Cresce
in tutta Europa il volume di vendita degli alcolici e cresce, purtroppo,
il consumo di alcol fra i giovani. E’ quanto si apprende da un
recente sondaggio effettuato dall’Osservatorio europeo per le droghe
di Lisbona, confluito nel “Rapporto 2003 sul consumo di sostanze
stupefacenti”, che ha riguardato migliaia di studenti e di ragazzi
residenti nei 15 paesi dell’Unione europea e nei 10 che ne sono
ultimamente entrati a far parte.
Dal rapporto risulta che l’alcol, assieme al cosiddetto “spinello”,
rappresenta una delle sostanze più usate ed abusate dai giovani
e non è nemmeno un caso se proprio il consumo di alcolici è
stato inserito in uno studio specificatamente realizzato per gli stupefacenti.
Vale a dire che l’alcol è entrato a pieno titolo fra quelle
sostanze che non solo determinano effetti nocivi per l’organismo
umano, ma dalla cui dipendenza si può accedere a quella scala
che consente di raggiungere piani e dunque dimensioni diverse. Andiamo
per ordine ed esaminiamo le principali risultanze del rapporto pubblicato
dall’O.E.D. (Osservatorio Europeo Droghe).
I dati
In Europa oltre il 65 per cento dei ragazzi in età adolescenziale
si sono ubriacati più di una volta; le percentuali sono differenti
da paese a paese: si va dal 36 per cento dei giovani portoghesi all’89
per cento dei danesi. Le cose vanno peggio negli Stati entrati solo
di recente a far parte dell’Unione europea, dove la minore vigilanza
sui minori, unitamente ad un sistema legislativo ancora troppo debole,
hanno consentito di registrare percentuali che sfiorano il cento per
cento, anche in considerazione del fatto che i ragazzi abbandonano con
anticipo il mondo della scuola per andare a lavorare e dare sostegno
alle famiglie. Da qui una serie di frustrazioni che portano a un consumo
eccessivo degli alcolici, una “sostanza” facilmente reperibile
sul mercato ed a basso costo. Se i dati raccolti si confrontano con
un’analoga indagine dell’Eurispes sugli adolescenti italiani
(cioè dagli 11 ai 19 anni), è possibile rilevare una sorprendente
analogia che testimonia la veridicità delle affermazioni contenute
nella relazione dell’osservatorio europeo: il 26,1 per cento dei
giovani italiani, infatti, consuma bevande alcoliche con frequenza ed
il 45,3 per cento solo occasionalmente. La percentuale si attesta poi
al 12,7 per cento se si considera l’uso abituale di superalcolici,
che sale al 30,5 per cento per il consumo occasionale. Sono cifre, queste,
facilmente analizzabili e che mostrano una gravità del fenomeno
che supera la mera preoccupazione. Non è un caso se proprio un
paio di anni fa la Commissione europea lanciò un programma di
prevenzione (sempre nell’ambito delle droghe), che prevedeva l’incentivazione
delle politiche per la diminuzione del consumo di alcol. Il programma
terminerà nel 2006, ma allo stato dei fatti è già
possibile parlare di un ipotetico fallimento.
Il “binge drinking”
Basti pensare che anche d’oltreoceano giungono conferme a quanto
già anticipato dagli organismi europei: il noto giornale americano
“Newsweek”, già da qualche mese, ha lanciato l’allarme
presentando la nuova moda che si sta diffondendo in Europa, cioè
il “binge drinking”.
Sostanzialmente si tratta di una comune sbornia, il cui nome è
stato raffinato per consentirne una più facile “digestione”,
prevedendo fra l’altro una sorta di iniziazione con vino o birra,
fino ad approdare gradualmente, e nella stessa serata, alla conclusione
della bevuta a suon di bicchieri di superalcolici (rum, vodka e whisky).
Chi arriva fino in fondo è il vincitore e si trova pagato da
bere...!
