E’
stato facile intervistare Stefano Baldini, vincitore della maratona
olimpica di Atene e con tutta probabilità (e senza nulla togliere
agli altri atleti) la medaglia d’oro più meritata ed esaltata
persino dalle parole del Presidente Ciampi. Per trovarlo è bastato
seguire le decine di cartelloni disseminati lungo la via Emilia, nei
pressi di Rubiera (importante cittadina di confine a cavallo tra le
province di Reggio Emilia e Modena), che inneggiavano alla sua vittoria
e hanno fatto intendere al campione di essere giunto a casa. In pochi
istanti, infatti, siamo arrivati dritti dritti alla casa di Stefano.
Un miracolo tutto italiano, che ha già trasformato questo lembo
di terra emiliana in una sorta di "triangolo miracoloso" che
ha visto nascere a distanza di poche decine di chilometri l’indimenticabile
Dorando Petri (vincitore morale della maratona di Londra del 1908) ed
oggi Stefano Baldini. Il primo nato nel 1885 a Correggio, il secondo
a Castelnovo Sotto trentatre anni fa, due paesi in provincia di Reggio
Emilia che distano pochissimi chilometri. Entrambi hanno corso lungo
le strade di questa fertile campagna e lo hanno fatto anche Rubiera,
dove Baldini ha scelto di vivere, mentre Petri si spostò di poco.
Oggi l’intero paese si sente in festa, così come lo sentono
tutti gli emiliani, ma lo straordinario risultato vale per l’Italia
intera.
Allora Stefano, ti aspettavi un simile successo?
"In cuor mio non nego che avevo grandi aspettative e questo
perché negli ultimi anni ho ottenuto dei buoni risultati in campo
internazionale, soprattutto nelle manifestazioni competitive dove sono
in ballo punti e medaglie. Questo significa che al di là delle
maratone classiche, ho puntato molto ad una preparazione uomo contro
uomo, proprio come avviene nelle gare olimpiche. Fra le altre cose il
percorso di Atene mi si addiceva molto, sia per i continui saliscendi
che ho sempre gradito, sia per la temperatura mediterranea sulla quale
ovviamente mi alleno. Ho creduto fin dall’inizio della gara che
potevo riuscire."
Unico neo della gara l’episodio che ha visto coinvolto il brasiliano
Vanderlei Lima...
"Effettivamente e in questo ha forse una parte di colpa il comitato
organizzatore, ma su quarantadue chilometri di gara tutto può
succedere. Resta il fatto, però, che comunque lo avrei ripreso
cinquecento metri dopo, mentre io ero in fortissima rimonta lui già
mostrava segni di affaticamento. Non dimentichiamo che alla fine il
distacco è stato di oltre un minuto."
Sono invece mancati i corridori per eccellenza, gli atleti di colore
tanto per intenderci, cosa è mancato a loro per vincere?
"Sono atleti che si trovano bene su percorsi pianeggianti e
con condizioni climatiche a loro favorevoli. L’atleta africano
fa fatica a correre in salita per via della sua andatura agile e della
falciata ampia, mentre in salita invece occorre aumentare il ritmo ed
accorciare i passi. Hanno così sottovalutato la gara uomo contro
uomo, ma diamo anche il merito alla superiorità atletica dell’avversario
da tutti riconosciuta."
Quale emozione hai provato quando sei entrato nel Panathinaiko, considerato
a giusta ragione l’Olimpo dei maratoneti di tutto il mondo?
"E’ stato bellissimo. Pensa che eravamo già all’imbrunire
e correvo su di una strada scarsamente illuminata e immagina cosa significa
girare a una curva e trovarsi improvvisamente all’interno di un
grande stadio olimpico pieno di marmo e di luci e con migliaia di persone
che nemmeno conosci in piedi ad applaudirti. Ho gustato quegli ultimi
cinquecento metri dove mi è sembrato di rivivere tutta la mia
vita e soprattutto il lavoro che ho fatto in anni di attività.
Fra i successi che ho ottenuto mi mancava un vero acuto e questo è
arrivato l’altra sera con la vittoria olimpica."
A proposito di acuti: non hai rivelato a nessun giornalista quel
che hai pronunciato al tuo arrivo guardando in cielo. Non puoi fare
un’eccezione per noi del Centauro?
"Tanto vale dirlo e mettere fine a queste insistenze. E’
stato un mio sfogo, dove ho voluto parlare con me stesso e liberarmi
di quella tensione accumulata in mesi di preparazione e allenamenti.
Comunque ho gridato: Stefano, adesso sei un grande!"
Per il futuro conti di "imparare" a parlare in cinese...
