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Articoli 01/09/2004

Il Centauro intervista la medaglia d’oro olimpica Stefano Baldini AL TRAGUARDO HO GRIDATO: "STEFANO, ADESSO SEI UN GRANDE! "

Il ricordo del servizio svolto nella Polizia di Stato e un appello: serve più educazione stradale

Il Centauro intervista la medaglia d’oro olimpica Stefano Baldini
AL TRAGUARDO HO GRIDATO: "STEFANO, ADESSO SEI UN GRANDE! "
Il ricordo del servizio svolto nella Polizia di Stato e un appello: serve più educazione stradale
di Roberto Rocchi

E’ stato facile intervistare Stefano Baldini, vincitore della maratona olimpica di Atene e con tutta probabilità (e senza nulla togliere agli altri atleti) la medaglia d’oro più meritata ed esaltata persino dalle parole del Presidente Ciampi. Per trovarlo è bastato seguire le decine di cartelloni disseminati lungo la via Emilia, nei pressi di Rubiera (importante cittadina di confine a cavallo tra le province di Reggio Emilia e Modena), che inneggiavano alla sua vittoria e hanno fatto intendere al campione di essere giunto a casa. In pochi istanti, infatti, siamo arrivati dritti dritti alla casa di Stefano.
Un miracolo tutto italiano, che ha già trasformato questo lembo di terra emiliana in una sorta di "triangolo miracoloso" che ha visto nascere a distanza di poche decine di chilometri l’indimenticabile Dorando Petri (vincitore morale della maratona di Londra del 1908) ed oggi Stefano Baldini. Il primo nato nel 1885 a Correggio, il secondo a Castelnovo Sotto trentatre anni fa, due paesi in provincia di Reggio Emilia che distano pochissimi chilometri. Entrambi hanno corso lungo le strade di questa fertile campagna e lo hanno fatto anche Rubiera, dove Baldini ha scelto di vivere, mentre Petri si spostò di poco. Oggi l’intero paese si sente in festa, così come lo sentono tutti gli emiliani, ma lo straordinario risultato vale per l’Italia intera.
Allora Stefano, ti aspettavi un simile successo?
"In cuor mio non nego che avevo grandi aspettative e questo perché negli ultimi anni ho ottenuto dei buoni risultati in campo internazionale, soprattutto nelle manifestazioni competitive dove sono in ballo punti e medaglie. Questo significa che al di là delle maratone classiche, ho puntato molto ad una preparazione uomo contro uomo, proprio come avviene nelle gare olimpiche. Fra le altre cose il percorso di Atene mi si addiceva molto, sia per i continui saliscendi che ho sempre gradito, sia per la temperatura mediterranea sulla quale ovviamente mi alleno. Ho creduto fin dall’inizio della gara che potevo riuscire."
Unico neo della gara l’episodio che ha visto coinvolto il brasiliano Vanderlei Lima...
"Effettivamente e in questo ha forse una parte di colpa il comitato organizzatore, ma su quarantadue chilometri di gara tutto può succedere. Resta il fatto, però, che comunque lo avrei ripreso cinquecento metri dopo, mentre io ero in fortissima rimonta lui già mostrava segni di affaticamento. Non dimentichiamo che alla fine il distacco è stato di oltre un minuto."
Sono invece mancati i corridori per eccellenza, gli atleti di colore tanto per intenderci, cosa è mancato a loro per vincere?
"Sono atleti che si trovano bene su percorsi pianeggianti e con condizioni climatiche a loro favorevoli. L’atleta africano fa fatica a correre in salita per via della sua andatura agile e della falciata ampia, mentre in salita invece occorre aumentare il ritmo ed accorciare i passi. Hanno così sottovalutato la gara uomo contro uomo, ma diamo anche il merito alla superiorità atletica dell’avversario da tutti riconosciuta."
Quale emozione hai provato quando sei entrato nel Panathinaiko, considerato a giusta ragione l’Olimpo dei maratoneti di tutto il mondo?
"E’ stato bellissimo. Pensa che eravamo già all’imbrunire e correvo su di una strada scarsamente illuminata e immagina cosa significa girare a una curva e trovarsi improvvisamente all’interno di un grande stadio olimpico pieno di marmo e di luci e con migliaia di persone che nemmeno conosci in piedi ad applaudirti. Ho gustato quegli ultimi cinquecento metri dove mi è sembrato di rivivere tutta la mia vita e soprattutto il lavoro che ho fatto in anni di attività. Fra i successi che ho ottenuto mi mancava un vero acuto e questo è arrivato l’altra sera con la vittoria olimpica."
A proposito di acuti: non hai rivelato a nessun giornalista quel che hai pronunciato al tuo arrivo guardando in cielo. Non puoi fare un’eccezione per noi del Centauro?
"Tanto vale dirlo e mettere fine a queste insistenze. E’ stato un mio sfogo, dove ho voluto parlare con me stesso e liberarmi di quella tensione accumulata in mesi di preparazione e allenamenti. Comunque ho gridato: Stefano, adesso sei un grande!"
