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Rassegna stampa alcol e guida del 13 gennaio 2005

RASSEGNA STAMPA "ALCOL E GUIDA"

Note a cura di Alessandro Sbarbada
Servitore-insegnante in un Club degli Alcolisti in trattamento a Mantova.


da "EMILIANET.IT"
Guida in stato di ebrezza, uccide una donna in un incidente

La tragedia è avvenuta alle porte di Ferrara, l’uomo è stato denunciato per omicidio colposo
FERRARA, (12 gen. 2005) - Una donna di 32 anni, Eliana Turola, residente a Cassana di Ferrara, e’ morta in un incidente stradale avvenuto ieri sera alle porte di Ferrara con un auto guidata da un uomo di 41 anni.
Dagli accertamenti della polizia stradale l’uomo e’ risultato avere un livello di alcol di 1.49 nel sangue, mentre il livello consentito e’ 0.50. L’uomo e’ stato denunciato, come previsto dal codice, per guida in stato di ebbrezza e omicidio colposo.
L’ incidente e’ avvenuto alla prima periferia, poco distante dal luogo di residenza della donna, che lascia il marito e un figlio piccolo. Tornava a casa, in sella al suo scooter, quando sul rettilineo ha incrociato l’auto, una Ford Focus guidata dal 41enne di Ospitale Monacale, frazione di Argenta (Ferrara): lo scontro, frontale, e’ stato violentissimo e l’ha uccisa .

da "CORRIERE DELLA SERA" - (Cronaca di Roma)
La fine di un polacco all’Ardeatino. Vicino al corpo una bottiglia di vodka

Dormiva nel parco, muore di freddo e stenti
Aveva montato una tenda in un angolo del giardino. L’allarme lanciato da un giovane volontario che lo assisteva

Era riverso sul vecchio materasso che usava come letto di fortuna, appoggiato sull’erba ghiacciata. Accanto, una bottiglia di vodka ormai quasi vuota. Così ieri pomeriggio è stato trovato il corpo di un clochard polacco di circa 50 anni, morto qualche ora prima senza che nessuno potesse soccorrerlo. E’ successo nel parco pubblico in via Giulio Aristide Sartorio, all’Ardeatino, dove un giovane appartenente ad un’associazione di volontariato si è recato poco prima delle 17 proprio per sincerarsi delle condizioni di salute dello straniero, da tempo in precarie condizioni di salute, e lo ha invece trovato senza vita. Il cadavere del polacco era all’interno della tenda che lui stesso aveva montato da pochi giorni in una parte isolata del giardino, fra alberi e cespugli, dove nelle ultime notti la temperatura è scesa più volte sotto lo zero. E’ stato proprio il volontario a dare l’allarme, ma ormai per il polacco non c’era più nulla da fare. Sul posto sono intervenuti gli agenti del commissariato Tor Carbone che hanno transennato la zona mentre il medico-legale eseguiva l’esame esterno del corpo.
Secondo lo specialista il decesso sarebbe avvenuto per cause naturali, anche se per avere risposte definitive bisognerà attendere i risultati dell’autopsia prevista per domani all’istituto di medicina legale dell’università La Sapienza. Non viene comunque esclusa l’ipotesi che, oltre che dalle precarie condizioni fisiche dell’uomo, la morte del senzatetto possa essere stata provocata dal freddo intenso. In mattinata, come hanno riferito alla polizia altri emarginati che frequentano il parco, il polacco era stato notato barcollare intorno alla sua tenda con la bottiglia di vodka in pugno.
Quando è stato colto da malore, probabilmente tre-quattro ore prima del ritrovamento del cadavere, l’uomo era forse ubriaco. Con la morte del barbone all’Ardeatino salgono così a tre i decessi di senzatetto dall’inizio dell’anno. Gli ultimi due casi sono avvenuti la settimana scorsa al Casilino, dove è stato trovato carbonizzato il corpo di un romeno deceduto nell’incendio della sua baracca all’interno di un cantiere edile, e alla Giustiniana, dove un suo connazionale di 56 anni ha trovato una fine orribile in un cassonetto dei rifiuti. Proprio su questo episodio sono ancora in corso indagini dei carabinieri, che escludono l’ipotesi dell’omicidio.
Sempre da Capodanno, invece, sono decine le segnalazioni raccolte ogni notte dalle forze dell’ordine su persone senza fissa dimora in difficoltà a causa della temperatura rigida, degli stenti e dello stato d’abbandono.
E questa mattina alle 9 si terrà a Santa Maria in Trastevere il funerale di Leonardo Zizzari trovato morto pochi giorni fa su un marciapiede di via San Francesco a Ripa. Rinaldo Frignani .

da "L’UNIONE SARDA (Oristano)"
Corte d’Assise. Parla il farmacologo al processo sull’uccisione della guardia medica
«No, quella medicina non c’entra»
Nessun cocktail farmaco-alcol dietro il delitto di Solarussa

