalazioni che precedevano l'incrocio, l'imputato avrebbe sicuramente potuto evitare l'impatto.
Inoltre, va rilevato che la mancata indicazione nell'epigrafe della sentenza delle conclusioni delle parti non da luogo ad alcuna nullità, in quanto l'art. 546 c.p.p., comma 1, lett. d) non specifica in quali parti della sentenza debbano essere esposte le suddette conclusioni e, in ogni caso, non ricollega all'inosservanza della disposizione alcuna forma di invalidità processuale (Cass. pen. Sez. 1, n. 27049 del 11.2.2004, Rv. 228890 ed altre).
Infine, per quel che concerne l'ultima censura, giova premettere che le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra circostanze aggravanti ed attenuanti, effettuato in riferimento ai criteri di cui all'art. 133 c.p., al pari di quelle concernenti la dosimetria della pena, tutte rientranti nel potere discrezionale del giudice di merito, sono censurabili in cassazione solo quando siano frutto di mero arbitrio o ragionamento illogico (Cass. pen. sez. 3, 16 giugno 2004 n. 26908 rv. 229298). Evenienza che deve escludersi nel caso di specie alla luce della congrua motivazione addotta dalla Corte territoriale sul punto.
Ad ogni modo, va rilevato che l'estinzione del delitto di lesioni per intervenuta prescrizione comporta un'evidente contrazione dell'estensione del fatto sul quale va modulata la pena irroganda:
operazione che in questa sede non è possibile effettuare, attese le motivazioni di entrambe le sentenze di merito dalle quali non è dato enucleare la pena base assunta ai sensi dell'art. 589 c.p., u.c..
Consegue, pertanto, l'annullamento della sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio relativo all'omicidio colposo in danno di C.M., con rinvio sul punto alla Corte di Appello di Napoli.
Per il resto, il ricorso dev'essere, per quanto sopra rilevato e considerato, integralmente rigettato.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente all'ipotesi di lesioni colpose in danno di Ca.As. perchè il reato è estinto per prescrizione.
Annulla la medesima sentenza, limitatamente al trattamento sanzionatorio per l'omicidio colposo in danno di C.M., e rinvia sul punto alla Corte d'Appello di Napoli.
Rigetta nel resto il ricorso.
*Dirigente della Polizia di Stato e
Docente di Politiche della Sicurezza
Presso l’Università di Bologna