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Rassegna stampa alcol e guida del 20 gennaio 2005

RASSEGNA STAMPA "ALCOL E GUIDA"

Note a cura di Alessandro Sbarbada
Servitore-insegnante in un Club degli Alcolisti in trattamento a Mantova.


LA SICILIA (Ragusa)
Una vita persa per la strada
Rossella Schembri   

Carmela ha il seno grosso e il reggipetto scollacciato, un viso spaurito, gli occhi persi nel vuoto. Sembra un personaggio felliniano, vestita in nero, la voce calda, un filo di voce rauca, che esce dalla profondità del suo ventre. Sta seduta per ore, su una sedia che ha messo davanti alla porta di casa, nella discesa Santa Maura, per aspettare i clienti. Ma ormai Carmela di clienti ne ha solo due: la pagano 20 euro e lei dice che usa quei soldi per fare la spesa. In realtà se ne vanno quasi tutti via per comprare quelle dodici bottiglie di birra che si scola ogni giorno.
Nel tavolo della cucina ce ne sono alcune vuote, e sotto ci sono le scatole ancora intatte. Le prostitute della discesa Santa Maura, nel quartiere Cava di Ragusa, hanno compassione di questa donna, che anche con il freddo di questi giorni, sta sempre lì, mezza nuda, immobile, vestita di reggicalze, reggiseno, canottiera e pantaloncini di lycra, in attesa di qualche pietoso cliente. «Sta male quella poveraccia. Altro che fare la vita, è da ricoverare - dice una prostituta della discesa Santa Maura. - Era così bella quand’era ragazza, aveva un vitino da vespa. Dovete aiutarla. Gli dovrebbero dare un sussidio».
Carmela si lascia intervistare, docile come un cagnolino ammaestrato, risponde a monosillabi, racconta la sua vita. «Sì, sono di Catania. Mio marito è morto 15 anni fa, ho iniziato a bere subito dopo e a fare la prostituta. No, non pensavo che un giorno mi sarei ridotta così. Ho bisogno di aiuto e sto male. Se venissero le assistenti sociali certo, le farei entrare. Qui però non è mai venuto nessuno. Non ho nessuno, non ho amici, non ho parenti. Avevo tre figli. Forse stanno a Catania, non so. Bevo dodici bottiglie di birra al giorno. Sì, lo so che così posso anche morire». Carmela lo sa, nei suoi rari momenti di lucidità, che continuando così morirà, ma non se ne preoccupa. Le altre prostitute hanno pena di quella donna, vestita di biancheria intima sempre nera non perché sexy ma perché non ha mai tolto il lutto per il marito o forse per la vita che ha perso.

CORRIERE DELLA SERA
Milano, la confessione dell’infermiera che ha soffocato il medico. Tre anni prima l’ex marito aveva ammazzato la nuova compagna
«Ero ubriaca, l’ho uccisa perché mi stava lasciando»
Lavoravano insieme al Policlinico di San Donato. La vittima attirata con un tranello I vicini: «Le conoscevamo di vista»

SAN DONATO MILANESE - Il Policlinico di San Donato, periferia sud di Milano, non è il Chicago Hospital della fiction «E.R. Medici in prima linea» dove le miserie fisiche dei pazienti s’intrecciano con le storie private di dottori e dottoresse; vicende talvolta bislacche e sopra le righe, drammi strappalacrime, come richiede il copione di un serial tv. L’altro ieri sera, però, nell’abitazione di un’infermiera, che prestava servizio nel grande ospedale dell’hinterland milanese si è consumata una tragedia - amore, disperazione, morte - che, letta con occhi che vanno oltre la pietas umana, c’introduce in un girone di realtà romanzesca. La nuda cronaca è questa: Elena Casula, quarantaduenne, uccide Maria Daniela Tocco, medico internista, due anni di meno. La uccide perché non sopporta l’abbandono amoroso. L’infermiera e la dottoressa lavoravano assieme nelle corsie del Policlinico, e per alcuni mesi avevano avuto una relazione sentimentale. Lei ama lei, dunque. Come Kerry Weaver, primario del Pronto Soccorso del Chicago Hospital, innamorata di Sandy Mendez, che porta i malati in ambulanza al nosocomio americano. Nella fiction, Kerry fa outing, e da arcigna qual era si trasforma, guadagnandone nel carattere. Sandy muore in un incidente stradale.
Di Elena e Maria Daniela - descritte come due donne qualunque, tipi, insomma, che passano inosservati - nessuno dice nulla. Segreti i loro rapporti personali, segrete le angosce, le tensioni. Se l’assassina non avesse confessato il delitto e la relazione, i colleghi avrebbero perfino messo in dubbio l’evidenza dei fatti. Uno scarno comunicato della Direzione sanitaria sottolinea che la dottoressa Tocco «ha svolto la sua attività con correttezza professionale e competenza». Silenzio su Elena Casula. Sono gli inquirenti a fornire alcuni dati: nata in Sardegna, sposata e separata. Rivelano, inoltre, le sue debolezze: l’infermiera è alcolista, alle spalle vari tentativi di disintossicazione, seguiti da ricadute. Affiora un passato che «pesa». E una coincidenza terribile: gli ex coniugi sono entrambi assassini. Lei ha ucciso la donna di cui era innamorata; lui, autotrasportatore, nell’estate del 2002, colpì a morte con un martello, la nuova compagna. Il 6 dicembre 2004, la Corte d’Assise di Nuoro l’ha condannato a trent’anni di carcere.
Quattro anni fa, dopo la rottura del matrimonio, Elena Casula si trasferisce a San Donato. Lavoro al Policlinico, casa nei pressi della tangenziale, in via Di Vittorio, numero civico 28. Un monolocale arredato di un edificio decoroso, in un’area di periferia molto popolata. Paesone di condomini. Qui tutti si conoscono di vista, ma nessuno sa chi è l’altro. Il ciabattino dell’angolo ricorda l’infermiera; tuttavia, non ha dettagli da raccontare, se non quello di lei che cammina con uno zainetto in spalla. La panettiera dice «forse, chissà, era mia cliente». I vicini della porta accanto - scala destra, sesto piano - spiegano di averla notata sempre con i pantaloni addosso, «mai una volta in gonna». Particolare rilevante solo ora che è venuta a galla la relazione lesbica? L’amica dottoressa? «Mai vista». La lite prima dell’omicidio? «Non l’abbiamo sentita». Forse, perché la tv era accesa a volume alto.
La tragedia di Elena e Maria Daniela scorre nelle parole dell’assassina. Che, dopo aver ucciso, dà l’allarme, ed è quasi decisa a gettarsi nel vuoto, per farla finita. Invece, si siede, accende una sigaretta, e aspetta l’arrivo dei carabinieri. «Ero ubriaca fradicia, quando l’ho fatto», ha confidato agli inquirenti. La confessione dell’infermiera racconta di un rapporto sentimentale molto tormentato. La dottoressa Tocco, single, approda al Policlinico un anno fa. «Ci siamo conosciute, abbiamo simpatizzato - spiega Elena Casula - Poi, lo scorso giugno, ci siamo messe assieme. Maria Daniela ha convissuto saltuariamente con me». Alti, bassi, rotture, riconciliazioni, in una manciata di mesi. Infine, la dottoressa chiude. Può essere che l’alcolismo della compagna sia una concausa. Ma l’infermiera, abbandonata, tracanna vino ancora di più. Per dimenticare, per disperarsi di meno. Lunedì sera, l’appuntamento fatale. Elena chiama Maria Daniela con una scusa (la restituzione di un anello) e tra le due donne scoppia la lite. L’epilogo: «Lei stava andando via, l’ho tirata per la sciarpa che aveva al collo, è svenuta. Allora, l’ho soffocata con il cuscino». Marisa Fumagalli .