Al farmacologo Gianluigi Gessa bastano pochi minuti. Non usa giri di parole, traduce dal linguaggio scientifico: «L’analgesico Toradol non interferisce col metabolismo dell’alcol». In altre parole ancora, la somministrazione del farmaco non dà particolari effetti collaterali - niente di più rispetto a quelli dell’aspirina - nemmeno con la combinazione di bevande alcoliche. Proprio quello che accadde la notte fra il 2 e il 3 luglio 2003 nell’ambulatorio di guardia medica a Solarussa: la dottoressa Roberta Zedda somministrò il Toradol a un giovane che era andato a chiedere il suo aiuto per liberarsi di un fastidioso mal di denti. Subito dopo quel giovane, Mauro Zancudi - che dalle testimonianze aveva bevuto parecchio prima di recarsi in ambulatorio - percosse, seviziò e uccise la giovane dottoressa. Il farmacologo ha spiegato gli effetti del Toradol ieri mattina nell’aula della Corte d’Assise di Cagliari, su disposizione del presidente Alessandro Lener, nel processo appunto per l’omicidio del medico di Sanluri Roberta Zedda; sul banco degli imputati l’operaio di Solarussa Mauro Zancudi, 23 anni, che continua a non comparire in aula. E ieri il suo difensore, l’avvocato Elio Meloni, ha anche annunciato che Zancudi non si sottoporrà all’esame, così come chiesto dal pubblico ministero Luca Forteleoni. A questo punto, il dibattimento è giunto alle battute finali: ancora un’udienza, quella di venerdì, per sentire gli ultimi testimoni citati dall’accusa (sull’aspetto legato al problema della sicurezza delle guardie mediche). Poi si andrà al 25 gennaio per la discussione: la parola al sostituto procuratore Forteleoni; successivamente sarà la volta della parte civile (l’avvocato Donatella Pau), l’intervento dell’Ordine dei medici di Cagliari (con l’avvocato Natale Ditel) e infine la difesa (l’avvocato Elio Meloni). Intanto ieri è stato chiarito un aspetto sul quale accusa e difesa avevano dibattuto più volte, con scambi di vedute diverse: e cioè se la combinazione del Toradol con bevande alcoliche possa provocare effetti collaterali particolari. Per fare luce su questo è stato necessario l’intervento del farmacologo Gianluigi Gessa - docente universitario, uno dei maggiori specialisti europei - che ha fugato qualsiasi dubbio. «Si tratta di un analgesico e antipiretico, un po’ come l’aspirina, ma più forte. In un anno viene somministrato a 130 milioni di persone al mondo e in Italia a 6 milioni. Controindicazioni? Non ce ne sono in particolare, si dà perfino ai bambini. Nel bugiardino si parla di possibilità che insorgano emorragia o ulcera gastrica, ma solo se si dà più volte nell’arco di una giornata». Sono stati poi sentiti altri testimoni, molti dei giovani che la sera di quel 2 luglio si ritrovarono nella piazza Mariano IV a Solarussa, dove poi sopraggiunse l’imputato. E ancora alcuni medici che avevano prestato servizio a Solarussa: Marcella Onnis, Maria Teresa Ogno e Marco Tullio Rizzetto (sindaco di Uras) hanno confermato che era una sede tranquilla. In aula è comparsa anche Annalisa Fadda, la giovane che la notte del 3 luglio si era recata in guardia medica. «Ricordo che erano le 22: suonai il campanello ma non aprì nessun medico. Pensai fosse uscito per qualche visita a domicilio. Poi, rientrata a casa, sentii le sirene e seppi quanto era accaduto». Patrizia Mocci.
 da "LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO"
Aggrediti alcuni carabinieri
Avevano bloccato giovane ubriaco alla guida di un’auto
Se ne andava in giro con la macchina ubriaco fradicio, ma è stato scoperto e ammanettato dai carabinieri perchè non ha voluto sottoporsi alla prova dell’etilometro e - come se non bastasse - ha aggredito i militari dell’Arma. La «notte brava» di un giovane sampietrano, Sandro Calò di trentuno anni, è finita in cella. I carabinieri, impegnati in un posto di blocco, hanno bloccato la sua vettura per un controllo e - stando a quanto hanno riferito gli stessi militari dell’Arma - si sono accorti che il giovane era in evidente stato di ebbrezza. A quel punto, hanno invitato Calò a sottoporsi al controllo con l’etilometro ma il giovane - in tutta risposta - ha aggredito i carabinieri provocando anche delle ferite, tanto che due militari dell’Arma sono stati costretti a farsi medicare dopo aver comunque immobilizzato il sampietrano. La scorsa settimana, Sandro Calò era stato già arrestato per rissa sempre dai carabinieri.
da "L’ADIGE"
L’incidente mortale di via Brennero
"Sono salva per miracolo"
La fidanzata di Roberto Carotta sentita dal PM.
Non deve essere stata certo una testimonianza facile quella resa ieri da Alessandra Chiodi di fronte al pm Giuseppe De Benedetto, titolare dell´inchiesta sull´incidente che la notte di capodanno costò la vita a Marco Orazi e Roberto Carotta.
Alessandra Chiodi era la fidanzata di Carotta e quella notte era a pochi passi di distanza dall´uomo con cui presto si sarebbe sposata.
Nel momento dell´incidente la ragazza era a fianco della Punto di Orazi, mentre quest´ultimo e Carotta si erano appena postati davanti all´automezzo per valutare i danni.
Proprio in quell´istante arrivava l´Alfa 166 condotta da Mauro Perli che tamponava in pieno la Fiat Punto la quale carambolava investendo i due uomini.
La donna in quel momento era di fianco e solo questa circostanza le ha salvato la vita.
Se anche lei avesse fatto qualche passo per spostarsi frontalmente, con ogni probabilità ieri non avrebbe potuto deporre davanti al magistrato.
La sua testimonianza è risultata invece utile nel complesso lavoro per ricostruire la dinamica dell´incidente. Sul fronte delle indagini c´è anche da registrare l´incarico ad un consulente tecnico che dovrebbe essere conferito oggi dal pm De Benedetto.
da "GAZZETTA DEL SUD - ricerca del cnr"
Dalla salvia un rimedio contro l’alcolismo.
Pietro Surdani
ROMA – La salvia potrebbe rappresentare, in un prossimo futuro, la soluzione al problema dell’alcolismo. I risultati degli esperimenti condotti finora sui ratti sono, infatti, più che incoraggianti ed anche se è ancora troppo presto per cantare vittoria le premesse ci sono tutte e, nell’arco di pochi mesi, partirà la sperimentazione sull’uomo. A scoprire le ignote virtù anti-alcol di questa pianta, o meglio di una specie di origine cinese, sono stati i ricercatori dell’Istituto di neuroscienze del Consiglio nazionale delle ricerche (In-Cnr) di Cagliari, coordinati da Giancarlo Colombo. Le radici secche della Salvia Miltiorrhiza, questo il nome scientifico, sono infatti da tempo largamente usate nella medicina popolare cinese per curare alcune malattie del sangue, cardiopatie, epatiti, emorragie, disturbi mestruali, edema e insonnia. Ma la novità è che questa specie di salvia è risultata appunto efficace nel ridurre il consumo volontario di alcol nei ratti alcolisti di laboratorio, i cosiddetti Sardinian alcohol-preferring (sP), un ceppo geneticamente selezionato proprio per la sua propensione a bere. I ricercatori hanno trattato i ratti con estratti di salvia. Sorprendenti i risultati: la salvia ritardava l’acquisizione del comportamento consumatorio in ratti che non erano stati precedentemente esposti all’alcol, riduceva il consumo volontario di alcol in ratti che ne avevano raggiunto un consumo stabile e, infine, sopprimeva l’aumento del consumo di alcol dopo un periodo di deprivazione. Insomma, quanto basta per dare il via alla sperimentazione sull’uomo: «Entro pochi mesi – ha annunciato Colombo – e una volta effettuate le prove tossicologiche per verificare la sicurezza del preparato a base di estratti di questa specie di salvia». La sperimentazione sull’uomo, ha precisato il ricercatore, «sarà avviata con studi a doppio cieco su alcune decine di pazienti, per poi allargare il campione nelle fasi successive se i risultati, come crediamo, saranno soddisfacenti». Il team di esperti si dice comunque molto fiducioso: «I modelli animali utilizzati – ha spiegato Colombo – sono altamente validi e predittivi: riproducono infatti aspetti della patologia umana e, in passato, altri tipi di farmaci contro l’alcolismo sono risultati efficaci sull’uomo dopo esserlo stati, appunto, sui ratti bevitori (A)». Il problema però, ha aggiunto, è che «ad oggi, non ci sono ancora farmaci che risultino particolarmente efficaci nella terapia dell’alcolismo e i pochi esistenti uniscono ad una modesta efficacia anche numerosi effetti collaterali, a partire dalla creazione di nuove forme di dipendenza (B)». (*) Problemi che il nuovo prodotto a base di salvia potrebbe definitivamente risolvere, dal momento che sui ratti tale terapia non ha prodotto alcuna dipendenza né effetti collaterali di rilievo. Sui topi “bevitori”, insomma, il nuovo farmaco sembra essere sicuro.
(*) Affermazione A = gli esperimenti sui topi sono molto validi, già in passato hanno permesso di testare farmaci che sull’uomo si sono rivelati efficaci.
Affermazione B = per curare l’alcolismo non ci sono farmaci particolarmente efficaci, quelli che ci sono sono di efficacia modesta, e hanno un sacco di effetti collaterali, creano altre forme di dipendenza.