"Inutile nascondere che le olimpiadi di Pechino, allo stato
attuale, rappresentano un bel obiettivo, ma credo si debba ragionare
a più stretto raggio e pensare ai traguardi intermedi come i
campionati mondiali di atletica del 2005 e 2007 e quello europeo del
2006. Senza poi dimenticare le classiche maratone mondiali di Londra
e New York che mi è sempre piaciuto disputare anche per divertimento,
come di fatto è lo sport."
Stefano è molto facile che ora si metta in moto un fenomeno
di emulazione, ma un giovane che vuole veramente dedicarsi alla maratona
può trovare strutture e piste su cui allenarsi?
"Gli impianti ci sono ed i team esistono e funzionano bene.
Quel che forse manca sono i preparatori, i giovani allenatori e forse
si dovrebbe fare più pressione sulla scuola affinché stimoli
queste attività. Lo abbiamo visto negli Stati Uniti, dove a causa
del doping che ha messo fuori pista tanti grandi atleti, sono rinati
immediatamente altrettanti campioni grazie all’attività
sportiva coltivata all’interno dei college."
Si sente spesso parlare di crisi delle "vocazioni" sportive,
non pensi che questo sia anche il frutto di un certo stile di vita che
vede tanti giovani proiettati al divertimento e allo svago, incuranti
dei valori dello sport che richiede invece fatica e sacrificio?
"Sicuramente. A differenza di qualche anno fa, il giovane di
oggi talvolta non comincia nemmeno a praticare qualche sport. Ciononostante
credo si possa ancora fare qualcosa. Basti pensare che dopo le olimpiadi
di Sidney, dove i nostri nuotatori ebbero grandi successi, le piscine
subito si riempirono. Speriamo che ora sia così con l’atletica
e in ogni caso l’agonismo e la pratica sportiva sono una buona
palestra per meglio sopportare le competizioni della vita".
Parlami di Stefano Baldini con la divisa della Polizia di Stato.
"Tutto è nato nel 1991, quando decisi di svolgere il
servizio di leva nella polizia. E’ stata un’esperienza alla
quale sono legato e che mi ha dato numerose soddisfazioni. Ero in servizio
al Reparto Mobile di Padova, ma naturalmente mi trovavo a disposizione
del gruppo Fiamme Oro che a quel tempo era la squadra di atletica più
forte d’Italia. I rapporti con il team sono rimasti ottimi e in
qualche competizione mi ritrovo con i miei ex preparatori e persino
con qualche atleta che gareggiava con me. Certo che se non avessi avuto
una società che mi aspettava a casa, sarei rimasto nella Polizia
di Stato dove c’era un gruppo davvero affiatato e persino divertente."
Medaglie con la maglia delle Fiamme Oro?
"Il podio più alto nei cinquemila metri dell’under
23. Un successo che mi riempì di orgoglio e diede tanto lustro
anche alla squadra sportiva della Polizia di Stato."
Del servizio di polizia, invece, cosa ricordi particolarmente?
"A dire il vero non ho potuto svolgerne tanto e questo perché
ero continuamente in giro per l’Italia per effettuare gare o negli
allenamenti. Però ricordo con piacere le esercitazioni in poligono,
che davano seguito a scommesse che regolarmente perdevo. Decisamente
non ho mai sparato un granché bene e gli istruttori mi prendevano
in giro consigliandomi tornare in pista a correre..."
Tu sai che l’Asaps ed anche il Centauro, si occupano di circolazione
e sicurezza stradale. Purtroppo nel nostro Paese esiste la piaga degli
incidenti stradali, che ogni anno mietono vittime soprattutto fra i
giovani. A tuo parere cosa occorre fare?
"Me ne accorgo quando mi alleno lungo le strade di campagna,
dove sono costretto a tenere sempre gli occhi aperti quando giunge alle
mie spalle qualche folle che procede a gran velocità. Credo comunque
che occorra agire massicciamente sull’educazione stradale per cambiare
la mentalità dei ragazzi, senza dimenticare che bisogna rendere
più sicure anche le nostre strade."
Stefano cosa farai una volta smesso di correre?
"Intanto continuerò a correre per i fatti miei. In ogni
caso credo che potrei trovare lavoro in strutture sportive o persino
nell’azienda dove ho lavorato per alcuni anni e che attualmente
è lo sponsor della mia squadra. Vedremo più avanti, ora
è troppo presto per pensarci, fammi gustare questo momento di
gloria, ne vado veramente orgoglioso."
E lo siamo anche tutti noi, Stefano, che continueremo a tifare per te
ed a gioire dei tuoi successi. Sia come atleta, sia come "collega",
se così ci permetti di considerarti ancora.