Per tornare all’indagine del periodico americano, anche l’Italia
è citata fra i paesi più a “rischio” e la media
dei bevitori si sta continuamente abbassando: il primo drink è
consumato per la prima volta dall’80 per cento dei maschi sotto
i sedici anni e alla stessa età dal 70 per cento delle femmine.
Questa impennata dei consumi, secondo alcuni esperti, sarebbe la conseguenza
di una strategia ben studiata dai produttori, che proprio di recente
hanno immesso sul mercato una quantità innumerevole di nuovi
“prodotti” accomunati da alcune caratteristiche: bottigliette
simpatiche e coloratissime, miscele gasate per rendere meno “duro”
l’impatto con l’alcol, nomi fantasiosi e giovanili, ma soprattutto
elevata gradazione alcolica. Insomma, una mistificazione pubblicitaria
per giungere a concreti risultati di carattere commerciale e nel tranello,
è stato commentato, cadono sempre più giovani.
Secondo l’osservatorio italiano sull’alcol, che funziona presso
l’Istituto Superiore di Sanità, tra il 1995 ed il 2000 l’abitudine
del cosiddetto bicchiere fuori pasto è aumentata del cento per
cento e secondo modalità che si avvicinano sempre più
all’ubriachezza.
Non solo, ma pare che gli alcolici vengano associati con frequenza alle
sostanze psicoattive e quasi un milione di ragazzi italiani sotto i
16 anni, si lasciano andare a questa “pratica” almeno due
volte la settimana.
Ma di quanto sta avvenendo, sia a livello europeo che nazionale, pochi
sembrano davvero preoccuparsi. Le denunce lanciate dagli organismi internazionali,
dagli osservatorio e dai mezzi di comunicazione si scontrano con logiche
e politiche spesso fallaci.
Le cause
A cominciare dalla difficoltà, per le famiglie, di comprendere
la gravità del fenomeno.
Gli adulti, negli anni passati, hanno avuto un approccio con l’alcol
completamente diverso da quello dei giovani attuali e tendono a sottovalutare
il problema, considerando una sbronza un semplice ed occasionale “incidente
di percorso”. I genitori si preoccupano maggiormente quando si
comincia a parlare di droga, anche se oramai ecstasy e mariuana sono
entrati nell’immaginario collettivo di droghe leggere o semplici
eccitanti.
Nulla di più sbagliato, sottolineano con forza dall’osservatorio
di Lisbona. Ci si dimentica troppo frequentemente, invece, che la scienza
medica considera l’alcol una droga con effetti lesivi sulla salute
e rappresenta una porta per facilitare la percorrenza di quella scala
che si diceva all’inizio.
L’osservatorio italiano, inoltre, ha più volte reso pubblico
il fatto che la maggior parte dei tossicodipendenti in cura ai Sert
(Servizio tossicodipendenze), dichiara che la prima alterazione psicofisica
è avvenuta con gli alcolici in un’età compresa tra
il 12 ed i 15 anni (l’età della prima sbronza, tanto per
intenderci). E la cosa non è senza conseguenze, se qualcuno pensasse
mai al contrario.
Basti considerare come la prima causa di morte dei giovani al di sotto
dei trent’anni sia dovuta agli incidenti stradali e nel contempo
sono proprio i ragazzi di quell’età a rimanerne coinvolti
nelle notti di fine settimana, cioè dopo avere passato ore in
discoteca o nei locali notturni. Fra le altre cause anche la nuova cultura
giovanile che si è andata formando in questi ultimi tempi, ha
visto proporre ai ragazzi il luogo del “bar” come un centro
di aggregazione dove cominciare l’avventura (che proseguirà
nei locali notturni) e concludersi nuovamente con altri “riti”
quali le colazioni notturne, in realtà consumate dopo l’uscita
dalla discoteca e cioè attorno alle 6/7 del mattino successivo.
Per sentirsi del gruppo, dunque, occorre seguire queste modalità,
aiutate dalla facilità di trovare il “prodotto” ovunque:
bar, pub, discoteche, ma anche nei supermercati notturni e negli autogrill.