L’ARENA di Verona
Il giudice ha depositato le motivazioni della sentenza sul delitto di piazza Viviani

«Uccise perché non sapeva controllare l’aggressività»

La sua esistenza cambiò per sempre quindici anni fa quando rimase vittima di un grave incidente stradale. All’epoca aveva otto anni. Subì gravi danni neurologici e rimase in coma un mese. Quell’incidente divenne «uno spartiacque della sua vita» che lo portò nel tempo ad avere «una personalità gravemente disturbata» e culminò, nell’agosto dello scorso anno, con l’aggressione fatale a un connazionale in piazza Viviani. Quel giorno, Bouraada El Moustapha colpì al cuore Laynane Maa, 22 anni, al termine di un litigio. E lo scorso dicembre fu condannato dal giudice per l’udienza preliminare a dieci anni e due mesi di reclusione, che saranno in parte, a seconda delle sue condizioni, scontati in un ospedale psichiatrico giudiziario. All’imputato, difeso dall’avvocato Giampaolo Cazzola, è stata infatti riconosciuta la semi infermità mentale. Nelle motivazioni della sentenza, depositata nei giorni scorsi, il giudice ripercorre la travagliata esistenza del giovane, colpito da una forma di epilessia che spiegherebbe le «cadute a terra», i «comportamenti bizzarri», i «moti di aggressività», e le «fughe di casa» iniziate a dieci-dodici anni.
El Bouraada è stato affidato a un’istituzione «dove si cercava con riti religiosi di dare risposte alle situazioni non risolvibili con un approccio medico scientifico». Tutto ciò ha portato il ragazzo a «una vita condizionata da profonda asocialità». Non lavorava e per sopravvivere poteva contare «su una sorta di solidarietà islamica del villaggio» da parte degli amici che avevano «accettato» il suo stato «di malato nell’anima, chiave di lettura tipica della cultura islamica e di altre culture a forte matrice religiosa» per spiegare questo tipo di comportamenti. Otto anni fa El Bouraada ha perso il padre e si è trasferito in Italia, dove vivevano due sorelle. La sua vita non migliora: «lavora saltuariamente nei campi, vive in case abbandonate, fa uso sempre più massiccio di vino». Il giorno del delitto, specifica il giudice, il giovane era in grado di intendere, e «sapeva cosa voleva fare», spaventare il rivale «per dimostrare che non era lui il capo».
Tuttavia il «sistema psichico e l’apparato mentale fortemente deficitario» lo hanno condizionato: «temeva e al tempo stesso disprezzava» la vittima. In sostanza, come ha confermato il perito, «la coltellata mortale non può essere disgiunta dalla matrice patologica di un io debole» che gli ha impedito di elaborare «strategie alternative di confronto».
Perciò il giudice ha applicato la diminuente per la semi infermità. Considerato poi che El Bouraada necessità di farmaci e «accertamenti sofisticati al fine di verificare se e di quale tipo di epilessia soffra», nonché di «attività riabilitative», ha disposto il ricovero in un ospedale psichiatrico.

da "CORRIERE ADRIATICO"
“Il problema è di tutti Questi ragazzi violenti sono nostri figli”
“L’organico della polizia di Stato è adeguato salvo che per il numero eccessivo di ispettori
Per l’agente di quartiere aspettiamo altri uomini”
Mastrogiovanni annuncia l’invio nel weekend di una task force

