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Articoli 01/02/2013

Terni e Aosta
Omicidio stradale: delitto perfetto
Uccidono, feriscono e poi la fanno franca. L’attenuante, ormai, è essere alla guida
E mentre la società è impotente, nessuno fa niente per cambiare le cose

di Lorenzo Borselli
La scena dell'incidente di Terni - (foto Ansa)

(ASAPS) Forlì, 1 febbraio 2013 – C’è un altro sentimento, oltre a dolore, sconcerto e sdegno, che comincia a essere una costante nel nostro lavoro di osservazione: è la frustrazione.
In che altro modo sia possibile sentirsi dopo aver letto i dispacci d’agenzia da Terni e  Aosta, un condensato di assurda follia stradale in un contorno di criminalità di identica matrice, non lo sappiamo proprio.

 

Sul muretto  il ciucciotto di uno dei bambini travolti ad Aosta (foto Ansa)

Terni: un’auto con due ladri in fuga dai Carabinieri finisce contromano e si scontra frontalmente con la Panda di una ragazza 25enne, che muore sul colpo insieme a uno dei due fuggiaschi, mentre il superstite è gravissimo;
Aosta: l’auto di un pregiudicato finisce su un marciapiede e investe due mamme e due neonati nel passeggino. Uno dei due bambini è grave alle Molinette di Torino e per le altre vittime dell’incidente si prospettano mesi di convalescenza. L’uomo, un romeno di 21 anni che il giorno prima aveva confessato di essere coautore di una rapina nei paraggi della città, risultato poi positivo agli oppiacei, è stato arrestato dalla Questura.
Le due storie hanno in comune molti elementi tra loro: aggressività, violenza e velocità la fanno da padrone e mentre queste assurde dinamiche si susseguono, a noi non resta che leggere, raccontare e sentirsi irrimediabilmente frustrati e delusi da un sistema che non reagisce, se non con qualche timido proclama di circostanza, e che invece pensa solo a spread e bancarotte.

 

Signori, noi abbiamo un problema: mentre la storiaccia squallida di un personaggio famoso colpito da un ordine di carcerazione ha tenuto banco per settimane, mentre ci sono volute rogatorie internazionali e squadre di agenti in missione per andarlo a prendere in un paese straniero, mentre il suo rientro in Italia è stato seguito live da media e social network (nemmeno per Tommaso Buscetta si era visto un tale spiegamento di reporter), e soprattutto mentre tutti i concorrenti alla prossima gara politica si sbranano a suon di scandali e invettive, ci si dimentica del territorio.
Ci si dimentica che negli ultimi anni la strada è divenuta terra di nessuno.
Le polizie non hanno soldi per la benzina, per le macchine, per la carta. Mancano euro  per gli straordinari per la truppa di un esercito di Franceschiello riparato in caserme sporche e cadenti, pieni di computer vecchi e radio inefficienti, di bollette non pagate, di uomini e donne malpagati e ormai male in arnese.
Donne e uomini invecchiati e frustrati da un sistema pronto a colpirli in ogni momento facendo loro assaggiare quanto possa essere dura la legge con chi non ne è rispettoso, magari anche in maniera colposa, mentre potenziali killer come quelli che ogni giorno scappano all’alt, sfrecciano ubriachi o temerari nei centri urbani, finiscono dentro solo per un po’, uscendo dall’ingresso principale di commissariati o caserme prima ancora di coloro che poco prima li avevano acciuffati.

 

Abbiamo sempre fatto del rispetto il nostro biglietto da visita e intendiamo proseguire con tale atteggiamento, per cui non si scambi il nostro sdegno e la nostra frustrazione come una forma di irrispettosa malevolenza.
Siamo, piuttosto, rispettosamente contrari a certe decisioni prese o non prese da uomini e donne che indossano la toga o che siedono in parlamento: vedete che senza omicidio stradale non si va da nessuna parte?
Perché non si trova il coraggio di ammettere che l’attuale legislazione nulla può contro tali forme di violenza stradale? Se non lo si ammette, se si dice che l’omicidio stradale non serve perché il codice penale già contempla adeguati strumenti sanzionatori, allora vuol dire che “non si vuole”: non si vuole considerare questa forma di violenza come una violenza normale. Vedete: Elena Petruccioli, la ragazza di 28 anni uccisa dai rapinatori in fuga due notti fa a Terni, è morta ammazzata. Esattamente come Rosa Visone, 16 anni, ammazzata “per errore” dalla camorra a Torre Annunziata l’8 febbraio 1982.
Mica volevano ammazzarla, i camorristi che sparavano ai carabinieri per scappare, ma spararono e la colpirono.
Mica volevano ammazzarla Elena Petruccioli, i due ladri in fuga dai carabinieri, ma hanno perso il controllo della macchina e l’hanno centrata, colpendola con un’auto che stavano usando come arma per sottrarsi alla cattura.
Che poi, ironia della sorte, se si fossero fermati sarebbero stati semplicemente denunciati a piede libero e questo rende tutto assolutamente surreale.

 

Che differenza tra queste due morti? Volete che ci assumiamo l’onere della risposta?
Ok: nessuna differenza.
Vedete: il profilo criminale di molti di questi killer è evidente. Ma poi, loro, per andare dentro, per essere cioè condannati in via definitiva, avrebbero dovuto usare una pistola, un coltello, una clava. Se usi la macchina, la fai franca, o quasi.
Delitto perfetto.
E questo assurdo (e frustrante) sistema, finisce col distruggere l’idea stessa di sicurezza stradale, perché eventi come questi non sono incidenti ma deliberati atti criminali, posti in essere da soggetti che il sistema non riesce a tenere lontani, nonostante i reati commessi, dalla società.
È come mettere un leone affamato in un recinto di agnellini.
Se invece un conducente incensurato – pensa la gente – risulta positivo all’etilometro, entra in un girone dantesco che non finisce più: perde il lavoro, perde la capacità di essere autonomo, perde la propria identità e anche molta della libertà garantita dalla costituzione: come si fa a convincere la società che è giusto sanzionare un reato di pericolo come la guida in stato di ebbrezza se poi non siamo in grado di tenere dentro delinquenti matricolati che hanno già ampiamente dimostrato di non tenere in alcuna considerazione il prossimo?

 

Potremmo anche dire che nel 2012 gli incidenti stradali gravi con il coinvolgimento di cittadini stranieri sono stati 1.289, con 477 morti e 1.934 feriti;
potremmo aggiungere che 138 pirati della strada in azione nello scorso anno non erano cittadini italiani;
potremmo dire un sacco di cose, ma finiremmo con l’essere populisti e basta.
Così, aggiungiamo che nei 1.289 episodi di cui parliamo, ci sono stati sì 477 vittime, ma 344 sono straniere.
Sulla strada c’è un problema di legalità: semplicemente, non c’è, non è sufficiente e non ha la stessa considerazione di quella che vale, ad esempio, quando alla sbarra c’è uno che ha rubato una mela.
O un poliziotto, che ormai di sbirri in gabbia per aver commesso reati in servizio ce ne sono davvero tanti, a dispetto dei pirati che, nella miglior tradizione romanzesca, la fanno sempre franca. (ASAPS)

 

Venerdì, 01 Febbraio 2013
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