Per il futuro conti di "imparare" a parlare in cinese...
"Inutile nascondere che le olimpiadi di Pechino, allo stato attuale, rappresentano un bel obiettivo, ma credo si debba ragionare a più stretto raggio e pensare ai traguardi intermedi come i campionati mondiali di atletica del 2005 e 2007 e quello europeo del 2006. Senza poi dimenticare le classiche maratone mondiali di Londra e New York che mi è sempre piaciuto disputare anche per divertimento, come di fatto è lo sport."
Stefano è molto facile che ora si metta in moto un fenomeno di emulazione, ma un giovane che vuole veramente dedicarsi alla maratona può trovare strutture e piste su cui allenarsi?
"Gli impianti ci sono ed i team esistono e funzionano bene. Quel che forse manca sono i preparatori, i giovani allenatori e forse si dovrebbe fare più pressione sulla scuola affinché stimoli queste attività. Lo abbiamo visto negli Stati Uniti, dove a causa del doping che ha messo fuori pista tanti grandi atleti, sono rinati immediatamente altrettanti campioni grazie all’attività sportiva coltivata all’interno dei college."
Si sente spesso parlare di crisi delle "vocazioni" sportive, non pensi che questo sia anche il frutto di un certo stile di vita che vede tanti giovani proiettati al divertimento e allo svago, incuranti dei valori dello sport che richiede invece fatica e sacrificio?
"Sicuramente. A differenza di qualche anno fa, il giovane di oggi talvolta non comincia nemmeno a praticare qualche sport. Ciononostante credo si possa ancora fare qualcosa. Basti pensare che dopo le olimpiadi di Sidney, dove i nostri nuotatori ebbero grandi successi, le piscine subito si riempirono. Speriamo che ora sia così con l’atletica e in ogni caso l’agonismo e la pratica sportiva sono una buona palestra per meglio sopportare le competizioni della vita".
Parlami di Stefano Baldini con la divisa della Polizia di Stato.
"Tutto è nato nel 1991, quando decisi di svolgere il servizio di leva nella polizia. E’ stata un’esperienza alla quale sono legato e che mi ha dato numerose soddisfazioni. Ero in servizio al Reparto Mobile di Padova, ma naturalmente mi trovavo a disposizione del gruppo Fiamme Oro che a quel tempo era la squadra di atletica più forte d’Italia. I rapporti con il team sono rimasti ottimi e in qualche competizione mi ritrovo con i miei ex preparatori e persino con qualche atleta che gareggiava con me. Certo che se non avessi avuto una società che mi aspettava a casa, sarei rimasto nella Polizia di Stato dove c’era un gruppo davvero affiatato e persino divertente."
Medaglie con la maglia delle Fiamme Oro?
"Il podio più alto nei cinquemila metri dell’under 23. Un successo che mi riempì di orgoglio e diede tanto lustro anche alla squadra sportiva della Polizia di Stato."
Del servizio di polizia, invece, cosa ricordi particolarmente?
"A dire il vero non ho potuto svolgerne tanto e questo perché ero continuamente in giro per l’Italia per effettuare gare o negli allenamenti. Però ricordo con piacere le esercitazioni in poligono, che davano seguito a scommesse che regolarmente perdevo. Decisamente non ho mai sparato un granché bene e gli istruttori mi prendevano in giro consigliandomi tornare in pista a correre..."
Tu sai che l’Asaps ed anche il Centauro, si occupano di circolazione e sicurezza stradale. Purtroppo nel nostro Paese esiste la piaga degli incidenti stradali, che ogni anno mietono vittime soprattutto fra i giovani. A tuo parere cosa occorre fare?
"Me ne accorgo quando mi alleno lungo le strade di campagna, dove sono costretto a tenere sempre gli occhi aperti quando giunge alle mie spalle qualche folle che procede a gran velocità. Credo comunque che occorra agire massicciamente sull’educazione stradale per cambiare la mentalità dei ragazzi, senza dimenticare che bisogna rendere più sicure anche le nostre strade."
Stefano cosa farai una volta smesso di correre?
"Intanto continuerò a correre per i fatti miei. In ogni caso credo che potrei trovare lavoro in strutture sportive o persino nell’azienda dove ho lavorato per alcuni anni e che attualmente è lo sponsor della mia squadra. Vedremo più avanti, ora è troppo presto per pensarci, fammi gustare questo momento di gloria, ne vado veramente orgoglioso."
E lo siamo anche tutti noi, Stefano, che continueremo a tifare per te ed a gioire dei tuoi successi. Sia come atleta, sia come "collega", se così ci permetti di considerarti ancora.


di Roberto Rocchi

Mercoledì, 01 Settembre 2004
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