CORRIERE DELLA SERA
La vicenda

IL DELITTO Lunedì sera a San Donato milanese un’infermiera Elena Casula ha ucciso l’ex compagna, Maria Daniela Tocco, 44 anni, medico, soffocandola con un cuscino. Entrambe lavoravano all’ospedale di San Donato
L’INTERROGATORIO
Elena Casula ha raccontato di aver ricominciato a bere negli ultimi tempi, dopo un passato da alcolista. L’infermiera voleva probabilmente riprendere il rapporto con il medico, che si era interrotto a dicembre, e quando ha ucciso era ubriaca .
L’ARENA di Verona
Migliorano le condizioni di Enrico Bendinelli di Belfiore che ha parlato con il suo avvocato degli attimi che precedettero la lite
Picchiato al pub, ora ricorda
Il giovane fornaio ferito ad Arcole davanti al locale sta ritrovando la memoria
Enrico Bendinelli si è svegliato dal coma, un risveglio accompagnato da ricordi. Pochi e limitati agli ultimi minuti trascorsi all’interno del disco pub in zona industriale di Arcole e che ha raccontato al suo avvocato, Francesco Delaini. Ricordi che arrivano fino a quando fu portato fuori dal locale da uno degli addetti alla sicurezza. «Ha iniziato a parlare, le sue condizioni stanno migliorando anche se restano ben visibili due cicatrici sulla testa», spiega il legale che fin dal giorno dell’incarico sta cercando di ricostruire i passaggi che portarono al ferimento del giovane fornaio di Belfiore. «Ho potuto chiedergli se e cosa ricordava di quella sera e mi ha risposto che all’interno del disco pub De Nada dove era andato con gli amici, sul tardi, stava discutendo con un giovane albanese ma a quanto sarebbe emerso da lui avrebbe ricevuto solo uno spintone, comunque mentre stavano parlando qualcuno alle spalle lo ha colpito con una bottiglia di birra sulla testa. Ha anche detto di essere certo di questo perchè toccandosi i capelli si era trovato la bevanda sulle mani. E’ stato in quel momento», prosegue l’avvocato, «che è stato preso da uno dei buttafuori, ricorda che era grande e grosso, che lo ha portato di forza all’esterno e lo ha picchiato. Poi basta, il suo ricordo della serata termina a quel punto».
Elementi e frammenti che se non altro fisserebbero i due momenti cruciali di quella drammatica sera, il 10 dicembre, terminata con il ricovero di Enrico Bendinelli in ospedale. La diagnosi fu drammatica: gli esami rilevarono una doppia frattura alla testa, il giovane era in coma e in quel momento non operabile. Stando a quello che gli amici del giovane di Belfiore raccontarono il giorno dopo ai carabinieri di San Bonifacio, Enrico sarebbe stato picchiato fuori dal disco pub, loro erano stati trattenuti all’interno e solo dopo un po’ venne chiamata l’ambulanza. Qualcuno avrebbe visto anche quel che accadde all’esterno. Sta di fatto che il giorno seguente al ferimento un gruppo di giovani armato di mazze e con il volto coperto ruppe vetrate e danneggiò gli arredi del locale aggredendo anche il titolare. E due giorni dopo venne fermato un cittadino albanese, quello con cui Bendinelli aveva litigato all’interno del De Nada. Davanti al magistrato - che al termine dell’interrogatorio ha chiesto che fosse mandato agli arresti domiciliari - ha negato di aver colpito Enrico, ha ammesso di avergli dato uno spintone ma di non aver fatto altro.
Il ricordo del giovane ferito lo conferma così come è improbabile che le due ferite alla testa potessero essere provocate da un pugno o da uno spintone. Ma mancherebbero ancora tasselli importanti a questa vicenda. Il magistrato su un fronte e sull’altro la ricerca di testimoni messa in atto dal legale della famiglia. Per cercare di ricostruire le fasi finali di quella vicenda accaduta in una sera di dicembre. (f.m.).
SUPEREVA.IT
CULTURA: AL VIA PREMIO GIORNALISTICO ’’ROMA E IL SUO VINO’"
Roma, 19 gen. (Adnkronos) - La Camera di Commercio di Roma bandisce un concorso destinato agli autori del miglior articolo e del miglior servizio radiotelevisivo realizzato nel corso dell’anno 2005, che abbia come tema il vino nell’ambito del territorio della Provincia di Roma, ed ha affidato alla propria Azienda Speciale, l’Azienda Romana Mercati, l’incarico di segreteria organizzativa del concorso in questione. Una giuria selezionerà, tra tutti gli articoli e i servizi radiotelevisivi inviati, quelli che avranno saputo rendere con originalità, verità, poesia, la tradizione, la cultura e i sapori del vino e del suo mondo. L’ammissione al concorso è riservata ai giornalisti iscritti all’Albo dei giornalisti professionisti e a quello dei pubblicisti, nonché ai giornalisti praticanti, e saranno presi in considerazione gli articoli e i servizi pubblicati o messi in onda nell’arco di tempo compreso tra il 1 gennaio e il 15 novembre 2005.
SANREMO NEWS
Calcio a 5: partita annullata, arbitro ubriaco o ritardo?.
Una partita di calcio a 5, sarebbe stata rinviata a causa dello stato di ubriachezza dell’arbitro. La notizia non ha trovato conferme negli ambienti calcistici ma, sembra, che un match del girone B del campionato di serie D di “calcetto”, tra Imperiese e Valle Impero Pontedassio, sia stata rinviato. Secondo le due società l’incontro doveva cominciare alle 21:30 mentre, secondo il direttore di gara, l’orario fissato era quello delle 21. Non vedendo le due squadre in campo, la giacchetta nera, alle 21:15 ha decretato l’annullamento della dopo i 15 minuti di canonica attesa prevista dal regolamento. Secondo i dirigenti delle due squadre, invece, i giocatori erano regolarmente in campo e, secondo i giocatori l’arbitro sembrava visibilmente barcollante e ‘alticcio’. Senza dare spiegazioni è andato via dal campo, annullando la partita. Ora c’è attesa per giovedì, quando il giudice sportivo, dovrà decidere su quanto accaduto.
Carlo Alessi.

