Obbligo di prudenza del conducente - pericolo determinato dalla condotta altrui - fiducia, mal riposta, nel fatto che altri si attengano alle prescrizioni del legislatore - costituisce condotta negligente
(Omissis)
RITENUTO IN FATTO
omissis ricorre avverso la sentenza di cui in epigrafe che, confermando quella di primo grado, lo ha riconosciuto colpevole del reato di omicidio colposo conseguente ad un incidente stradale verificatosi mentre era alla guida di un motociclo.
L'addebito era ritenuto ravvisandosi profili di colpa specifica e profili di colpa generica: il prevenuto, pur viaggiando alla guida del mezzo in ora notturna e in centro urbano, in presenza di intersezioni di strade, aveva tenuto una velocità non adeguata allo stato dei luoghi (trattavasi di velocità di circa 100 Km/h, doppia rispetto ai limiti consentiti), e, pur avendo apprezzato, a distanza di circa 50 metri dal luogo dell'impatto che la conducente di altro motoveicolo (la vittima) era intenta a completare la manovra di svolta a sinistra, per accedere alla propria abitazione, non era riuscito ad evitare la collisione, nonostante procedesse ad una immediata azione di frenatura (sul posto era stata localizzata una traccia di frenata della lunghezza di 28 mt) ed azionasse il segnalatore acustico.
Viene articolato un unico motivo con cui si deduce la manifesta illogicità della motivazione.
Si sostiene che il giudice di appello, aderendo pedissequamente alla sentenza di primo grado, non avrebbe considerato la condotta colposa della vittima che, senza casco e a fari spenti, si era immessa improvvisamente nella carreggiata opposta. In questo contesto la sola velocità del motociclo condotto dall'imputato non poteva essere considerata causa determinante dell'incidente, sussistendo la possibilità che il sinistro si sarebbe comunque verificato proprio a causa della condotta di guida della vittima.
Si conclude affermando la carenza motivazionale anche sotto il profilo del nesso causale: dalle dichiarazioni dei testi emergeva che l'imputato aveva posto in essere un comportamento idoneo a prevenire un eventuale rischio d'incidente.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato, risolvendosi in una censura di merito afferente la valutazione dei mezzi di prova che sfugge al sindacato di legittimità, in quanto la motivazione in proposito fornita dal giudice di merito appare logica e congruamente articolata.
Va in proposito ricordato che, per assunto pacifico, la ricostruzione di un incidente stradale nella sua dinamica e nella sua eziologia - valutazione delle condotte dei singoli utenti della strada coinvolti, accertamento delle relative responsabilità, determinazione dell'efficienza causale di ciascuna colpa concorrente- è rimessa al giudice di merito ed integra una serie di apprezzamenti di fatto che sono sottratti al sindacato di legittimità se sorretti da adeguata motivazione (ex pluribus, Sez. IV 10 febbraio 2009, P.).
Il giudice dell'appello, all'esito della valutazione degli elementi acquisiti, ha ritenuto di confermare le conclusioni del giudice di primo grado, che aveva attribuito rilievo determinante nella determinazione causale dell'evento alle macroscopiche ed imprevedibili infrazioni al codice della strada poste in essere dal ricorrente, sotto il profilo del rispetto dei limiti di velocità e dell'adeguamento della velocità alle condizioni di luogo.
Il giudizio espresso sul punto, conforme alle risultanze dell'istruttoria svolta, attiene al merito dei fatti e non è sindacabile in sede di legittimità perchè frutto di un apprezzamento delle emergenze processuali, in ordine alla condotta del ricorrente, ai profili di colpa in essa ravvisati ed alla loro incidenza sotto il profilo causale, del quale è stata data congrua e coerente giustificazione.
