Diritto di accesso ai documenti amministrativi - Diniego esplicito fondato su motivazione espressa - Atto meramente confermativo di precedente silenzio-diniego - Esclusione
(Omissis)
FATTO e DIRITTO
1. Con il ricorso indicato in epigrafe l’ACEA ATO 5 S.p.A. agisce ai sensi dell’art. 116 del d.lgs. n. 104/210 (codice del processo amministrativo) per l’annullamento della nota, a firma del Presidente dell’A.A.T.O. n. 5 Lazio Meridionale – Frosinone, prot. n. 46 del 16 febbraio 2012, recante rigetto delle due richieste di accesso ex artt. 22 e ss. della l. n. 241/1990, presentate dalla ricorrente in data 23 dicembre 2011, per l’accertamento del proprio diritto di accedere alla documentazione oggetto di tali richieste e per la condanna dell’Autorità d’Ambito ad esibire i documenti richiesti.
1.1. In particolare, le due istanze ostensive, per le quali la ricorrente ha presentato ripetuti solleciti, hanno ad oggetto:
- l’una, in relazione alla complessiva vicenda dei rapporti tra l’Autorità d’Ambito e la società (quale gestore del servizio idrico integrato nel territorio di riferimento), la presa di visione e l’estrazione di copia di tutta la documentazione relativa al conferimento di incarichi, da parte dell’A.A.T.O. n. 5, a consulenti esterni, legali e non, per l’attività legata al contenzioso giudiziale e per quella estranea a detto contenzioso. A fondamento dell’istanza vengono addotte “ragioni di giustizia”;
- l’altra, la richiesta “di conoscere l’andamento negli anni dall’inizio della gestione ad oggi e per gli anni a venire dei ratei dei mutui contratti dalle Amministrazioni locali e le relative composizioni”. Tale istanza non reca l’indicazione di alcun elemento a propria giustificazione, ma nel gravame si specifica che la documentazione con essa richiesta servirebbe sia per la procedura di revisione del Piano d’Ambito, sia per consentire ad ACEA ATO 5 S.p.A. di avere contezza – anche economica – degli obblighi su di essa gravanti ai sensi dell’art. 13 della convenzione di gestione, in quanto detto articolo pone a carico del gestore del servizio idrico integrato l’obbligo di corrispondere un canone annuo di concessione per le opere ed i beni affidati e tale canone risulta comprensivo delle somme destinate al pa gamento delle rate dei mutui in essere al tempo della stipulazione della convenzione, contratti dai Comuni per realizzare le opere relative al servizio.
1.2. A supporto del gravame, la società ha dedotto le seguenti doglianze:
- violazione della l.r. n. 6/1996, violazione e falsa applicazione della convenzione di cooperazione, incompetenza del Presidente dell’A.A.T.O. n. 5 ad emanare il provvedimento impugnato, in quanto sarebbe la Conferenza dei Sindaci, quale organo deliberativo dell’A.A.T.O., l’unico organo al quale spetterebbe esprimere in via definitiva la volontà dell’Autorità d’Ambito;
- violazione e falsa applicazione degli artt. 22 e 24 della l. n. 241/1990, nonché dell’art. 3 della l. n. 241/1990, difetto di motivazione, poiché il diniego alle due istanze ostensive opposto dall’A.A.T.O. con la nota impugnata sarebbe motivato con riferimento ad una sola di esse;
- violazione degli artt. 22 e 24 della l. n. 241/1990, nonché violazione dell’art. 97 Cost. in materia di trasparenza, correttezza e buon andamento dell’azione amministrativa, perché la ricorrente avrebbe motivato il proprio interesse diretto, concreto ed attuale sottostante alle istanze di accesso, né queste sarebbero generiche e prive di riferimenti circa il periodo di interesse e la specifica documentazione richiesta;
- violazione degli artt. 22 e 24 della l. n. 241/1990 sotto altro profilo, giacché per l’istanza ostensiva avente ad oggetto la documentazione relativa agli incarichi professionali conferiti dall’A.A.T.O., il richiamo alle “ragioni di giustizia”, cioè all’acquisizione della documentazione al fine di valutare la proponibilità di azioni giurisdizionali, costituirebbe motivazione adeguata. Il diniego gravato, poi, non conterrebbe nessuna obiezione all’istanza di accesso relativa all’andamento dei ratei dei mutui, motivata, come già illustrato, con riguardo agli obblighi posti a carico del gestore del servizio idrico integrato dall’art. 13 della convenzione di gestione;
- violazione degli artt. 22 e 24 della l. n. 241/1990 sotto altro profilo e violazione dell’art. 1, comma 127, della l. n. 662/1996, in quanto il diniego di accesso violerebbe, altresì, la normativa vigente in tema di incarichi professionali affidati ad esterni dalle Pubbliche Amministrazioni, che imporrebbe la pubblicità degli stessi;
- eccesso di potere per difetto di istruttoria e contraddittorietà, per essersi l’Autorità orientata in un primo tempo, con la nota della Segreteria Tecnica Operativa n. 3 del 13 febbraio 2012, a riscontrare positivamente le istanze ostensive.