LA PROVINCIA DI LECCO
CARATE Esce dall’Asl in «stato soporoso» Finisce a terra in ciclomotore

CARATE - (a.cr.) Un incidente dai contorni quanto meno singolari si è verificato ieri pomeriggio a pochi metri di distanza dal poliambulatorio di Carate: un venticinquenne, residente in un paese della zona, che era appena uscito dal Sert, il servizio dell’Asl che si occupa delle dipendenze da sostanze stupefacenti e dall’alcool, ha improvvisamente perso il controllo del suo ciclomotore, finendo rovinosamente a terra. E’ successo in via Mosè Bianchi. Accompagnato dagli agenti della polizia locale al pronto soccorso per accertamenti, il giovane, che i medici hanno accertato si trovasse in uno «stato soporoso», non ha voluto né farsi medicare né lasciare che i sanitari gli facessero un prelievo e se n’è andato.

IL GIORNALE DI VICENZA
La procura aveva chiesto condanne per 17 anni di carcere nei confronti dei tre principali imputati
  Il killer? Solo uno dei fratelli Prifti
Assolto Ektor dall’omicidio. Per rissa solo un colpevole. Smontata l’accusa.
di Ivano Tolettini
L’albanese Ektor Prifti non accoltellò a morte il serbo Sdrjan Paic al bar Pink. Ma non solo. Dal suo punto di vista fece bene a sottrarsi all’arresto il primo dicembre 2002 perché la Corte d’Assise presieduta da Giuseppe Perillo (giudice a latere Giovanni Biondo) ieri pomeriggio l’ha assolto dalla più pesante delle accuse, il concorso nell’omicidio volontario del muratore slavo, e anche dai due tentati omicidi e dalle lesioni nei confronti di tre cittadini serbi. E la sua cattura era stata chiesta proprio per questi reati. Oltre tutto per il tentato omicidio dell’avventore Novica Jankovic, per la rissa e per il porto abusivo del coltello, il pm Alessandro Severi aveva chiesto 11 anni di prigione. Invece, la giuria popolare gliene ha inflitti "solo" 4 per la rissa che era scoppiata dopo che suo fratello Elvis - già condannato dal tribunale dei minori di Venezia a 9 anni di reclusione per il delitto poiché confesso il delitto assumendosi tutte le colpe -, aveva affondato la lama contro Pajic intervenuto a far da paciere in maniera, come ha riferito un testimone, piuttosto energica.
A dimostrazione che in questo caso la latitanza ha pagato, c’è la circostanza che con la sentenza è stata revocata l’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip del tribunale di Vicenza che aveva fatto diventare uccel di bosco all’estero Ektor Prifti, 28 anni, pare in Austria. «Il mio assistito non si è mai presentato in aula - ha spiegato nell’efficace arringa l’avvocato difensore Lino Roetta - perché non riteneva giusto scontare un paio d’anni di carcere per un reato, il concorso in omicidio aggravato, per il quale lo stesso pm oggi ha chiesto l’assoluzione. Tutt’al più può essere accusato di rissa, ma lui il coltello non l’ha mai avuto in mano».
In attesa di leggere le motivazioni, pare di capire che é passata la tesi secondo la quale l’omicidio del bar Pink del quale si è assunta ogni responsabilità Elvis Prifti di 20 anni, maturò in un ambiente obnubilato dall’alcol in cui l’assassino e il fartello Ektor persero la testa in un contenzioso tra albanesi e serbi per questioni anche di cuore.
Del resto, ha avuto buon gioco Roetta a sottolineare che il testimone principe Jankovic di 55 anni, ferito in tre parti del corpo (testa, addome e braccio) aveva un tasso alcolemico di 203, dunque quattro volte superiore alla soglia per guidare la macchina. Insomma, era ubriaco. Poiché è stato l’unico a chiamare in causa Ektor Prifti, mentre gli altri testimoni hanno detto che non si capiva nulla nel marasma della zuffa, «vuol dire che ha decifrato a modo suo quello che avveniva. Soltanto lui ha visto Ektor con il coltello in mano».
Il duello di sguardi finito nel sangue per un delitto d’impeto pare fosse scoppiato per causa di una donna, la barista Lule Rustemi (difesa dall’avv. Giovanni Rossi), la quale tra l’altro era imputata di favoreggiamento e che è stata assolta con formula piena. La commerciante era l’ex compagna di un serbo e poi aveva stretto una relazione proprio con Ektor Prifiti.
Come la Rustemi, 36 anni, è uscito a testa alta anche Milan Mageljas, 39 anni, di Torri di Quartesolo, assistito dall’avv. Annarita Scardigli. Sono stati invece condannati a 1 anno 4 mesi e 8 mesi di reclusione per avere favorito la fuga dei fratelli Prifti, il più giovane dei quali fu arrestato dalla squadra mobile di Vicenza a Bari, l’impresario albanese edile Dzafer Jahaj, 42 anni, e il connazionale Saip Zenulahaj, 29 anni, entrambi residenti a Torri di Quartesolo in via Camisana. Per entrambi (difesi dagli avv. Paolo De Meo e Scardigli) il pm aveva chiesto 3 anni di carcere ritenendoli colpevoli di avere partecipato alla rissa mortale.