La sentenza impugnata, infatti, ricostruisce con motivazione corretta le modalità dell'incidente stradale in termini coerenti con gli addebiti di colpa specifica e generica formulati nei confronti del ricorrente. E ciò fa, attraverso la disamina dei dati obiettivi ricavati dai rilievi dell'incidente stradale (la velocità di marcia del motoveicolo condotto dal omissis - doppia rispetto a quella consentita-, la lunghezza della traccia di frenata del predetto mezzo, le condizioni di tempo e di luogo, nelle quali avvenne l'impatto tra i mezzi), e richiamando anche gli esiti della consulenza di ufficio (secondo la quale, se il omissis avesse proceduto a 50 Km all'ora poteva ragionevolmemente ritenersi che egli avrebbe potuto evitare la collisione).
I giudici dell'appello escludono, pertanto, coerentemente al materiale probatorio e logicamente, la rilevanza causale nel determinismo del sinistro della condotta dalla vittima, sottolineandone, comunque, l'irrilevanza ai fini della esclusione del nesso causale tra la condotta colposa dell'imputato ed il sinistro.
In questa prospettiva, la diversa ricostruzione della dinamica del sinistro, sostenuta in ricorso, non può certo trovare accoglimento nel presente giudizio, non competendo al giudice di legittimità la rinnovazione della valutazione degli elementi di prova, quando la spiegazione offerta dal giudice del merito è logica e comunque esauriente.
Va a tal ultimo riguardo pertinentemente osservato, che, secondo principio pacifico cui il giudicante si è sostanzialmente attenuto, poichè le norme sulla circolazione stradale impongono severi doveri di prudenza e diligenza proprio per fare fronte a situazioni di pericolo, anche quando siano determinate da altrui comportamenti irresponsabili, la fiducia di un conducente nel fatto che altri si attengano alle prescrizioni del legislatore, se mal riposta, costituisce di per sè condotta negligente.
Ciò vale in particolare, ai fini che interessano, proprio con riferimento alle disposizioni del codice della strada di cui all'art. 140 (gli utenti della strada devono comportarsi in modo da non costituire pericolo o intralcio per la circolazione stradale ed in modo che sia in ogni caso salvaguardata la sicurezza stradale) e art. 141 (obbligo di adeguare la velocità alle concrete condizioni della circolazione e obbligo di conservare sempre il controllo del veicolo), che dimostrano che la misura della diligenza che si pretende nel campo della circolazione dei veicoli è massima, richiedendosi a ciascun utente, al fine di controbilanciare l'intrinseca pericolosità della specifica attività considerata, una condotta di guida di assoluta prudenza della quale fa parte anche l'obbligo di preoccuparsi delle possibili irregolarità di comportamento di terze persone. Da ciò conseguendo che il principio dell'affidamento, nello specifico campo della circolazione stradale, trova un opportuno temperamento nell'opposto principio secondo cui l'utente della strada è responsabile anche del comportamento imprudente di altri utenti purchè rientri nel limite della prevedibilità (Sezione IV, 15 luglio 2010, F. ed i riferimenti in essa contenuti).
Tale principio è stato correttamente applicato dal giudice di merito laddove ha sottolineato che il comportamento cautelare dell'imputato era imposto giuridicamente dall'art. 141 del codice della strada, proprio per evitare il rischio di incidenti derivanti anche dal comportamento improvviso ed irregolare degli altri utenti della strada.
Del resto, vale il principio secondo cui l'utente della strada, nel caso di infortunio subito da un terzo anche per colpa di questi, potrebbe andare esente da responsabilità solo se provi che la sua condotta fu immune da qualsiasi addebito, sia sotto il profilo della colpa specifica, che della colpa generica, sì da presentarsi in tal caso la condotta medesima quale semplice occasione dell'evento (cfr. Sezione IV, 26 marzo 2010, Fondiaria s.p.a. in proc. C.).
Ne deriva un giudizio convincente sulla riconducibilità della responsabilità dell'incidente alla esclusiva condotta colposa dell'odierno ricorrente, che non ammette censure in sede di legittimità.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell'art. 616 del codice di procedura penale la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, che si ritiene equo liquidare in Euro .., in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza di colpa in ordine alla determinazione della causa di inammissibilità.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
(Omissis)
da Polnews