2. Si è costituita in giudizio l’Autorità d’Ambito Territoriale Ottimale n. 5 – Lazio Meridionale – Frosinone, depositando una memoria difensiva ed eccependo, in via preliminare, l’inammissibilità del ricorso per omessa impugnativa del precedente diniego tacito formatosi per silenzio rigetto sulle istanze di accesso della ricorrente, rispetto al quale il diniego espresso sopravvenuto costituirebbe atto meramente confermativo. In subordine, si è poi espressa per la legittimità del diniego opposto, concludendo per la reiezione del ricorso.
2.1. Si è costituito, altresì, l’avv. Massimiliano Fiorini, quale controinteressato evocato in giudizio, depositando atto di mera costituzione formale.
2.2. La ricorrente ha depositato memoria di replica, controdeducendo alle eccezioni dell’A.A.T.O. ed insistendo per l’accoglimento del gravame.
2.3. Nella Camera di consiglio del 7 giugno 2012, dopo un’esauriente discussione, la causa è stata trattenuta in decisione.
3. In via preliminare va respinta l’eccezione di inammissibilità formulata dalla difesa dell’Autorità d’Ambito. Vero è, infatti, che nella vicenda in esame le istanze ostensive sono state presentate dalla società ricorrente ambedue in data 23 dicembre 2011: su di esse, pertanto, in data 22 gennaio 2012 si è formato il silenzio diniego ex art. 25, comma 4, della l. n. 241/1990, che avrebbe dovuto essere impugnato nei successivi trenta giorni, a pena di decadenza, in base all’art. 116, comma 1, del d.lgs. n. 104/2010. Il ricorso avverso tale rigetto tacito, pertanto, avrebbe dovuto essere notificato entro il 21 febbraio 2012 e tuttavia, nel caso di specie deve escludersi che il diniego espresso sopravvenuto emesso dall’A.A.T.O. costituisca atto meramente confermativo, la sua impugnazione essendo senza alcun dubbi o ammissibile.
3.1. In adesione all’orientamento prevalente in dottrina, si deve, infatti, osservare come oggetto del giudizio ex art. 116 del d.lgs. n. 104 cit. sia non la verifica della legittimità del diniego sull’istanza di accesso, quanto la valutazione della fondatezza di detta istanza, con i corollari che, da un lato, il silenzio diniego va visto come mero fatto di legittimazione processuale, dall’altro, la P.A. non perde il potere di pronunciarsi in modo esplicito sull’istanza stessa (il che è pacificamente ammesso per il caso di un suo tardivo accoglimento). Dunque, un diniego esplicito che, come nella vicenda per cui è causa, sia fondato su una motivazione espressa, in esito all’istruttoria compiuta ed alla valutazione effettuata, non può assumere le caratteristiche di un atto meramente confermativo di un precedente silenz io con valore legale tipico di diniego, ma costituisce atto di conferma a carattere rinnovativo, che modifica la realtà giuridica e riapre i termini per la proposizione del ricorso giurisdizionale (cfr. C.d.S., Sez. V, 25 febbraio 2009, n. 1115).