Che sia stato un processo strano, diciamo così, lo certifica la sentenza perché il dispositivo si conclude con il rigetto delle domande di risarcimento degli slavi Jankovic, Ilic Dragibor e Zoran Rajcic (assistiti dagli avvocati Raniero Bordon dello studio Dal Lago e Andrea Balbo dello studio Mele senior) e con la trasmissione degli atti del processo sia alla procura di Vicenza che a quella dei minori di Venezia. Il motivo? C’è il fondato motivo che più di qualche testimone in aula non abbia raccontato la verità. Di Sabo Gacic, ex amico della Rustemi, Severi ha detto che è stato un campione di reticenza. E come lui altri connazionali, i quali in fase d’indagine dissero una cosa alla polizia, mentre in aula sono venuti a riferire un’altra versione.
Ricapitoliamo, allora. Quella sera a partire dalle 22 al bar Pink, affollato di clienti, andò in scena il secondo tempo di una sfida tra albanesi e serbi. Ma che di confronto si trattava? Intorno alle 20 dell’1 dicembre un paio di slavi erano stati dalla Rustemi, locale frequentato soprattutto da albanesi, quasi a mò di sfida. L’alcol scorreva facile nelle vene e gli albanesi contraccambiarono la "visita" andando proprio al bar Pink che sapevano fosse frequentato perlopiù da avventori serbi. Non appena arrivarono i quattro albanesi si sistemarono su un paio di tavoli e i fratelli Prifti iniziarono a provocare rompendo bicchieri. Cercavano evidentemente la rissa.
Per il pm Severi il dolo di Ektor Prifti fu molto intenso perché il suo comportamento fu molto provocatorio sapendo che la situazione sarebbe degenerata. Quando Pajic si recò al tavolo per invitare i due fratelli a moderare i toni, Elvis che aveva bevuto molto perse i freni inibitori estrasse il coltello e lo cacciò in gola al paciere. La rissa fu una conseguenza.
«Più che di una rissa, però, - ha sotenuto l’avv. De Meo - parlerei di una ressa, perché i testimoni che abbiamo sentito hanno raccontato una cosa diversa rispetto alla ricostruzione della procura».
E contro un capo d’imputazione disintegrato dai testimoni, i patroni di parte civile Bordon e Balbo hanno inutilmente cercato di convincere la Corte della bontà della tesi accusatoria. «Non capisco come la Rustemi sia potuta finire sotto processo - ha concluso l’avv. Rossi - considerando che fu lei a dare l’allarme al 113 di quello che era accaduto dentro il Pink. Poi fu costretta ad accompagnare, con un’amica, i due Prifti verso Bari. Aveva paura di essere ammazzata pure lei. Altro che favoreggiatrice». La Corte é stata dello stesso avviso. Ektor Prifti non collaborò col fratello a scannare il paciere Pajic e i connazionali Dzafer e Saip aiutarono il killer nella fuga.
LA PROVINCIA DI SONDRIO
Allarme alcol, un convegno a Chiavenna per capire e sensibilizzare

chiavenna Ultimi giorni per l’iscrizione al corso di sensibilizzazione all’approccio ecologico-sociale ai problemi alcol-correlati e complessi. Il ciclo di lezioni, che si terrà nelle sale dell’Istituto Opera Don Guanella del Deserto di Chiavenna, proposto dall’Associazione dei Club degli Alcolisti in Trattamento è rivolto al personale medico, a quello infermieristico e socio-assistenziale, ai religiosi, agli insegnanti, agli amministratori pubblici e a chiunque, a qualunque titolo, intenda occuparsi di problemi legati all’alcol e all’abuso di questa sostanza. Le iscrizioni al corso, che prevede una presenza massima di settanta partecipanti, ha un costo di 50 euro. Gli interessati dovranno compilare una scheda di adesione, rintracciabile presso qualsiasi amministrazione comunale, e inviarla tramite posta al’Acat di Sondrio presso Rosalba Derada, Via Pedescallo 6. Il versamento, invece, va effettuato sul conto corrente 350/43 della filiale di Montagna della Banca Popolare di Sondrio. Il corso seguirà i metodi del professor Vladimir Hudoli e sarà curato da Pier Maria Pili e Siman Fattorini. Si parte lunedì 31 gennaio con una giornata dedicata alla presentazione del corso, che chiarirà anche le motivazioni che hanno spinto l’Acat a varare un ciclo di lezioni di sensibilizzazioni in Valchiavenna. Martedì primo febbraio si affronterà la formazione e l’aggiornamento nel’approccio ecologico e sociale. Terza giornata mercoledì 2 febbraio con lezioni sulle complicanze somatiche alcolcorrelate, il ruolo del servitore-insegnante e il rapporto pubblico-privato nei problemi alcologici territoriali. Giovedì 3 febbraio sarà invece la volta della presentazione dei Club degli alcolisti in trattamento e di relazioni sulla difficoltà di lavoro negli stessi oltre che un’analisi del disagio esistenziale. Venerdì 4 sarà giornata dedicata alla preparazione dei lavori scritti, mentre sabato 5 il corso si concluderà con un’analisi del movimento come forma di interazione e una relazione sul ruolo delle associazioni. La mattinata sarà chiusa dalla discussione sui lavori scritti e dalla consegna degli attestati di partecipazione. Una partecipazione al convegno utile per capire a fondo i problemi medici e sociali legati all’abuso di una sostanza come l’alcol. D.Pra..

