Ebbrezza e accertamento sintomatico - legittimità - sussiste - applicazione automatica delle sanzioni per l'ipotesi meno grave - esclusione - solo se esiste un ragionevole dubbio
(Omissis)
RITENUTO IN FATTO
Il Procuratore generale di Genova ricorre avverso la sentenza di cui in epigrafe che ha assolto tizio dal reato di cui all'art. 186 del codice della strada.
Il giudicante, apprezzando che, nella specie, non era stato possibile procedere all'esame alcolemico, perchè il tizio non era stato in grado di utilizzare efficacemente l'apparecchio difetto di ventilazione, aveva ritenuto che nella vicenda dovesse ravvisarsi per il principio del favor rei solo l'ipotesi meno grave di cui alla lett. a), che, ormai depenalizzata, doveva essere oggetto di pronuncia di assoluzione.
Il Procuratore generale ricorrente contesta la decisione, sostenendo che vi sarebbe un contrasto interpretativo nella giurisprudenza di questa Corte, sulla soluzione da adottare in casi del tipo di che trattasi: ciò perchè talune decisioni si sarebbero espresse nel senso che la pronuncia liberatoria basata sulla configurabilità dell'ipotesi di cui alla lettera a) nel caso di tasso alcolemico non riscontrato con l'etilometro non sarebbe soluzione necessitata ed automatica ma solo adottabile "il più delle volte", lasciando il giudicante libero di ravvisare le altre più gravi ipotesi di reato lett. b) e c) laddove gli elementi di prova avessero confortato della sussistenza di tali più gravi ipotesi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato.
In realtà, non pare ravvisarsi un reale contrasto di giurisprudenza, al di là dell'utilizzo di un'espressione "il più delle volte" che potrebbe indurre ad equivoco (cfr., ad esempio, Sezione IV, 16 giugno 2009, omissis, a fronte comunque di un quadro normativo estremamente chiaro e della effettiva assenza di decisioni laddove questa Corte abbia ritenuto di ravvisare l'illecito penale di cui alle lett. b) e c) in assenza di esame alcolemico.
Va infatti osservato che secondo la giurisprudenza consolidata i questa Corte (v. da ultimo, Sez. IV, 9 giugno 2011, P.G. in proc. omissis, rv. 250714) l'accertamento sintomatico è consentito per tutte le ipotesi di reato oggi previste dall'art. 186 del codice della strada, come, del resto, già affermato nella giurisprudenza precedente.
Si tratta, come è noto, di quell'orientamento secondo cui, ai fini della configurabilità della contravvenzione de qua, per accertare io stato di ebbrezza del conducente del veicolo non è indispensabile l'utilizzazione degli strumenti tecnici di accertamento previsti dal codice della strada e dal regolamento ("etilometro"), ben potendo il giudice di merito - in un sistema che non prevede l'utilizzazione di prove legali - ricavare l'esistenza di tale stato da elementi sintomatici quali l'alito vinoso, l'eloquio sconnesso, l'andatura barcollante, le modalità di guida o altre circostanze che possano far fondatamente presumere l'esistenza dello stato indicato; anzi, in questa prospettiva, essendo consentito al giudice finanche di disattendere l'esito dell'esame alcolimetrico, purchè del suo convincimento fornisca una motivazione logica ed esauri ente. Tale orientamento, come è altrettanto noto, è stato ribadito dalla giurisprudenza anche a seguito della novella riformatrice di cui al decreto legge 3 agosto 2007, n. 117, convertito in legge 2 ottobre 2007, n. 160, che, sostituendo il comma 2 della suddetta norma incriminatrice, ha determinato un differenziato trattamento sanzionatorio a seconda del valore del tasso alcolemico riscontrato, configurando in proposito tre distinte fattispecie incriminatici, precisandosi, al riguardo, che, pur dopo tale novumnormativo, il giudice ben può formare il suo libero convincimento anche in base alle sole circostanze sintomatiche riferite dagli agenti accertatori (v. in questo senso, tra le altre, Sez IV, 3 giugno 2008, n. 28547, rv. 240381).
Il tema ha certamente assunto maggior rilievo perchè l’art. 33 della legge 29 luglio 2010, n. 120, (disposizioni in tema di sicurezza stradale) ha innovato la precedente disciplina sanzionatola in relazione alle ipotesi previste dal citato art. 186 conservando la natura di reato delle ipotesi previste alle lett. b) e c) del comma 2 ed attribuendo la natura di violazione amministrativa all'ipotesi prevista dalla lett. a) (tasso alcolemico da 0,5 a oltre 0,8 grammi per litro).
E' stato altresì affermato (v. Sez. IV, 12 ottobre 2011, P.G. in proc. omissis, rv. 251004 ed riferimenti in essa contenuti) che le tre fasce contravvenzionali integrano fattispecie autonome di reato, non ricorrendo alcun rapporto di specialità fra le tre disposizioni: le ipotesi ivi contemplate - disposte in ordine crescente di gravità modellata sul tasso alcolemico accertato - sono, invero, caratterizzate da reciproca alternatività, quindi da in rapporto di incompatibilità.
Alla luce della ricostruzione delle modifiche normative sopra indicate, non vi è motivo di ritenere che il nuovo sistema sanzionatorio precluda oggi al giudice di poter dimostrare lo stato di ebbrezza sulla base delle circostanze sintomatiche riferite dai verbalizzanti.
Le ragioni che legittimavano quell'orientamento interpretativo (principio della libera volontà, assenza di prove legali e necessità che la prova non dipenda dalla discrezionale volontà della parte interessata) non sono venute meno.
Se si ammette infatti l'accertamento dello stato di ebbrezza su base sintomatica, non può affermarsi che l'unica ipotesi di reato in tal modo astrattamente ravvisabile sia quella meno grave perchè ci si porrebbe in contraddizione con il principio sopra appena affermato.
E' ovvio che in tutti i casi in cui - pur avendo il giudice di merito accertato il superamento della soglia minima non sia possibile affermare, secondo il criterio dell'oltre il ragionevole dubbio, che la condotta dell'agente possa rientrare nelle due fasce di minore gravità, il giudice dovrà ravvisare l'ipotesi più lieve con tutte le conseguenze che ne derivano.
Ma nulla vieta - e tale principio va ribadito - che a fronte di manifestazioni eclatanti di ebbrezza il giudice, fornendo la sua decisione di adeguata motivazione, possa logicamente ritenere superate le soglie superiori (v. in questo senso la già citata Sez. IV, P.G. in proc. omissis).
Alla luce dei principi sopra enunciati il ricorso del Procuratore generale è da ritenere fondato perchè la sentenza impugnata si è limitata a prendere atto della impossibilità di effettuare l'alcooltest per le condizioni soggettive dell'imputato per escludere la possibilità di ravvisare una condotta penalmente rilevante, senza tener conto - sia pure al fine di ritenere comunque non provato il superamento di una delle due soglie penalmente rilevanti - degli elementi sintomatici ("linguaggio sconnesso e insicuro, alito vinoso, postura malferma, stato di agitazione, condotta di guida zigzagante") della cui esistenza veniva pure dato atto e dell'elemento indiziario comunque proveniente proprio dall'affermata impossibilità di eseguire la prova alcolimetrica per le condizioni del omissis.
Ne consegue l'annullamento della sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Genova che dovrà verificare la possibilità che la condotta accertata possa rientrare in una delle due fasce penalmente rilevanti nei sensi sopra indicati.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Genova.
da Polnews