Resistenza a pubblico ufficiale e lesioni: quali differenze?
Se l'aggressione al pubblico ufficiale è del tutto gratuita, e determinata da un'alterazione psichica, non si può parlare di resistenza a pubblico ufficiale ma, eventualmente, di lesioni. Lo ha stabilito la Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione, con la sentenza 31 ottobre 2012, n. 42505.
Il caso vedeva un uomo aggredire gratuitamente un poliziotto, all'interno di un Commissariato, e procurare a quest'ultimo lesioni personali. Sia in primo che in secondo grado i giudici di merito avevano riconosciuto la responsabilità dell'agente, oltre del delitto di lesioni personali, anche di quello di resistenza a pubblico ufficiale.
Ai sensi dell'art. 337 c.p., viene punito chiunque usa violenza o minaccia per opporsi ad un pubblico ufficiale o ad un incaricato di un pubblico servizio, o a coloro che, richiesti, gli prestino assistenza, mentre compie un atto di ufficio o di servizio.
Per principio generale, accolto dall'orientamento dominante in giurisprudenza, affinché possa configurarsi la fattispecie delittuosa in commento, è necessario che la condotta cosituisca un impedimento concreto per l'esercizio dell'ufficio, con sviamento delle finalità previste normativamente ovvero di turbamento del buon andamento, frustrando in particolare la continuità dell'attività della pubblica amministrazione.
In altre parole, l'aggressione posta in essere dal reo deve essere diretta a creare un vero e proprio ostacolo al pubblico ufficiale, impedendo a costui di portare a termine il compimento dell'atto di ufficio.
Secondo il giudice nomofilattico l'aggressione gratuita non è resistenza; nella fattispecie l’uomo, invitato dal poliziotto a presentare tre fotografie e alcuni moduli per denunciare lo smarrimento della patente, era uscito dalla stanza per poi rientravi e scaraventare il pubblico ufficiale contro una finestra, procurandogli alcune lesioni. La condotta posta in essere dall’imputato è configurabile come una gratuita aggressione nei confronti del poliziotto, non diretta ad opporsi all’operato di quest’ultimo.
(Nota di Simone Marani)
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE VI PENALE
Sentenza 28 settembre – 31 ottobre 2012, n. 42505
Massima e testo integrale
da Altalex