L’UNIONE SARDA (Oristano)
Sedilo. Teppisti e attentati
L’assistente sociale: «Il malessere non va generalizzato»

Fatti preoccupanti quelli accaduti recentemente a Sedilo. Basti pensare all’attentato di pochi giorni fa avvenuto nel cortile del capannone dove gli allevatori della coop San Giovanni conferiscono il latte o agli spari esplosi contro l’Alcatraz (che hanno ferito un uomo), il pomeriggio di San Silvestro. O ancora ai diversi episodi di teppismo che puntualmente si ripetono. Fatti però che non vanno estesi all’intero paese, ma riguardano invece una piccola minoranza. È la tesi dell’assistente sociale, Mariantonietta Gallittu: «Si tratta di episodi circoscritti, che non coinvolgono tutta la popolazione», spiega. «È vero - prosegue - nel programma socio-assistenziale sono stati menzionati degli indicatori di disagio e delle situazioni a rischio, ma non sono generalizzabili. Ciò però non significa che bisogna far finta di niente. Anzi, queste situazioni si devono tener presenti anche nel nostro operato e negli interventi da proporre». Quale il rischio per il paese? «Il pericolo - va avanti Mariantonietta Gallittu - è quello che episodi come quelli avvenuti recentemente minino il sentimento di sicurezza della comunità. Il rischio è che l’accento cada su questi fatti. Sedilo invece è un paese che ha tantissime risorse. Il fatto che nel territorio siano presenti numerosissime associazioni lo dimostra». Ma allora come agire per porre rimedio a questi fenomeni? «Purtroppo non si riesce a debellare in maniera definitiva questi episodi, a Sedilo come in altri paesi. Ciò non toglie che occorra indagare sul perché certe cose accadono e intervenire per cercare di prevenirle. Non esiste la ricetta per risolvere qualsiasi problema. Non sono i servizi sociali da soli a poterlo fare. Occorre invece la collaborazione di tutte le istituzioni, formali e informali. In questo senso ritengo che qualcosa si stia facendo», sottolinea l’assistente sociale. «C’è una certa sensibilità a questi argomenti sia da parte delle associazioni sia da parte della scuola, con la quale abbiamo instaurato una collaborazione molto proficua. Sono gli stessi insegnanti o i dirigenti a segnalarci alcune situazioni, sono molto propositivi e attivi. Collaborano infatti con i servizi sociali, in particolare con il servizio educativo. Quest’ultimo è molto importante. Si tratta di un servizio di prevenzione. Risponde non solo ai bisogni dei minori e delle loro famiglie, ma anche ad un’esigenza più ampia. Va visto in una prospettiva futura: i bambini che oggi sono seguiti dal servizio si spera vivano un’adolescenza più semplice. In quest’ottica lavora anche la ludoteca, dove i minori oltre a giocare, imparano a stare insieme, a comunicare. È poi importante il lavoro che si sta tentando di fare con il privato sociale, che risponde molto bene alle iniziative di volta in volta proposte». Altro campanello d’allarme a Sedilo è quello legato al fenomeno dell’alcolismo, che tocca anche giovani ragazzi. «Sicuramente - sostiene Gallittu - c’è un abuso di alcool. Su questo argomento c’è una certa permissività. Ragazzi molto giovani bevono tranquillamente anche davanti ai genitori. È una questione di cultura. Il servizio sociale sta comunque cercando di intervenire. Sedilo, insieme ad altri Comuni, sta portando avanti un progetto triennale per interventi su soggetti con problemi di alcolismo. Su questo tema, con l’Acat, è stato recentemente portato avanti un corso di sensibilizzazione. L’ideale sarebbe riuscire a costituire a Sedilo un Cat (club alcolisti in trattamento)». (a.o.).
da "IL GAZZETTINO (Treviso)"
LIBRO DI ZARDETTO
La storia delle osterie di un tempo In città ne sono scomparse trenta
Conegliano
(g.p.m.) "Uomini, donne & vini. Osterie del mio paese e loro storie" è il titolo del volumetto appena pubblicato di Pino Zardetto, enologo ed appassionato delle tradizioni di Conegliano, che lo ha dedicato "al nostro sindaco Floriano Zambon, Presidente Nazionale delle Città del Vino". Vengono raccontate 41 osterie tipiche di cui viene tratteggiata la storia e si descrivono le specialità. Una curiosità per gli amanti delle cose di una volta è che fa riflettere su come siano mutate le abitudini dei coneglianesi, è che in appendice viene proposto un elenco delle osterie del centro storico a cavallo fra le due guerre, segnalando con un asterisco quelle ancora esistenti. Tra le addirittura 30 che non ci sono piu e di cui soltanto i più anziani conservano il ricordo compaiono. Dal Ghetto a Porta Leone: Ai Reduci, Alle Toresée, Al Tòrcol o Ai Cavai, Al Canevòn, Al Duomo, Alla Pergamena, Da Cais (Candido), Al Municipio, Cima, Alla Béa Venésia, Alla Campana, Da Dini, Da Fuscalzo, Da Braido, Bar Adua, Rialto, Aurora, Da Ciano; dal Cavallino a Borgo Madonna: Da Cencio, Bar Garibaldi, Da Trento, All’Alpino, Da Cais (Tre Scalini), Da Ermes, Da Volpones, Bar Moderno, Dal Moretto, Alla Nave, Alle 3 Culàte, Alla Stadera.
IL GAZZETTINO (Udine)
PAULARO In campo i noleggiatori per evitare le stragi del week-end
Taxi contro gli incidenti.