3.2. Invero, la conferma “mera’, o atto meramente confermativo, si verifica nei casi in cui la nuova determinazione dell’Amministrazione si limiti a ripetere il contenuto del precedente provvedimento, senza aggiungere alcun ulteriore supporto motivazionale e senza percorrere una rinnovata istruttoria delle circostanze ritenute rilevanti ai fini della valutazione dell’istanza proposta dal richiedente. Se, invece, la P.A. adotta un atto di identico contenuto dispositivo di un altro precedente, ma arricchito da una puntuale motivazione prima inesistente, o basato su elementi istruttori prima non considerati, si è in presenza di quell’atto confermativo, a carattere rinnovatorio, indicato al punto precedente, il quale – per la sua idoneità ad incidere sulla realtà giuridica, modificandola – non potrà che riaprir e i termini per la proposizione del ricorso giurisdizionale da parte di quanti ne intendano contestare la legittimità (C.d.S., Sez. V, n. 1115/2009, cit.). Nel caso di specie, il diniego gravato non richiama affatto il precedente silenzio e la sua ipotizzabile inoppugnabilità, ma entra nel merito delle istanze di accesso e le respinge, illustrandone le ragioni (altra cosa è, se poi, tale motivazione sia esaustiva e giuridicamente convincente); inoltre, esso giunge in esito all’istruttoria svolta dall’Autorità sulle istanze, la cui effettuazione è comprovata dalla nota della Segreteria Tecnica Operativa n. 3 del 13 febbraio 2012, recante (non il provvedimento favorevole, come sostenuto dalla società ricorrente), ma la proposta di provvedimento favorevole, salve le diverse determinazioni degli organi di vertice dell’A.A.T.O.. Dunque, sussistono entrambi i requisiti (istruttoria; arricchimento della motivazion e) caratterizzanti l’atto di conferma in senso proprio e la sua netta distinzione dalla conferma “mera” o atto meramente confermativo.
3.3. A conclusioni diverse non potrebbero indurre le pronunce dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato 18 aprile 2006, n. 6, e 20 aprile 2006, n. 7, lì dove queste hanno chiarito che anche in tema di accesso ai documenti amministrativi si applicano i principi generali relativi all’inammissibilità di un ricorso proposto avverso un atto meramente confermativo di un precedente provvedimento non impugnato nel termine decadenziale prescritto. Dette pronunce, infatti, affermano l’inammissibilità del ricorso proposto contro il diniego espresso successivo ad un precedente provvedimento negativo esplicito non contestato nei termini decadenziali prescritti e dunque si riferiscono ad una situazione ben diversa da quella ora in esame, dove, invece, il diniego esplicito segue ad un silenzio rigetto (e che è identica alla fattispecie esam inata da C.d.S., Sez. V, n. 1115/2009, cit., alle cui conclusioni il Collegio aderisce in toto).
4. Nel merito, il ricorso non può trovare accoglimento.
4.1. Si è già accennato che, secondo la migliore dottrina, il giudizio sull’accesso, pur se configurato secondo gli schemi del giudizio impugnatorio quanto ai modi ed ai termini della sua proposizione, dopo la sua (corretta) instaurazione si atteggia come giudizio sul rapporto, rivolto all’accertamento della fondatezza o meno della pretesa ostensiva del richiedente, tant’è vero che il giudice, in caso di fondatezza del ricorso, non si limita ad annullare il provvedimento impugnato, ma ordina alla P.A. l’esibizione dei documenti richiesti, con una pronuncia immediatamente satisfattoria, che accerta la fondatezza della pretesa del ricorrente e condanna la P.A. ad un comportamento positivo. Anche la giurisprudenza più recente ha sottolineato come l’azione avverso il diniego all’accesso, regolata ora dall’art . 116 del d.lgs. n. 104/2010, per quanto riguarda la cognizione rimessa al giudice ha natura di azione di accertamento e condanna, stante la pronuncia, nell’ipotesi di accoglimento del ricorso, recante l’ordine di esibizione dei documenti richiesti, il che consente, tra l’altro, l’integrazione della motivazione del diniego da parte della P.A. resistente, poiché la potestas judicandi si incentra sulla fondatezza o meno della pretesa di accesso alla stregua dei parametri normativi, a prescindere dalla maggiore o minore correttezza delle ragioni addotte per giustificarne il rigetto (v. T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VI, 2 dicembre 2010, n. 26573).