Inoltre, le nuove strategie dei produttori (prima richiamate), fanno
parte di un mercato globale promosso con i meccanismi e le strategie
della pubblicità, che spesso fa leva sull’illegittimità
e le conseguenze pericolose delle droghe comuni, a scapito dell’alcol
presentato invece come una sorta di sostanza di cui tutto sommato si
può di tanto in tanto eccedere. D’altro canto, lo stravolgimento
dall’iniziale proposta di legge del ministro Giovanardi, il fallimento
di un’analoga proposta che voleva porre limiti alla pubblicità
degli alcolici e l’ancor più datata bozza legislativa che
vietava la vendita ai minori di sedici anni, la dicono lunga sulla potenza
politica ed economica delle lobby del commercio.
L’espandersi del fenomeno
Ecco perché, in conclusione, le cause dell’incremento del
fenomeno sono sostanzialmente due.
Da un lato vi è la politica di espansione dei consumi, incurante
delle difficoltà economiche suscitate dall’attuale situazione
su scala mondiale; dall’altro l’eccesso di cultura edonistica,
cioè del piacere, che accelera i tempi del raggiungimento dell’obiettivo
senza tante condizioni morali.
In questa maniera, l’alcol trova terreno e propagazione fertile,
facilita le relazioni interpersonali e convince come sia facile raggiungere
il piacere ultimo, compreso quello sessuale. E intanto, in Italia e
nel mondo, cresce il numero degli alcolizzati fra l’indifferenza
ed il disinteresse generale.
LA DICHIARAZIONE DI STOCCOLMA
L’Unione europea ha adottato nel 2001 la cosiddetta “Dichiarazione
di Stoccolma”, che tende a tutelare i giovani dai danni causati
dall’alcol. Il documento riprende a grandi linee quanto già
riportato dalla “Carta europea sull’alcol”, ma aggiunge
importanti principi che vale la pena sottolineare.
Di seguito i contenuti della dichiarazione.
1. Tutti hanno diritto ad una vita familiare, sociale e professionale
al riparo dagli incidenti, dagli atti di violenza e dalle altre conseguenze
nefaste del consumo di alcol.
2. Tutti hanno diritto a ricevere, fin dalla prima infanzia, una informazione
ed una educazione valida e imparziale sugli effetti che il consumo di
bevande alcoliche ha sulla salute, sulla famiglia e nella società.
3. Tutti i bambini e gli adolescenti hanno il diritto di crescere in
un ambiente protetto dagli effetti negativi che possono derivare dal
consumo di bevande alcoliche e, per quanto possibile, dalla pubblicità
di tali bevande
4. Tutti coloro che assumono bevande alcoliche secondo modalità
dannose o a rischio, nonché i membri delle loro famiglie, hanno
diritto a trattamenti e cure accessibili.
5. Tutti coloro che non desiderano consumare bevande alcoliche o che
non possono farlo per motivi di salute o altro, hanno diritto a non
subire pressioni a bere ed essere sostenuti nelle loro intenzioni.
Accanto a tali principi, la commissione europea che si è occupata
del problema, ha sottolineato anche quanto segue:
La salute e il benessere fisico e psichico sono un diritto fondamentale
di ogni essere umano. Per quanto riguarda i giovani e l’alcol,
il “Piano di azione europeo” contro l’alcolismo, voluto
dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, antepone la necessità
di avviare nelle scuole, nei luoghi di lavoro e all’interno delle
comunità locali, delle azioni che favoriscano il rispetto della
salute, al fine di proteggere i giovani da chi desidera incitarli per
un maggiore consumo di alcolici. Inoltre, occorre promuovere tutto ciò
che possa attenuare l’ampiezza e la gravità dei danni causati
dal consumo e dall’abuso di alcolici, realizzando apposite strutture
e centri di accoglienza per alcolisti e per le loro famiglie. Una misura
quest’ultima, aggiungiamo noi, ampiamente diffusa nelle organizzazioni
di volontariato, ma scarsamente realizzata da quanti invece se ne dovrebbero
occupare a pieno titolo.