Giovedì 26 Dicembre 2024
area riservata
ASAPS.it su
Articoli 30/07/2004

Cresce il consumo di alcol fra i giovani

I risultati del sondaggio promosso dall’osservatorio Europeo delle droghe di Lisbona

Cresce il consumo
di alcol fra i giovani
I risultati del sondaggio promosso
dall’osservatorio Europeo delle droghe di Lisbona

a cura di Roberto Rocchi

Cresce in tutta Europa il volume di vendita degli alcolici e cresce, purtroppo, il consumo di alcol fra i giovani. E’ quanto si apprende da un recente sondaggio effettuato dall’Osservatorio europeo per le droghe di Lisbona, confluito nel “Rapporto 2003 sul consumo di sostanze stupefacenti”, che ha riguardato migliaia di studenti e di ragazzi residenti nei 15 paesi dell’Unione europea e nei 10 che ne sono ultimamente entrati a far parte.
Dal rapporto risulta che l’alcol, assieme al cosiddetto “spinello”, rappresenta una delle sostanze più usate ed abusate dai giovani e non è nemmeno un caso se proprio il consumo di alcolici è stato inserito in uno studio specificatamente realizzato per gli stupefacenti. Vale a dire che l’alcol è entrato a pieno titolo fra quelle sostanze che non solo determinano effetti nocivi per l’organismo umano, ma dalla cui dipendenza si può accedere a quella scala che consente di raggiungere piani e dunque dimensioni diverse. Andiamo per ordine ed esaminiamo le principali risultanze del rapporto pubblicato dall’O.E.D. (Osservatorio Europeo Droghe).

I dati
In Europa oltre il 65 per cento dei ragazzi in età adolescenziale si sono ubriacati più di una volta; le percentuali sono differenti da paese a paese: si va dal 36 per cento dei giovani portoghesi all’89 per cento dei danesi. Le cose vanno peggio negli Stati entrati solo di recente a far parte dell’Unione europea, dove la minore vigilanza sui minori, unitamente ad un sistema legislativo ancora troppo debole, hanno consentito di registrare percentuali che sfiorano il cento per cento, anche in considerazione del fatto che i ragazzi abbandonano con anticipo il mondo della scuola per andare a lavorare e dare sostegno alle famiglie. Da qui una serie di frustrazioni che portano a un consumo eccessivo degli alcolici, una “sostanza” facilmente reperibile sul mercato ed a basso costo. Se i dati raccolti si confrontano con un’analoga indagine dell’Eurispes sugli adolescenti italiani (cioè dagli 11 ai 19 anni), è possibile rilevare una sorprendente analogia che testimonia la veridicità delle affermazioni contenute nella relazione dell’osservatorio europeo: il 26,1 per cento dei giovani italiani, infatti, consuma bevande alcoliche con frequenza ed il 45,3 per cento solo occasionalmente. La percentuale si attesta poi al 12,7 per cento se si considera l’uso abituale di superalcolici, che sale al 30,5 per cento per il consumo occasionale. Sono cifre, queste, facilmente analizzabili e che mostrano una gravità del fenomeno che supera la mera preoccupazione. Non è un caso se proprio un paio di anni fa la Commissione europea lanciò un programma di prevenzione (sempre nell’ambito delle droghe), che prevedeva l’incentivazione delle politiche per la diminuzione del consumo di alcol. Il programma terminerà nel 2006, ma allo stato dei fatti è già possibile parlare di un ipotetico fallimento.