4.2. Da quanto appena detto si evince la sostanziale irrilevanza delle doglianze con cui la ricorrente contesta la legittimità del diniego impugnato sotto i profili: a) dell’incompetenza alla sua adozione da parte dell’organo – il Presidente dell’Autorità d’Ambito – che lo ha emanato (primo motivo); b) della contraddittorietà rispetto alla precedente nota della Segreteria Tecnica Operativa n. 3 del 13 febbraio 2012 (sesto ed ultimo motivo); c) del preteso difetto di motivazione da cui sarebbe affetto il diniego stesso (v., in particolare, il secondo motivo). Il giudizio ex art. 116 cit., infatti, implica la verifica da parte del giudice della sussistenza o meno dei presupposti per l’esercizio dell’accesso, al di là degli specifici vizi e della specifica motivazione del provvedimento amministrativo di rigetto dell’istanza ostensiva, potendo il giudice negarlo anche in base a motivi diversi da quelli indicati nel predetto provvedimento (cfr. C.d.S., Sez. VI, 12 gennaio 2011, n. 117; T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II, 5 agosto 2011, n. 7020). In ogni caso, le doglianze ora riportate sono infondate, perché: a) contrasta con i principi di buon andamento della P.A. e di distinzione tra le funzioni di indirizzo e di gestione attribuire alla Conferenza dei Sindaci anche la competenza a decidere su singole istanze di accesso ai documenti; b) l’indicata nota della Segreteria Tecnico Operativa del 13 febbraio 2012 è una mera proposta di provvedimento, che si premura di salvaguardare i poteri del Presidente dell’Autorità; c) il difetto di motivazione del diniego di accesso, come ora detto, non può comportare l’accoglimento del ricorso ove il giudice accerti l’infondatezza della pretesa ostensiva. Ed anche le ulteriori censure contenute nel ricorso sono da respingere, proprio perché nel caso di specie, secondo il Collegio, non sussistevano i presupposti per l’accoglimento delle due istanze ostensive.
4.3. In particolare, quanto alla prima istanza, avente ad oggetto “tutta la documentazione relativa al conferimento di incarichi”, da parte dell’Autorità d’Ambito, “a consulenti esterni, legali e non, per l’attività legata al contenzioso giudiziale e per quella ad esso estranea”, va senz’altro condivisa la motivazione del diniego ad essa frapposto dalla citata Autorità con la nota impugnata, secondo cui detta istanza, per la sua genericità ed indeterminatezza, si traduce nel tentativo di un inammissibile controllo generalizzato sull’attività dell’A.A.T.O.: trattasi, infatti, come emerge dallo stesso ricorso (ed in particolare lì dove, nel quinto motivo, si lamenta la violazione dell’obbligo di pubblicità degli incarichi professionali) di una richiesta che sembra finalizzata all’acquisizione di notizie, più che di documentazione amministrativa, al fine di un controllo generalizzato sull’attività di consulenza che viene svolta nei confronti dell’Autorità d’ambito dai professionisti da questa incaricati e, mediante ciò, sull’intera attività endoprocedimentale che porta all’emanazione, da parte dell’A.A.T.O., di atti relativi al servizio idrico integrato.
