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Notizie brevi 30/11/2012

Fu investito e ucciso. La difesa: colpa sua
L’automobilista era ubriaco fradicio e correva. Ma per il consulente Dinon fu la vittima a provocare

(Nota ASAPS: Va a finire che i familiari del pedone ucciso saranno chiamati a pagare le spese del Suv dell'ubriaco!)

BOLZANO. La responsabilità del tragico investimento di un anno fa in via Rovigo (costato la vita al pensionato bolzanino Guglielmo Andriolo) non sarebbe da addebitare alla condotta incosciente dell’uomo che era alla guida del Suv investitore (completamente ubriaco) ma alle modalità di attraversamento della strada scelte dalla vittima. E’ quanto ha sostenuto ieri pomeriggio, alla ripresa del processo a carico del marocchino Hafid El Maharzi, il consulente tecnico della difesa. E’ stato l’ingegner Nicola Dinon, a cui si sono affidati gli avvocati difensori Nicola Nettis e Alberto Valenti, a depositare una dettagliata relazione tecnica, poi illustrata in aula. A conclusione dell’elaborato il professionista giunge a conclusioni shock. «Risulta evidente - si legge a pagina 48 della consulenza - che la causa tecnica e unica dell’incidente va ricercata nell’imprudente e soprattutto distratto attraversamento della carreggiata iniziato dall’anziano signor Guglielmo Andriolo che ha mancato di precedenza all’ ormai vicino e sicuramente avvistabile veicolo antagonista». Ieri pomeriggio, dunque, la vittima è finita addirittura sul banco degli imputati. Al punto che, con un intervento carico di ironia, ad un certo punto l’avvocato di parte civile Marco Mayr ha fatto presente che chiederà l’assoluzione di Gugliemo Andriolo dall’accusa di aver...danneggiato il Suv che lo ha ucciso. Ma l’ingegner Dinon non ha mutato le sue conclusioni: il pedone - ha scritto nella sua relazione tecnica - ha attraversato senza guardare, in un punto buio sprovvisto di passaggio pedonale.

 

La velocità. La lunga udienza di ieri davanti al giudice Walter Pelino è stata caratterizzata per tutta la giornata dalle divergenze delle consulenze tecniche sulla ricostruzione del tragico investimento. Sono due gli elementi che il giudice Pelino sembra ritenere fo ndamentali a livello processuale: la velocità con cui Hafid El Maharzi era alla guida del Suv quel tragico pomeriggio in via Rovigo e la evitabilità dell’investimento. Sono due elementi tecnici che si richiamano inevitabilmente al capo d’imputazione. Ricordiamo, infatti, che il marocchino che era alla guida del potente fuoristrada Mercedes è imputato di omicidio volontario per dolo eventuale. Per la Procura, dunque, non si sarebbe trattato di un tragico incidente quanto della condotta criminale di un uomo che si era messo alla guida dell’auto completamente ubriaco e che per sfuggire ad un controllo dei vigili urbani ha percorso via Rovigo ad una velocità scriteriata mettendo in conto anche la possibilità di investire ed uccidere qualcuno, accettando questo rischio. E’ qui, dunque, il cuore del processo.

 

Le perizie. Il dottor Antonio Pietrini (laureato in matematica e da 35 anni super esperto in ricostruzioni di incidenti stradali) non ha dubbi. Sulla base della forza d’urto del Suv (che sbandò sulla destra andando a schiantarsi dopo l’investimento contro quattro auto parcheggiate) e della ricostruzione legata alle immagini di otto telecamere di sicurezza, il Suv avrebbe avuto una velocità compresa tra i 75 e gli 80 chilometri orari, Praticamente il doppio del limite imposto su quella strada (40 chilometri orari). Il consulente della parte civile (l’ingegner Filippo Begani di Firenze) ha sposato in pieno queste conclusioni sottolineando poi che la condotta di guida del conducente del Suv sarebbe stata volontariamente priva di qualsiasi reazione perchè l’obbiettivo del conducente sarebbe stato quello di evitare di essere raggiunto dalla pattuglia della polizia urbana. Che non ci sia stato alcun tentativo di frenata o di sterzata lo dimostrano inequivocabilmente anche le immagini della tragedia. Ma anche questo dato viene letto dai consulenti in chiave diametralmente opposta: secondo il dottor Pietrini il conducente avrebbe notato la presenza del pedone ad una sessantina di metri ed avrebbe avuto il tempo di frenare. Secondo la difesa (che parla di velocità massima di 65 chilometri orari) l’imputato non avrebbe invece avuto neppure il tempo di tentare di evitare la tragedia. La sentenza è annunciata per il 3 dicembre.

 

da altoadige.gelocal.it

 

 


 

Venerdì, 30 Novembre 2012
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