Il “binge drinking”
Basti pensare che anche d’oltreoceano giungono conferme a quanto già anticipato dagli organismi europei: il noto giornale americano “Newsweek”, già da qualche mese, ha lanciato l’allarme presentando la nuova moda che si sta diffondendo in Europa, cioè il “binge drinking”.
Sostanzialmente si tratta di una comune sbornia, il cui nome è stato raffinato per consentirne una più facile “digestione”, prevedendo fra l’altro una sorta di iniziazione con vino o birra, fino ad approdare gradualmente, e nella stessa serata, alla conclusione della bevuta a suon di bicchieri di superalcolici (rum, vodka e whisky). Chi arriva fino in fondo è il vincitore e si trova pagato da bere...!
Per tornare all’indagine del periodico americano, anche l’Italia è citata fra i paesi più a “rischio” e la media dei bevitori si sta continuamente abbassando: il primo drink è consumato per la prima volta dall’80 per cento dei maschi sotto i sedici anni e alla stessa età dal 70 per cento delle femmine.
Questa impennata dei consumi, secondo alcuni esperti, sarebbe la conseguenza di una strategia ben studiata dai produttori, che proprio di recente hanno immesso sul mercato una quantità innumerevole di nuovi “prodotti” accomunati da alcune caratteristiche: bottigliette simpatiche e coloratissime, miscele gasate per rendere meno “duro” l’impatto con l’alcol, nomi fantasiosi e giovanili, ma soprattutto elevata gradazione alcolica. Insomma, una mistificazione pubblicitaria per giungere a concreti risultati di carattere commerciale e nel tranello, è stato commentato, cadono sempre più giovani.
Secondo l’osservatorio italiano sull’alcol, che funziona presso l’Istituto Superiore di Sanità, tra il 1995 ed il 2000 l’abitudine del cosiddetto bicchiere fuori pasto è aumentata del cento per cento e secondo modalità che si avvicinano sempre più all’ubriachezza.
Non solo, ma pare che gli alcolici vengano associati con frequenza alle sostanze psicoattive e quasi un milione di ragazzi italiani sotto i 16 anni, si lasciano andare a questa “pratica” almeno due volte la settimana.
Ma di quanto sta avvenendo, sia a livello europeo che nazionale, pochi sembrano davvero preoccuparsi. Le denunce lanciate dagli organismi internazionali, dagli osservatorio e dai mezzi di comunicazione si scontrano con logiche e politiche spesso fallaci.

Le cause

A cominciare dalla difficoltà, per le famiglie, di comprendere la gravità del fenomeno.
Gli adulti, negli anni passati, hanno avuto un approccio con l’alcol completamente diverso da quello dei giovani attuali e tendono a sottovalutare il problema, considerando una sbronza un semplice ed occasionale “incidente di percorso”. I genitori si preoccupano maggiormente quando si comincia a parlare di droga, anche se oramai ecstasy e mariuana sono entrati nell’immaginario collettivo di droghe leggere o semplici eccitanti.
Nulla di più sbagliato, sottolineano con forza dall’osservatorio di Lisbona. Ci si dimentica troppo frequentemente, invece, che la scienza medica considera l’alcol una droga con effetti lesivi sulla salute e rappresenta una porta per facilitare la percorrenza di quella scala che si diceva all’inizio.
L’osservatorio italiano, inoltre, ha più volte reso pubblico il fatto che la maggior parte dei tossicodipendenti in cura ai Sert (Servizio tossicodipendenze), dichiara che la prima alterazione psicofisica è avvenuta con gli alcolici in un’età compresa tra il 12 ed i 15 anni (l’età della prima sbronza, tanto per intenderci). E la cosa non è senza conseguenze, se qualcuno pensasse mai al contrario.
Basti considerare come la prima causa di morte dei giovani al di sotto dei trent’anni sia dovuta agli incidenti stradali e nel contempo sono proprio i ragazzi di quell’età a rimanerne coinvolti nelle notti di fine settimana, cioè dopo avere passato ore in discoteca o nei locali notturni. Fra le altre cause anche la nuova cultura giovanile che si è andata formando in questi ultimi tempi, ha visto proporre ai ragazzi il luogo del “bar” come un centro di aggregazione dove cominciare l’avventura (che proseguirà nei locali notturni) e concludersi nuovamente con altri “riti” quali le colazioni notturne, in realtà consumate dopo l’uscita dalla discoteca e cioè attorno alle 6/7 del mattino successivo. Per sentirsi del gruppo, dunque, occorre seguire queste modalità, aiutate dalla facilità di trovare il “prodotto” ovunque: bar, pub, discoteche, ma anche nei supermercati notturni e negli autogrill. Inoltre, le nuove strategie dei produttori (prima richiamate), fanno parte di un mercato globale promosso con i meccanismi e le strategie della pubblicità, che spesso fa leva sull’illegittimità e le conseguenze pericolose delle droghe comuni, a scapito dell’alcol presentato invece come una sorta di sostanza di cui tutto sommato si può di tanto in tanto eccedere. D’altro canto, lo stravolgimento dall’iniziale proposta di legge del ministro Giovanardi, il fallimento di un’analoga proposta che voleva porre limiti alla pubblicità degli alcolici e l’ancor più datata bozza legislativa che vietava la vendita ai minori di sedici anni, la dicono lunga sulla potenza politica ed economica delle lobby del commercio.