Paularo
«Cerchiamo di evitare le stragi del sabato sera e le patenti costose per i giovani». È questo lo slogan lanciato da Fabio Tiepolo, 30 anni, di professione noleggiatore di pulmino con "servizio di conducente", il quale sta promuovendo in Friuli Venezia Giulia una campagna di sensibilizzazione per invitare i giovani, che nei week-end si mettono alla guida delle auto dopo aver trascorso la serata in discoteca e bevuto un bicchiere di troppo, ad utilizzare il servizio "taxi" per rientrare a casa.
«La mia idea - spiega Tiepolo - è nata continuando a leggere ogni lunedì, sui quotidiani sia locali sia nazionali, degli innumerevoli incidenti stradali in cui hanno perso la vita dei giovani. Uomini e donne, che hanno avuto l’unica colpa di trascorrere la serata in discoteca. I problemi sono dovuti soprattutto all’abuso di alcolici e alla velocità eccessiva che i giovani troppe volte pagano con il ritiro della patente o, peggio ancora, con la vita».
«Per questo - aggiunge - ho pensato che ci si potrebbe servire dei professionisti che noleggiano vetture e pulmini fino a otto posti con "servizio di conducente" e ne ho parlato con il rappresentante regionale di categoria Rudi D’Orlando. Il progetto è senza dubbio d’interesse, ma chiaramente si chiederebbe l’aiuto della Regione Friuli Venezia Giulia e della Provincia di Udine per poter abbattere i costi che inciderebbero sul prezzo finale delle corse. L’idea è nata anche vedendo le varie realtà che ci sono in altri stati come Austria e Ungheria, le quali coinvolgono e stimolano i giovani ad usufruire di questi servizi. Mi auguro che l’idea venga accolta dalle istituzioni pubbliche che potrebbero agire concretamente per porre fine a questo stillicidio del fine settimana».

IL GAZZETTINO (Udine)
È Cecotti il sindaco più amato in Friuli Venezia Giulia"

Monfalcone
A tre settimane dalla grande invasione dei 40mila, la città dei cantieri è già pronta per affrontare un festoso stato d’assedio in occasione del ’Carnevale Monfalconese 2005’. L’ormai tradizionale appuntamento bisiaco, infatti, festeggerà i 121 anni di vita con il solito programma ricco di eventi preparatori per giungere al grande epilogo capace di portare una folla smisurata lungo le vie di Monfalcone. Ad iniziare il conto alla rovescia, già a partire dal 3 gennaio, ci hanno pensato i ristoranti della Bisiacarìa coinvolti nella 20. edizione del ’Magnemo fora de casa’ proponendo un’offerta gastronomica a prezzi particolarmente interessanti. Ad una giuria il compito di assaggiare i piatti e di premiare il miglior menù con il tradizionale ’Piatto di Carnevale’. Quindi, sabato 29 gennaio, solita ressa nelle edicole cittadine per la pubblicazione de ’La Cantada’. Anche quest’anno, il numero unico comico-satirico in dialetto sui personaggi e fatti locali (’tirato’ in 5.000 copie) dovrebbe andare a ruba mentre anche i monfalconesi acquisiti si ritroveranno alla febbrile caccia di riferimenti personali tra le pagine di vignette, storie, poesie, racconti e fotografie scaturiti dall’impegno di oltre 100 collaboratori. Quindi, per gli appassionati di filatelia, sarà realizzato anche uno speciale annullo per contrassegnare la posta in uscita dalla città. Tra una ’Caminada mascherada’, la ’6. Cantada dei Putei’ ed ’El Carneval dei Putei’, martedì 8 scoccherà il gran giorno con la partenza mattiniera del corteo degli sposi ed il giro ad alto tasso alcolico della città fino all’attesissima ’Lettura del Testamento de Sior Anzoleto Postier’.
Daniele Benvenuti.

da "IL SECOLO XIX"
Manda all’ospedale due Marines assolto senegalese custode dei bagni
Dopo le botte a Monterosso con i militari ubriachi che sfasciavano bar e sdraio

Era intervenuto per placare l’ira funesta di due tenenti dei marines, che in preda ai fumi dell’alcool si davano un gran daffare a sfasciare bar e sdraio del bagno Cigolini a Monterosso a mare. Li aveva spediti all’ospedale, dove si era dovuto recare a sua volta per medicazioni. Lui, Serigne Ndiaye, 30 anni, senegalese, nel locale svolgeva in quell’estate del 2002 le oneste e faticose mansioni di custode tuttofare. Ripristinò l’ordine, prima dell’arrivo dei carabinieri, ma si è dovuto difendere dall’accusa di concorso in rissa. Ieri, assistito dall’avvocato Alberto De Luca, è stato assolto dal giudice Giulio Cipolletta, che ha accolto la tesi della legittima difesa personale e dei beni che gli erano affidati.
Il burrascoso episodio risale al 27 luglio del 2002. I tenenti Nash Brian e Gonzales Paul Denison, palesemente ubriachi, iniziano a mettere a soqquadro il bar e poi si accaniscono contro le sdraio dello stabilimento balneare. Non gradiscono l’intervento del giovane di colore e ingaggiano con lui una furibonda lotta. Quando sopraggiungono i carabinieri, Serigne ha praticamente ridotto alla ragione i due marines anche con l’uso improprio di una pagaia, riportando a sua volta lesioni da calci e pugni. Tutti e tre sono accompagnati al pronto soccorso del Sant’Andrea e denunciati per rissa.
Ieri mattina il giudice Giulio Cipolletta ha assolto il giovane senegalese dall’accusa, accogliendo la tesi difensiva dell’avvocato Alberto De Luca. Il legale ha sottolineato che Serigne era intervenuto dopo che i due ufficiali dei marines avevano già semidistrutto il locale per difendere un bene che gli era stato affidato in custodia. Dunque non voleva provocare un danno ingiusto ai due, ma semplimente difendere se stesso e i beni a lui affidati.
A favore del giovane senegalese hanno pesato le testimonianze dei pochi avventori presenti nel locale nella tarda serata di quel giorno di fine luglio.
I due ufficiali statunitensi Nash e Gonzales non sono stati processati, né saranno giudicati da un tribunale italiano. In base al trattato Usa-Italia possono essere giudicati solo dal tribunale militare delle forze armate statunitensi in Italia, che ha sede a Verona. I due ufficiali sono stati da tempo consegnati al comando US Army di Verona, ma l’esito del procedimento non è noto.