“Più controlli alla Baia”
Il questore: “Ma non possiamo militarizzare la zona”.
Divise e manganelli contro bomber e bottiglie rotte. Le luci blu dei lampeggianti a fronteggiare quelle anonime di tanti scooter e auto. Baia Flaminia non sarà militarizzata ma, con un approccio garbato nelle parole, semplicemente monitorata.
Di fronte all’impennata delle violenze nel quartiere, che calamita i giovani per l’alto numero di locali notturni, la polizia di Stato passa all’azione. Il questore sta predisponendo un servizio speciale di sorveglianza per il weekend al fine di evitare che si ripetano quegli episodi recenti - aggressioni e atti di teppismo - che hanno suscitato un nuovo allarme, in particolare per quello scontro sanguinoso di sabato notte tra una quindicina di ragazzi, uno dei quali era stato sfregiato al volto con una bottiglia rotta.
“Manderò le pattuglie della polizia il venerdì sera e il sabato sera quando è maggiore l’affollamento dei giovani - afferma Giuseppe Mastrogiovanni -. E’ chiaro che se ci saremo noi certi episodi non si ripeteranno ma l’operazione servirà come monitoraggio. Controlleremo i locali, le licenze e ci renderemo conto della situazione”.
I commercianti chiedono la presenza costante di più agenti, il sindaco ha già risposto che il problema è di tutte le forze dell’ordine.
“Ho letto e ha ragione. Ma non possiamo militarizzare la zona, dire che è un Bronx è un’esagerazione perché simili episodi accadono anche in altre zone della città. E accadranno sempre. Poi se qualcuno si lamenta per la presenza di bottiglie rotte e siringhe abbandonate dico che quello è un problema di sporcizia, non possiamo criminalizzare certi giovani visto che il Parlamento ha scelto di non punire l’uso della droga”.
Ma a Baia Flaminia c’è la maggiore concentrazione serale di giovani quindi è più alto il rischio di una degenerazione del divertimento legata all’alcol e alle devianze.
“Per questo abbiamo deciso di controllare, ma la polizia non può risolvere da sola il problema. La responsabilità di fronte ai violenti e ai teppisti è di tutta la società, perché questi ragazzi non vengono da Marte, sono nostri figli, sono di Pesaro. Quando accade qualcosa non ci si può girare dall’altra parte e poi protestare”.
Il tabaccaio della zona ha già lanciato un appello contro l’omertà e ha anche sollecitato un’ordinanza contro l’uso del vetro nella somministrazione delle bevande nei locali. Può essere utile?
“Il primo è un segnale incoraggiante mentre il divieto per il vetro sarebbe efficace. E’ la stessa misura che adottiamo negli stadi per prevenire le violenze. Se al gestore di un bar sarà vietato servire la birra nella bottiglia, starà attento affinché il bicchiere, se è di vetro, non venga portato fuori del locale”.
Il sindaco Ceriscioli, intervenendo sul tema della sicurezza, ha ribadito la sua richiesta al ministro dell’Interno per un potenziamento degli organici di polizia. Sono insufficienti?
“L’organico della Questura di Pesaro e Urbino non è insufficiente in assoluto. E’ inadeguato in relazione alle qualifiche, perché ci sono troppi ispettori. L’ispettore è un caposervizio, non lo posso mandare in pattuglia perché comanderebbe se stesso. Se avessi a disposizione un certo numero di agenti, assistenti e anche sovrintendenti, invece di altrettanti ispettori, potrei organizzare servizi più capillari sul territorio”.
Da oltre un anno è prevista l’estensione a Baia Flaminia del servizio del poliziotto di quartiere, già attivato a Pantano, in centro, a Muraglia e a Montegranaro. Quando sarà operativo?
“La richiesta l’abbiamo inoltrata a Roma. Aspettiamo la decisione del governo, per predisporre questo servizio abbiamo bisogno di altri uomini”.
LORENZO FURLANI .
IL MESSAGGERO (Ostia)
ARRESTATI 4 ROMENI

“Pagano” i panini con botte e minacce

Avevano consumato panini e birra e quando il proprietario, connazionale del quartetto, ha preteso di essere pagato, ha ricevuto come compenso calci e pugni, costatigli trenta giorni di prognosi.
Vittima dell’inaudita violenza è un rumeno di 40 anni che, onestamente, conduce con al moglie un camion-bar sul lungomare Amerigo Vespucci. Intorno alla mezzanotte di lunedì un quartetto di connazionali si è avvicinato al punto ristoro e ha consumato libagioni in abbondanza. Alla richiesta di essere pagato, il negoziante non solo ha ricevuto un secco no ma anche botte e minacce.
Sotto gli occhi della moglie quei quattro hanno pestato il ristoratore ferendolo al capo e ad una spalla. «Ora violentiamo pure la tua donna e quando abbiamo finito diamo fuoco a tutta la baracca» gli avrebbero pure urlato i quattro durante il folle assalto.
Un passante ha notato il pestaggio e ha chiamato il 112. Sul posto si è precipitata la gazzella del Nucleo Radiomobile, che ha tratto in arresto i quattro aggressori. Si tratta dei fratelli Moneanu Sandu, di 34 anni, e Florin Claudio di 24, di Costantin Cezarica Aursulesei di 34 anni e Virgil Joan Calin di 26, tutti con precedente penali e senza permesso di soggiorno. Dovranno rispondere dell’accusa di estorsione e lesioni.
G.Man.

da "YAHOO FINANZA"
Vino: Sicilia, Giro d’Affari Valutato In 500 Mln Di Euro
Di (Rre/Rs/Adnkronos)