L’espandersi del fenomeno

Ecco perché, in conclusione, le cause dell’incremento del fenomeno sono sostanzialmente due.
Da un lato vi è la politica di espansione dei consumi, incurante delle difficoltà economiche suscitate dall’attuale situazione su scala mondiale; dall’altro l’eccesso di cultura edonistica, cioè del piacere, che accelera i tempi del raggiungimento dell’obiettivo senza tante condizioni morali.
In questa maniera, l’alcol trova terreno e propagazione fertile, facilita le relazioni interpersonali e convince come sia facile raggiungere il piacere ultimo, compreso quello sessuale. E intanto, in Italia e nel mondo, cresce il numero degli alcolizzati fra l’indifferenza ed il disinteresse generale.

LA DICHIARAZIONE DI STOCCOLMA
L’Unione europea ha adottato nel 2001 la cosiddetta “Dichiarazione di Stoccolma”, che tende a tutelare i giovani dai danni causati dall’alcol. Il documento riprende a grandi linee quanto già riportato dalla “Carta europea sull’alcol”, ma aggiunge importanti principi che vale la pena sottolineare.
Di seguito i contenuti della dichiarazione.
1. Tutti hanno diritto ad una vita familiare, sociale e professionale al riparo dagli incidenti, dagli atti di violenza e dalle altre conseguenze nefaste del consumo di alcol.
2. Tutti hanno diritto a ricevere, fin dalla prima infanzia, una informazione ed una educazione valida e imparziale sugli effetti che il consumo di bevande alcoliche ha sulla salute, sulla famiglia e nella società.
3. Tutti i bambini e gli adolescenti hanno il diritto di crescere in un ambiente protetto dagli effetti negativi che possono derivare dal consumo di bevande alcoliche e, per quanto possibile, dalla pubblicità di tali bevande
4. Tutti coloro che assumono bevande alcoliche secondo modalità dannose o a rischio, nonché i membri delle loro famiglie, hanno diritto a trattamenti e cure accessibili.
5. Tutti coloro che non desiderano consumare bevande alcoliche o che non possono farlo per motivi di salute o altro, hanno diritto a non subire pressioni a bere ed essere sostenuti nelle loro intenzioni.
Accanto a tali principi, la commissione europea che si è occupata del problema, ha sottolineato anche quanto segue:
La salute e il benessere fisico e psichico sono un diritto fondamentale di ogni essere umano. Per quanto riguarda i giovani e l’alcol, il “Piano di azione europeo” contro l’alcolismo, voluto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, antepone la necessità di avviare nelle scuole, nei luoghi di lavoro e all’interno delle comunità locali, delle azioni che favoriscano il rispetto della salute, al fine di proteggere i giovani da chi desidera incitarli per un maggiore consumo di alcolici. Inoltre, occorre promuovere tutto ciò che possa attenuare l’ampiezza e la gravità dei danni causati dal consumo e dall’abuso di alcolici, realizzando apposite strutture e centri di accoglienza per alcolisti e per le loro famiglie. Una misura quest’ultima, aggiungiamo noi, ampiamente diffusa nelle organizzazioni di volontariato, ma scarsamente realizzata da quanti invece se ne dovrebbero occupare a pieno titolo.

 

Il consumo dell’alcol fra i giovani
In Europa
Media dei ragazzi che si sono ubriacati almeno una volta nell’ambito dell’Unione europe 63%
Media del Portogallo 36%
Media dell’Italia 45%
Media della Danimarca 89%
In Italia: (Dati Eurispes da 11 a 19 anni)
Consumo abituale di alcolici: 26,1%
Consumo occasionale di alcolici: 45,3%
Consumo abituale di superalcolici: 12,7%
Consumo occasionale di superalcolici: 30,5%
L’età del primo bicchiere in Italia
Fra i maschi al di sotto dei 16 anni: 80%
Fra le femmine al di sotto dei 16 anni: 70%

a cura di Roberto Rocchi

da "Il Centauro" n.88
Venerdì, 30 Luglio 2004
stampa
Condividi


Area Riservata


Attenzione!
Stai per cancellarti dalla newsletter. Vuoi proseguire?

Iscriviti alla Newsletter
SOCIAL NETWORK