CORRIERE DELLA SERA (Lombardia)
A Sant’Angelo Lodigiano
Gratis e senza sballo: apre sabato sera la discoteca comunale
SANT’ANGELO LODIGIANO (Lodi) - Tutti in discoteca. Alle spese e alla sicurezza ci pensa il Comune, con l’intento dichiarato di far la guerra a sballo e droga. L’iniziativa nasce a Sant’Angelo, dove, per 4 sabati, una discoteca sarà allestita nei locali del «Cupolone», messo a disposizione dal Comune. Coinvolti nel progetto anche i centri limitrofi di Vidardo, Valera Fratta e Marudo. Il via all’iniziativa sabato prossimo, dalle 21 a mezzanotte. Gli altri tre appuntamenti sono in calendario il 19 febbraio, il 12 marzo e il 16 aprile. La discoteca comunale rientra nel progetto «Lungo le strade del vento», curato dall’amministrazione di Sant’Angelo in collaborazione con l’Asl del Lodigiano. «Il nostro obiettivo è prevenire uso e abuso di sostanze pericolose. Ballare senza sballare, insomma», dice l’assessore alle Politiche sociali Maurizio Villa.
Ingresso gratuito, rigorosamente vietati droghe, alcolici e fumo. Ci sarà anche un servizio di trasporto gratuito: da ciascuno dei quattro paesi partiranno bus-navetta che faranno la spola con il «Cupolone»: vi accompagneranno i ragazzi e, al termine della serata, li riporteranno a casa. Il servizio d’ordine sarà garantito dai giovani della Protezione civile.
Il progetto è partito a novembre, dopo un incontro degli studenti dell’Istituto tecnico «Pandini» di Sant’Angelo con Andrea Pezzi, già dj di Mtv. Si è poi costituito un gruppo di una decina di ragazzi cui è stato affidato l’incarico di organizzare le quattro serate in discoteca. «Il diretto coinvolgimento dei giovani in un’attività proposta dal comune - aggiunge Villa - rappresenta uno degli aspetti più importanti dell’iniziativa».
Durante la serata, sarà anche organizzata una gara tra giovani dj. Al migliore andrà in premio una consolle. Il progetto non si ferma alle serate in discoteca, ma prevede incontri con esperti dell’Asl e i responsabili delle parrocchie. D. Sco..

IL MESSAGGERO (Umbria)
Di notte, in superstrada con l’auto contromano: tutti salvi

di VALENTINA AISA
ASSISI - Si immette sulla superstrada contromano e rischia la tragedia: l’incidente è avvenuto ieri notte, intorno alle 1,30, sulla centrale umbra Ss 75. All’altezza di Rivotorto di Assisi, la trentasettenne C.S., residente a Bastia, si è immessa con la sua Fiat "Cinquecento" sulla corsia di accelerazione in direzione Perugia per tornare a casa, senza accorgersi di essere sulla carreggiata che conduce nella direzione opposta, verso Foligno. La tarda ora ha evitato il peggio: la donna, che guidava in stato di ebbrezza, non si è accorta di aver invertito la direzione e ha proseguito incurante verso Perugia, contromano rispetto al regolare senso di marcia. In quel momento è sopraggiunta una Bmw Z3, condotta dal ventiseienne C.M., originario di Spello: l’urto, seppur violento, ha provocato qualche ferita solo alla conducente della Cinquecento. Sul posto sono intervenuti i carabinieri, una squadra dei vigili del fuoco di Assisi e l’ambulanza del 118: la donna è stata medicata all’ospedale Silvestrini di Perugia, dove i medici le hanno riscontrato un alto tasso alcolico nel sangue. E’ stata denunciata dai militari per guida in stato di ebbrezza, con ritiro immediato della patente.
IL MESSAGGERO (Pesaro)
LA POLEMICA
Bibite vietate, i commercianti contro il sindaco
Confcommercio e Confesercenti criticano il provvedimento: «Un nuovo proibizionismo»

di STEFANO MASCIONI
I commercianti non ci stanno e attaccano Ceriscioli, colpevole di aver emesso la discussa ordinanza che da qualche giorno impedisce la vendita di bevande in bottiglia tra le 22 e le 6 del mattino. Una misura drastica, maturata dopo le notti movimentate di Baia Flamina, che punta a disarmare con il pugno di ferro vandali e sbandati, riducendo gli atti di teppismo.
«Se vogliamo dare il colpo di grazia al bilancio dei pubblici esercizi - spiega Daniele Cruciani di Confesercenti - se vogliamo ritornare all’America proibizionista degli anni venti, ce lo dicano il ministro Sirchia e il Sindaco Ceriscioli. Sono di queste ore i dati negativi che riguardano bar e pub dove a causa del divieto di fumo si registrano perdite medie di centinaia di euro ogni sera. L’amministrazione comunale, prima di prendere una decisione che tocca gli interessi degli imprenditori avrebbe fatto meglio a convocare le associazioni per concertare insieme il da farsi».
«Il comportamento di Ceriscioli ci meraviglia molto - prosegue Cruciani - considerando anche che l’assessore al commercio Pieri, nella sua lettera di saluto all’inizio del mandato amministrativo, aveva più volte usato la parola concertazione». Ma non è solo per essere stati esclusi dalla decisione che i commercianti protestano. Anche sulla validità della misura restrittiva hanno una visione diversa da quella del Sindaco.«La politica del proibizionismo - conclude Cruciani - non ha mai portato a nulla. In Gran Bretagna, dove vige il divieto di vendere alcolici dopo le 22, i ragazzi comprano prima le bottiglie per berle poi nelle piazze e nei parcheggi».
In polemica con Ceriscioli anche Davide Ippaso di Confcommercio, che oltre a lamentare l’esclusione delle associazioni, in particolare Baia 2000, critica la politica radicale dell’amministrazione pesarese. «L’ordinanza di divieto - spiega - è una soluzione figlia di una cattiva o negligente considerazione dei problemi di ordine pubblico. Tempo fa il disagio era ancora embrionale, ora invece sta diventando strutturale. Baia Flaminia per qualcuno è diventata "terra di conquista indisturbata" ma non può e non deve essere così. Purtroppo, in questa assenza di regole e di serenità ognuno si sente autorizzato a prendere iniziative personali che, a volte, possono creare problemi ulteriori invece di risolvere quelli per cui si è mossi». Secondo Ippaso inoltre, far scontare a tutto il territorio comunale i problemi di Baia Flaminia è un ennesimo aspetto negativo del caso. «L’ordinanza - conclude - può essere accettata se localizzata e legata al problema che si vuole risolvere, in questo modo invece, si penalizza oltremodo l’intero territorio comunale, creando una sorta di coprifuoco inutile e un grido di allarme dannoso per la nostra città».  
IL MESSAGGERO (Pesaro)
Vino e olio, Mons. Edo inaugura “Vinolitech”