Palermo, 12 gen. (Adnkronos) - Con un volume di affari di circa 500 milioni di euro, il vino siciliano si conferma il fiore all’occhiello del settore agroalimentare dell’Isola. Il dato e’ emerso nel corso di una tavola rotonda, all’Universita’ di Palermo, organizzata dall’Enoteca Italiana (Siena), dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali e dalla Regione siciliana.La realta’ produttiva, in Sicilia, e’ costituita da 271 imprese vitivinicole, 207 cantine private e 64 cantine sociali.
da "IL MESSAGGERO (Pesaro)"
Maxi zuffa in piazza tra moglie e marito
URBINO Zuffa tra moglie e marito, ieri intorno alle 18.30, in piazza Garibaldi a Urbino. La coppia, che si sta separando ed è nota per vicende simili (mesi fa lui le aveva portato via il figlio, lei l’aveva inseguito e tamponato con la macchina) stava passeggiando con il bimbo. Un cagnolino, portato al guinzaglio da una passante, ha cominciato ad abbaiare contro di loro. Lui, che tra l’altro era piuttosto alticcio, ha inveito contro la proprietaria, la moglie ha cercato di calmarlo. Risultato: l’uomo ha mollato tre schiaffoni alla moglie che si è difesa graffiandogli il volto. Sul posto sono arrivati i carabinieri e un’ambulanza dei vigili del fuoco ha trasportato la donna al Pronto soccorso. Nessuna denuncia per ora, dal momento che le lesioni non sono gravi: sarà la moglie a decidere se sporgere o meno querela.
da "CORRIERE ADRIATICO"
«Aggredisce l’ex moglie
Ieri in centro: era presente anche il figlio in tenera età».

URBINO - In stato di evidente ubriachezza, come hanno constatato i carabinieri della Compagnia ducale, prontamente intervenuti sul posto, ha aggredito la moglie dalla quale si è separato la scorsa estate.
E’ accaduto nel tardo pomeriggio di ieri nel centrale corso Garibaldi, nel cuore del centro storico della città ducale, dove l’uomo, un personaggio molto conosciuto in Urbino, anche per il lavoro di responsabilità che ricopre, ha incontrato, non si sa se per caso o intenzionalmente, la giovane moglie dalla quale, appunto, è separato.
Una lunga e penosa vicenda, anche perché la coppia ha un bambino in tenera età. E a rendere ancor più penoso quanto accaduto ieri pomeriggio, il fatto che la donna stava camminando proprio in compagnia del figlio.
Fatto sta che l’uomo ha avvicinato la donna e fuori di sè l’ha aggredita, arrivando a colpirla.
Qualcuno, notando quanto stava accadendo, ha dato l’allarme. Sul posto è arrivata velocemente una pattuglia del nucleo radiomobile dei carabinieri. L’uomo è stato identificato. Potrebbe essere denunciato per ubriachezza, ma per le eventuali lesioni spetta alla donna procedere con querela di parte. Lei è stata trasportata al pronto soccorso dell’ospedale civile “Fraternità di Santa Maria della Misericordia”, dove i medici l’hanno sottoposta a tutti gli accertamenti del caso e firmato il referto con i giorni di guarigione necessari per guarire dalle lesioni subite nell’aggressione.
Più difficile guarire dalle lesioni del cuore, soprattutto vedendo il padre del proprio figlio ubriaco e scatenato.
Un’aggressione che ha lasciato sgomenti i presenti, come pure i familiari della donna e i tanti amici che vorrebbero aiutarla. Una situazione particolarmente penosa che si spera abbia raggiunto l’apice ieri sera e non abbia più a ripetersi in futuro. Insomma, che qualcuno intervenga ponendo fine alle difficoltà della donna e del bambino.

da "LA REPUBBLICA.IT"
Un pilota donna è stato sospeso da una compagnia inglese
Avrebbe guidato il volo Berlino-Basilea con 120 passeggeri
Al comando dell’aereo dopo un bicchiere di troppo
Il test svela un tasso alcolico superiore ai limiti di legge

LONDRA - Una donna pilota della compagnia aerea ’low cost’ EasyJet è stato sospeso dopo che un test avrebbe rivelato un’alta percentuale di alcol nel suo organismo. La donna stava per mettersi ai comandi di un aereo che andava da Berlino a Basilea con 120 persone a bordo.
Lo ha comunicato la compagnia britannica affermando che in nove anni di attività "non è mai capitato un incidente del genere". "Se le accuse verranno provate dall’inchiesta, EasyJet sarebbe estremamente delusa e amareggiata", afferma ancora la dichiarazione.
L’8 gennaio scorso, due agenti della sicurezza hanno fermato la pilota - il cui nome non viene divulgato - mentre stava per salire sull’aereo.
Le regole internazionali dell’aviazione civile stabiliscono che un pilota non debba toccare alcol nelle 8 ore prima di mettersi alla guida di un velivolo. La EasyJet ha detto che le sue regole sono ancora più rigide, con il limite fissato a 10 ore prima del volo.

da "TGCOM"
Alcolici 24 su 24: sì di Blair
Gb, gli abusi saranno puniti severamente
Parlando davanti alla Camera dei Comuni il premier inglese Tony Blair ha detto sì alla proposta di estendere a 24 ore al giorno la vendita di alcolici. In cambio ha assicurato la massima severità contro chi abuserà della nuova libertà. Blair ha sottolineato il fatto che anche gli altri paesi europei prevedono la possibilità di acquistare alcolici 24 su 24 e che la Gran Bretagna dovrebbe "avere la stessa flessibilità delle altre nazioni".

