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Notizie brevi 02/10/2012

Sentenza storica per Trivigno «Il moldavo sapeva di poter uccidere»
La Cassazione conferma la condanna a 15 anni del pirata della strada che uccise Rocco. Il professor Manna: «Per la prima volta viene riconosciuto il dolo eventuale»

L'auto su cui viaggiava Rocco Trivigno

ACCETTURA - Nessun giudice potrà riportare indietro quell’angelo dai lunghi ricci neri, partito da Accettura a 18 anni, per studiare chimica a Roma, morto a 20, una sera d’estate di quattro anni fa, dopo essere stato travolto da un pirata della strada, all’incrocio tra viale Regina Margherita e la Nomentana. Ma quella pronunciata dalla Quinta sezione penale della Corte di Cassazione è una sentenza storica che in parte può compensare il dolore della famiglia Trivigno. La Suprema Corte ha infatti respinto il ricorso del professore Giuseppe Giansi, legale difensore di Ignatiuc Vasile, il moldavo che quella notte si trovava a bordo del furgone rubato che ha investito l’auto dove viaggiavano Rocco, la sorella Valentina e l’amico Nicola Telesca. E’ quindi definitiva la sentenza della Corte d’Assise d’Appello di Roma che ha condannato il moldavo a 15 anni di detenzione, riconoscendo la natura dolosa - e non colposa - del reato. Vasile sapeva che quell’assurda corsa sarebbe potuta finire in tragedia, e ha corso il rischio. Una vittoria del legale della famiglia Trivigno, il professore di diritto penale all’Università di Foggia, Adelmo Manna che spiega: «Si tratta di una sentenza importantissima perché per la prima volta in materia di incidenti stradali il reato commesso viene qualificato come volontario a titolo di “dolo eventuale”, spezzando la consuetudine secondo la quale questo tipo di reato viene classificato come colposo». Per comprendere la portata e il significato della sentenza basta tornare a qualche mese prima rispetto a quella tragica notte in cui ha perso la vita Rocco Trivigno. A quello stesso incrocio veniva travolto da un’auto lanciata a folle corsa un motorino con a bordo due fidanzati morti sul colpo.

 

Alla guida della Mercedes, Stefano Lucidi, poi condannato a cinque anni. In quel caso la Cassazione non ha emesso quella “sentenza esemplare” che lo stesso sindaco Alemanno aveva auspicato. «Lucidi - motivavano i giudici - pur rappresentandosi l'incidente come possibile risultato della sua condotta, ha agito, tuttavia, nella previsione e prospettazione che esso non si verificasse. Sussiste quindi la colpa cosciente». Ma quello del pirata della strada che ha spezzato la vita di Rocco Trivigno è un caso diverso. Il moldavo guidava ubriaco un mezzo rubato, lanciato a tutta velocità, oltreppassando ben quattordici semafori, di cui dieci rossi, senza rallentare, in una corsa impazzita, cercando di scappare all’inseguimento della polizia, fino a travolgere l’auto a bordo della quale viaggiavano i ragazzi lucani. E ancora, dopo aver provocato la tragedia, aveva provato pure a scappare. Per il professor Manna - e come i giudici hanno riconosciuto - Vasile, pur essendo perfettamente consapevole di quello che avrebbe potuto provocare, ha scelto di accettarne il rischio. Da qui la volontarietà del reato commesso. La conclusione a cui era giunta anche la Prima sezione penale della Corte di Cassazione, che annullava la precedente sentenza della Corte d’Appello che, dopo la condanna a 16 anni del moldavo in primo grado, qualificava l’omicidio come colposo.

 

Quindi il rinvio alla Corte d’Appello, che riconosceva il dolo eventuale e condannava Vasile a quindici anni. E ieri la conferma della Cassazione con il respingimento del ricorso presentato dal legale del moldavo. Un lungo iter che finalmente si è chiuso con un importante risultato. Le due sentenze della Cassazione costituiscono una svolta rilevante per i processi penali per incidenti stradali. Molto soddisfatto si dice il professor Manna: «Sono contento - ha commentato al Quotidiano - di aver contribuito in maniera rilevante a queste due sentenze». «Ho sentito la famiglia Trivigno - ha aggiunto l’avvocato – Siamo perfettamente consapevoli che qualsiasi giustizia non riporterà Roccoindietro. Ma i suoi genitori ora hanno la coscienza a posto. Sanno di aver ottenuto, almeno da questo punto di vista, il massimo per onorare al meglio la memoria del ragazzo. Non è una una questione di vendetta. Si tratta di aver ottenuto la giusta pena, commisurata alla gravità del reato commesso»
 


da ilquotidianodellabasilicata.com

 

 


 

Martedì, 02 Ottobre 2012
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