Sarà l’ arcivescovo di Ancona e Osimo monsignor Edoardo Menichelli a inaugurare venerdì prossimo alla Fiera di Ancona la prima edizione di Vinolitech , il salone delle macchine e attrezzature per l’enologia, il settore oleario e l’attività vitivinicola e olivicola. «Ringrazio monsignor Menichelli per l’onore che ci ha riservato» ha detto il presidente dell’Ente regionale fieristico Sandro Barcaglioni, sottolineando che la presenza del vescovo coincide con il primo evento fieristico «dedicato al duro e paziente lavoro della terra». A Vinolitech parteciperanno un centinaio di aziende provenienti da tutta Italia. Le Marche sono una regione emergente nel settore vitivinicolo e oleario: 42mila aziende agricole, 800mila ettolitri di vino e 30mila aziende olearie per 45mila quintali di olio all’anno.
CORRIERE ROMAGNA
“Bottiglie, divieto illegittimo”
RIMINI - Non solo bar e pub (e secondo le categorie anche i ristoranti), ma anche supermercati e negozi di generi alimentari nel mirino delle nuove norme del Regolamento di polizia municipale sull’utilizzo del vetro. Il punto 3 del nuovo articolo 34-ter, infatti, dispone che “negli esercizi commerciali di vendita al dettaglio del settore alimentare, sia svolta sulle aree private in sede fissa che sulle aree pubbliche, nonchè negli esercizi artigianali autorizzati alla vendita a mezzo di distributori automatici, dalle ore 22 alle ore 6 è fatto divieto di vendere bevande alcoliche di qualsiasi gradazione poste in bottiglie di vetro con capienza uguale o inferiore a 66 cl”. Un brutto colpo per quegli esercizi commerciali, presenti soprattutto sui viali del mare, che d’estate rimangono aperti fino a notte tarda. Un brutto colpo che, per le categorie, presenta vizi di legittimità. “Questa norma non è legittima - protesta il segretario di Confesercenti Mirco Pari - perchè limita la vendita di beni che sono liberamente fruibili. Se un certo prodotto si trova sugli scaffali, significa che è legittimamente vendibile, e non si capisce perchè debba essere sottoposto a limitazioni di tipo comunale. O si vieta completamente la vendita, oppure si tratta di una limitazione illegittima”. Un altro punto contestato è il metodo. “Vorrei capire chi, in Comune, ha il libero arbitrio di disporre della vita e della libera impresa dei pubblici esercizi e dei negozi. Chi, cioè, ha la facoltà di decidere cosa si vende e cosa no, e in quali orari. Se questa norma dovesse passare in consiglio comunale penso che la libertà d’impresa e la certezza del diritto in questo comune sarebbero in serio pericolo”. Una legittimità contestata anche da Stefano Venturini, presidente provinciale di Confcommercio e presidente regionale dei pubblici esercizi, secondo il quale “si tratta di regole che contrastano con la libertà d’impresa e di gestione. Il problema del vetro e dei cocci è prima di tutto culturale, di senso civico, e non si risolverà di certo con il divieto di tutto e ovunque. Il vuoto a rendere, che crea un interesse per il gestore a restituire le bottiglie, può essere un buon strumento”. “Una delle più grosse patacate degli ultimi tempi” è il commento che accomuna molti gestori di market. “È una patacata grossa - commentano dall’Azzurra Market - perchè la gente comprerà le lattine al posto del vetro, ma il problema del degrado rimane se vengono lasciate in giro. È che non sanno proprio come affrontare questi problemi e vietano sempre di più”. “È praticamente ingestibile e inapplicabile - fanno eco dal market Fratelli Berardi di Viserba - perchè mi devono spiegare come si fa a dire a una persona, soprattutto se straniero, che una cosa presente sugli scaffali non è in vendita. Cosa faccio, glielo strappo dalle mani?”.
Luigi Angelini .
IL MESSAGGERO (Civitavecchia)
Ladispoli
Botte a medico e carabinieri: presi 2 polacchi clandestini
di GIANNI PALMIERI
Prima hanno iniziato a litigare tra di loro, picchiandosi selvaggiamente. Poi hanno aggredito gli operatori del servizio 118 accorsi per medicarli. Infine si sono scagliati a calci e pugni contro i carabinieri. E’ finita con la denuncia per resistenza e lesioni a pubblico ufficiale e l’immediato decreto di espulsione la notte brava di 2 clandestini polacchi nei giardini comunali di via Ancona.
Il movimentato episodio è iniziato attorno alle 23,30 quando G.M. di 29 anni e B.P. di 23, sotto gli effetti di una abbondante bevuta di birra, hanno avuto un diverbio per futili motivi. Dalle parole alle vie di fatto il passo è stato breve, i polacchi se le sono date di santa ragione, rimanendo lividi e malconci sull’erba. Un abitante della zona, temendo il peggio, ha chiesto l’intervento dell’ambulanza del 118 per soccorrere i 2 feriti. Ma improvvisamente si è scatenato il parapiglia. Gli extracomunitari hanno spintonato e insultato il medico e gli infermieri rifiutando di farsi aiutare. All’arrivo di 2 pattuglie dei carabinieri G.M. e B.P. hanno definitivamente perduto il controllo, avventandosi contro le forze dell’ordine. Dopo una furiosa colluttazione sono stati bloccati e accompagnati in questura per l’avvio delle procedure di rimpatrio.
Per 3 carabinieri sono state necessarie le medicazioni al pronto soccorso, per loro 5 giorni di prognosi per i colpi ricevuti dai polacchi durante l’aggressione.
LA PROVINCIA DI CREMONA
Bergamasco in trasferta a Bagnolo fermato dai carabinieri
Denuncia per alcol
Venerdì, 21 Gennaio 2005
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