Secondo il primo ministro inglese, infatti, non sarebbe giusto negare alla maggioranza della popolazione britannica il diritto di bere anche di notte a causa di pochi ubriachi violenti che potrebbero causare degli incidenti.
Il giudizio favorevole del premier alla proposta arriva dopo che, nelle ultime settimane, c’erano state alcune polemiche da parte di chi si opponeva all’estensione degli orari di chiusura dei pub, ora fissato alle 23. Alcuni inglesi temono, infatti, che la decisione del governo possa portare ad un aumento della violenza provocata dall’alcol.

da "L’UNIONE SARDA"
Arzana
Nei bar non si fuma da un anno.
Il divieto che da lunedì sta rendendo dura la giornata del fumatore (sigarette vietate in locali pubblici, uffici e luoghi di lavoro) ad Arzana non è una novità. Nei bar e nei ristoranti del paese non si fuma già da un anno e anche i tabagisti accaniti si sono rassegnati senza fare storie. I clienti avevano accettato di buon grado la scelta assunta (in autogestione) dai baristi. E già all’epoca ci fu un’autentica valanga di consensi pur tra qualche, inevitabile, malumore. L’esperimento, nel complesso, ha funzionato. E i divieti entrati in vigore (stavolta per legge) da due giorni, ad Arzana non hanno colto impreparato nessuno. In un paese dalla riconosciuta vocazione salutista (storicamente Arzana è immune dalla piaga dell’alcolismo) sono già abituati a non fumare più fra una pizza e un caffè, un aperitivo e un succo di frutta. Nel resto dell’Ogliastra si dovrà fare il callo al divieto. Ma per ora i comandi del Consorzio di polizia municipale non segnalano infrazioni. Maria Franca Campus.

L’UNIONE SARDA
Ha sparato agli agenti Marine si fa uccidere per non tornare al fronte

Los Angeles Un giovane marine americano è stato ucciso in una sparatoria in California e secondo la polizia si è fatto uccidere pur di non ripartire per il fronte in Iraq. «È stata un’imboscata premeditata. Suicidio per mano di poliziotto», ha detto il capo della polizia di Ceres Art de Werk dopo la sparatoria di domenica scorsa durante la quale hanno perso la vita il Marine di 19 anni Andres Raya e un poliziotto. Reya aveva servito per sette mesi in Iraq. Era preoccupato per la possibilità di dover tornare in combattimento, ha detto de Werk. «Aveva combattuto a Falluja. Dopo il ritorno dal fronte era un uomo cambiato. Non voleva essere rispedito a combattere», ha detto la madre Julia. Tutto è cominciato domenica notte quando Raya, dopo avere dato segni di stranezza in un negozio di alcolici, ha aperto il fuoco contro due poliziotti, Howard Stevenson e Sam Ryno, uccidendone uno e ferendo gravemente l’altro. Il Marine era sfuggito alla cattura e tre ore dopo aveva impegnato la polizia in un altro scontro a fuoco ma ci aveva lasciato la pelle. (*)
 