4.4. La finalità di controllo generalizzato propria dell’istanza in esame si evince soprattutto dal suo carattere indistinto, dal suo riferirsi, cioè, a “tutta” la documentazione riguardante il conferimento di incarichi a consulenti da parte dell’A.A.T.O.: ma la giurisprudenza è pacifica nel ritenere che non si possa accogliere la richiesta di accesso alla documentazione in possesso della P.A. caratterizzata da una formulazione eccessivamente generalizzata, ossia relativa non a specifici atti o provvedimenti, ma alla documentazione di un’attività svoltasi attraverso un numero imprecisato di atti, riguardanti un intero procedimento retto da norme di azione e non di relazione, atteso che il soddisfacimento di una tale richiesta importerebbe un’opera di ricerca, catalogazione e sistemazione che non rientra tra i dov eri posti alla P.A. dalla disciplina di cui al Capo V della l. n. 241/1990, oltre che un controllo generalizzato su un ramo dell’Amministrazione (cfr. C.d.S., Sez. VI, 12 luglio 2011, n. 4209, con i riferimenti giurisprudenziali ivi contenuti). Donde, in definitiva, l’inammissibilità della richiesta di accesso ora analizzata.
5. A conclusione analoga deve pervenirsi anche per quanto concerne la seconda istanza ostensiva, di pari data, avente ad oggetto “l’andamento negli anni dall’inizio della gestione ad oggi e per gli anni a venire dei ratei dei mutui” contratti dagli Enti locali “e le relative composizioni”. In questo caso, anzi, l’inammissibilità dell’istanza ostensiva è ancora più evidente, avendo essa manifestamente ad oggetto non documentazione in possesso della P.A., ma dati e/o informazioni, per i quali, qualora si tratti di dati personali (appartenenti anche a persone giuridiche), sono casomai esperibili le (diverse) forme di tutela previste dal d.lgs. n. 196/2003. La contraria tesi sostenuta sul punto dalla difesa della ricorrente in sede di discussione camerale, secondo cui l’istanza riguarderebbe documentazion e in possesso dell’A.A.T.O. ed in particolare i mandati di pagamento, è totalmente smentita dalla mera lettura dell’istanza, dove non si menzionano mai documenti e tantomeno documenti preesistenti. Al riguardo deve, perciò, richiamarsi il costante insegnamento giurisprudenziale, secondo cui la legge tutela la pretesa all’accesso alla documentazione già formata ed in possesso dell’Amministrazione destinataria della richiesta, ma esclude che surrettiziamente, attraverso l’istanza ostensiva, si possa addossare all’Amministrazione l’onere di elaborare essa stessa, in occasione di detta istanza, nuovi documenti contenenti dati riassuntivi relativi ad un determinato segmento di attività amministrativa (cfr., ex multis, C.d.S., Sez. VI, n. 4209/2011, cit.): l’accesso ha ad oggetto un dare e non un facere, cioè non può consistere nell’elaborazione, da parte della P.A., di documenti n uovi (C.d.S., Sez. VI, 2 aprile 2010, n. 1900). A nulla rileva, pertanto, che nel diniego espresso di accesso l’A.A.T.O. non abbia specificato i motivi del rigetto dell’istanza in esame.
6. In definitiva, il ricorso è nel suo complesso infondato e deve essere respinto.
7. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo in favore dell’Autorità d’Ambito, mentre sono compensate nei confronti del controinteressato avv. Massimiliano Fiorini, essendosi questo limitato alla costituzione formale, senza svolgere alcuna difesa. Non si fa luogo a pronuncia sulle spese per il Comune di Sora, non costituitosi in giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio – Sezione staccata di Latina (Sezione I^), così definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna la società ricorrente al pagamento, in favore dell’Autorità d’Ambito, di spese ed onorari di causa, che liquida in via forfettaria in complessivi € 1.500,00 (millecinquecento/00).
Compensa integralmente le spese nei confronti dell’avv. Massimiliano Fiorini.
Nulla spese nei confronti del Comune di Sora.
(Omissis)
da Polnews