Oramai
quasi quotidianamente la cronaca ci dà notizia di persone investite
dalle cosiddette “auto o moto pirata”, i cui conducenti non
si fermano a prestare la dovuta assistenza. Il nostro Codice Penale
annovera l’omissione di soccorso nei “delitti contro la persona”;
ma il soccorso di un individuo ferito, o comunque in pericolo, è
prima di tutto un nostro obbligo morale.
Incidenti domestici, sportivi, sui luoghi di lavoro, oltre che sulla
strada, malattie acute o croniche che colpiscono organi vitali possono
condurre alla morte improvvisa.
In questi casi, la conoscenza di semplici manovre rianimatorie che sostengono
e possono ripristinare le funzioni vitali, e che chiunque è in
grado di porre in atto, in attesa dei tempi tecnici di arrivo dei mezzi
di soccorso, si può rivelare il presupposto essenziale per la
sopravvivenza. Il nostro organismo vive grazie all’ossigenazione
dei tessuti, in particolare di quello cerebrale. Il cervello è,
infatti, sensibilissimo all’ipossia o all’anossia, ed è
in grado di resistere alla carenza di ossigeno normalmente solo 3-4
minuti. L’ossigenazione dei tessuti è garantita dal funzionamento
di due apparati: l’apparato cardiocircolatorio, che permette all’ossigeno
trasportato dal sangue di raggiungere i tessuti; e l’apparato respiratorio,
che, a livello dei polmoni, permette al sangue di ossigenarsi. E’
indispensabile, quindi, saper riconoscere in pochi secondi le condizioni
di arresto cardiaco e di arresto respiratorio. Il primo approccio ad
un ferito è la valutazione dello stato di coscienza (la capacità
di rispondere agli stimoli tattili e verbali); poi, si deve subito porre
la vittima in posizione anti-shock, cioè con gli arti inferiori
sollevati, in modo che una maggiore quantità di sangue affluisca
al cuore ed al cervello. Se è in atto un’imponente emorragia
esterna, bisogna bloccarla con una compressione diretta sul punto interessato
dalla lesione. E’ importante ricordare che nel caso di traumi in
cui si sospetti una frattura della colonna vertebrale, devono essere
effettuate solo manovre che consentano di tenere sempre in asse ed allineati
tutti i segmenti corporei, evitando assolutamente i movimenti di torsione,
flessione ed estensione della colonna, per non causare lesioni del midollo
spinale. In questi casi, la vittima deve essere spostata solo per situazioni
di immediato pericolo di vita (es.: rischio di incendio, di crollo).
Nel soggetto privo di coscienza bisogna verificare la presenza dell’
attività respiratoria: accostandosi alla bocca o al naso si può
apprezzare il flusso dell’aria che esce, ma il metodo più
sicuro è quello di controllare visivamente la presenza dei movimenti
respiratori del torace. Se questi movimenti sono assenti, dopo aver
eliminato con un dito dalla bocca della vittima, posta su un fianco,
eventuali corpi estranei (cibo, vomito, sangue, ecc.), occorre iniziare
immediatamente la manovra di respirazione bocca – bocca.
Si pone la vittima supina; le si estende la testa, mettendo una mano
sotto il collo, e spingendo indietro la fronte con l’altra mano
(non in caso di trauma); quindi si solleva la mandibola, in modo da
spostare la lingua, che nel soggetto incosciente perde il tono muscolare
e cade in basso, occludendo le vie aeree. Si chiude il naso pinzandolo
con le dita; si colloca la propria bocca a stretto contatto con quella
della vittima e, dopo avere inspirato profondamente, si insuffla l’aria,
controllando che il torace della vittima si espanda. Questa manovra
deve essere ripetuta 14-15 volte in un minuto. E’ necessario insufflare
l’aria lentamente per evitare il rigonfiamento dello stomaco. La
respirazione bocca-bocca può essere sostituita da quella bocca-
naso, nei soggetti in cui è impossibile ventilare attraverso
la bocca; da quella bocca- boccanaso, nei bambini; da quella con mezzi
ausiliari come il pallone di Ambu, il Life-way, le maschere tascabili,
che consentono di evitare il diretto contatto con la bocca della vittima,
e quindi la trasmissione di malattie infettive.
L’arresto cardiaco si valuta, invece, apprezzando la presenza dei
grossi polsi arteriosi.
Si deve ricercare per 10 secondi il “polso carotideo”, facendo
scivolare le dita lateralmente sul collo esteso, fino a localizzare
con i polpastrelli, tra la laringe ed i muscoli del collo, la pulsazione
dell’arteria; oppure il “polso femorale”, nella piega
dell’inguine. Se il battito cardiaco non viene apprezzato, occorre
iniziare immediatamente il massaggio cardiaco. In ginocchio di lato
alla vittima, supina su una superficie rigida (es. pavimento), si pone
sul terzo inferiore dello sterno l’estremità del palmo della
mano con le dita sollevate; sovrapponendo l’altra mano, a braccia
distese, si esercita una compressione ritmica sul torace, in modo da
abbassarlo di 4-5 cm. , per schiacciare il cuore contro la parete posteriore
rigida. Si rilascia, quindi, la compressione in modo che il torace ritorni
elasticamente alla sua posizione di partenza. Questa manovra va ripetuta
almeno 60 volte in un minuto.
Se la rianimazione è effettuata da un solo soccorritore, questi
deve operare 15 compressioni cardiache e 2 consecutive insufflazioni
di aria nelle vie aeree; se, invece, viene praticata da due soccorritori,
il rapporto tra compressioni cardiache e manovre respiratorie deve essere
di 5 a 1.
Dopo ogni ciclo di circa 1 minuto di rianimazione, il soccorritore deve
controllare la ripresa del battito cardiaco e della respirazione spontanea.
E’ fondamentale non interrompere la rianimazione fino al ripristino
di queste due funzioni vitali, o prima di giungere presso idonee strutture
sanitarie.
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Medico Capo della Polizia di Stato
Ufficio Sanitario - Questura di Ragusa.