(*) Nota: "segni di stranezza"?
Ma come, mi mandano in un posto, mi dicono di sparare, io sparo e tutti mi dicono "bravo".
Vado in un altro posto, mi comporto nello stesso identico modo, e invece di dirmi "bravo" cercano di catturarmi e mi sparano addosso!
Sono loro che sono strani.
IL SECOLO XIX
Chiavari, una taglia per salvare il cane maltrattato dal clochard
Anche la comunità dei senza tetto si mobilita per rintracciare il vagabondo che è stato segnalato negli ultimi giorni a Genova
Chiavari Sul piatto ci sono alcune banconote da 100 euro. Una "taglia", un’offerta di premio per una operazione di salvataggio. Il salvataggio di Toksic, il cane fantasia dal manto nero di proprietà di un clochard chiamato "Guitar", fra i 37 e i 38 anni di origine tedesca. Nella notte di San Silvestro, in piazza Mazzini a Chiavari, "Guitar" in preda all’alcol avrebbe violentemente picchiato con numerosi pugni al capo la bestiola, fino a farla vomitare. Una violenza gratuita, e non sarebbe la prima. Una violenza condivisa dall’altro animaletto del vagabondo, un coniglio marrone che sarebbe trasportato da "Guitar" con il guinzaglio legato allo zaino blu come un impiccato.
Patrizia Zalocco, cantante della band di Sandro Giacobbe che quella sera si esibiva nella grande festa di Capodanno organizzata dal Comune di Chiavari, è rimasta scossa. Il mattino seguente ha sporto denuncia ai carabinieri. Da allora è iniziata la ricerca del clochard: molti animalisti si sono attivati, anche su internet, per trovare il vagabondo e sequestrare gli animali al fine di prevenire altre brutalità. Hanno deciso di autotassarsi, per fornire un premio a chi fattivamente contribuirà al salvataggio di Toksic e del coniglietto. La "taglia" cresce di giorno in giorno: ancora ieri uno studio estetico di Sestri Levante ha offerto 50 euro.
Adesso anche la comunità dei senza tetto di Chiavari si attiva. "Guitar" si trova spesso a Chiavari, ma negli ultimi giorni è stato segnalato a Genova, fra Brignole e via XX Settembre. «Oggi andremo a Genova a cercarlo - afferma J. R., 28 anni, senza fissa dimora - Non per la taglia, ma perché non tolleriamo venga fatto del male agli animali. Il mio rammarico è che già una volta gli avevo tolto il cane, perché prima di Natale avevo visto che lo scalciava. Poi però gliel’ho restituito».
Alla volta del capoluogo si metteranno in marcia cinque clochard. Perché fra loro vige un rigido codice di disciplina, che non tollera i maltrattamenti agli animali. «Toksic è un cane dolcissimo, non aggressivo», aggiunge M. M., clochard di 39 anni, che prenderà parte all’operazione di salvataggio. Loro sanno dove trovare "Guitar": sanno che è solito girare con un berretto di lana, che non parla bene italiano e utilizza un po’ di francese. Spesso si accompagna con un altro tedesco che possiede due piccoli cani marroni ma li tratta con cura. Così anticiperanno Costantino Mazza, sestrese di 40 anni, che aveva in agenda un programma analogo per domani.
«Speravamo che anche i clochard si attivassero - assicura la promotrice della sottoscrizione per sequestrare gli animali a "Guitar" - Ma non può bastare la parola: devono portare il cane e il coniglietto affinché ci si possa sincerare delle loro condizioni di salute». «Non preoccupatevi - replica J. R. - Li prenderemo. E li porteremo, li faremo fotografare. Non navighiamo nell’oro, ma i soldi della taglia li devolveremo all’Enpa perché non si ripetano violenze sugli animali».
L’Enpa di Genova ha da parte sua fatto pressione sull’Asl 4 Chiavarese affinché il sindaco di Chiavari emani un ordine di sequestro amministrativo degli animali. Perché utilizzi la polizia municipale per sequestrarli e permettere ai veterinari di effettuare gli opportuni controlli.
Il comitato che spontaneamente si è formato autotassandosi per salvaguardare Toksic e il coniglietto intende anche promuovere una petizione per sensibilizzare i sindaci a emettere ordinanze, sull’esempio di grandi città quali Roma, Firenze e Bologna, per vietare l’accattonaggio con animali. E Toksic? «Sono disposto a tenerlo io - assicura J. R. - Ho già un cane, e dove mangia uno mangiano due. Da quando è iniziata questa storia molti mi guardano male: il mio cane ha un problema all’occhio, quando era piccolo gli è uscita la ghiandola lacrimale perché era entrata una spiga. Temono che anche io lo maltratti, invece non sanno quanto non sia vero».  
Giuliano Gnecco
IL SECOLO XIX
Il perito inchioda Scalise
L’assassino di Renato Rinino agì sotto l’effetto della droga. Il procuratore: «Un particolare che può solo limitare la condanna»
«Quando uccise l’amico era in grado di intendere e volere»
Agostino "Yuri" Scalise è perfettamente capace di intendere e di volere, ma la mattina del 12 ottobre del 2003, quando uccise per gelosia con un colpo di pistola alla tempia l’amico d’infanzia Renato Rinino, il pizzaiolo savonese agì sotto l’effetto di un micidiale mix di cocaina, hascisc e sostanze alcoliche.
Sono queste le conclusioni a cui è giunto il dottor Paolo Bianchi, professionista milanese specializzato in psichiatria forense incaricato il 19 ottobre scorso dal giudice per l’udienza preliminare del tribunale di Savona, Caterina Fiumanò, di effettuare una perizia psichiatrica sull’autore del delitto. Perizia che ieri mattina è giunta a palazzo di giustizia. «Anche se avvalora alcune dichiarazioni rilasciate dallo stesso Scalise - sottolinea il procuratore capo della Repubblica, Vincenzo Scolastico - la perizia effettuata dal dottor Bianchi è certamente favorevole all’accusa. Pur riconoscendo che Scalise soffre di disturbi della personalità, lo psichiatra incaricato dal tribunale di effettuare la perizia conclude infatti dicendo che l’imputato è perfettamente in grado di intendere e di volere. E il fatto che quella mattina in cui uccise Renato Rinino e ferì il fratello Paolo era fuori di sè per l’assunzione di sostanze stupefacenti, per l’esattezza cocaina e hascisc, e di sostanze alcoliche non ha nessuna importanza ai fini processuali. Agostino "Yuri" Scalise potrà quindi esser processato normalmente. Il fatto che abbia agito sutto i fumi del cocktail di sostanze stupefacenti e bevande alcoliche potrà al massimo rappresentare una attenuante nel computo della pena. Niente di più».
Nel momento in cui uccise l’Arsenio Lupin savonese, Scalise era dunque conscio di quello che stava facendo? «Certamente ha agito spinto dalla gelosia e dal suo stato dovuto all’assunzione di droghe e alcol - risponde il procuratore Scolastico - ma le fasi della fuga prima a Desenzano del Garda e poi sino in Portogallo, da dove avrebbe dovuto prendere un aereo per il Brasile, dimostrano che Scalise era comunque in grado di intendere e di volere. Se si fosse trovato in condizioni psichiche diverse non sarebbe riuscito a fuggire così come invece ha fatto».
Sempre secondo quanto contenuto nella perizia psichiatrica effettuata dal dottor Paolo Bianchi, il pizzaiolo savonese, che ora ha 32 anni, sarebbe attualmente afflitto da uno "stato ansioso depressivo di modesta entità", mentre lo stesso psichiatra non si è espresso sulla sua eventuale pericolosità. «Non lo ha fatto - spiega ancora Vincenzo Scolastico - perchè Scalise è stato riconosciuto capace di intendere e di volere, privo cioè di una qualsiasi patologia psichiatrica. Ripeto, soltanto nel computo della pena varrà come attenuante il fatto che abbia agito sotto l’effetto di sostanze stupefacenti e bevande alcoliche».
La prossima udienza del processo ad Agostino "Yuri" Scalise è fissata per martedì 25 gennaio, al quinto piano del palazzo di giustizia. In quella occasione il gup Fiumanò ascolterà la deposizione della moglie di Scalise, Barbara, chiederà ulteriori informazioni al dottor Bianchi e poi dovrebbe emettere l’attesa sentenza.
Gianluigi Cancelli.
L’UNIONE SARDA
Condannato
Iglesias - Guidava ubriaco: ammenda di 600 euro
Un’ammenda di 600 euro e la sospensione della patente per un mese: questa la condanna inflitta ieri mattina dal giudice del tribunale monocratico di Iglesias a P.F., 42 anni, processato per guida in stato di ebbrezza. L’uomo era stato fermato per un normale controllo dai carabinieri nel settembre del 2000 ed era stato sottoposto agli accertamenti per individuare la presenza di alcol nel sangue. Accertamenti con un esito positivo. Da qui l’accusa di guida in stato di ebbrezza e, ieri mattina, la condanna. P.F., invece, è stato assolto dall’accusa di minacce nei confronti dei militari. A suo carico, infatti, pendeva anche l’accusa di avere rivolto ai carabinieri frasi minacciose, nonché aver colpito uno di loro provocandogli lesioni lievi. Per questo capo di imputazione, invece, il giudice ha dichiarato di non doversi procedere in quanto il carabiniere, dopo il fatto, non aveva presentato una querela. Essendo lesioni lievi, infatti, non poteva scattare la procedibilità d’ufficio.
CORRIERE ADRIATICO
Le storie dei senza fissa dimora tra incubo, disgrazia e una dignità particolare
“Non voglio morire sulla strada”
Si diventa clochard quando si è perso tutto. Il lavoro, la casa, gli affetti. Talvolta la stessa dignità. Attardati in una società che non ammette ritardi. Per via di un problema psichiatrico, per la tossicodipendenza, per l’alcool. Oppure perchè stranieri e traditi da un miraggio che svanisce sui freddi binari di una stazione. Basta poco per ritrovarsi catapultati fuori dal sistema, a vagabondare su quella stretta linea di confine che separa la "rispettabilità" dall’emarginazione, ormai affollatissima, anche nella nostra città.
Circa 50 i senza fissa dimora dorici a detta dell’assessorato ai servizi sociali, almeno il doppio stando alle stime dei volontari che ogni giorno operano al servizio degli "invisibili", come li ha definiti la trasmissione di una rete Mediaset che ha contribuito a portarne il problema e le storie alla ribalta. Di certo, un quadretto di tutto rispetto nella collezione degli ultimi, colpevolmente sconosciuto in tempi in cui tutto corre veloce.
"Si tratta di una realtà in forte incremento - spiega Marco Curzi, presidente dell’associazione Fratellanza Universale che da mesi si occupa di portare conforto alla clochardopoli cittadina - i punti in cui maggiore è la concentrazione sono piazza Pertini, piazza Stamira, la stazione marittima e quella ferroviaria". A piazza Rosselli la ronda della speranza della neo associazione inizia alle 21,15. Obbiettivo portare coperte, cibo e ascolto a coloro che si rifugiano nella sala d’aspetto della stazione o nei gabbiotti dislocati sulle banchine. Un avamposto della solidarietà a beneficio della Ancona migrante, emarginata, dimenticata.
Il caso più emblematico di queste persone ci riguarda da vicino. Perchè il destino che non fa sconti è ad Ancona come in Romania, molto più vicino di quanto non si pensi. Francesco è di Collemarino, ha solo 27 anni, di cui 5 passati per strada. Alle spalle una storia difficile, fatta di incomprensioni con i genitori, lavori saltuari, frequenti liti con i datori di lavoro. Quindi la decisione di lasciar perdere tutto e vivere per strada, con un unico appiglio cui aggrapparsi disperatamente: "Avevo una ragazza - spiega - le ho promesso che appena avrei trovato un lavoro l’avrei richiamata. Cerco di riuscirci, ma non è affatto semplice. Resto qui con altri amici. Dormiamo in sala d’aspetto, oppure ci rifugiamo dentro qualche treno che staziona sul binario per tutta la notte".
Tra i compagni di scompartimento c’è anche Massimo, sardo, di appena 23 anni: "Sono venuto qui nel 2000 - racconta - appena terminato il militare a Taranto, nel Battaglione San Marco. Mi ero trasferito a Civitanova Marche, dove avevo trovato un posto come commesso ed un monolocale in affitto. Ma è durata poco. Ora spero di trovarmi presto un nuovo lavoro, non voglio fare il vagabondo a vita".
Altre volte tale timore si è già trasformato in realtà. Come nel caso di Antonio Bianchi, filottranese, classe 1924. Negli occhi azzurri il ricordo della seconda guerra mondiale, combattuta come volontario nella Marina Militare. Nel presente solo una cartella clinica zeppa di patologie. E nessun posto dove andare: "Oggi non ho neppure la camicia per cambiarmi - afferma - dovrei vivere in una casa o quanto meno in una casa di riposo, ma prendo una pensione da fame. Come faccio? Questo paese mi ha deluso. Se tutto il cielo fosse carta e tutto il mare fosse inchiostro non basterebbero a descriverne la pochezza. Ho servito l’Italia e non voglio morire in mezzo ad una strada".
Per altri quella di vivere ai margini è una scelta. Spesso dettata da vicende personali anche drammatiche.
Per Domenico Bruno, 38enne di Castellana Grotte, è stato un’incidente in moto. In stazione è conosciuto come Montalbano, per la somiglianza con il commissario televisivo. Ma la sua filosofia di vita non accetta restrizioni: "Non voglio più lavorare - dice - ho una pensione di invalidità che mi permette di vivere serenamente. E voglio farlo qui, ad Ancona, dove ho tanti amici e sono sempre stato bene".
Per una famiglia che vive di un solo esiguo stipendio, invece, a volte basta solo un’imprevisto: la malattia del capofamiglia, la perdita del lavoro. Magari il vizio del gioco o qualche prestito da un usuraio. Poi il copione è troppo spesso drammaticamente identico e difficilmente se ne viene fuori come prima. "Ho lavorato per 34 anni proprio qui al bar della stazione - racconta Paolo Coppari, che ora orbita con la propria consorte attorno ai luoghi dove un tempo svolgeva servizio - sono stato licenziato a soli 19 mesi dalla pensione. Poi è giunto lo sfratto dal nostro appartamento di Marzocca. Abbiamo resistito per qualche tempo dormendo in macchina dinanzi la raffineria Api di Falconara, poi ad Ancona, sulle panchine di piazza Cavour. Oggi restiamo qui in stazione e ogni tanto in albergo per far riposare le gambe di mia moglie. Avevamo ricevuto anche una nuova abitazione, ma lei ha alcuni problemi psichiatrici e non vuole più spostarsi. Non so come fare, voglio uscire da questa situazione. Ma voglio farlo assieme a lei".
Per vivere per strada bisogna aver perso tutto. Il lavoro, la casa, gli affetti. La speranza nel futuro. Talvolta, ma non sempre, la stessa dignità.
GILBERTO MASTROMATTEO .

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Giovedì, 13 Gennaio 2005
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